Tutto è interconnesso, ma quali sono le implicazioni etiche?

Aperto da Socrate78, 12 Settembre 2022, 20:42:49 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Socrate78

Secondo alcuni studi legati alla fisica quantistica (e anche alla filosofia New Age) tutto nel mondo sarebbe interconnesso da un'energia cosmica di fondo, di conseguenza l'Io separato costituirebbe una grande illusione. L'io non sarebbe separato dal Tu, ma ogni persona come anche ogni animale sarebbe connesso agli altri da una rete di energia elettromagnetica associata a vibrazioni e ad informazioni. Di conseguenza ogni azione avrebbe ripercussioni (effetto farfalla) su tutto il sistema, ripercussioni spesso imprevedibili.
Il problema filosofico che mi pongo però è il seguente: ammettendo l'ipotesi che tutto sia interconnesso, la Coscienza universale che connette ogni cosa sarebbe di natura benevola o malvagia? Se noi osserviamo il mondo intero, si può notare come esso sia una specie di campo di battaglia in cui ogni essere vivente lotta per il possesso del territorio, per affermarsi nel branco o nel gruppo, gli animali si mangiano e uccidono tra di loro per diversi motivi (territorialità, fame, volontà di potere come nel caso dei leoni che spodestano i capibranco per poi uccidere anche i loro cuccioli, lo stesso accade anche in altre specie di scimmie....), si potrebbe dire con il vecchio filosofo  Eraclito (ripreso da Nietzsche) che "La guerra (polemos) è la madre di tutte le cose". Ora., se la Coscienza universale che tutto lega (la si può chiamare anche Dio), fosse di natura buona e positiva, essa non avrebbe creato due cose: A) L'illusione dell'Io separato (è l'inganno da cui deriva l'egoismo che governa la vita); B) Il mondo come sistema in cui il più forte (predatore) schiaccia il più debole e il più debole soccombe spesso senza aiuto alcuno. C'è quindi per logica da dedurre che, se esiste una Coscienza intelligente, essa è orientata al male e non al bene, perché altrimenti avrebbe organizzato il sistema mondo senza violenza e dolore. Secondo voi il mio ragionamento è valido oppure è troppo pessimistico?


Alberto Knox

Citazione di: Socrate78 il 12 Settembre 2022, 20:42:49 PMC'è quindi per logica da dedurre che, se esiste una Coscienza intelligente, essa è orientata al male e non al bene, perché altrimenti avrebbe organizzato il sistema mondo senza violenza e dolore. Secondo voi il mio ragionamento è valido oppure è troppo pessimistico?

è una visione del modello "universo progettista"  o "disegno intelligente" ossia un intelligenza che organizza e progetta un cosmo in grado di ospitare la vita. In pratica il Dio tappa buchi. inutile dire, che non condivido la tua impostazione.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Jacopus

Che le specie viventi siano interconnesse fra di loro e con l'ambiente in cui vivono è parzialmente vero. Non lo è in senso assoluto. Siamo in grado di vivere anche senza le nove specie estinte di moa e gli altri miliardi di specie che hanno seguito il loro destino. Siamo anche in grado di vivere in un ambiente semidesertico così come nella tundra gelata, ma con più di 80 gradi all'ombra temo che avremo dei problemi. La stessa cosa vale per tutte le altre specie. Se homo sapiens si estinguesse, le formiche continuerebbero tranquille a scavare i loro formicai.
Oltre un certo livello di estinzione, quando si verificano le estinzioni di massa però si chiarisce perchè le specie viventi sono interconnesse. Semplicemente perchè diminuendo le strutture biologiche in grado di replicare la vita, le possibili evoluzioni della vita stessa diminuiscono esse stesse, facendo diventare più difficile l'equilibrio vita/ambiente.
Ciò non significa che vi sia una Coscienza universale di cui non vi è alcuna prova. Se per ipotesi ammettessimo la sua esistenza, tale Coscienza universale ci dovrebbe spiegare perchè ha fatto sì che sulla terra si verificassero cinque estinzioni di massa e le successive ripopolazioni della terra secondo schemi viventi molto diversi fra di loro. Basti pensare a quella più famosa di 65 milioni di anni, che ha fatto terminare il dominio sulla terra dei dinosauri a vantaggio dei mammiferi.
Rispetto all'illusione della coscienza individuale che si contrappone alla coscienza universale, si tratta, a mio parere di un falso problema, che dipende dall'assolutizzazione con cui si pensano questi due estremi. Infatti la coscienza individuale è necessaria, affinchè il singolo individuo sopravviva e si senta comunque in grado di agire. Tutti i grandi primati hanno un senso del sè e sono in grado di riconoscersi allo specchio, che è l'esercizio basilare per affermare la presenza di un autopercezione cosciente di sè. Nell'uomo questa capacità è stata dilatata dall'invenzione della cultura che ci ha reso un ibrido fra cultura e natura, e dove la cultura ha un peso preminente, come mai era accaduto o accade fra le specie animali. Senza una coscienza di sè, talvolta presuntuosa, l'uomo non sarebbe l'artefice di quella storia che tutti noi conosciamo. Non avremmo avuto Ulisse, Dante, e neppure Hitler e Baudelaire, ma solo tante piccole scimmiette che con un pezzetto di legno avrebbero mangiato le termiti. Detto questo, la presenza di una coscienza non deve neanche far credere che essa sia l'anticamera di un perfetto egoismo. Questo ce lo fa credere il tipo di società che abbiamo edificato e che in qualche modo condiziona anche il nostro stesso tipo di coscienza. Se noi pensiamo "culturalmente" che la coscienza sia egoista, giocoforza ci comporteremo da egoisti. Se invece pensiamo che la coscienza sia altruista, faremo il contrario. Una conferma proviene dai più disparati modelli organizzativi delle società umane, che vanno dal massimo livello di egoismo al massimo livello di altruismo, senza mai diventare assolutamente egoistiche o assolutamente altruistiche. Nel primo caso ci troveremmo di fronte ad una società di psicopatici crudeli e nell'altro in una società di martiri incapaci di proteggersi e destinati allo sterminio.
Infine, sulla crudeltà della natura. Effettivamente gli esempi non mancano ma sono strategie di adattamento alla vita che si sono trasmessi in milioni di anni. Se noi siamo qui, originati da una scimmia primordiali di 4-5 milioni di anni fa, lo dobbiamo a questa lotta fra organismi. Lo abbiamo visto anche con il Covid. I virus sono uno straordinario esempio di come gli organismi siano legati fra di loro in modo ambivalente. Infatti possono ucciderci ma si sono anche integrati nel nostro DNA, al punto che circa l'otto per cento del dna umano è composto da genoma virale fossile e se è stato integrato nel dna umano deve per forza esserci un vantaggio evolutivo. Nei bovini la percentuale di dna di origine virale è ancora più alta. Quindi nel mondo e fra la vita animale esisterà sempre questa lotta/unione fra specie diverse ed anche all'interno della stessa specie, come ben conosciamo noi homo sapiens. La differenza è che noi, insieme agli scimpanzè ci divertiamo ad aggredire solo per il gusto di farlo, mentre magari il leone ammazza i suoi cuccioli solo per far tornare il calore alle femmine e poterle nuovamente montare. Non siamo però così diversi dagli altri animali superiori. Abbiamo solo amplificato le prassi comportamentali a causa della neuroplasticità del nostro cervello, che può ipotizzare e procedere verso attitudini comportamentali estremamente variegate, mentre alle specie animali meno sviluppate le strategie adattive sono sempre le stesse, fuga, attacco, congelamento, ricerca del cibo e delle femmine. Questa neuroplasticità già di per sè immensa del cervello umano, in quanto tale è stata ulteriormente amplificata dalla cultura, che interagendo con il cervello ha reso le società umane così complesse, diversificate e votate a modifiche continue. Ma in tutto ciò non vedo nè una violenza automatica, nè un egoismo automatico, nè il tradimento di una coscienza collettiva a favore di una coscienza individuale o viceversa. Semplicemente la natura, qui sulla terra, funziona così. E osservare come funziona, scoprire il nostro passato biologico è già una avventura così affascinante, che non serve immaginare una Coscienza universale, per renderla più attraente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

L'energia cosmica, e la coscienza universale, sono due belle  chimere , che chi lo sà, forse esistono davvero da qualche parte, anche se nessuno saprebbe dire dove, ma è certamente vero che tutto ci appare sempre più interconnesso senza che ciò appaia dover essere necessario a priori.
Credo che su questa non necessità che però si verifica come dato di fatto dovremmo riflettere profondamente, a meno che non la si voglia considerare una coincidenza, per quanto molto improbabile a verificarsi, che cioè cose che abbiano una origine così indipendente, mostrino poi una così forte relazione.
Una possibile spiegazione è che appunto la loro origine non sia indipendente, come avviene ad esempio per l'entenglement quantistico.
Mi viene allora da pensare , in analogia al noto caso quantistico, che tutto ciò che è in relazione ha origine comune, anche se noi di questa origine possiamo non avere prova o non avere più in generale coscienza.
Ma suggerirei che quando la  questione riguarda gli uomini il primo posto dove andrei a cercare l'origine delle cose è l'ambito culturale, là dove nascono tanto gli unicorni quanto i leoni, dei quali a ragione della comune origine, forse gli uni sono meno consistenti di quanto si creda, e gli altri più consistenti di quanto non si creda..

Il punto credo sia che non sia necessaria una coscienza universale quanto non sia necessaria una coscienza individuale perchè il mondo vada per la sua strada, e in presenza di una coscienza che sia almeno individuale non perciò muta la strada, perchè se una è la strada tanti sono i modi di percorrerla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Caro Socrate,
siccome si tira in ballo Dio onnipotente per spiegare l'origine del mondo, non si pensa mai alla possibilità che egli mantenga la sua onnipotenza, pur senza aver fatto tutto lui, e anzi senza aver fatto proprio nulla, pur potendolo. di modo che egli si trovi di fronte a un mondo da scoprire, essendoci questa lacuna nella sua onniscienza.
Una lacuna che non lo diminuisce  però, grazie alla sua onnipotenza che ogni lacuna gli consente di colmare.
E' un Dio che non sà tutto, ma che tutto può sapere.
E' quantomeno una prospettiva interessante  da cui riconsiderare ogni cosa.
Supponiamo allora che inizialmente egli si trovi di fronte a un mondo fatto di una massa unica e compatta?
Per quanto onnipotente , come farebbe a scoprire la forza di gravità?
Non potrebbe scoprirla, finché, potendolo, non decidesse di dividere il mondo in due, per vedere l'effetto che fà, e l'effetto sarebbe che le due parti si attraggono.
Ne dedurrebbe allora Dio che le due parti già si attraevano anche quando parti non erano?
O direbbe che l'attrazione è un effetto che segue a causa della divisione?
Come fanno due parti ad attrarsi se non ci sono parti?
Con la stessa logica potrei dire che un fotone è costituito da parti che si attraggono con un nuovo tipo di forza, anche se io non sono abbastanza onnipotente da poter dividere un fotone in due.

Una volta che Dio ha diviso l'unica massa in tante parti, andando avanti col suo esperimento, arriviamo noi e scopriamo la forza di gravita' affermando che essa abbia origine nelle masse stesse, sorprendendoci di ciò in quanto non vediamo come una necessità che fra le cose vi sia una relazione, essendo la loro esistenza indipendente dalle loro relazioni, ma solo perché siamo arrivati a divisioni già fatte.

Finché Adamo era l'unico vivente  non vi era alcun male e Adamo sarebbe rimasto in eterno uguale a se stesso.
Ma esistono davvero il male e la forza di gravità?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Un differente modo per dichiarare l'interconnessione fra tutti gli elementi dell'universo è dato dalla semplice constatazione che tutti gli atomi di cui è composto il nostro corpo, continueranno a permanere nell'universo per sempre. Siamo composti di idrogeno, ossigeno, ferro, zinco, rame, manganese e più o meno con tutti gli altri elementi del sistema periodico. Li assorbiamo attraverso il nostro sistema trofico, li modifichiamo a fini biologici, ma quegli atomi entrano ed escono dal nostro corpo in ogni istante e faranno la stessa cosa al momento della nostra morte, sia che cremeremo il nostro corpo, sia che lo lasceremo decomporre in una bara. La cosa affascinante è che qualche atomo che era in noi, potrà essere assorbito da una stella oppure dalla corteccia di un albero, o dal becco di un'anatra. In ciò non vedo un messaggio etico. L'etica è una nobile invenzione dell'uomo ma la natura rispetto ad ogni questione etica resta (parzialmente) muta. Dico parzialmente perché l'etica è profondamente connessa con i neuroni specchio che condividiamo con tutti i mammiferi e gli uccelli di questo mondo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve, profondissime menti.

Il titolo/quesito sarebbe : "Tutto è interconnesso, ma quali sono le implicazioni etiche?"

La risposta è : "Nessuna".

Se Dio esiste, esso/egli è aldi làdel bene e del male, quindi estraneo a qualsiasi implicazione etica. Ciò naturalmente vale ancor più per le sue creazioni e per le loro interconnessioni.

Se Dio non esiste, i concetti di bene e di male non esistevano prima della comparsa dell'uomo (Il Grande Segaiolo) mentre esistevamo e tuttora esistono le interconnessioni cosmiche, le quale risulterebbero appunto prive di connotazioni etiche dal momento che l'etica venne appunto concepita posteriormente dal'Uomo stesso.

Mi raccomando...........andiamo avanti per qualche centinaio di post su simili profondità concettuali. Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Ciao Jacopus.
Ci sono particelle che durano il tempo di un amen e altre più longeve, ma nessuna di esse sembra eterna, benché sempre replicabile, seppur entro dei limiti, perchè non bisogna mai dimenticare che la teoria degli errori è parte fondamentale della scienza.
Ogni essere vivente, in quanto al minimo è una loro combinazione, non solo non è replicabile, ma muta in continuo, finché non perde la sua identità, la quale stessa identità nasce da una valutazione errata, approssimativa, su ciò che continuamente muta.
Dentro questo errore si insinua la conoscenza.
 
La realtà più che fatta di oggettività, sembra essere un continuum che continuamente mutata, e in quanto tale sembra difficile in essa pensare alberghi il male.
Il male, come ci insegnano alcune religioni, è nella conoscenza stessa, a partire dal peccato, indispensabile alla conoscenza, di dividere la realtà in oggetti arbitrari quanto instabili. Instabili perchè parti arbitrariamente estratte da un instabile continuo.
Non è chiaro come faccia la conoscenza ad entrare a far  parte del continuum reale, e in particolare come sia possibile estrarre da questo oggetti in via preliminare, ma essa certo non avrebbe luogo se quegli oggetti, per quanto arbitrariamente definiti, non si ripetessero, se cioè la realtà nel suo continuo mutare non si ripetesse almeno in parte, agevolata la ripetizione da una definizione in parti imprecisa per sua natura, di modo che si possa dare un identità a ciò che pure in continuo muta, acquisendo così una esistenza autonoma.
L'esistenza stessa rientra così nella teoria degli errori e delle approssimazioni definitorie, e la tensione all'eternità è lo specchio di un ansia definitoria conscia dei propri limiti.
La realtà di fatto, cioè la realtà come noi la conosciamo, e' della realtà quell'estratto che tende a ripetersi dentro a quei limiti.

La realtà in quanto omnicomprensiva non si relaziona con nulla e non contiene al suo interno ne' oggetti ne' relazioni, ma se arbitrariamente suddivisa in oggetti questi mostrano relazioni a ricordarci che stiamo manipolando oggetti che nascono da una realtà unica. Oggetti che una volta estratti entrano in conflitto, nel bene e nel male.
Noi stessi siamo un esempio di ciò.
Nel momento in cui da noi arbitrariamente  estraiamo i nostri microbi entriamo con essi in conflitto.

Sono cosciente di stare usando un linguaggio non scientifico, ma lo scopo non è quello di criticare la scienza o la conoscenza in generale, ma di cercare di mutare prospettiva, di essere cioè in pieno quel che ci tocca essere, partecipando con la coscienza al mutamento della realtà.
Sono anche cosciente che la prospettiva che propongo non è alternativa in quanto priva di contraddizioni, ma in quanto portatrice di nuove contraddizioni, perchè la contraddizione è insita nella conoscenza la quale si origina a partire da un arbitraria estrazione di un discontinuo da un continuo, indipendentemente da come ciò possa avvenire, e comunque la rigiriamo resterà sempre qualche mistero da contemplare.
Credo sarebbe saggio ricordare che nessun essere cosciente sia del tutto cosciente, e sarei cauto quindi a caratterizzarci in modo esclusivo con la coscienza, identificandoci perciò con il male.
Perchè se male siamo a volte però ci distraiamo dall'esserlo, rientrando dentro un innocente indistinto.
Sono quei momenti di comunione, di benessere estatico, dimentichi di noi stessi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Rispondo a Viator. In realtà, senza scomodare Dio o una ipotetica Coscienza Universale, l'interconnessione e l'etica sono per forza collegate. Se io vivo in modo confortevole solo se mi prendo cura del mondo in cui vivo, il bene presuppone la cura dell'interconnessione e di ciò che è interconnesso. Lo stesso fatto che neurologicamente siamo dotati di neuroni-specchio è la base biologica dell'etica (o se preferisci della morale). Che poi siano stati scritti libroni sull'etica, questo è un dato importante, che a sua volta struttura il nostro pensiero etico, ma alla base c'è un fondamento biologico e quindi naturale dell'etica, che condividiamo con tutti i mammiferi superiori, come è stato dimostrato da una infinità di esperimenti su primati e canidi. Un altro fondamento, il terzo, dell'etica è la nostra natura di animali sociali, che approfondisce il connotato di aiuto e di collaborazione solidale. Neuroni-specchio, socialità e cultura sono le tre radici dell'etica. E neuroni-specchio, socialità e cultura funzionano solo se ci connettiamo l'uno con l'altro.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Socrate78

I neuroni specchio però solo anche alla base del condizionamento, del conformismo che porta ad agire allo stesso modo anche nel fare stupidate e anche nel male, sono alla base della possibilità dell'essere umano di essere manipolato da tutto e da tutti, quindi non ci fanno essere liberi e secondo me non sono la parte migliore di noi. I neuroni specchio fanno sì che quando una persona compie una determinata azione essa viene riprodotta nella mente di chi osserva, ma l'azione può anche essere pessima, stupida, inutile, quindi come vedete non si tratta certo di un meccanismo che può fondare l'etica, anzi, è una dimostrazione dell'assenza di libertà nell'uomo, della sua vulnerabilità all'ambiente. Inoltre l'uomo è un FALSO animale sociale, perché si è unito ai suoi simili solo per puro egoismo, per usare il prossimo a proprio vantaggio contro i pericoli comuni (animali feroci, ambiente ostile, tribù nemiche), quindi secondo me vale la formula che aveva coniato il filosofo Hobbes secondo cui "Homo homini lupus est", l'uomo è un lupo per l'uomo. La socialità è apparente, è solo un mezzo per servirsi del prossimo per se stessi, perché ci si rende conto di non farcela da soli, ma la mia utopia consisterebbe in un mondo in cui ogni persona è talmente autonoma da non dover aver bisogno quasi di nessuno.

baylham

Citazione di: viator il 13 Settembre 2022, 11:12:50 AMIl titolo/quesito sarebbe : "Tutto è interconnesso, ma quali sono le implicazioni etiche?"

La risposta è : "Nessuna".

Secondo me è il contrario, è la connessione, relazione tra le cose che fa sorgere l'etica. 

Jacopus

#11
Per Socrate. Rispetto ai neuroni specchio hai ragione. Sono una risposta neurale di immedesimazione in ciò che vediamo, al punto che se vediamo una persona mangiare, iniziamo a salivare. In natura questo è un meccanismo straordinario di apprendimento. La
situazione si complica  con l'uomo, la cui capacità di strategie molto differenti, rende possibile applicare i neuroni specchio per molteplici attività non sempre solidaristiche. Ma accanto a questo non va dimenticato che l'uomo appartiene ad una specie sociale, esattamente come il povero lupo, che apprende una serie molto complessa di rapporti gerarchici, solidali e relazionali nel suo branco. L'etica nasce non dai soli neuroni/specchio ma dall'interazione fra neuroni/specchio (e l'intera architettura neurale dell'uomo), socialità della specie homo sapiens e cultura. L'etica non esisterebbe senza le riflessioni dei filosofi ed è quindi un prodotto parzialmente slegato dalla natura. O meglio è una produzione Prometeica, che va oltre la natura, pur essendo radicata in essa (homo sapiens fa parte della natura). In tutto questo discorso una parte fondamentale è data dagli aspetti pedagogici, come aveva intuito correttamente già Platone. Una certa pedagogia è in grado di cambiare profondamente una società.
A questo punto una netta distinzione io/altri non potrà mai avvenire se non nei film dei supereroi e detta distinzione è anche deleteria, proprio perché, se siamo completamente "altro", possiamo usare il prossimo come oggetto e non più come soggetto. Che la vita sia sempre l'affermazione del più forte sul più debole è errato. Ti posso fare migliaia di esempi di collaborazione in natura, come nel caso del batterio "escherichia coli", senza il quale non sopravvivremo.
Da una diversa prospettiva si potrebbe  aggiungere che è proprio l'estrema differenziazione delle strategie possibili di azione da parte dell'uomo a rendere l'uomo un soggetto "etico". La scelta è il nucleo dell'etica e l'uomo può scegliere o perlomeno può farlo secondo alcune teorie filosofiche e neurofilosofiche alle quali mi accodo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 14 Settembre 2022, 07:33:50 AMDa una diversa prospettiva si potrebbe  aggiungere che è proprio l'estrema differenziazione delle strategie possibili di azione da parte dell'uomo a rendere l'uomo un soggetto "etico". La scelta è il nucleo dell'etica e l'uomo può scegliere o perlomeno può farlo secondo alcune teorie filosofiche e neurofilosofiche alle quali mi accodo.
Penso che Socrate abbia ragione quando dice " Se noi osserviamo il mondo intero, si può notare come esso sia una specie di campo di battaglia in cui ogni essere vivente lotta per il possesso del territorio, per affermarsi nel branco..." e penso anche che jacopus abbia ragione a dire ...
Citazione di: Jacopus il 14 Settembre 2022, 07:33:50 AMChe la vita sia sempre l'affermazione del più forte sul più debole è errato. Ti posso fare migliaia di esempi di collaborazione in natura, come nel caso del batterio
e quindi chi ha ragione? semplice, tutti e due! e questa come si chiama? antinomia oppure potete chiamarla "contraddizione " ma è questo che la vita ci consegna "contradictio est regula veri" diceva il giovane Hegel, ed aveva visto giusto.

Penso che Socrate voleva dire che le nostre scelte spesso sono spinte da un bisogno personale, da una volontà di potenza. E non ha affatto torto , fight for live, lotta per la vita. è vero. Ma è vero anche che ci sono uomini straordinari che nella loro vita ci hanno insegnato che cos'è l amore, la tolleranza, la giustizia, il bene  , la pace ...e quindi?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

E quindi più che sul conflitto fra individui, tirando in ballo una volontà di potenza fine a se stessa, il paradosso sparisce se si considerano individui in conflitto con l'ambiente.
Quindi, mettendo da parte l'emotività, chiediamoci quale possa essere la migliore strategia.
SE partiamo col pregiudizio che il conflitto fra individui sia un male daremo un giudizio viziato.
Ma se vediamo una coppia di individui come lo stesso individuo che ha la capacità di sdoppiarsi in modo differenziato, possiamo vedere questa come una buona strategia nel conflitto con l'ambiente, che è quella di tentare risposte diverse non conoscendo la giusta risposta, e sono le diverse risposte ad entrare in conflitto per tramite degli individui.
Se guardiamo all'individualità pregiudizialmente come un male ne dobbiamo coerentemente dedurre che la diversità sia un male, e non una ricchezza.
La strategia della vita è quella di dare risposte preventive in gran numero, prima ancora che l'ambiente presenti l'ostacolo da superare, e in tal senso la diversità può considerarsi una ricchezza.
In tal modo però ciò che pregiudizialmente tendiamo a considerare un bene, la collaborazione fra individui, sembra essere tagliata fuori.
Non è così, se consideriamo che la capacità di sdoppiarsi dell'individuo sia vincente non meno che della capacità di ricomporsi, e che cioè diversi individui siano capaci di comportarsi in certi frangenti come uno solo.
Noi uomini siamo in grado di mettere in atto entrambe le strategie, e maggiori sono le strategie maggiori sono le possibilità di vittoria, specie quando il numero di individui è tale da poterle mettere in atto tutte insieme.

L'errore concettuale è che sia il più forte a vincere, ma in effetti noi non sappiamo chi è il più forte finché non vince, e non sappiamo mai quale sia la strategia vincente, anche se ogni individuo, in base ai suoi pregiudizi su cosa sia bene e male, crede di saperlo.
Noi non sappiamo mai quale sia la strategia vincente, e di fatto, grazie alla distribuzione statistica dei pregiudizi individuali, diamo diverse risposte casuali, per cui la probabilità di vincere è maggiore quanto numerosi sono gli individui, perchè maggiore sarà il numero di risposte e maggiore sarà la probabilità che fra queste vi sia quella giusta.

Certo, chi si fregia del libero arbitrio per affermare la sua specifica superiorità non sarà felice di sapere che il libero arbitrio funziona come un pallottoliere, ma non potrà negare, se smette per un attimo di autolodarsi vanamente, che esso costituisca un vantaggio evoluzionistico, perchè il tempo che una specie ha a disposizione per adattarsi ai mutamenti ambientali è limitato, e l'uso della coscienza serve nona dilatare questo tempo, ma, il che è lo stesso, ad accelerare la risposta.
Poi magari si può discutere se si tratti di un vero vantaggio evoluzionistico se si tiene conto dei costi di sostenibilità della coscienza.
Coerentemente a quanto sopra detto è più corretto dire che la coscienza è una strategia fra tante che adotta la vita.
La scommessa evoluzionistica degli uomini è solo una fra tante e nessuno può dire se sarà vincente  e per quanto lo sarà.
I problemi che stiamo creando all'ambiente, e quindi noi stessi, sono in ultima analisi riconducibili al dispendio energetico richiesto dall'uso della coscienza, nodo centrale della nostra strategia.
Se non dovesse funzionare altre funzioneranno e la vita andrà avanti.

Il paradosso che Socrate incarna in modo esemplare è che egli critica l'individualità da inconsapevole perfetto individualista, quello che pensa che degli altri individui con la loro voglia di potenza non se ne salvi uno, portando inconfutabili prove in apparenza, e che il male stia quindi nella individualità, tralasciando però di riportare esempi virtuosi di uomini , che anche quando collaborano fra loro, lo fanno per puro interesse personale.
In effetti non è importante perchè lo facciano, l'importante è che funzioni.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 14 Settembre 2022, 19:28:58 PME quindi più che sul conflitto fra individui, tirando in ballo una volontà di potenza fine a se stessa, il paradosso sparisce se si considerano individui in conflitto con l'ambiente.
e che cos'è l'ambiente? l'abitath degli individui o gli individui che occupano tale abitah? , non sono mai entrato in conflitto con il mio abitath del resto. Ho detto che la lotta per la vita non si può negare , ma ho avuto qualche pregiudizio su questo? no, è un fatto che sussiste da quando l'uomo a cominciato a camminare su due zampe. E poi ho detto anche che ci sono uomini che invece hanno dato la vita affinchè altri potessero vivere una vita migliore andando contro l'istinto più radicato e forte che ogni essere vivente ha...l' istinto di sopravvivenza. Altro che volontà di potenza ...e quindi? e il quindi non è il conflitto fra gli individui o fra l'individuo e l' ambiente.
e quindi che cos'è il mondo! voglio sapere che cos'è il mondo..posso sapere che cos'è il mondo?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Discussioni simili (5)