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Tutto bene e niente male

Aperto da viator, 30 Settembre 2018, 21:22:18 PM

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sgiombo

Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 09:20:23 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:28:45 PM


Sono veramente stupito della diffusione di questo per me evidentissimo paralogismo per il quale l' essere deterministi (consapevoli del proprio agire deterministico) dovrebbe per forza diminuire la determinazione nel proprio agire:

E perché mai ? ? ?

La storia é piena di deterministi "accanitamentissimamente" dediti alle più svariate cause.
Non mi riferisco al libero arbitrio in salsa cristiana, e considero pseudologismo l'argomento di un'etica proprietà privata dei numi. I deterministi sono accanitamente determinati a perseguire le finalità della loro volontà deterministicamente orientata, ma indeterministicamente interpretata, in quanto volontà. Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è possibile prevedere quelle finali per puro calcolo. La sonda che atterra su Marte. Se sbaglia bersaglio è solo un errore di calcolo. Ma se la sonda potesse decidere di atterrare sulla Luna, tutto l'ambaradan deterministico fallirebbe. Dove esiste un ente definibile come volontà, per quanto essa sia deterministicamente costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, il determinismo cessa di far valere le sue leggi.

Mi sembra evidente che ci siano difficoltà ad intendersi e cerco di chiarire i termini della questione (o forse piuttosto delle questioni) dal mio punto di vista.

Che non sei credente nel cristianesimo o in altre religioni (come anch' io) e che come me credi che l' etica non si fondi su nessuna rivelazione divina ma invece abbia un' origine e una spiegazione naturalistica per importatissimi aspetti culturalmente, storicamente declinata l' avevo capito.

Secondo me non é possibile, non ha senso un determinismo che non sia "integralmente tale" (sia pure eventualmente in una forma debole, probabilistica - statistica): non sono possibili deroghe dalle leggi (meccanicistiche o probabilistiche che siano) del divenire deterministico, ovvero "miracoli", ovvero "libero arbitrio": determinismo aut indeterminismo, tertium non datur.
Un reale determinismo ontologico, oggettivo può essere "interpretato" (cioé conosciuto: non vedo altri sensi possibili di questo termine) soggettivamente, epistemicamente in modo relativamente indeterministico (per esempio un determinismo ontologico meccanicistico conosciuto probabilisticamente statisticamente) oppure non conosciuto per niente, ma questo oggettivamente non lo rende meno deterministico: il fatto che uno può credere che la sua volontà sia indeterministica (libero arbitrio) perché non conosce i meccanismi che la determinano non significa che oggettivamente la sua volontà non sia deterministicamente condizionata.

 Un sistema è deterministico quando date le condizioni iniziali è in linea teorica, di principio (non necessariamente di fatto) possibile prevedere quelle finali per puro calcolo.
Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati o le conseguenze in italia di un battito d' ali di farfalla in Nuova Zelanda perché di fatto non si può avere una conoscenza sufficientemente completa e precisa dei fattori in gioco; ma in linea di principio, se si avesse una tale conoscenza, tali eventi sarebbero prevedibilissimi.
E il comportamento umano, a un livello ancor maggiore di complessità e dunque di imprevedibilità di fatto é di analoga natura.

Dunque secondo me Dove esiste un ente definibile come volontà costituita dagli elementi "intrinseci" del suo universo evolutivo, per quanto essa sia di fatto non calcolabile nel suo determinismo, il determinismo reale, oggettivo, ontologico non cessa comunque affatto di far valere le sue leggi.
Cessa solo la nostra capacità di conoscerle e di conoscere le situazioni concrete del comportamento umano volontario (in cui le leggi deterministiche del divenire vigono perfettamente, inderogabilmente) con completezza e precisione sufficienti per applicarle a calcoli e deduzioni certe.

Donalduck

#166
viator:
CitazioneIl MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE (dovrei parlare del significato cosmico dell'AMORE ma non voglio/posso dilungarmi).
Purtroppo senza "dilungarsi" a spiegare cosa sarebbe questo "bene" che regnerebbe sul mondo l'intera idea è del tutto priva di senso. Un'idea comunque già sentita (io l'ho letta almeno in qualche libro di Osho) che non mi ha mai convinto.

Tutto sta ad indicare che il male esista come forza psichica (o spirituale che dir si voglia) attiva. Il sado-masochismo, che pervade tutte le nostre società fino a costituirne la vera e propria ossatura, ne è, secondo me, la dimostrazione più evidente. Il sadico gode della distruzione, della sofferenza altrui e il masochista (ma le due tendenze sono spesso compresenti nello stesso individuo) gode della distruzione e della sofferenza propria. La maggior parte dei criminali e delle persone "cattive" non si limitano a desiderare il proprio bene, ma desiderano appassionatamente il male altrui, del quale si nutrono come di un delizioso cibo.

L'idea che mi son fatto è che il bene (e l'amore, espressione di esso) sia in sostanza il principio costruttivo, aggregante, armonizzante e il male l'opposto: il principio distruttivo, disgregante, conflittuale, destrutturante. In fisica il male è rappresentato dall'entropia e il bene dalla sintropia o neghentropia (termini non inclusi nella fisica mainstream) alla base, tra l'altro, della vita. E, nell'ambito della vita, bene e male hanno i loro rappresentanti in anabolismo e catabolismo.

A questo, per evitare grossolani fraintendimenti, bisogna aggiungere che bene e male, positivo e negativo, attrazione e repulsione, costruzione e distruzione, sono inestricabilmente legati e formano il tessuto stesso della realtà, come ben rappresentato dal simbolo del Tao. E questo rende bene e male inevitabilmente presenti in ogni ogni entità esistente, quantomeno allo stato potenziale.

CitazioneSe tali due ambiti (bene/male) coesistono e sono addirittura l'uno il contrario dell'altro, ci sarà certo una netta distinzione tra loro Esisterà certo un confine individuabile ai due lati del quale stanno - distintamente - bene e male.
Gli opposti nella realtà non possono esistere. E' la nostra mente a concepirli grazie unicamente alla intrinseca limitatezza con cui essa funziona....
Ma perchè la nostra mente è come costretta ad immaginare e trattare l'esistenza di due termini quando la logica dimostrerebbe che dobbiamo analizzarne uno solo?.
Perchè la nostra mente può funzionare solamente attraverso le RELAZIONI tra due o più termini !.
Ciò accade poichè qualsiasi attività della nostra mente è basata inesorabilmente sulla necessaria, inevitabile relazione tra il soggettivo (la mia mente) e l'oggettivo (la famosa "cosa in sè", direi).
Noi possiamo concepire l'unicità ma non possiamo ragionarne. Ci occorrono almeno due termini. Perciò siamo costretti ad "inventare" l'esistenza di opposti per trasferire ogni discorso al livello minimo che ci permette di parlarne. La Duplicità.
A parte il fatto che con ragionamenti del genere si arriva a negare la differenza tra polo positivo e negativo di un magnete o tra i due poli di una presa di corrente, cadendo nell'assurdo, non capisco che significato possa mai avere la parola "esistenza" al di fuori della relazione. Senza la dualità, senza la relazione, ogni cosa perde qualunque traccia di significato. Parole come realtà, esistenza, non esistenza, uno tutto, nulla, insieme a tutte le altre parole del vocabolario, diventano solo suoni o segni senza significato. L'esistenza presuppone la relazione perché senza un soggetto che percepisce l'esistenza non c'è alcun modo di definire l'esistenza stessa, esistenza e non esistenza, tutto e nulla coincidono in un'universale assenza. Non esiste alcun modo di prescindere dalla relazione, se non nei giochi di parole che ci portano, o meglio alludono, ai limiti delle possibilità della nostra mente. Ma presumere che cose che non possiamo né definire né concepire possano avere qualche forma di "esistenza" (al di là di quella puramente astratta data dalla loro formulazione) è semplicemente un nonsenso.

Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza.

CitazioneLa chiave del riconoscimento di ciò che esiste è tutta qui.
Il percepibile E-SISTE, il concepibile (almeno finchè non avremo la fortuna o la disgrazia di incontrarne la percezione) NON E-SISTE (non è fuori di noi bensì solo dentro di noi !) poichè si limita appunto ad IN-SISTERE dentro di noi.
Qui arrivi vicino al cuore del problema. Non vedo proprio in base a che cosa si debba considerare il mondo interiore come non oggettivo. Lo è in tutto e per tutto. La "concezione" di cui parli è solo un'altra forma di percezione. Percepiamo pensieri, sensazioni, visioni, sogni, sentimenti, ogni genere di entità psiche come oggetti, appunto, della percezione della coscienza, esattamente come gli oggetti esterni, con la sola differenza della loro minore persistenza e della maggiore mutabilità, oltre la limitata condivisibilità. Ma niente ci autorizza a dire che il mondo interiore è "parte di noi". Noi chi? Della coscienza no di sicuro, perché è essa come unica entità soggettiva, che percepisce le entità psichiche e le può percepire solo perché sono separate da essa, sono qualcosa di diverso da essa. Il mondo interiore si presenta alla coscienza così come si presenta quello esteriore. Con caratteristiche diverse e molto meno nitido di quello esterno, certo, ma bisogna anche dire che dell'esplorazione del mondo interiore la nostra cultura si è sempre allegramente disinteressata sostituendo l'esplorazione con i miti delle religioni, con le metafore e le vaghe intuizioni della filosofia e della psicologia (ibrida disciplina ai confino tra filosofia e scienza) e con quell'esile speculazione che la scienza può realizzare basandosi sulle tracce esteriori del mondo interiore.

Comunque sia che si parli di "esistenza" o "insistenza" (si parla comunque di un modo di "essere"), non si può prescindere dalla dualità (se qualcosa "insiste" c'è quello che insiste su qualcosa e quel qualcosa su quell'altra cosa insiste) e dalla relazione. L'origine logica dell'essere è la dualità stessa, la relazione stessa, al di fuori della quale "c'è" solo un impossibile e inconcepibile nulla o non-essere.

Ipazia

#167
Citazione di: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 10:49:23 AM

Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati

Certo che sappiamo il risultato: 1) compreso tra 2 e 12 2)testa o croce. Il risultato del lancio di un umano è invece incalcolabile: Mozart o Hitler, Ipazia o sgiombo, più qualche altro miliardo di risultati. Difficile renderli tutti deducibili anche per Big Brother  ;D

Scienza e politica ci provano continuamente a programmare gli umani, ma risulta difficile anche con un cane o un delfino. L'autocoscienza continua a produrre cigni neri e l'opera di sbiancamento si riduce alle mitologiche, sterili, fatiche di Sisifo e Tantalo.  Meglio trattarla come una variabile indipendente e, piuttosto che calcolarla, cercare di persuaderla. La persuasione razionale è l'unico comportamento deterministico possibile nell'universo antropologico, barcamenandosi tra le diverse pulsioni sempre in bilico tra razionale e irrazionale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#168
Salve DonaldDuck. Il tuo recente intervento oppone numerose obiezioni alle mie precedenti considerazioni. Cito anzitutto : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza.".

Circa tale aspetto, risultante oltretutto pesante ed OT, decido di trattarlo a parte come nuovo argomento titolato "Solipsismo" che farrò apparire prossimamente.

Venendo al tema bene/male, ricito : "In fisica il male è rappresentato dall'entropia e il bene dalla sintropia o neghentropia (termini non inclusi nella fisica mainstream) alla base, tra l'altro, della vita. E, nell'ambito della vita, bene e male hanno i loro rappresentanti in anabolismo e catabolismo.".


Apprezzo il tuo riferimento all'entropia, anche se non comprendo cosa sarebbe la "sintropia-neghentropia" (forse l'andamento opposto all'entropia, cioè che tende alla concentrazione energetica contrapposta alla dispersione entropica ?).

Non sono comunque d'accordo nell'incarnare il male (fisico e cosmico) nell'entropia stessa.
Da un punto di vista fisico e cosmico non esistono bene e male, concetti relativi utilizzati a piene mani in ambito umano (esistenziale-etico-morale-spiritualistico) la cui definizione in via essenziale e radicale è, per il bene : "ciò che giova", mentre per il male : "ciò che nuoce o che impedisce un giovamento". Naturalmente per giovamento si intende un effetto da noi giudicato tale, con tutti i nostri limiti nel comprendere cosa possa esserci veramente utile tra tutto ciò che possiamo considerare giovevole.

Dal punto di vista fisico-cosmico esiste solamente la necessità, intesa in senso filosofico. Ricordo che questo non è il migliore od il peggiore dei mondi possibili : questo è l'unico mondo possibile.
Interpretando UMANAMENTE (quindi relativamente) l'esistenza dell'entropia, in che modo possiamo trovare che essa ci giova (bene) o ci nuoce (male) ?.

L'entropia consiste in un andamento che provvede a distribuire inesorabilmente l'energia trasportandola da dove ce n'è di più a dove ce n'è di meno. L'energia è il carburante dell'esistenza del mondo visto che anima ogni trasformazione fisica. E' un carburante indistruttibile la cui riserva  non viene mai intaccata ("Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma).

La conseguenza ed il senso (andamento) dell'entropia è quella di raggiungere la completa uniformità energetica ovunque nel cosmo. Ma un cosmo in cui tutto abbia la medesima temperatura (la temperatura è la misura del contenuto di energia di un corpo o di un ambito fisico) presenterebbe un piccolissimo problema : in esso cesserebbero gli scambi, gli spostamenti, la diffusione dell'energia, quindi cesserebbero i fenomeni fisici, nulla più accadrebbe, cesserebbero gli eventi e quindi svanirebbe persino il significato del verbo essere = "la condizione per la quale le cause procucono degli effetti". Basta cause, basta effetti, basta tempo.
Quindi l'entropia non rappresenta altro che la tendeza alla morte dell'universo e dell'esistente. Perciò avresti ragione nell'incarnarla nel male.


Quella descritta sopra però è solo una tendenza che fortunatamente non riuscirà mai a perfezionarsi. La realtà dell'effetto entropico è esattamente l'opposto della sua tendenza !!
Infatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo ! Quindi abbiamo una simile stupefacente contraddizione : L'entropia tende alla morte del mondo facendolo vivere ! Perciò avresti torto nell'incarnarla nel male !.


Ecco la ragione per la quale contraddizioni, bene, male sono concetti ridicolmente relativi con i quali possiamo trastulallarci finchè vogliamo ma che non hanno senso fuori dalle nostre esistenze.

Ed eccoci all' amore : Ricito : "L'idea che mi son fatto è che il bene (e l'amore, espressione di esso) sia in sostanza il principio costruttivo, aggregante, armonizzante e il male l'opposto: il principio distruttivo, disgregante, conflittuale, destrutturante".


Per l'amore, secondo me, vale la seguente definizione "L'amore è - indistinguibilmente - la pulsione a completarsi attraverso l'inclusione, l'incorporazione (comprensione  di....!) di ciò che ci è esterno e/o attraverso il nostro sciogliersi, venir incorporati (comprensione da ....!) da ciò che ci è esterno".
Quindi l'essenza dell'amore consiste  (a seconda delle circostanze e dell'indole di chi ama o vuole essere amato) nel COMPRENDERE e/o nel VENIR COMPRESI (comprendere, come dico sopra, nel duplice significato di INCLUDERE e CAPIRE).

Anche qui non sono d'accordo con te : l'espressione "al di là del bene e del male" secondo mè è quella che più di ogni altra caratterizza la valenza etica dell'amore. Esso è superiore ed ESTRANEO a qualsiasi ETICA,  MORALE, FILOSOFIA, SCIENZA E RELIGIONE.
Infatti l'amore può ugualmente manifestarsi attraverso lo sfrenato egoismo della ricerca del piacere come attraverso l'abnegazione del più completo sacrificio di sè.

E se proprio all'amore vogliamo attribuire una valenza etica, essa è abbinabile al concetto appunto di comprensione. E' per questo che il male non esiste. Esso è generabile solamente dalla relativa carenza del CAPIRE-COMPRENDERE (ecco la luce ed il calore). AMORE-COMPRENSIONE-ENTROPIA-LUCE rappresentano l'AFFERMAZIONE di qualcosa .....MALE-ODIO-INCOMPRENSIONE-MORTE-BUIO sono la NEGAZIONE o l'INCOMPLETEZZA di ciò che esiste. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Socrate78

Il bene in effetti può essere paragonato al calore del sole, esso c'è sempre, illumina e riscalda, ma a volte capita che faccia freddo oppure gelo, quindi esso pur presente non riesce a scaldare bene, ma questo non significa necessariamente che il male sia più forte del bene o addirittura che il bene (simboleggiato dal sole) sia illusorio. Non so se la metafora sia appropriata, ma mi sembra l'unica idonea a descrivere qual è secondo me il rapporto male/bene.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 23:23:37 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 10:49:23 AM

Per esempio non é di fatto possibile prevedere il singolo risultato del lancio di due dadi o di una moneta non truccati

Certo che sappiamo il risultato: 1) compreso tra 2 e 12 2)testa o croce. Il risultato del lancio di un umano è invece incalcolabile: Mozart o Hitler, Ipazia o sgiombo, più qualche altro miliardo di risultati. Difficile renderli tutti deducibili anche per Big Brother  ;D

Scienza e politica ci provano continuamente a programmare gli umani, ma risulta difficile anche con un cane o un delfino. L'autocoscienza continua a produrre cigni neri e l'opera di sbiancamento si riduce alle mitologiche, sterili, fatiche di Sisifo e Tantalo.  Meglio trattarla come una variabile indipendente e, piuttosto che calcolarla, cercare di persuaderla. La persuasione razionale è l'unico comportamento deterministico possibile nell'universo antropologico, barcamenandosi tra le diverse pulsioni sempre in bilico tra razionale e irrazionale.

Mi sembra di poter concordare (perché, se ben comprendo, non neghi il determinismo ontologico - oggettivo anche in quei fenomeni complessi -in primis il comportamento animale e soprattutto umano- che sono di fatto inconoscibili non nel loro determinismo ma invece solo -e tanto più per tutti gli scopi pratici- indeterministicamente, in quanto indeterminati gnoseologicamente -soggettivamente).

Ipazia

@sgiombo
;), lasciamo spazio al bene e al male. Se ne riparlerà nelle appropriate discussioni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

viator:
CitazioneCirca tale aspetto, risultante oltretutto pesante ed OT, decido di trattarlo a parte come nuovo argomento titolato "Solipsismo" che farrò apparire prossimamente.
Non mi piace per nulla questo modo di affrontare le discussioni. La considerazione è tutt'altro che fuori tema. Sei stato tu a mettere in ballo il concetto di esistenza, collegato col tema della relazione e degli opposti, in un modo che per me è contradditorio e fuorviate e che di conseguenza inficia tutto il discorso, ed è per questo motivo che ne ho parlato. In estrema sintesi tu sembri negare l'esistenza degli opposti , io tendo a considerare gli opposti (o più in generale la differenziazione, di cui la dualità è prototipo) come fondamento stesso dell'esistenza. Preciso che la mia posizione non ha nulla a che fare col solipsismo. Se cercassi di capire quello che dico pittosto che respingerlo a priori, forse la discussione potrebbe risultare proficua per entrambi.

La sintropia o neghentropia sono concetti sviluppati da alcuni studiosi in riferimento a una tendenza attiva all'ordine alla differenziazione, all'organizzazione contrapposta all'entropia, che tende al disordine e all'omogeneità.

CitazioneDa un punto di vista fisico e cosmico non esistono bene e male, concetti relativi utilizzati a piene mani in ambito umano
I concetti, prima di tutto, sono sempre relativi anche in ambito scientifico e cosmico (almeno nella mia concezione che ho tentato di spiegare), poi la tua restrizione all'ambito, come si potrebbe definire? etico-psicologico? non vedo proprio che giustificazione possa avere. E' vero che nel tuo intervento iniziale sembri voler restringere l'ambito parlando dei "due concetti addirittura basilari sui quali è fondata - sembra proprio - ogni etica individuale ed ogni morale collettiva". Ma poi sei tu stesso ad uscire dal campo dell'etica  e del peculiarmente umano affermando che "Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE", e ad assegnare a bene e male una dimensione cosmica. Per cui la tua affermazione citata appare smaccatamente incongrua.
Io ho esposto una linea di pensiero in base alla quale faccio risalire i concetti di bene e male (anche quelli della morale) a qualche sorta di forze o tendenze primordiali, basilari, fondamentali, due "principi", per usare le tue stesse parole. La differenza è che tu parli di un solo principio che chiami, senza ulteriori spiegazioni, "bene", mentre io ho cercato di dare spiegazione e giustificazione dei due principi. E per tutta risposta mi neghi in toto, contraddicendo anche te stesso, la pertinenza di principi generali, riducendo l'ambito al peculiarmente umano-psicologico, sempre senza dare spiegazioni.

Quanto ai concetti di relativo e assoluto, che citi di frequente, ho più volte avuto modo di esporre il mio pensiero in proposito. Per me la relazione, lo ribadisco, è la genesi stessa dell'esistenza, non si dà esistenza senza relazione. Di conseguenza l'assoluto per me coincide col nulla (che ovviamente non esiste), è incompatibile con qualunque forma concepibile di esistenza. Perché si possa parlare di esistenza è necessario che ci sia quantomeno un soggetto e un oggetto in relazione tra loro. Sfido chiunque a dare una definizione sensata e non contradditoria dell'esistente-in sé, senza nessuna relazione con nulla. In cosa mai dovrebbe consistere quest'attributo di "esistente", contrapposto a "non esistente", quale sarebba la differenza tra esistente e non esistente, se si esce dal relativo per entrare (o pretendere di entrare) nell'assoluto?

CitazioneInfatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo !
detta così non ci vedo alcun senso, forse con una spiegazione...

CitazioneL'amore è - indistinguibilmente - la pulsione a completarsi attraverso l'inclusione, l'incorporazione (comprensione  di....!) di ciò che ci è esterno e/o attraverso il nostro sciogliersi, venir incorporati (comprensione da ....!) da ciò che ci è esterno
A parte che non riesci a deciderti tra la dimensione cosmica e quella peculiarmente umana (è una pulsione o un principio cosmico? mi sembra che ci sia una bella differenza tra i due...), ti sembra una definizione che possa portare a qualche forma di rappresentazione razionale utile? Non nego che dia qualche suggestione, a me evoca il sadomasochismo di cui parlavo, ma non mi sembra che porti da nessuna parte, mi sembra quasi una sorta di tottofabrodo che non qualifica nulla in alcun modo. E perché lo chiami "amore"? Cos'ha a che fare con i significati attribuiti dal vocabolario a questo termine? E soprattutto cos'ha a che fare col significato che il vocabolario attribuisce al termine "bene"?

PS - Niente di personale nei miei toni un po' bruschi e polemici. Considero molto importante coltivare un'"etica del confronto delle idee" la cui quasi totale mancanza nella nostra cultura rende estremamente difficile ogni tipo di discussione e ogni reale confronto costruttivo, consentendo solo uno sbandieramento delle proprie opinioni, senza nessuna reale relazione tra i discorsi, che spesso finiscono col diventare soliloqui affiancati. Ovviamente ci sono anche ambiti di confronto in cui si può restare nel vago, nell'ambiguo, nell'allusivo (l'arte è il regno di tutto questo), ma qui, mi pare, si cerca di confrontare argomenti razionali.

viator

Salve Donald. Grazie per il tuo intervento. Mi rendo conto che il mio modo di esprimermi può risultare poco chiaro per via della mia propensione alla sintesi che può pure apparire apodittica. E' dovuto anche al fatto che io scrivo in tempo reale, di getto.  D'altra parte odio la prolissità. Cercherò di rispondere per punti :

"In estrema sintesi tu sembri negare l'esistenza degli opposti , io tendo a considerare gli opposti (o più in generale la differenziazione, di cui la dualità è prototipo) come fondamento stesso dell'esistenza".


Io non nego l'esistenza degli opposti, ma li considero tanto antitetici quanto coincidenti poichè essi secondo me giacciono sempre lungo una circonferenza in cui ciascun punto rappresenta sempre sia un inizio che una fine ed inoltre è anche sia quello più distante che quello più vicino al punto successivo o precedente. Ricordo che una retta di lunghezza infinita non è in alcun modo distinguibile da una circonferenza di raggio infinito, quindi potrebbe essere che mentre noi crediamo di allontanarci da qualcosa in reltà (e magari solo tendenzialmente) potremmo star ritornando a quella cosa. Quando ho parlato di entropia, dicendo che essa incarna una stupefacente contraddizione intendevo anche una simile chiave di lettura.
L'entropia tende all'ordine (la morte termica dell'universo). Tendere significa essere animati da un sequenza di cause-effetti che - interpretata ed estrapolata - mostra quale dovrebbe essere - in via logica - l'effetto "ultimo" dell'andamento che stiamo esaminando.
Ma l'entropia, pur tendendo all'ordine, genera nella realtà fisica attuale proprio il suo contrario, cioè il disordine (la diversificazione, evoluzione e complicazione dei contenuti del mondo). Essa quindi fa vivere il mondo beffandosi ed opponendosi continuamente a ciò a cui - secondo la nostra logica - sta innegabilmente tendendo.
Che il vivere consista nel tendere alla morte è concetto ovvio. Ciò vale per ciascuna persona e persino - in senso figurato - per ciascun esistente. Ma l'entropia (che funziona facendo interagire i componenti del DUALISMO fondamentale (materia ed energia), il quale rappresenta la base della nostra percezione del mondo) agisce in un ambiente che è contemporaneamente chiuso ed illimitato (infatti una circonferenza di raggio infinito consiste proprio in ciò)  e che pur contenendo ciascuna cosa (anzi, proprio per questo) consiste in realtà nel TUTTO. Ed il TUTTO è ciò che - in base al primo principio della termodinamica - beffa la morte poichè non può sparire-morire.
Detta in questo modo forse potremmo risultare meno in disaccordo.

".........Il MALE non è altro che relativa CARENZA, IMPERFEZIONE, di quel principio che regna da sempre sul mondo (includendo sia i suoi contenuti materiali che quelli immateriali, spirituali) e che consiste nel BENE", e ad assegnare a bene e male una dimensione cosmica. Per cui la tua affermazione citata appare smaccatamente incongrua".
Io ho assegnato una dimensione cosmica per potermi-poteci chiedere se all'interno dei contenuti fondamentali del mondo, si potrebbe trovare - secondo un punto di vista umano e relativo -  quello che permetta di caratterizzare come fondamentalmente benefico o malefico l'insieme del mondo stesso. Naturalmente si conferma che qualsiasi di tali contenuti resta in sè solo "necessario" e quindi privo di valore etico.
Il "principio del bene", cioè la regola valida sia in ambito cosmico che di etica umana, secondo me esiste ed è così formulabile : "Nulla e nessuno sottragga o distrugga ciò che (esso o egli) non sia in grado di restituire o rigenerare". La sua applicazione è la norma da parte del mondo-natura (i quali hanno ed usano la capacità di sottrarre e restituire, di distruggere e rigenerare), mentre se venisse applicata in ambito umano (utopia) impedirebbe di rubare, uccidere, infliggere sofferenza inutile etc. etc.).

"Di conseguenza l'assoluto per me coincide col nulla (che ovviamente non esiste), è incompatibile con qualunque forma concepibile di esistenza".

Una delle mie definizioni di Assoluto sarebbe : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di sè". Cioè sinonimo di TUTTO. Se il Tutto secondo tè non esiste, sarà soltanto perchè nessuno può percepirlo nella sua intierezza. Alcuni, tuttavia, riescono a concepirlo. Anche se il concepirlo potrebbe essere solamente la prova della IN-SISTENZA e non della E-SISTENZA del Tutto, io propendo per la sua e-sistenza poichè trovo che esso SIA. Poichè io definisco il verbo Essere come "la condizione per la quale le cause producono degli effetti", trovo che il Tutto SIA generando e contenendo sia le une che gli altri.

CitazioneInfatti è proprio nel tendere all'uniformità energetica che l'entropia genera la permanente diversificazione del contenuti del mondo !
detta così non ci vedo alcun senso, forse con una spiegazione...

Mia breve trattazione di ciò si trova al primo punto della presente.

A parte che non riesci a deciderti tra la dimensione cosmica e quella peculiarmente umana (è una pulsione o un principio cosmico? mi sembra che ci sia una bella differenza tra i due...)

In effetti non decido nulla in quanto il concetto di amore come da me descritto regna secondo me sia in ambito cosmico che (ovviamente) in quella parte del cosmo che sono le persone.
Certo stiamo parlando di pulsioni, tendenze, concetti e principi (non ti annoio con l'analisi filosofico-lessicale di tali termini) per cui può risultare impegnativo riuscire a collegare tutto ciò ai messaggi dei Baci Perugina. Dico solo che quando una stella esplode si realizza una pulsione fisica all'es-pulsione verso l'esterno dei suoi contenuti fisici.

perché lo chiami "amore"? Cos'ha a che fare con i significati attribuiti dal vocabolario a questo termine? E soprattutto cos'ha a che fare col significato che il vocabolario attribuisce al termine "bene"?

Per carità ! Non parlatemi di vocabolari ! Li avrò aperti forse dieci volte in vita mia (mai durante l'attività scolastica). I vocabolari sono degli utili repertori per trovare il significato convenzionale dei termini che non si conoscono. Io cerco di parlare e scrivere usando solo termini che credo di conoscere avendoli tratti da scritti e discorsi, esperienza personale, qualche atomo di indipendenza di giudizio e di buonsenso.
Il filosofo (anche dilettante come me) che li usi diventerebbe solo un forzato della convenzionalità !.

Ovviamente ci sono anche ambiti di confronto in cui si può restare nel vago, nell'ambiguo, nell'allusivo (l'arte è il regno di tutto questo), ma qui, mi pare, si cerca di confrontare argomenti razionali.

Vedi, la razionalità è un bene prezioso ma il suo limite risulta nella sua applicabilità al solo mondo del percepibile (argomenti fisici, pratici, di utilità).
Mano a mano che ci si sposta verso il mondo concettuale, quello del concepibile, essa perde via via efficacia. Ciò tra l'altro genera le differenze tra il modo di ragionare del filosofo e quello dello scienziato.
Io attribuisco uguale dignità sia al mondo del razione che a quello dell'irrazionale.
Se ci affidiamo solo al razionale succederà ciò che molti già predicono : l'intelligenza artificiale finirà per superare quella umana. Ma io credo che per fortuna ciò non avverrà mai.
La razionalità si nutre di dati. L'irrazionalità  (che altro non sarebbe che una specie di intelligenza psichica generata dall'istinto di sopravvivenza) si nutre di percezioni che, una volta giunte dentro di noi, si trasformano in sensazioni. Cioè di ciò che qualsiasi elaboratore scarterebbe. Sbagliando.

Grande assente in questa trattazione, la monade. Ma non si può esagerare. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Carlo Pierini

Effettivamente il bene e il male si presentano come forze assolutamente incompatibili, ma solo fin quando il processo dialettico di confronto tra i due non si sia completato e non abbia messo in luce la vera essenza di ciò che, volta per volta, chiamiamo "bene" e "male". 
Dando uno sguardo alla storia del pensiero umano, risulta evidente che con il termine "male" non abbiamo mai individuato qualcosa di chiaramente definito, ma è sempre stato usato per indicare delle cause più o meno ignote i cui effetti erano, comunque, distruttivi, disarmonici, destabilizzanti, negativi, o apparivano tali agli occhi del "bene". In altre parole, "male" è sempre stato un termine provvisorio, approssimativo con cui abbiamo designato qualcosa di origine sconosciuta, incompresa, a cui non eravamo, o non eravamo ancora, in grado di dare un vero nome. Non è un caso, infatti, che l'uso di tale disgraziatissimo termine non è mai stato di alcuna utilità in nessun vero processo di approfondimento e di analisi conoscitiva; al contrario, ha sempre contribuito alla confusione e all'irrigidimento delle situazioni di conflittualità.
Non si può certo pretendere che venga bandito dal nostro linguaggio perché, malgrado tutto, rimane sempre quanto di più efficace e di immediato possediamo per esprimere le nostre preoccupazioni etiche. Ma dobbiamo anche cominciare a renderci conto che è sempre un errore fatale impostare i problemi nei termini di "conflitto tra bene e male", come si trattasse di due forze opposte, imprescindibili, connaturate all'esistenza stessa. Ogni volta che l'uomo è riuscito a sostituire "male" con il termine adeguato ha scoperto che dietro ad esso c'era solo una causa, un'energia originariamente utile e benefica, anzi indispensabile all'esistenza, ma erroneamente deviata, orientata verso fini distruttivi. Il processo dialettico, cioè, un efficace confronto tra le due forze naturali in conflitto, disciplinatamente prolungato fino al suo compimento definitivo, giunge sempre a trasformare entrambe e riportarle verso i loro scopi originari; in tale processo i "fantasmi" del bene e del male scompaiono per lasciare il posto a due principi senz'altro distinti, ma riconducibili ad una armonica complementarità.
Dobbiamo cioè sfuggire a due opposte tentazioni d'errore: quella agnostica, secondo cui non esistono in sé né bene né male, e quella cattolico-manichea, secondo cui il male è addirittura uno spirito cosmico eterno, un dio implacabilmente e assolutamente separato e nemico del dio del bene.
Solo se si pongono nella cornice dialettica adeguata "bene" e "male" possono essere epistemologicamente domati e ricondotti all'ordine che è loro proprio, e il male riportato al suo status di forza originariamente "provvidenziale" dell'esistenza, ma deviata verso fini improri. 
Finché continueremo pigramente a non saper, o a non voler, distinguere una forza vitale dalle sue varianti patologhiche o degradate, cadremo dalla padella del suo rifiuto totale, come se si trattasse di un principio maligno assoluto e ineliminabile, alla brace di una accettazione vile e rinunciataria, come se il nostro destino fosse quello di doverci rassegnare a convivere in eterno, impotenti, con mali di ogni genere. Per essere vinto definitivamente, cioè, il male deve essere pienamente conosciuto.
E non è un caso se il mito ci suggerisce che il mostro distruttore (dal Minotauro al Demonio al Vampiro) è implacabile e invincibile solo con il favore delle tenebre o della segretezza, ma che si dissolve e muore non appena è investito dalla luce del giorno o affrontato coraggiosamente dall'eroe. Così come non è casuale che, nel mito dell'Eden, l'atto primordiale che segna il passaggio dell'uomo dalla condizione originaria di incoscienza-innocenza alla condizione propriamente umana di consapevolezza e di responsabilità morale è simbolizzato dall'incontro con l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Origene, Erasmo e Giordano Bruno insegnavano che la misericordia divina avrebbe redento persino i demoni.

viator

Salve Carlo. Non abbiamo la medesima mentalità e gli stessi modi di esprimersi ma condivido profondamente il tuo intervento. Io sono radicale, persino estremistico nel negare l'esistenza del male oggettivo, tu spieghi la modulazione con la quale va trattato il suo concetto. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Donalduck

viator:
CitazionePer carità ! Non parlatemi di vocabolari ! Li avrò aperti forse dieci volte in vita mia (mai durante l'attività scolastica). I vocabolari sono degli utili repertori per trovare il significato convenzionale dei termini che non si conoscono.
Le parole trovano la loro ragione di esistere solo nella convenzione. Sono convenzionali per intrinseca natura, senza convenzionalità perdono completamente ogni significato e ogni funzione. E senza convenzione è impossibile ogni confronto di idee.

CitazioneVedi, la razionalità è un bene prezioso ma il suo limite risulta nella sua applicabilità al solo mondo del percepibile (argomenti fisici, pratici, di utilità).
Mano a mano che ci si sposta verso il mondo concettuale, quello del concepibile, essa perde via via efficacia. Ciò tra l'altro genera le differenze tra il modo di ragionare del filosofo e quello dello scienziato.
Io attribuisco uguale dignità sia al mondo del razione che a quello dell'irrazionale.
No, la filosofia è eminentemente razionale, non c'è posto in essa per l'irrazionalità. E applica la razionalità nei campi irraggiungibili dalla scienza. L'irrazionale ha altri ambiti: tutte le forme di misticismo e d'arte. E l'irrazionale non può essere discusso, può solo essere enunciato o evocato. La dignità non è in discussione, si tratta di non mischiare le due cose ottenendo un minestrone in cui niente è chiaro e tutto è gratuito. In cui nulla e dimostrabile o smentibile, ma solo dichiarabile.
La razionalità ha i suoi limiti, ma la filosofia è da una parte individuare questi limiti, dall'altra analizzare la realtà dal punto di vista razionale, fermandosi dove mancano gli strumenti per andare oltre.

Nella tua ottica, se si può fare a meno di razionalità, di vocabolari, di argomentazioni si potrebbe dire con altrettanta plausibilità che il bene non è altro che assenza di male e che quest'ultimo è espressione di ciò che governa tutte le cose: l'odio universale che può essere definito come il principio in base al quale ogni cosa che viene costruita deve essere distrutta.

Il senso di una discussione non è una serie di dichiarazioni, una semplice esposizione di idee, ma un confronto e una valutazione delle idee. E per confrontare le idee una cosa fondamentale è far capire da dove arrivano queste idee, o meglio come si è arrivati a quelle idee, quali sono le motivazioni che hanno portato a pensare in quel modo e non in un'altro. Altrimenti diventa una sorta di fiera in cui ognuno ha il suo spazio in cui espone le sue idee senza alcun confronto con quelle altrui.

viator

#177
Salve Donalduck.
CitazioneLe parole trovano la loro ragione di esistere solo nella convenzione. Sono convenzionali per intrinseca natura, senza convenzionalità perdono completamente ogni significato e ogni funzione. E senza convenzione è impossibile ogni confronto di idee.

Naturale. Ma esse vengono utilizzate per costruire - talvolta - dei concetti, i quali possono avere (hanno) un significato in sè diverso da quello dei termini con cui viene costruito il concetto stesso.
Le parole non possono fornire alcuna somma aritmetica. Quindi il convenzionale può e dovrebbe venir utilizzato per costruire il nuovo, cioè l'anticonvenzionale il quale, una volta accettato e diffusosi, potrà anche diventare a sua volta nuova convenzione.

Ma dimmi una cosa : il mio linguaggio, così poco attento ai significati convenzionali, risulta di difficile comprensione ?.

CitazioneNo, la filosofia è eminentemente razionale, non c'è posto in essa per l'irrazionalità.
Certo, esclude l'irrazionale in quanto non sta a discuterne. Non ne avrebbe neppure tempo, presa com'è dall'esame delle possibili origini e cause razionali dell'esistenza dell'irrazionale, cioè di ciò che ha generato ogni razionalità. Ovviamente senza poter giungere a conclusioni razionali.

Razionale ed irrazionale rappresentano un viluppo dal quale, una volta entrati, è impossibile uscire.
Il filosofo - in nome appunto della filosofia - dovrebbe capire che l'unico senso del proprio filosofare consiste nel personale piacere di rigirarvisi.
Io mi ricreo abbastanza nel parlare di certe cose, sai  ?

CitazioneNella tua ottica, se si può fare a meno di razionalità, di vocabolari, di argomentazioni si potrebbe dire con altrettanta plausibilità che il bene non è altro che assenza di male e che quest'ultimo è espressione di ciò che governa tutte le cose: l'odio universale che può essere definito come il principio in base al quale ogni cosa che viene costruita deve essere distrutta.
Certo. Stabilito che il bene dovrebbe essere "ciò che giova (a me, a tutti, al mondo, dipende dall'ottica di chi parla)" ed il male "ciò che nuoce o si oppone al giovamento.......)..........
......... e che giovare e giovamento dovrebbero voler dire "consistere od agire nel favorire (essere utile al...) la persistenza di qualcosa o la sopravvivenza o il godimento da parte di qualcuno" (giuro di non aver consultato il vocabolario !!)........se si accettano tali "incomprensibili e non convenzionali" significati - dicevo - ciascuno veda se l'esistenza del mondo dovrebbe ragionevolmente consistere e basarsi sul bene o sul male.

Infatti - finchè il mondo continuerà ad esistere - la sua e nostra esistenza saranno garantite appunto dal giovamento generato dal bene come descritto sopra.
Cessato il bene ed il giovamento, cesserà il mondo e quindi "trionferà" la condizione di assenza di bene, cioè si "instaurerà" (dove, visto che il mondo non ci sarà più ?) il male quale sinonimo di "nulla".

Ma la mia non è filosofia, vero ? ........io non ho spiegato da dove vengano certe mie convinzioni......... ho solo fatto un pò di metafisica !. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Donalduck

viator:
CitazioneMa dimmi una cosa : il mio linguaggio, così poco attento ai significati convenzionali, risulta di difficile comprensione ?
Non il linguaggio, ma appunto i concetti che esponi, che mi appaiono sostanzialmente campati in aria (pur non essendo nuovi per me).

CitazioneIl filosofo - in nome appunto della filosofia - dovrebbe capire che l'unico senso del proprio filosofare consiste nel personale piacere di rigirarvisi.
Io mi ricreo abbastanza nel parlare di certe cose, sai  ?
Il nostro modo di vedere le cose sul senso e il valore della filosofia non potrebbe essere più diverso. Per me è un modo per capire le cose sempre più a fondo, aumentare la consapevolezza, trovare un retto modo di pensare e immaginare soluzioni ai problemi che affliggono da sempre l'umanità. Tutt'altro che ricreazione, se non nel senso di rigenerazione del pensiero.

CitazioneMa la mia non è filosofia, vero ? ........io non ho spiegato da dove vengano certe mie convinzioni......... ho solo fatto un pò di metafisica
Hai fatto un po' di metafisica? Mah... Comunque sia il fatto è che non mi hai comunicato nulla. Ricambio i saluti, che a quanto pare sono l'unica cosa che abbiamo da scambiarci.

viator

Salve Donalduck. Grazie del tuo intervento. Ottimo esempio di franchezza. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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