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Tutto bene e niente male

Aperto da viator, 30 Settembre 2018, 21:22:18 PM

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Socrate78

@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 19:12:04 PMConcordo. La coerenza è un enorme problema dell'uomo ( avendo ben presente che, per il solo fatto di esisetre in questo mondo condizionato, la coerenza assoluta è illusione...) e dove s'incontrano le più grandi difficoltà, qualunque strada di 'bene' s'intenda perseguire...Personalmente lavoro molto su questa, non senza amari insuccessi... :(

Molto vero anche secondo me.

Credo che se ne debba (dovrebbe?) far conseguire una certa indulgenza (non illimitata, naturalmente, non eccessiva: come tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi"), una certa attitudine e disponibilità al perdono (di chi sia autenticamente pentito; e dunque non pretenda "sconti di pena" ma casomai sia disponibile a eventuali inasprimenti); che é ciò che di buono mi sembra di poter "salvare" nel cristianesimo che mi fu insegnato da bambino e poi abbandonai.

A proposito di "sconti di pena", che se pretesi escludono secondo me un autentico pentimento, credo invece che il concetto di "espiazione" (oltre che ovviamente quello di "riparazione per quanto possibile"), anzi la disponibilità a prestarvisi, sia intrinseco al pentimento (autentico) stesso. 
Ovviamente nel rispetto del principio per il quale tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi".
Non ho nostalgia di quando ero credente (ma casomai di quando ero giovane e anche bambino, anche se le due cose di fatto coincidono) e non ho dubbi circa il mio ateismo, ma ricordo che del sacramento della "confessione", o "pentimento" che dir si voglia, era parte integrante (oltre ovviamente ai buoni propositi per il futuro, anche) la "penitenza".

Phil

@Sariputra

Grazie per i chiarimenti; tuttavia c'è ancora qualcosa che non ho capito:
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Non si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca
Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
E' l'appagamento della mente nella realizzazione del suo stato naturale di 'mente compassionevole".
Intendi che la mente per sua natura tende a ciò che chiamiamo "bene"? Per cui se facciamo il "male" è perché contrastiamo tale stato naturale della nostra "mente compassionevole", oppure è un discorso personale (tale natura è della tua mente)?

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Quindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.
Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
non fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo
I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).


P.s.
Condivido il passaggio da questa visione atarassica del bene
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
fare il bene non produce alcun tipo di sensazione fisica o mentale di tipo piacevole
a questa più... edonistica?
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PM
Quindi gioisco nel fare il bene perché è la natura della mente che sperimenta il bene il gioire (il 'bene' è gioia , altrimenti detto...).[...] qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.

sgiombo

Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 19:24:03 PM
@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.


Questione drammaticissimamente difficile da risolversi (fortunatamente non si dovrebbe porre troppo di frequente).

Confesso che dubito che potesse trattarsi perfino di una decisione eticamente buona (se equa, ovviamente: fra l' altro il comandante -a meno che non fosse insostituibile nel portare la nave in porto: ulteriore drammaticissima questione!!!- dovrebbe far tirare a sorte chi sacrificare, includendo se stesso alla pari di tutti gli altri fra i "candidati"; salvo eventuali eroici volontari che contribuirebbero potentissimamente alla soluzione).
E ne dubito perfino se oltre ad ucciderli servissero come viveri per gli auspicabili superstiti, se ragionevolmente ritenuto necessario (non so se in tale deprecabilissima circostanza personalmente mi sentirei di mangiarli; come non so se avrei il coraggio e la forza d' animo di offrirmi "volontario"; so che di ciò, ***se ci riuscissi*** sarei estremamente fiero e felice).

sgiombo

Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2018, 21:07:26 PMGrazie per i chiarimenti; tuttavia c'è ancora qualcosa che non ho capito:
Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneNon si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca

Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.
CitazioneE se invece mi da gioia perché é bene questa é, per me, una sorta di comportamento eticamente buono.






Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneQuindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.

Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...
CitazioneIl fatto é che i desideri, le aspirazioni sono molti e (questa é l' insuperabile drammaticità della condizione umana; altrimenti sarebbe una condizione "divina") spesso inconciliabili gli uni con gli altri: si deve cercare di valutare quale "combinazione ragionevolmente possibile" di aspirazioni é più appagante. 

(Per chi usi i vocaboli nel significato che ad essi attribuisco io) Trovare più appagante, fonte di maggior felicità rendere generosamente il più possibile felici gli altri significa "essere buoni"; invece trovare più appagante, fonte di maggior felicità fare egoisticamente i miei gretti e meschini interessi fregandomene degli altri significa "essere malvagi".





Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
Citazionenon fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo 

I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PMSe invece trovo il piacere della gioia perché faccio il bene, secondo me é "magnanimità", "generosità", "bontà", ecc.

paul11

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 19:12:04 PM
cit.Paul11:

quello che io temo è che se il bene non fosse un concetto formatosi fuori dall'uomo, inteso come osservazione del mondo, delle regole che governano il mondo delle sue essenze, ci troveremmo, come in fondo oggi, è, con ognuno una sua morale e con troppi malintesi, fraintesi.

Purtroppo anche far riferimento ad un Principio 'esterno' non ci mette al riparo dalle radici del male (vedi sopra) ,secondo me infatti, l'ingiustizia , la sopraffazione, ecc. erano ben presenti anche quando vigeva una morale per così dire 'assoluta'...si aderiva, ma ci si guardava bene dal cambiare, per così dire...

certo non è che un codice morale esterno sia la panacea assoluta sulla natura ambigua dell'uomo, ma costruisce la remora morale e la base del cemento sociale identificativo.O ci si riconosce e identifica solo in ciò a cui apparteniamo, ad es. la famiglia, trincerandosi nell'individualismo o atomismo sociale, o la morale costruisce il sistema di codificazione fondamentale nelle relazioni  prima di tutto umane

cit Phil
Sull'edonismo utilitaristico (@paul11 e @Sariputra): fatico un po' a pensare il bene (o il Bene ontologizzato) fuori dalla dinamica utilitaristica premio/castigo (faccio il bene per convenienza personale, per ottenere l'approvazione altrui e il paradiso o altri benefici spirituali, insomma perché devo farlo) e fuori dall'edonismo (potenzialmente volubile) del "bene fine a se stesso" (faccio il bene perché mi piace farlo, voglio farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa. 
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro). 
Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).


La morale non può fondarsi sul'istinto premio/castigo.
Sostengo che la morale è un fondamento codificante sociale, non ha nulla a che fare con le teorie delle scelte o dei giochi utilizzati in economia.Il diritto come è venuto a costituirsi storicamente è proprio togliere la parte umana intrinseca ed esporre invece la parte materiale delle transazioni economiche  e dei rapporti interpersonali e sociali

bobmax

#36
@Socrate78

La vicenda che proponi descrive una situazione tragica, dove nessuna scelta potrà mai essere davvero "giusta".
Questa è la nostra normale situazione di vita: non abbiamo quasi mai la certezza di quale sia la buona scelta da fare.

La logica non può dare alcun aiuto, perché è solo uno strumento.

Ciò che conta nella vita non ha mai a che fare con la logica. Il pensiero logico/razionale ci permette solo di orientarci, di chiarire i termini della situazione.
Il valore da attribuire, la scelta da fare spetta sempre e solo all'etica.

E l'etica non si limita neppure a questo!
Lo stesso pensiero razionale può svilupparsi solo per la forza etica che lo alimenta.

Tutta la realtà, esiste soltanto a causa del Bene, che in ogni istante fa sì che essa sia.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve Bobmax. Tu riesci talvolta ad essere più sintetico di me. Infatti il Bene rappresenta sia l'Essere che l' "assoluta eticità". Il Male la negazione dell'Essere e la "relativa diseticità".
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Sì Viator,
di modo che noi "siamo" quando seguiamo il bene, quando viceversa non lo seguiamo... "non siamo"
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Sariputra

Cribbio! Il web si è divorato l'intera risposta, con relativa fatica, che avevo scritto per Phil...  non c'è n'è più traccia...avevo messo così tanto impegno...passa proprio la voglia di scrivere:'(
Proverò a riassumere:
Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.(Phil)


Non è una forma di edonismo, perché la gioia (serenità) è il risultato di fare il 'bene', non il movente. La gioia è più profonda della felicità data dal piacere.
E' bene perché lo scelgo secondo il criterio di non arrecare sofferenza: a me stesso, agli altri, a entrambi. Se non è possibile in senso assoluto, allora nel recar la minor sofferenza possibile. La base è sempre la comprensione della profondità e vastità della sofferenza in cui versano tutti gli esseri senzienti e che fa sorgere nella mente compassione e benevolenza. 

Intendi che la mente per sua natura tende a ciò che chiamiamo "bene"? Per cui se facciamo il "male" è perché contrastiamo tale stato naturale della nostra "mente compassionevole", oppure è un discorso personale (tale natura è della tua mente)?


Sì, intendo che la mente per sua 'natura' è "luminosa" e che, quando realizza questo, tende spontaneamente a ciò che chiamiamo 'bene'. Ma la 'mente', sopraffatta dal contatto, è tormentata; dice che la malattia è se stessa. Tormentata dal 'divenire' , diventando continuamente altro, si compiace nel divenire.
E' la natura della 'mente', non della 'mia' o della 'tua'...

Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...


Non scelgo come criterio la previsione che ciò mi darà gioia, ma agisco spontaneamente in base al criterio dato dalla compassione e benevolenza che provo.
Sarebbe un 'dovere' se io, invece di provare compassione, fossi del tutto indifferente alla sofferenza, non la comprendessi e agissi solo per rispetto di questo che sento come dovere.

I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).


Senza entrare nello specifico della concezione buddhista, non essendo attinente alla discussione,non si può scambiare effetto con causa. L'effetto (uno degli effetti...) di operare il 'bene' è gioia (serenità) profonda ma la causa motivante all'agire è la comprensione della sofferenza, che genera compassione e benevolenza .
Perché è 'bene'? Perché una persona che è avida, che odia e che si illude, che è sopraffatta da questi, i cui pensieri sono controllati da questi agisce, parla e pensa in modo malvagio; non conosce il suo vero vantaggio, né quello degli altri. E' resa cieca dal 'male', da ciò che non è salutare.
Vedendo e comprendendo che seguire ciò è di proprio danno e di danno altrui e non porta a compassione e saggezza, né a benevolenza, lo si abbandona.
Questo abbandonare ( le radici di ciò che viene detto 'male') è ciò che comunemente viene detto 'bene'.
Questo non è edonismo (secondo me... :)).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#40
cit.Paul11:
Certo non è che un codice morale esterno sia la panacea assoluta sulla natura ambigua dell'uomo, ma costruisce la remora morale e la base del cemento sociale identificativo.O ci si riconosce e identifica solo in ciò a cui apparteniamo, ad es. la famiglia, trincerandosi nell'individualismo o atomismo sociale, o la morale costruisce il sistema di codificazione fondamentale nelle relazioni  prima di tutto umane.

Se prendiamo come assunto ( e lo prendo...) che non tutti gli esseri umani sono portati a investigare cos'è 'bene' e cos'è 'male', cosa salutare e cosa dannoso per se stessi egli altri, allora una morale condivisa appare importante per costruire relazioni che siano almeno di "tolleranza" reciproca. Oltre a questo una morale esterna è importante, a mio parere, nella misura in cui interroga la bontà delle tue scelte etiche, ti dà strumenti di riflessione a cui magari non saresti pervenuto autonomamente. Ti spinge a chiederti:"Perché si dice che questo è bene? E questo, perché si dice che è 'male'?". Diventa uno strumento per cercar di evitare gli ignobili 'alibi' che la mente si confeziona senza sosta, pur di non uscire dalle proprie egoistiche posizioni.

Krishnamurti, personaggio per molti aspetti controverso, ma ricco di intuizioni profonde, parlò, intorno agli anni trenta, della necessità di un 'fondamento autonomo' della morale.
Non essendo ormai possibile riproporre le morali tradizionali che la gente rigetta perchè sentite come 'imposizioni' e non potendo certo ridurci a delle moralità "atomizzate", come le hai definite, una per ognuno, a proprio uso e consumo e a uso e consumo del proprio relativo egoismo, s'imponeva, a suo dire, il trovare questa sorta di autonoma fonte di moralità. A tutt'oggi non credo esista risposta ...spesso me lo chiedo anch'io e mi dico: cosa può esserci di più condiviso e tangibile che non l'esperienza della sofferenza? Si può forse partire da questa?... :-\
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 19:24:03 PM@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.

Se nell'equipaggio esiste una persona che ha un senso dell'etica così elevato da farsi 'carne' per sfamare gli altri, verso cui prova pena, afflizione e compassione... un essere solo, taciturno, senza una donna e dei bimbi che lo aspettano al porto con le lacrime agli occhi, e per questo pieno d'amore da dare, senza magari averne ricevuto; un uomo 'eroico' nel vero senso della parola, un 'nobile' d'animo, quello che gli indiani chiamano un ariya, ecco che l'etica fornisce una risposta logica e una soluzione al problema.
Certo, se la bonaccia dura a lungo...servono molti 'nobili'! ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

@Sariputra

Ora credo di aver capito meglio (grazie per le pazienti spiegazioni  :) ).
Il passaggio che mi mancava è questo:
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
La base è sempre la comprensione della profondità e vastità della sofferenza in cui versano tutti gli esseri senzienti e che fa sorgere nella mente compassione e benevolenza. [...] Non scelgo come criterio la previsione che ciò mi darà gioia, ma agisco spontaneamente in base al criterio dato dalla compassione e benevolenza che provo.
quindi, se non ho frainteso, il bene si radica sulla "vocazione" a ridurre il dolore degli altri, e che ciò sia "bene" a sua volta si basa, non sul piacere di farlo (l'edonismo su cui ti avevo frainteso), ma piuttosto su quella introiezione di alcuni valori (che accostavo al "senso del dovere"), ovvero il sentire che si deve fare qualcosa (ritenuto bene) e non qualcos'altro.
La bene-volenza (per me) è indotta dal suddetto "super-io" e da meditazioni personali che consolidano una certa empatia (che poi scatta spontaneamente); per te invece è innata, ma, al di là della differenza, avevo comunque frainteso il suo ruolo, fondamentale nella tua prospettiva.

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
Vedendo e comprendendo che seguire ciò è di proprio danno e di danno altrui e non porta a compassione e saggezza, né a benevolenza, lo si abbandona.
Qui emerge l'introiezione soggettiva dei suddetti valori: non credo che tutti anelino per natura a compassione, saggezza e benevolenza senza danneggiare il prossimo; eppure non scommetterei che tali "dissidenti" vivano la loro condizione come connotata dal "male".
Non comprendono a fondo la loro situazione e il male in cui sono invischiati? Loro potrebbero dire lo stesso di chi li critica e (giurisprudenza a parte) non avrebbe senso logico argomentare citando "abitudini delle maggioranze" e "conservazione della specie"... credo che in fondo quasi nessuno faccia del male solo per il saperlo tale (ma ci vede sempre un po' di bene, magari egoistico) e sostenere che "il bene secondo qualcuno" sia "il Bene assoluto" è una delle maggiori cause di morte nella storia dell'uomo (non che la morte sia oggettivamente un male, intendiamoci ;) ).


P.s.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 23:30:54 PM
Cribbio! Il web si è divorato l'intera risposta, con relativa fatica, che avevo scritto per Phil...  non c'è n'è più traccia...avevo messo così tanto impegno...passa proprio la voglia di scrivere:'(
Per evitare tali imprevisti o simili (come la rete che "salta" proprio al momento dell'invio messaggio), scrivo la gran parte dei post sul "notepad" (il Word dei poveri  ;D ), poi lo copio e incollo nella casella di invio post (così, se ci sono problemi tecnici, posso comunque ripartire dalla bozza sul notepad).

sgiombo

#43
Citazione di: paul11 il 02 Ottobre 2018, 22:15:19 PM


farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità

CitazioneIn che senso?
"Storico di fatto"?
Cioé nel senso che di fatto le più antiche morali si fondavano si "comandamenti" dettati dalle divinità?
Ho qualche dubbio anche su questo, in quanto penso che già prima dell' invenzione delle religioni, ai tempi remotissimi del "passaggio dalla storia naturale -la specie umana primitivissima non ancora dotata di linguaggio e di autocoscienza- alla storia umana", esistesse qualche "elemento comportamentale di moralità" o per lo meno e per così dire di "pre-moralità" (come ne esistono in varie specie di mammiferi e uccelli, certamente non fondati su alcuna credenza in divinità).
Ancor meno credo che il concetto di "bene" abbia "di diritto" nella divinità le sue "radici fondative" o "probative", le ragioni che lo giustificano o che lo impongono tendenzialmente alla coscienza e al comportamento umano (mi scuso per l' inelegantissimo abuso delle virgolette, ma si tratta di concetti molto difficili da definire)

: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa.
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro).

CitazioneDissento dall' avverbio "solo".
per me c' é una differenza enorme fra l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di riuscire a truffare un onesto concittadino e l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di aiutare chi ne ha bisogno, o di compiere diligentemente quello che si sente come il proprio dovere (per obiettare a quanto scrivi più sotto), e quello di sacrificarsi -in qualche misura- per il bene degli altri o magari dell' umanità intera.

Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).


La morale non può fondarsi sul'istinto premio/castigo.
Sostengo che la morale è un fondamento codificante sociale, non ha nulla a che fare con le teorie delle scelte o dei giochi utilizzati in economia.Il diritto come è venuto a costituirsi storicamente è proprio togliere la parte umana intrinseca ed esporre invece la parte materiale delle transazioni economiche  e dei rapporti interpersonali e sociali
CitazioneConcordo.


Sariputra

#44
@Phil
Grazie per il consiglio tecnico. In effetti è proprio nel momento dell'invio che spesso salta la connessione, portandosi con sé tempo e fatica...
cit.
Qui emerge l'introiezione soggettiva dei suddetti valori: non credo che tutti anelino per natura a compassione, saggezza e benevolenza senza danneggiare il prossimo; eppure non scommetterei che tali "dissidenti" vivano la loro condizione come connotata dal "male".
Non comprendono a fondo la loro situazione e il male in cui sono invischiati? Loro potrebbero dire lo stesso di chi li critica e (giurisprudenza a parte) non avrebbe senso logico argomentare citando "abitudini delle maggioranze" e "conservazione della specie"... credo che in fondo quasi nessuno faccia del male solo per il saperlo tale (ma ci vede sempre un po' di bene, magari egoistico) e sostenere che "il bene secondo qualcuno" sia "il Bene assoluto" è una delle maggiori cause di morte nella storia dell'uomo (non che la morte sia oggettivamente un male, intendiamoci.


Neanch'io penso che , tutti quelli che non anelano a compassione e benevolenza, vivano la loro situazione come 'male'. Nemmeno coloro che anelano alla benevolenza riescono a vivere sempre questa condizione, ma spesso la obliano, irretiti continuamente dal correre di qua e di là con la mente. Questo "tormento" fa sì che non si comprenda a fondo la situazione e il male in cui ci invischiamo. Sicuramente "loro" (e noi...) dicono lo stesso di chi li critica, in primo luogo per trovare giustificazione al desiderio di continuare a seguire la loro condizione che ritengono 'piacevole', seppur spesso malvagia, e così non iniziare nemmeno a provare a vedere se l'alternativa proposta funziona...
Credo che "far la morale" serva a poco o addirittura, come vediamo, ottenga l'effetto contrario. Sono tra quelli che pensano che sia più efficace la testimonianza e la coerenza...Cosa serve, per esempio, dire: "Aiutate i sofferenti" e poi personalmente non metter mai piede in un ospedale, anche solo per scambiare quattro chiacchere con questi?...
Non credo che il "bene" sia una causa di morte, sarebbe contraddittorio, ma è l'incoerenza rispetto al bene professato la causa di morte (anche di tutte quelle avvenute nella storia in nome del 'bene', dichiarato ma non vissuto...). Cioè, in sintesi, l'uomo 'predica' bene, ma spessissimo razzola male...è notoriamente molto più facile parlare che fare...( questo vale anche per i religiosi, ovviamente, anzi, per l'ufficio che svolgono si palesa maggiormente l'incoerenza...) :(.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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