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Ti sento, quindi esisti.

Aperto da iano, 14 Gennaio 2023, 23:20:20 PM

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niko

#60
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2023, 21:41:46 PMPiù che la complessità il problema è la "risoluzione". E la risoluzione fisica e metafisica della problematica opposta da jano sulla onda-particella è che siamo ai limiti delle nostre tecnologie di indagine sui fenomeni naturali, per cui dobbiamo accontentarci della loro scarsa risoluzione e dobbiamo rassegnarci ad assemblare fotografie discontinue del fenomeno, non essendo in grado di fotografarlo tutto istantaneamente.

Che le cose esistano indipendentemente dall'essere osservate è una banalità dal punto di vista empirico di cui anche la metafisica deve farsene una ragione, dopo tutti i fallimenti della sofistica nel prospettare una realtà altra da quella empiricamente riscontrabile.

La quale può essere falsificata, ma solo da strumentazioni empiriche, osservazioni, e calcoli più sofisticati, aumentando la risoluzione del fenomeno, non certo da argomentazioni metafisiche.

Il noumeno è altra cosa e lo sganciarsi della verità scientifica da esso è un progresso epistemico. Una volta che noi diamo significato e significante ad un referente e ne specifichiamo i limiti del campo di esistenza non lo abbiamo cristallizzato in una verità noumenica, ma poniamo una verità per noi, fenomenica,  funzionale alla nostra transeunte intellezione dell'universo. Il realismo si limita a questa operazione asseverativa di cui riconosce e accetta la falsificabilità.


A me pare che qui c'e' gente che continua a confondere interconnessione, e quindi "vacuita'" nel senso orientale del termine, inesistenza della singola cosa, con spiritualismo e solipsismo.

E non sono io, che cado in questo equivoco.

Il reale non e' razionale perche' ci sono istanze, realta' , volonta', destini, desideri, che vanno oltre la nostra ragione, cosi' come c'e' materia che non ricade entro il nostro orizzonte percettivo, cosi' come ci sono cose non viste.

La ragione che marcia orgogliosa verso se stessa e' una infima parte della realta', e non il tutto.

Identificarsi con l'autocoscienza e' l'uomo, e' la scelta dell'uomo, e io sono un baluardo contro l'antropomorfismo del dire che l'uomo sia il tutto.

Se quella umana e' una scelta, non sta in piedi da sola, ne' eticamente, ne' razionalmente, ne' fisicamente, ne' in nessun senso: sorge da una rosa di opzioni piu' ampia.

L'universo ha di meglio da fare, che identificarsi con la (nostra) autocoscienza, e anche la nostra autocoscienza, non e' che un riflesso, una conseguenza del nostro istinto, della nostra piu' basica volonta'.

Io ne ho -da dire- tanto per i solipsisti, quanto per gli spiritualisti.

Io non rinuncio al noumeno, e ritengo che il nuomeno sia la struttura, la struttura profonda della realta', quello che tutti sperimentiamo quando soffriamo e quando incespichiamo davanti all'oblio, quello che solidamente si oppone alla volonta' e alla coscienza/conoscenza, essendone oltre.

Di modo che la realta' ultima e' l'incompiuto, il fieri, che e' tale e per la conoscenza e per la volonta'.

Il Vero e' (una) parte, con buona pace di Hegel.

"Conosci te stesso" va inquadrato nel contesto di una morale delfica della misura, secondo me significa principalmente "Conosci i tuoi limiti", stai nel tuo.

Tanto per rispondere anche alla questione del Dio spirito uscita fuori in un'altro argomento.

Dio spirito che, se uno non sta nel suo, cioe' se non interpreta la massima delficamente, guardacaso richiede sempre l'ascesi , il distacco.

L'odio del mondo, l'odio di se stessi.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

daniele22

Cit. Ipazia:
"Che le cose esistano indipendentemente dall'essere osservate è una banalità dal punto di vista empirico di cui anche la metafisica deve farsene una ragione, dopo tutti i fallimenti della sofistica nel prospettare una realtà altra da quella empiricamente riscontrabile.

La quale può essere falsificata, ma solo da strumentazioni empiriche, osservazioni, e calcoli più sofisticati, aumentando la risoluzione del fenomeno, non certo da argomentazioni metafisiche."

Non so bene come personificare la sofistica comunque sono d'accordo.
E sono d'accordo anche per quello che dici dopo, ma non penso siamo deficitari di strumenti, bensì invece di osservazioni in merito ai fenomeni. E tutto, secondo me, ma lo sospettava quantomeno Majorana, perché non avremmo conoscenza sullo stato "inconoscibile", dice lui, del sistema prima che venga preparato per l'esperimento. E lo definiva un aspetto inquietante dei fondamenti della meccanica quantistica. Ma io non sono un fisico

Cit: Ipazia:
" Il noumeno è altra cosa e lo sganciarsi della verità scientifica da esso è un progresso epistemico. Una volta che noi diamo significato e significante ad un referente e ne specifichiamo i limiti del campo di esistenza non lo abbiamo cristallizzato in una verità noumenica, ma poniamo una verità per noi, fenomenica,  funzionale alla nostra transeunte intellezione dell'universo. Il realismo si limita a questa operazione asseverativa di cui riconosce e accetta la falsificabilità"

Tralascio sul "noi diamo signif...etc" ... ma questa verità per noi fenomenica è sì fatta di dati empirici, ma è una verità in fondo metafisica, perché è fondata sullo stato inconoscibile del sistema antecedente all'esperimento. Si tratterebbe cioè  di un comportamento messo in moto e guidato da uno stato inconoscibile, presumibile forse ma non del tutto chiaro. Infine, noto che lo sganciamento della verità scientifica dal noumeno non mi sembra abbia prodotto quello che avrebbe dovuto in fondo produrre, cioè il medesimo sganciamento della verità individuale dal noumeno. Che stranezze

iano

#62
Io credo che la verità non esiste, ma non posso limitarmi a negarla, perchè,  se negandola la chiamo in causa, una idea di verità devo comunque avercela.
Azzardo allora che secondo me ha a che fare con una non aggirabile condizione psicologica che assumo nel momento in cui agisco in modo efficace, dove con modo efficace intendo, non relativamente ad una azione che và a buon fine, ma ad una azione che difficilmente andrebbe buon fine se non venisse condotta con convinzione, e  una condizione di massima convinzione è qualcosa che si avvina alla verità.
Si avvicina alla verità perchè difficilmente cambierò idea, ma essendo una convinzione non posso comunque escludere di cambiarla.
Fin qui stiamo parlando di libere convinzioni, e in particolare quelle di massimo grado, ma se vogliamo ancora salire di un gradino possiamo parlare di convinzioni condizionate. Sono quelle convinzioni le quali, se dismesse, mi lasciano nudo. Quelle convinzioni il cui mantenimento è per me vitale, perchè ad esempio ad esse è legata il mio status sociale, e in generale le mie contingenti condizioni di vita.
Se poi non si tratta di condizioni contingenti, ma riguardano la sopravvivenza a lungo termine, dismettere certe convinzioni è come provare a suicidarsi. Il classico esempio che faceva il buon Viator a tal proposito è, prova a buttarti in un burrone, se pensi che non sia vero.
Si tratta di una convinzione che non solo ci si augura di non cambiare, ma per la quale sarebbe utile mettere in atto un atocondizionamento che mi impedisce letteralmente di cambiarla. L'ideale sarebbe eliminare la possibilità che io possa cambiare la mia convinzione.
Questa possiamo dire si avvicina, fino a coincidere con la condizione di verità, di qual cosa che non dipende cioè dalla mia volontà, di ciò che è di per sè , cioè indipendente da ogni altra esistenza e in particolare dalla mia.
La mia incolumità è garantita alla fine grazie ad un blocco specifico che io ho posto sulla mia volontà, un blocco di fatto irremovibile se riposto in un luogo irraggiungibile. L'inconscio.
Io adesso sono salvo, sono al sicuro, e vivo nel conforto che ci sono verità a questo mondo che vegliano su di me, rilassato, perchè il mondo non dipende tutto da me. Non sono io a portarlo sulle spalle, non del tutto almeno, e tutto và bene finché io sono io, perchè tutto questo meccanismo descritto non garantisce la sopravvivenza del mondo, ma la mia sopravvivenza, finché io sono io.
I problemi nascono quando io non sono più io, e non devo più garantire la sopravvivenza di ciò che ero, ma di ciò che sono e potrebbe essere necessario togliere il blocco, ma vallo trovare adesso dove è nascosto.
Difficile, difficile come lo è la ricerca scientifica, che è la ricerca di quel blocco, per rimuovere quella verità, per sostituirla con un altro blocco.

Daniele scrive:
''Infine, noto che lo sganciamento della verità scientifica dal noumeno non mi sembra abbia prodotto quello che avrebbe dovuto in fondo produrre, cioè il medesimo sganciamento della verità individuale dal noumeno. Che stranezze''

Stante la mia premessa, rispondo che si tolgono i blocchi che è necessario togliere, che lo scopo non è togliere i blocchi in generale. Ci saranno sempre cose la cui evidenza è bene non farsi sfuggire, ma non esiste niente di evidente in sè, niente la cui evidenza non possa essere declassata, per quanto sia difficile farlo .
La verità è un pò come un cervello di ricotta, si squaglia se prende sole. (Cit. riadattata di Totò.)
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#63
@niko

Condivido la critica all'antropo -morfismo e -centrismo, su cui si reggono le retoriche metafisiche, ma non fino al punto di demonizzare l'autocoscienza e le sue strategie epistemiche, dei cui limiti peraltro l'epistemologia tiene conto ed è giudice severo.

Il reale è razionale a livello fisico, non metafisico: è la dima che guida la nostra visione del mondo nel modo migliore possibile. Il rapporto reale-razionale non è hegelianamente biunivoco: quando il reale confligge col razionale "consolidato" è il razionale che si deve adeguare e ritarare le sue bussole.

L'universo avrà pure di meglio da fare, ma gli umani - autocoscienti - hanno le loro (buone) ragioni che l'universo non conosce. Vediamo di convivere in pace.

Concordo con l'interpretazione delfica sui limiti, che sono una parte (importante) del tutto di quel monito. La deificazione dell'umano è una fesseria quanto la sua demonizzazione. Al massimo possiamo dire che siamo un ben strano prodotto evolutivo (@daniele22), ma preso atto di ciò non possiamo cullarci sulla stranezza, ma illuminarla e  razionalizzarla.

In attesa di maggiori certezze possiamo pure noumenizzare la fenomenologia naturale, ma mi pare un passaggio inutile, un tenere in vita, attaccato ad un respiratore, un cadavere metafisico che non ha futuro. Seppelliamolo e accontentiamoci di verità contingenti verificate. Come gli effetti, non falsificati, della cosiddetta "forza di gravità".


pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: Ipazia il 19 Gennaio 2023, 12:24:32 PM@niko

Condivido la critica all'antropo -morfismo e -centrismo, su cui si reggono le retoriche metafisiche, ma non fino al punto di demonizzare l'autocoscienza e le sue strategie epistemiche, dei cui limiti peraltro l'epistemologia tiene conto ed è giudice severo.

Il reale è razionale a livello fisico, non metafisico: è la dima che guida la nostra visione del mondo nel modo migliore possibile. Il rapporto reale-razionale non è hegelianamente biunivoco: quando il reale confligge col razionale "consolidato" è il razionale che si deve adeguare e ritarare le sue bussole.

L'universo avrà pure di meglio da fare, ma gli umani - autocoscienti - hanno le loro (buone) ragioni che l'universo non conosce. Vediamo di convivere in pace.

Concordo con l'interpretazione delfica sui limiti, che sono una parte (importante) del tutto di quel monito. La deificazione dell'umano è una fesseria quanto la sua demonizzazione. Al massimo possiamo dire che siamo un ben strano prodotto evolutivo (@daniele22), ma preso atto di ciò non possiamo cullarci sulla stranezza, ma illuminarla e  razionalizzarla.

In attesa di maggiori certezze possiamo pure noumenizzare la fenomenologia naturale, ma mi pare un passaggio inutile, un tenere in vita, attaccato ad un respiratore, un cadavere metafisico che non ha futuro. Seppelliamolo e accontentiamoci di verità contingenti verificate. Come gli effetti, non falsificati, della cosiddetta "forza di gravità".





Io demonizzo la "componente" identitaria/identificativa dell'autocoscienza, (dunque l'autocoscienza come realta' dell'etnia e della radice egoica ed umana) e non quella riflessiva e immaginifica che e' intangibile, al di la' del bene e del male: l'autocoscienza c'e', come parte tra le parti, ma non e' ne' l'io ne' il sum cartesiano.

Non ci dobbiamo identificare con l' "auto" dell'autocoscienza, perche' l'autocoscienza e' fenomeno naturalistico e cosmico, ha delle cause, che ci producono come uomo-effettuale.

Se ci identifichiamo con essa, ne siamo dominati.

E appunto l'autocoscienza, se creduta "vera", vale solo come proggetto di dominio sul corpo da parte di una mente alienata dal corpo, quindi come fonte di continua, e per giunta inespressa, sofferenza.

L'uomo dell'autocoscienza e' fenomenico, e' un uomo-fenomeno, e pensare che tutto il mondo sia fenomenico, pensare che tutto il mondo sia COME l'uomo, o PER l'uomo, attuale ed attualista nelle sue scelte identitarie ed identificative, rinunciare al noumeno, e' il delirio di onnipotenza (se non di riferimento) dell'uomo/effetto, dell'uomo/autocoscienza.

Sono i nostri limiti, in una morale delfica della misura, che ci fanno incontrare la phisis, la natura.

Per superarli, bisogna comprenderli, se non addirittura amarli.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: niko il 19 Gennaio 2023, 14:10:20 PMIo demonizzo la "componente" identitaria/identificativa dell'autocoscienza, (dunque l'autocoscienza come realta' dell'etnia e della radice egoica ed umana) e non quella riflessiva e immaginifica che e' intangibile, al di la' del bene e del male: l'autocoscienza c'e', come parte tra le parti, ma non e' ne' l'io ne' il sum cartesiano.

Non ci dobbiamo identificare con l' "auto" dell'autocoscienza, perche' l'autocoscienza e' fenomeno naturalistico e cosmico, ha delle cause, che ci producono come uomo-effettuale.

Se ci identifichiamo con essa, ne siamo dominati.

Non necessariamente. Se siamo consapevoli di essere una unità psicosomatica ...

CitazioneE appunto l'autocoscienza, se creduta "vera", vale solo come proggetto di dominio sul corpo da parte di una mente alienata dal corpo, quindi come fonte di continua, e per giunta inespressa, sofferenza.

... che sottostà a leggi naturali, in cui il corpo solitamente fa lui da padrone e le cui ragioni sa ben far valere contro ogni illusione integralisticamente "spirituale"

CitazioneL'uomo dell'autocoscienza e' fenomenico, e' un uomo-fenomeno, e pensare che tutto il mondo sia fenomenico, pensare che tutto il mondo sia COME l'uomo, o PER l'uomo, attuale ed attualista nelle sue scelte identitarie ed identificative, rinunciare al noumeno, e' il delirio di onnipotenza (se non di riferimento) dell'uomo/effetto, dell'uomo/autocoscienza.

Purtroppo per il povero noumeno, l'unica verifica della sua esistenza non può essere che fenomenica. E se non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno. Altra cosa sono i fondamenti, l'archè: cosmogonici (physis) ed etici (ethos). I primi si affermano da soli, ma per i secondi non si ottiene nulla senza (auto)coscienza, collettiva e individuale.

CitazioneSono i nostri limiti, in una morale delfica della misura, che ci fanno incontrare la phisis, la natura.

Mai affermato il contrario. Fossimo puri spiriti potremmo nutrirci di cibo celeste.

CitazionePer superarli, bisogna comprenderli, se non addirittura amarli.

Certamente. La ricerca è un atto d'amore verso la vita e la consapevolezza dei propri limiti salva dall'hybris. Da quella degli autoproclamati padroni del mondo e da quella dei tamarri di borgata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: Ipazia il 19 Gennaio 2023, 22:34:55 PMNon necessariamente. Se siamo consapevoli di essere una unità psicosomatica ...

... che sottostà a leggi naturali, in cui il corpo solitamente fa lui da padrone e le cui ragioni sa ben far valere contro ogni illusione integralisticamente "spirituale"

Purtroppo per il povero noumeno, l'unica verifica della sua esistenza non può essere che fenomenica. E se non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno. Altra cosa sono i fondamenti, l'archè: cosmogonici (physis) ed etici (ethos). I primi si affermano da soli, ma per i secondi non si ottiene nulla senza (auto)coscienza, collettiva e individuale.

Mai affermato il contrario. Fossimo puri spiriti potremmo nutrirci di cibo celeste.

Certamente. La ricerca è un atto d'amore verso la vita e la consapevolezza dei propri limiti salva dall'hybris. Da quella degli autoproclamati padroni del mondo e da quella dei tamarri di borgata.


Se non esistesse il nuomeno non se ne accorgerebbe nessuno, perché non esisterebbe, nessuno.

E guarda che nel dire questo ho illustri precedenti almeno quanto i tuoi.

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L'unità psicosomatica è sospetta.

E' sospetta nel tempo, e non solo nell'eternità.

E' sospetta nella relazione.

E' sospetta praticamente in tutto.








Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Citazione di: iano il 14 Gennaio 2023, 23:20:20 PMPartiamo da questa osservazione di Bobmax in risposta a Claudia.:



-''L'esempio della forza di gravità è calzante.
È stato ormai appurato che non esiste alcuna forza.
Cioè le masse non agiscono tra loro a distanza. Ma vi è una deformazione spazio-temporale.
Questa deformazione è stata descritta dalla relatività generale. Una nuova legge che ha scalzato la precedente newtoniana.
Ma sarebbe un grave errore credere che quest'ultima sia la Legge!
Perché la faremmo diventare un idolo.
È sempre e soltanto una interpretazione, che sarà un domani sostituta da un'altra.'' -
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Un professore di fisica mi chiese una volta:
-Come fai a dire che la forza non esiste se tu la senti?-
Al momento, barando un pò, risposi che le cose non esistono per il motivo che io le sento.
Una risposta buttata giù al momento lì per lì per darmi un contegno.
Oggi però ne sono più  convinto di allora, anche se la questione è più complicata di così.

Voi cosa ne pensate?
Alla fine dell'800 si pensava che la fisica non avesse piu niente da dire, nel primo novecento sono nate cosmogonie nuove (e a mio avviso fuori di testa).

Il punto non è tanto che la scienza si rinnovi, perchè lo farà sempre, il problema è oggi la museruola che hanno messo alla scienza i cani dell'impero.

Quindi per aspettare nuovi rinnovamenti dovrà cadere l'impero americano, e io credo che prima di vole cadere quello ci manda tutti al cimitero. perciò no! la scienza è oggi arrivata al fine ultimo.

Anch'io credevo ad einstein, filosofo sublime, peccato che il buon nereo villa a furia di cannonate me lo ha distrutto, lui e tutta la cricca quantistica.

Mi pare che la realtà sia quella che tocco piuttosto che no. E come diceva il mio prof, si ok la quantistica si usa in alcuni campi, ma nella stragrande maggioranza dei campi, dall'ingegneria, alla botanica, si usa ancora la cara vecchia forza di gravità ossia newton.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 18:02:54 PMFai fatica perchè acquisisci energia potenziale spendendo energia chimica e producendo calore, ma senti la fatica solo se non sei abituato a farla.
Se porti un sacco di cemento fai fatica perchè di solito non porti sacchi di cemento, ma sopporti il peso di kilometri di aria sopra di te senza pensarci.
Fai fatica anche da fermo ma non la senti.

Da Newton ad Einstein è cambiato qualcosa?
Da un punto di vista filosofico potremmo dire che il ''rivoluzionario'' Einstein ha messo in atto una restaurazione in effetti, ripristinando l'azione locale che Newton aveva abolito.
Azione locale significa che la forza non si trasmette attraverso il vuoto, ma per contatto diretto fra i corpi, o indirettamente attraverso un intermediario.
Nessuno si rassegnava inizialmente all'azione non locale di Newton, senza per questo voler rinnegare la sua mirabile teoria.
Si è cercato allora per tanto tempo un intermediario, l'etere, finché non ci si è arresi e si ammesso che non vi era nessun intermediario.
Nel sentire comune  tutti hanno accettato alla fine, e ancor oggi accettiamo (anzi non ci poniamo proprio più il problema) la mancanza di un intermediario.
Ma quel rivoluzionario di Einstein, che in effetti era un gran reazionario, trova un nuovo intermediario, lo spazio-tempo, col quale ripristina  il vecchio regime dell'azione locale.
Dobbiamo quindi riportare indietro il nostro sentire, per riadattarlo alla presenza di un intermediario?
Ma quanto deve andare avanti sto giochino? :))

Faccio fatica a seguirti, ma di quale spazio locale stai parlando?
Einstein parla all'interno di un sistema dove viga l'accellerazione costante.
Ora non ricordo la parola corretta. Ma non certo di spazio locale.
Infatti proprio a partire da Galileo che guarda la mosca viaggiare con la nave da terra, si accorge che chi rimane sulla nave la vede ferma.
Lo spazio da einstein in poi diventa relativo (lasciando da parte i calcoli errati per via del fatto che non calcola l'etere).
Poi chiaro che all'interno di uno spazio prossimo (locale) come quello che tu dici, le leggi newtoniane sia valide ancora oggi.
Insomma non capisco ancora bene quale sia la tua polemica.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 15 Gennaio 2023, 12:08:35 PMPerò questo è il normale sentire.
Quello da cui siamo partiti, ricordando che non è un viaggio riservato a pochi, perchè il nostro sentire, attuale o futuro, ha senso solo quando condiviso sulla lunga distanza, e diversamente diventa patologico.
Ma con il concetto di forza, inteso come ente matematico (vettore), credo sia iniziato un viaggio umano in cui ciò che esiste si svincola dal nostro sentire attuale. La meta però non può che essere un ''diversamente sentire '', cioè una futura nuova sensibilità che oggi giudicheremmo patologica, come tu che sei già proiettata nel futuro giudichi patologica l'attuale.
Non credo invece possa esistere un ''diversamente esistere'' e questa transizione fra vecchie e nuove sensibilità mi sembra l'occasione giusta per sviscerare cosa sia l'esistenza.
Secondo me l'esistente nasce come interfaccia fra osservatore e osservato, non essendo quindi né l'uno né l'altro, ed essendo qualcosa che nasce da un rapporto che muta, parimenti muta.
Oggi esistono le forze e domani non esistono più.
Ci sarà un diverso sentire?
Continueremo a sentire ciò che di nuovo esisterà?
Sentire è primitivo rispetto ad esistere.
Possiamo dire ovvia l'esistenza delle cose senza conoscere a fondo il processo del sentire?
Di solito  ci si appella ai fatti come fossero indipendenti da noi.
Sarà vero?


Ma il vettore parte da un origine quindi non è indipendente da noi, che sia uno spazio locale fisico o relativo, dipende infatti proprio dall'osservatore.

Parimenti sulla strada dell'io (dissento sul fatto che tu lo chiami "essere" o "esistenza") che sfugge dal rapporto tra spazio locale dove vige un ossevatore e un osservato, che scambiano neo-kantianamente come "io" e "il mio oggetto", ci troviamo d'accordo.
Salvo che avendo conoscenze dell'analisi, so bene che anche questo io è chiuso all'interno di spazi psichichi, che sembrano avere caratteristiche simili a quelle figure geometriche che l'inventore delle figure toroidali, il massimo genio matematico non ancora riconosciuto come dovrebbe, ci ha regalato.

Quindi come dice anche Bitbol l'uomo vive all'interno di spazi, sia interni che esterni.
La differenza fra quelli esterni è il movimento, il movimento non può essere percepito all'interno degli spazi interni.

Questi sono solo appunti per i futuri fisici del futuro.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 15 Gennaio 2023, 18:56:59 PMSentire in quanto incontrare attraverso i sensi.

Non importa se direttamente o indirettamente, sempre il sentire è necessario.

Dopo, solo dopo, è possibile fare un ragionamento. Che sarà "sempre" fatto sulla base di ciò che si è sentito.

La forza, la posso sentire direttamente attraverso il mio corpo. Oppure attraverso i sensi posso ricevere altre informazioni, le quali potranno poi essere interpretate fino a stabilire la esistenza di una forza.
Ma sempre sulla base del sentire.

Non mi pare possa esservi alcun dubbio a riguardo.

Ti sbagli gravemente, tu la forza elettromagnetica non la senti, eppure esiste.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Claudia K il 15 Gennaio 2023, 19:42:31 PMMa il focus è probabilmente tutto qui, con mia visuale opposta alla tua.
La matematica è un linguaggio, nonchè l'unico  universale tra  tutti i linguaggi.
Non "lavora" motu proprio da nessuna parte e resta un mezzo, ma resta anche l'unico mezzo che consenta di decodificare la realtà (parzialmente quanto vogliamo). Non è che la "costruisca"!
Mutuando i termini di Bobmax : la matematica è il linguaggio che fa la differenza tra l'Intuizione dimostrabile e, invece, quella che è fantasia (o follìa) indimostrabile. E che può restare suggestivo e anche sublime, ma che resta Intuizione indimostrabile, nonchè fonte di infinite diatribe in prosa.


Non sono d'accordo Claudia, tu la casa non la decodifichi, la costruisci.

Il sistema cartesiano è quella costruzione matematica che ci permette di costruire la casa.

Senza Cartesio non esistono vettori, che mi pare, ma forse sbaglio, il punto focale dell'esperimento di Iano.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 01:11:13 AML'energia chimica si trasforma in calore e in energia cinetica che si trasforma a sua volta in energia potenziale.
Se sei in piano la forza di reazione annulla la forza di azione della gravità.
Sei se in salita invece si divide in due componenti secondo la legge del parallelogramma, e per salire devi vincere la componente che vorrebbe riportarti a valle.
Vale la pena aggiungere che se riesci a salire sulle tue montagne molto devi all'attrito, che è una forza elettrica.

Non mi riferisco a nessuna disputa fra fisici che io sappia.
Il mio è un punto di vista di non fisico che dopo essere riuscito a immaginare alla perfezione un mondo Newtoniano, avendo l'impressione di viverci dentro, si chiede se vale la pena di immaginarsi un mondo Einsteniano, e reputa forse non ne valga la pena.
Reputo invece valga la pena di capire come si costruiscono questi mondi e per far questo bisogna riconoscere il contributo della matematica.
Il fatto è che in un modo o nell'altro non dovremmo stare del tutto fuori da questi mondi se vogliamo ancora far parte dell'umanità, perchè secondo me far parte dell'umanità significa possedere una percezione condivisa, come fino a un certo punto l'abbiamo avuta.
Ma non c'è più nessun mondo in particolare in cui viverre perchè ve ne sono diversi contemporanei.
Per stare insieme in tutti questi mondi dobbiamo andare a ciò che hanno in comune, e ciò che hanno in comune è che sono una astrazione matematica, compreso quello in cui viviamo per abitudine tutti i giorni, la cui ultima versione è appunto quella Newtoniana.
Credo che la distinzione fra astratto e concreto abbia fatto il suo sporco lavoro, e sarebbe da pensionare.
Ma questo lo dico io, non i fisici.
Si d'accordo, ma non è che creiamo mondi matematici a caso, ma a partire dalle nostre esperienze, a cui fino al punto in cui sto leggendo, non pari prestare attenzione.
Poi certo esistono i geni che creano figure toroidali a partire da se stessi, ma appunto, questo figure coincidono con apparati psichici, e quindi esistenti e indagabili.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 16 Gennaio 2023, 10:19:29 AMHa senso chiedersi se si voglia vivere in un nuovo mondo E se si vive già in un mondo N.
E' sottinteso quindi che tu abbia la ''sensazione'' di vivere in un mondo Newtoniano, e ti chiedi quindi se vale la pena di modificare la tua sensazione traslocando in un mondo E.
Un alternativa è provare a vivere nei due mondi contemporaneamente.
Non avrebbe molto senso andare a vivere in un mondo E, perchè per le nostre necessità spicciole è sufficiente vivere nel mondo N.
Oppure invece si?
Le teorie fisiche sono mappe con le quali ci muoviamo nel mondo, alcune delle quali possiamo non portare con noi, perchè le abbiamo mandate giù a memoria.
La mappa del mondo Newtoniano, il nostro mondo, quello che sentiamo come nostro, lo sentiamo come nostro perchè abbiamo incorporato la sua mappa, divenuta carne della nostra carne, neuroni dei nostri neuroni.
Le mappe degli altri mondi (relatività, meccanica quantistica) non vale la pena incorporarle (andare a vivere in quei mondi ai quali le mappe rimandano) ma conviene comunque non lasciarle a casa e portarle con noi, per consultarle alla bisogna, ma anche per prendere l'abitudine a farlo, per evitare che separandosi del tutto questi mondi essi valgano come nicchie ecologiche separate che specino diverse razze di uomini.
Ad ogni mappa io ho associato una sensibilità, e la mia preoccupazione è che queste sensibilità rimangano condivise, come condivisa è stata la nostra sensibilità finché abbiamo avuto la possibilità di vivere in uno solo di questi mondi.
Penso che la condivisione riguarda appunto l'esperienza, io non posseggo la potenzialità energetica di raggiungere la velocità della luce, mica sono superman, che però asserisce di essere piu veloce della luce, tra le altre cose.
Quindi della presunzione di einstein e della prosopopea che viene consumata in suo nome, proprio a partire dalle università (e non è un caso, l'industria culturale non vige solo nelle ideologie politiche).

Noi rimarremmo per sempre nel mondo newtoniano. a me pare ovvio e di buon senso.

Ma questo non vuol dire che non esistano infinite cosmogonie, seguendo nereo villa, o il matematico bartozzi (di cui caso vuole avevo il libro liceale di scuola) non ricordo bene, mi misero all'attenzione una collana di fisici "alternativi".
Ricordo oggi come ieri la mia sorpresa nel vedere quanti modelli e quanti autori sconosciuti si siano già cimentati in questa ricerca.
Chissà Iano forse un giorno ti puoi accodare a loro.

Il problema di questi autori, di cui come al solito ascoltavo le lagnanze, è la mancanza di fondi per poter dimostrare le loro teorie.

Come vedi si possono creare infinite teorie ma poi umanamente troppo umanamente alla fine tutti vogliono solo i soldi.

No amico a me basta newon! ;)



Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 16 Gennaio 2023, 15:38:48 PMAlmeno su questo concordiamo. La mathesis universalis è solo un feticcio, messo in moto da Platone, rilanciato da Galileo e approdato ai giorni nostri come motore elevato della visione del mondo scientista, di cui la matematica costituisce il saluto massonico tra gli iniziati della sedicente "comunità scientifica".

In realtà la matematica è solo un dispositivo tecnico che permette di asseverare la riproducibilità dei fenomeni
naturali. Niente più che un attrezzo dell'operare scientifico che laddove non riesce ad asseverare decade a statistica e algoritmo.

Non scomoderei il nichilismo per questa feticizzazione, a meno che non intendiamo, niccianamente, nichilista ogni feticcio prodotto dall'immaginazione umana, incluso il Dio di Abramo e della metafisica teista.

Cosa su cui sarei pure d'accordo, considerato che l'iperuranio matematizzante si accoppia perfettamente col "mondo dietro il mondo" delle mitologie religiose.





La statistica è la vera regina della matematica, l'algoritmo non c'entra nulla, infatti sono solo una serie di informazioni intermediate a delle domande a cui è previsto la direzione diversa: si, no.
Roba che con la metafisica, non quella che tu disprezzi, non c'entra nulla, concordo.
Mi pare però che non hai letto una istanza piu fine del domandare di iano, che riguarda appunto la costituzione del soggetto, di hegeliana memoria, con buona pace della matesi kantiana (la filosofia dei 2 talleri  :D ). naturalmente iano ne da una idea appitattita ma nondimeno condivisibile nella sostanza.
L'uomo è creante, come e concordiamo il buon nice affermava, non senza interrogarsi ulteriormente.  ;)

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