Un ateo e la sua bizzarra prova dell'esistenza di dio

Aperto da epicurus, 04 Luglio 2017, 12:38:07 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

epicurus

Noto che le persone hanno l'abitudine di portare argomentazioni a favore solo delle proprie tesi. Che consuetudine bizzarra e arbitraria.  ;D
 
In barba a questa regolarità, da buon ateo quale sono, propongo una mia versione di prova dell'esistenza di dio. E' una prova semplice, che ho inventato molti anni fa, ma visto la sua semplicità mi aspetto che sia una di quelle cose che vengono continuamente reinventate.
 
La prova è da intendersi come un'argomentazione probabilistica, cioè dovrebbe dimostrare che è più probabile l'esistenza di dio rispetto alla sua inesistenza.
 
Consideriamo questo elenco:

0. Non esiste alcun dio.
1. Esiste esattamente un dio.
2. Esistono esattamente 2 dei.
.
.
n. Esistono esattamente n dei.
.
.
 
Gli eventi sono indipendenti (o incompatibili) tra loro perché non possono accadere due o più eventi. E la lista è completa (insieme universo) perché almeno un evento tra questi è accaduto. In conclusione esattamente un evento tra questi è accaduto.
 
Non sapendo nulla a priori delle possibilità dei singoli eventi, non possiamo che considerare tutti gli eventi equiprobabili. Quindi ogni singolo evento ha probabilità di un infinitesimo, con la somma delle probabilità di tutti gli eventi pari a 1.
 
Detto questo abbiamo lo straordinario risultato che la probabilità di "Esiste almeno un dio" è in pratica pari a 1. Quindi è quasi certo che dio esista. C.V.D.  :D

Angelo Cannata

Con questo criterio è possibile anche dimostrare che le probabilità di esistenza di almeno un asino che vola sono enormemente superiori rispetto alla probabilità che non esistano asini che volano. Dunque è più ragionevole credere che esistano asini che volano, piuttosto che non crederci.

Angelo Cannata

In realtà è il metodo ad essere errato, perché prende in considerazione una sola negazione: non esiste alcun dio, mentre di quelle positive prende in considerazione tutte le possibilità numeriche. Ma anche in negativo è possibile dire: non esiste un dio, non esistono due dei, ecc. Ne consegue che, se il metodo viene usato con correttezza, riguardo ad un'affermazione del tutto sconosciuta, le possibilità che essa sia vera o falsa sono esattamente uguali.

epicurus

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Luglio 2017, 13:52:11 PM
Con questo criterio è possibile anche dimostrare che le probabilità di esistenza di almeno un asino che vola sono enormemente superiori rispetto alla probabilità che non esistano asini che volano. Dunque è più ragionevole credere che esistano asini che volano, piuttosto che non crederci.
Ma di un asino volante abbiamo delle probabilità a priori da dare, è la scienza stessa e l'esperienza che ci da qualcosa su cui ragionare. Mentre su dio no, perché se esiste è fuori dalla nostra portata, ed è per questo che questo argomento è perfetto proprio con dio.

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Luglio 2017, 13:56:54 PM
In realtà è il metodo ad essere errato, perché prende in considerazione una sola negazione: non esiste alcun dio, mentre di quelle positive prende in considerazione tutte le possibilità numeriche. Ma anche in negativo è possibile dire: non esiste un dio, non esistono due dei, ecc. Ne consegue che, se il metodo viene usato con correttezza, riguardo ad un'affermazione del tutto sconosciuta, le possibilità che essa sia vera o falsa sono esattamente uguali.
Le infinite negazioni le sto già considerando implicitamente. Ad esempio, tu dici che non considero "Non esistono esattamente due dei", ma in realtà lo considero già con gli enunciati "Esiste esattamente un dio", "Esistono esattamente tre dei" ecc...
L'unica cosa che puoi dirmi è che non considero il caso in cui la quantità di divinità esistenti sia un numero negativo, ma mi pare irragionevole (insensato?).

L'elenco di eventi è completo, considera tutti i casi, e i singoli eventi sono indipendenti.

davintro

pur essendo a mio modo credente e convinto della possibilità di argomentare razionalmente l'esistenza di Dio, trovo questa prova scorretta, in quanto fondata su parametri di giudizio meramente quantitativi e non, come dovrebbe essere ben più importante, qualitativi. Non tutte le opzioni, identificabili con un certo numero di divinità, possono avere lo stesso peso probatorio, il peso deriva da un principio qualitativo, cioè quanto quell'opzione riesce a giustificare efficacemente un certo aspetto della realtà. Il concetto " esistenza di Dio" è un concetto con cui i credenti credono di poter spiegare alcune cose, (origine dell'Universo, della mente umana ecc., ci sono variazioni in base alle diverse modalità di impostare la dimostrazione). E in base al fatto che l'esistenza di Dio è ritenuta efficace per spiegare certe cose il concetto di "Dio" assume un determinato significato, quel significato che permette al concetto di essere esplicativo, significato che fissa un limite alla genericità dei modi in cui Dio può essere pensato e definito. Questa limitazione si impone necessariamente anche sul numero dei vari ipotetici dei. Un Dio dotato di determinate proprietà come l'onniscienza o l'onnipotenza esclude, o quantomeno rende fortemente problematico il politeismo, cosicché l'opzione monoteista non può essere "una fra le infinite opzioni", ma una con un carico probatorio ben più forte. Ma al tempo stesso anche la posizione atea, nella misura in cui riuscirebbe, a torto o a ragione, a sostituire l'idea di Dio, con alternativi principi che risponderebbero alle stesse domande a cui il credente crede di rispondere con Dio, diverrebbe molto qualitativamente più forte rispetto alle varie opzioni corrispondenti alle cifre con cui i vari dei si enumerano

maral

#5
Da un punto di vista formale l'argomentazione è scorretta: "non c'è alcun Dio" ha in contrapposizione escludente "c'è qualche Dio" (con tutti i suoi casi particolari in essa contenuti "ce ne sono uno, due, tre ecc."), e, se non vi sono evidenze logiche di autocontraddittorietà a dimostrare sia che non ce ne è alcuno, sia che ce ne è qualcuno, le due proposizioni hanno entrambe il 50% di probabilità.
D'altra parte la preposizione; "c'è un solo Dio" va vista un contrapposizione singola con ogni altra preposizione che parimenti la contraddice ("ce ne sono due" è contraddittorio rispetto a "ce ne è uno solo" quanto se "ce ne fossero zero", tre o infiniti, ogni volta con il 50% di probabilità).

sgiombo

#6
Mi sembra un malinteso del tutto simile a quello del "principio antropico" in cui cadono molti fisici e cosmologi a mio parere filosoficamente assai poco ferrati.

Per me la probabilità oggettiva che qualcosa accada o meno (non: la propensione soggettiva e a credere del tutto arbitrariamente che accada qualcosa o meno) non è che la frequenza o le frequenze con cui l' evento o gli eventi in questione si realizza o si realizzano nell' ambito di serie numerose di casi (comprendenti anche casi ad esso o ad essi alternativi).
Così per esempio la probabilità che da un padre genotipicamente omozigote per il carattere ereditario recessivo "occhi azzurri" (fenotipicamente con gli occhi azzurri) e una madre eterozigote per il carattere fenotipico "colore degli occhi" (con un allele dominante "occhi neri" e un allele recessivo "occhi azzurri": madre fenotipicamente con gli occhi neri per la dominanza completa del secondo allele sul primo) nasca un figlio fenotipicamente caratterizzato da occhi azzurri è di 1/2(ovvero del 50%).
Ciò significa che se si considerano molti casi di questo tipo, allora si troverà che  approssimativamente (con approssimazione tendenzialmente "migliore", ovvero con una tendenziale "maggior precisione", al crescere del numero dei casi considerati) metà della totalità dei figli di costoro avrà occhi azzurri, l' altra metà occhi neri.

Ora una simile concezione della probabilità non è evidentemente applicabile a un caso unico, come la realtà complessivamente intesa (l' universo), per stabilire per esempio se contenga uno o più dei o nessun Dio.
E dunque non si può dimostrare che l' esistenza di almeno un Dio in esso abbia una qualsiasi probabilità (oggettiva) di essere reale: semplicemente è soggettivamente pensabile, ipotizzabile del tutto al pari di qualsiasi diversa ipotesi ad essa alternativa (nessun dio, 2 dei, 3 dei, 4 dei, ecc.) in quanto non altrimenti provata né autocontraddittoria ovvero autoconfutantesi.

Solo se -autocontraddittoriamente, assurdamente!- fossimo in presenza di molte "realtà complessive" o universi e conoscessimo in quale percentuale di esse fosse presente almeno un dio potremmo stabilire la probabilità che ve ne siano uno o più in "questa nostra", da noi abitata.

Questo corrobora ulteriormente la mia convinzione circa l' importanza capitale (in generale; e in particolare in filosofia) di distinguere nettamente e inequivocabilmente i concetti, pur non reciprocamente escludentisi, ma nemmeno reciprocamente implicantisi, di "essere reale" (o "accadere realmente") e di "essere (in quanto) oggetto di pensiero" (o "accadere di essere pensato, di essere oggetto di pensiero").

iano

#7
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 12:38:07 PM
Noto che le persone hanno l'abitudine di portare argomentazioni a favore solo delle proprie tesi. Che consuetudine bizzarra e arbitraria.  ;D

In barba a questa regolarità, da buon ateo quale sono, propongo una mia versione di prova dell'esistenza di dio. E' una prova semplice, che ho inventato molti anni fa, ma visto la sua semplicità mi aspetto che sia una di quelle cose che vengono continuamente reinventate.

La prova è da intendersi come un'argomentazione probabilistica, cioè dovrebbe dimostrare che è più probabile l'esistenza di dio rispetto alla sua inesistenza.

Consideriamo questo elenco:

0. Non esiste alcun dio.
1. Esiste esattamente un dio.
2. Esistono esattamente 2 dei.
.
.
n. Esistono esattamente n dei.
.
.

Gli eventi sono indipendenti (o incompatibili) tra loro perché non possono accadere due o più eventi. E la lista è completa (insieme universo) perché almeno un evento tra questi è accaduto. In conclusione esattamente un evento tra questi è accaduto.

Non sapendo nulla a priori delle possibilità dei singoli eventi, non possiamo che considerare tutti gli eventi equiprobabili. Quindi ogni singolo evento ha probabilità di un infinitesimo, con la somma delle probabilità di tutti gli eventi pari a 1.

Detto questo abbiamo lo straordinario risultato che la probabilità di "Esiste almeno un dio" è in pratica pari a 1. Quindi è quasi certo che dio esista. C.V.D.  :D
Nel momento in cui ti metti a contare i possibili dei usi la matematica,e,nello specifico i numeri naturali,a cui hai aggiunto lo zero.Ma se usi la matematica è arbitrario usarne solo alcune parti.
Mancano al minimo i numeri negativi,ma potremmo aggiungere anche le frazioni,e mettere nell'elenco mezzo dio,un dio e mezzo.E perché no,essendo la sua natura non prederminabile?
In effetti dare un attributo numerico a dio è arbitrario.Ancor più arbitrario,se lo si fa,limitare gli attributi a una sola parte della matematica.Anche se è NATURALEZZA che lo si faccia.
Perché non mezzo Dio,e poi un Dio e mezzo.Si potrebbe forse giustificareil dare attributi numeri a Dio.Ma non giustificabile il limitarsi ad una parte della matematica,come ad esempio i numeri naturali ai quali si è aggiunto lo zero per far quadrare i conti.
Sarebbe allora più corretto dare a Dio qualunque attributo matematico a noi noto.
Anche così potremmo trarre però solo conclusioni parziali e non definitive,non essendo la matematica una disciplina conclusa storicamente.
In effetti l'operazione che tu hai fatto è stata propriamente questa,ma traslata alle conoscenze attuali....di qualche millennio fa ,traendone quindi una conclusione incompleta,seppure esatta.
Di fatto hai lanciato un dado con infinite facce su una delle quali è scritto zero,ma la costruzione del dado non è l'unica possibile,e quindi la tua costruzione logica non è necessaria,ma arbitraria.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

epicurus

Citazione di: davintro il 04 Luglio 2017, 21:01:58 PMUn Dio dotato di determinate proprietà come l'onniscienza o l'onnipotenza esclude, o quantomeno rende fortemente problematico il politeismo, cosicché l'opzione monoteista non può essere "una fra le infinite opzioni", ma una con un carico probatorio ben più forte.
Senza aprire il vaso di pandora sull'onnipotenza, che ci porterebbe all'offtopic estremo... mi limito all'osservazione: non necessariamente ogni concetto di divinità deve avere onniscienza e onnipotenza. Prima dei monoteismi, praticamente tutte le religioni politeistiche hanno divinità più limitate. Et voilà! Una dimostrazione valida per l'esistenza di almeno una divinità non assoluta.  ;)

Citazione di: maral il 04 Luglio 2017, 21:36:23 PM
Da un punto di vista formale l'argomentazione è scorretta: "non c'è alcun Dio" ha in contrapposizione escludente "c'è qualche Dio" (con tutti i suoi casi particolari in essa contenuti "ce ne sono uno, due, tre ecc."), e, se non vi sono evidenze logiche di autocontraddittorietà a dimostrare sia che non ce ne è alcuno, sia che ce ne è qualcuno, le due proposizioni hanno entrambe il 50% di probabilità.
D'altra parte la preposizione; "c'è un solo Dio" va vista un contrapposizione singola con ogni altra preposizione che parimenti la contraddice ("ce ne sono due" è contraddittorio rispetto a "ce ne è uno solo" quanto se "ce ne fossero zero", tre o infiniti, ogni volta con il 50% di probabilità).
Ok, poniamo "Esiste il dio della religione x", "Esiste il dio della religione y", "Esiste il dio della religione z"..... hanno tutte singolarmente proprietà del 50%? Se sì, allora che esista almeno un dio di una qualsiasi religione ha probabilità praticamente certa. Altrimenti, che probabilità avrebbero le singole?

Citazione di: iano il 12 Luglio 2017, 13:09:19 PMPerché non mezzo Dio,e poi un Dio e mezzo.Si potrebbe forse giustificareil dare attributi numeri a Dio.Ma non giustificabile il limitarsi ad una parte della matematica,come ad esempio i numeri naturali ai quali si è aggiunto lo zero per far quadrare i conti.
Sarebbe allora più corretto dare a Dio qualunque attributo matematico a noi noto.
Anche così potremmo trarre però solo conclusioni parziali e non definitive,non essendo la matematica una disciplina conclusa storicamente.
In effetti l'operazione che tu hai fatto è stata propriamente questa,ma traslata alle conoscenze attuali....di qualche millennio fa ,traendone quindi una conclusione incompleta,seppure esatta.
Di fatto hai lanciato un dado con infinite facce su una delle quali è scritto zero,ma la costruzione del dado non è l'unica possibile,e quindi la tua costruzione logica non è necessaria,ma arbitraria.
Il problema è la sensatezza dei concetti. Ha senso parlare di "mezzo dio", oppure di "(radice quadrata di 2) dio"? No.
Ammettiamo per assurdo che sì, ha senso. Allora basterebbe considerare l'insieme numerico massimamente completo. I numeri surreali. Più numeri di quelli non ce ne sono... Anche in questo caso la probabilità di "ci sono 0 divinità" è praticamente pari a zero. Ammettiamo che esista un insieme numerico superiore, bene, anche in questo caso "ci sono 0 divinità" avrebbe una probabilità praticamente pari a zero.

baylham

#9
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 12:38:07 PM

Non sapendo nulla a priori delle possibilità dei singoli eventi, non possiamo che considerare tutti gli eventi equiprobabili. Quindi ogni singolo evento ha probabilità di un infinitesimo, con la somma delle probabilità di tutti gli eventi pari a 1.
Detto questo abbiamo lo straordinario risultato che la probabilità di "Esiste almeno un dio" è in pratica pari a 1. Quindi è quasi certo che dio esista. C.V.D.  :D

Se riesci a dimostrarmi la necessità di "non possiamo che considerare tutti gli eventi equiprobabili", senza la quale tutto il ragionamento cade.

Secondo me, non sapendo nulla a priori puoi sostenere qualunque cosa circa la probabilità degli eventi.
Inoltre sugli dei si fanno numerose asserzioni, per cui invece ne sappiamo qualcosa su cui basare le nostre valutazioni di probabilità riguardo all'esistenza: ad esempio sicuramente io non sono un dio.

Condividendo l'impostazione soggettiva della probabilità, per me ateo, la probabilità dell'esistenza di almeno un dio è zero.

epicurus

Confutazione della prova. Mi diverto un po' con me stesso...  ;D

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 12:38:07 PM
Noto che le persone hanno l'abitudine di portare argomentazioni a favore solo delle proprie tesi. Che consuetudine bizzarra e arbitraria.  ;D

Questo perché tutti cercano di essere agenti razionali, o almeno voglio apparire così agli occhi altrui. Quindi credono a questioni per le quali hanno argomentazioni a favore e non credono alle questioni per le quali hanno argomentazioni contro. Di contro, un agente arazionale potrebbe portare argomentazioni incontrovertibili a favore di una tesi e poi aggiungere "...concludo dicendo che io credo che questa tesi sia falsa".  :D  

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 12:38:07 PMLa prova è da intendersi come un'argomentazione probabilistica, cioè dovrebbe dimostrare che è più probabile l'esistenza di dio rispetto alla sua inesistenza.

Consideriamo questo elenco:

0. Non esiste alcun dio.
1. Esiste esattamente un dio.
2. Esistono esattamente 2 dei.
.
.
n. Esistono esattamente n dei.
.
.

Gli eventi sono indipendenti (o incompatibili) tra loro perché non possono accadere due o più eventi. E la lista è completa (insieme universo) perché almeno un evento tra questi è accaduto. In conclusione esattamente un evento tra questi è accaduto.

Non sapendo nulla a priori delle possibilità dei singoli eventi, non possiamo che considerare tutti gli eventi equiprobabili. Quindi ogni singolo evento ha probabilità di un infinitesimo, con la somma delle probabilità di tutti gli eventi pari a 1.

Detto questo abbiamo lo straordinario risultato che la probabilità di "Esiste almeno un dio" è in pratica pari a 1. Quindi è quasi certo che dio esista. C.V.D.  :D
Innanzitutto il fatto che si parli di dio non svolge nessun ruolo, o quasi, nella dimostrazione. Dico "quasi" perché effettivamente potrebbe essere interessante il fatto che di dio non abbiamo praticamente probabilità a priori da dare. Ma potremmo dire allora che l'argomentazione funzionerebbe bene con tutti quegli oggetti di cui non disponiamo di probabilità a priori. Ma qui ci si apre un'infinità di enti bizzarri... Quindi questa dimostrazione serve per dimostrare l'esistenza di almeno un superman irrilevabile, di almeno un coniglio mannaro irrilevabile, di un pianeta irrilevabile fatto di nutella ecc...

Ovviamente non basta questo a confutare la tua argomentazione, ma è un solido indizio che questa argomentazione abbia una fallacia da qualche parte.

Da qualche parte... ma dove?
Tu non lo dici nella tua argomentazione, ma in realtà tu stai applicando una distribuzione uniforme di probabilità su un insieme infinito di eventi. Hai infiniti eventi indipendenti e affermi che a priori ognuno ha uguale probabilità. Questo è matematicamente impossibile. Questo perché non è possibile associare ad ogni evento la stessa probabilità, ed avere che la somma di infinite probabilità sia uguale a 1. In teoria delle probabilità non è infatti possibile usare gli infinitesimi (e non basta dire "ma aggiungiamo gli infinitesimi").

iano

#11
@Epicurus.
Se ha senso dire che "esiste qualche Dio" ,rappresentando questa proposizione con l'insieme dei numeri naturali  1,2,....n come tu fai,
ha parimenti senso allora dire che "non esiste qualche Dio" rappresentando questa proposizione (-1,-2,....-n ,con i numeri negativi)
Possiamo permetterci di ignorare tutti gli altri numeri noti oggi,e quelli che saranno scoperti in futuro,compreso lo zero,ed otteniamo probabilità 50% seguendo il tuo ragionamento.
Il punto non è ,come dici, se ha senso attribuire a Dio numeri negativi,ma quello di dare una giustificazione del fatto che possiamo attribuire numeri a Dio,e se si perché certi numeri e non altri altri.
I numeri naturali descrivono, enumerandoli,gli oggetti della nostra esperienza percettiva.
I numeri negativi,lo zero,i complessi etc.... descrivono parimenti fenomeni naturali che sono meno immediati alla nostra percezione,ma che hanno la stessa realtà degli oggetti della nostra esperienza quotidiana.
Dio,se esiste,secondo te è qualcosa che somiglia più a una mela,descrivibile coi numeri naturali,una,due,tre o nessuna mela,ma che non può somigliare a qualcosa come una reattanza,descrivibile con i numeri complessi.
Il tuo ragionamento è viziato da questo pregiudizio che sembra gratuito e che andrebbe giustificato.
Ipotizzi in sostanza che Dio,se esiste,può avere solo alcuni attributi e non altri.
Non sapendo a priori se esiste,ammesso abbia senso dare attributi ad esso,non ha certo senso dargliene alcuni escludendone a priori altri.
La tua dimostrazione ha ipotesi dette e ipotesi non dette che la inficiano.
Comcludendo poniamoci la seguente domanda:ha senso attribuire a Dio i numeri naturali più lo zero,e non altri numeri?
Se ha senso allora si dimostra che l'esistenza di Dio ha probabilità zero.
Questo è il modo corretto di descrivere la tua dimostrazione.
Nessuno ci vieta di ipotizzare allora pure che Dio stesso sia giunto alle tue stesse conclusioni,e che perciò si sia premurato,dopo aver creato i numeri naturali, a sommergerci di numeri complessi,surreali,e chissà quanti altri ancora. ;D
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

#12
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 15:32:36 PM
potrebbe essere interessante il fatto che di dio non abbiamo praticamente probabilità a priori da dare. Ma potremmo dire allora che l'argomentazione funzionerebbe bene con tutti quegli oggetti di cui non disponiamo di probabilità a priori.


CitazioneMa che significa "probabilità a priori"?

A posteriori posso constatare che le frequenze medie in casi di numerose osservazioni fra eventi reciprocamente alternativi sono state (finora) in determinati rapporti quantitativi (espressi da numeri) fra loro.
E postulando indimostrabilmente (Hume!) la costanza e universalità di caratteristiche astratte del divenire naturale (astraibili da parte del pensiero dalle particolarità concrete reciprocamente diverse e mutevoli che pure ne fanno parte ovvero lo caratterizzano) posso inferirne per induzione la probabilità (cioé la frequenza anche in futuro e nel passato a me ignoto, in qualsiasi tempo) di ciascuna di tali alternative.

Oppure posso stabilirle o calcolarle a priori in casi di "divenire deterministico" ben noto (sempre indimostrabile: Hume!) come il lancio di dadi o di monete.
Ma anche in questo caso si tratta in realtà di conoscenze "in ultima analisi a posteriori": ricavate dalla conoscenza limitata del determinismo ("ontologicamente ferreo", meccanicistico) degli eventi considerati e delle sue caratteristiche o aspetti ignoti ma aventi sugli eventi considerati conseguenze (reciprocamente alternative) casuali ("gnoseologicamente casuali", ma "ontologicamente deterministiche") non in senso assoluto o integrale, non completamente indefinite, bensì quantitativamente calcolabili nei rapporti fra le rispettive frequenze in serie numerose di casi.

Tutto ciò evidentissimamente non "vale", non ha senso in caso di eventi unici (e non insiemi di eventi reciprocamente alternativi), come é "l' esistenza dell' universo di fatto esistente" (che per definizione  non ha alternative reali), e di ciò che vi é incluso o meno, come ad esempio (fra l' altro) l' eventuale presenza di uno o più dei.

Su un fatto unico, senza alternative si può tutt' al più ragionare di probabilità soggettive, nel senso di (maggiore o minore) soggettiva, arbitraria propensione a ritenere vera l' una o l' altra ipotesi pensabile (sensatamente, correttamente; per esempio non autocontraddittoria).
Ma "oggettivamente" a priori (indipendentemente da eventuali constatazioni empiriche a posteriori di fatti) tutte le reciprocamente alternative ipotesi non autocontraddittorie sono parimenti pensabili come reali o meno (tutte correttamente; una sola veracemente).

sgiombo

Ulteriori precisazioni.

La differenza (per me "fondamentalissima" in filosofia e non solo) fra l' "essere/accadere realmente" di qualcosa (che ne accada pure l' "essere pensato" o meno) e l' "essere considerato, pensato", eventualmente predicato, eventualmente conosciuto veracemente di qualcosa (che ne accada anche l' essere/accadere realmente o meno) é che i "vincoli", (ontologici), le condizioni perché si dia del primo caso sono più "stretti" di quelli  (teorici, eventualmente gnoseologici) ovvero di quelle del secondo.

Perché qualcosa sia pensabile e pensato (sensatamente) basta che sia caratterizzato dalla condizione della correttezza logica, mentre perché qualcosa sia/accada realmente ciò non basta (e invero non é nemmeno necessario; é necessario solo nel caso sia anche pensato e invero lo é propriamente del pensarlo, del fatto che -inoltre, eventualmente-sia anche pensato): occorre "qualcosa si più".
Questo perché può darsi pensiero logicamente corretto, sensato (ed eventualmente predicazione -falsa- anche della sua realtà) anche di qualcosa che non é/accade realmente (oltre che di qualcosa che é/accade realmente).

Dal fraintendimento di questa fondamentalissima distinzione dipendono fallace "metafisiche" del tipo della cosiddetta "prova ontologica" dell' esistenza di Dio e le sue varianti o conseguenze.

Un ente od evento reale o accade o non accade.
O accade necessariamente o accade del tutto casualmente o accade probabilisticamente (e nell' ambito del pensiero gli si può veracemente o meno attribuire una probabilità), cioé con una determinata frequenza in rapporto ad enti od eventi ad esso alternativi (e la probabilità veracemente attribuitagli nel pensiero é la sua reale frequenza relativa).
Ma di enti o eventi reali unici, non alternativi ad altri e dunque non caratterizzati da una determinata frequenza relativamente ad altri ad essi alternativi (come la realtà in toto, che comprenda uno o più dei o nessun dio) può pensarsi o che accada o che non accada con la stessa possibilità di dire il vero o il falso a priori; ossia se si prescinde dalla conoscenza vera di dati di fatto empiricamente osservabili a posteriori.
Non se ne può stabilire una "probabilità" maggiore o minore, ma solo la "possibilità" (in tutti i casi parimenti, indiscriminatamente, ugualmente positiva o negativa)

davintro

#14
Epicurus scrive

"Senza aprire il vaso di pandora sull'onnipotenza, che ci porterebbe all'offtopic estremo... mi limito all'osservazione: non necessariamente ogni concetto di divinità deve avere onniscienza e onnipotenza. Prima dei monoteismi, praticamente tutte le religioni politeistiche hanno divinità più limitate. Et voilà! Una dimostrazione valida per l'esistenza di almeno una divinità non assoluta.   "



Certamente si può ipotizzare una divinità non onnipotente, onnisciente ecc. In questo caso il politeismo sarebbe sicuramente un'opzione più ragionevole rispetto al monoteismo. Però a livello complessivo, volendo ammettere sia la possibilità dell' "onniscienza-onnipotenza" sia dell'assenza di questi attributi, la soluzione monoteista resterebbe estremamente più probabile rispetto a ciascuno delle innumerevoli opzioni interne al politeismo (2, 3, 4 dei...). Infatti nel caso della necessità che Dio non possa che essere senza limiti "vincerebbe" il monoteismo, se al contrario non potesse che essere limitato, vincerebbe il politeismo, ma comunque l'opzione "1 Dio" resterebbe qualitativamente più significativa delle varie opzioni interne al politeismo prese una per una. E conseguentemente l'ateismo resta un'opzione estremamente più forte a tutte queste singole opzioni politeiste, perché per eliminare in  colpo solo tutte le opzioni politeiste gli basterebbe mostrare la non-esistenza di un Dio, anche limitato, senza bisogno si smontarle una per una. Insomma, tutto dipende dal significato con cui intendiamo e poi definiamo il concetto in questione, nel nostro caso "Dio"

Discussioni simili (2)