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Tempo ed eternità

Aperto da Apeiron, 09 Gennaio 2017, 14:23:37 PM

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Sariputra

#30
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.

Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :(
Per chiarire meglio:
Sistema atta ( o atma-vada)  è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza.
Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale).
Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose  sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica;  tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava).
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.

Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo!
Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano  vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo.
Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...).  Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :)
Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

e molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo.
I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione,
L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello.
Il cerchio, lìuroboro è il simbolo.
I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano  probabilemnte erano i mitici iperborei.

Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere.
Atta= in alto o secco
Atma= auto
Atman= spirito
Vadha= assassino
Atman-vada= parlare dello spirito
ma... atma-vadha= suicidio
dravya=liquido spirituale
ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?)
anatman= non spirtuale
anitya= impermanente

Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari

acquario69

Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.

secondo me le cose stanno un po al contrario..

nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) 
..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.

Sariputra

#33
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 01:25:05 AMe molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo. I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione, L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello. Il cerchio, lìuroboro è il simbolo. I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano probabilemnte erano i mitici iperborei. Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere. Atta= in alto o secco Atma= auto Atman= spirito Vadha= assassino Atman-vada= parlare dello spirito ma... atma-vadha= suicidio dravya=liquido spirituale ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?) anatman= non spirtuale anitya= impermanente Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari

Sono d'accordo su tutto... ;D.
La mia fonte è "The central philosophy of buddhism" di T.R.V.Murti , trad. Fabrizio Pregadio 1983. Ci sono ovviamente leggere variazioni da traduzione a traduzione...
I termini atta e anatta però non sono Sanscrito. Sono termini in lingua Pali.
atta=Atman
anatta=anatman
Atta in sanscrito ha giustamente un altro significato.
Per es. Anitya in sanscrito (impermanente) diventa anicca in Pali...
Quindi una teoria atman (atta) riguarda lo Spirito, la Sostanza. Una teoria anatman (anatta) è la sua negazione.
Non avevo specificato che si trattava di Pali... :-[
Ho trovato un'interessante traduzione dei termini fatta da una giovane traduttrice che trovo molto brava, Genevienne Pecunia, che ha tradotto il Dhammapada per Feltrinelli( consigliato per i neofiti):
Atta (sanscrito:atman): il Sè. L'atman nella filosofia delle Upanishad è l'anima individuale. Il buddhismo, invece, non ammette alcuna anima individuale e atta, nelle strofe del Dhammapada (Dharmapada), ha principalmente il valore di pronome riflessivo ed è di volta in volta tradotto con "se stesso", "se stessi" e, quando ha funzione genitivale, con "suo" e "proprio".
In seguito questa parola compare nel composto negativo anatta (sansc:anatman), "privo di un sè", caratteristica di ogni fenomeno, insieme a impermanenza e dolore.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.

Questo è un sistema atta... ;D
Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno.
Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni.
Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

Cambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?

Apeiron

#36
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :( Per chiarire meglio: Sistema atta ( o atma-vada) è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza. Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale). Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica; tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava). Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente. Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo! Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo. Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...). Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :) Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...

Il motivo per cui credo non potremo comprendere le filosofie indiane è appunto il fatto per noi inconcepibile che la filosofia è in servizio alla meditazione e non viceversa. Nella nostra mentalità occidentale noi siamo portati prima a comprendere e poi a fare. Questo metodo è usato moltissimo nella scienza e in particolare nei "Gedankenexperiment" (esperimento mentale) di Einstein. Anzi più o meno tutta la filosofia occidentale è un "Gedankenexperiment": prima ci costruiamo il modello e poi tentiamo di applicarlo alla realtà. Motivo per cui qui in occidenti vedi tantissime teorie filosofiche che non portano a nessuna "salvezza" ma semplicemente si cerca la verità in sé stessa senza preoccuparsi della condizione del "ricercatore". Nel Gedankenexperiment della torta dici bene che l'io che si gusta la torta non è un io umano comunemente inteso perchè l'io umano comunemente inteso certamente è più sensibile alle condizioni esterne. Tuttavia nemmeno un deva è un io umano e nemmeno lo è un animale. Ora se io rinascessi deva e riuscissi a stare felice per l'eternità nel mio "paradiso" contrariamente a quanto dice Buddha allora credo che in tal caso avrei raggiunto la liberazione da malattia-vecchiaia-morte. Ebbene l'obiezione che si può fare al buddismo è: chi te lo dice che nessun mondo di rinascita è eterno? E la risposta: Buddha che conosce i "lavori del karma" lo sa, fidati! Il punto è che finchè si fa filosofia o scienza bisogna indagare e essere (metodologicamente) senza fede. Dunque se per assurdo esistesse un tale mondo deva permanente la ricerca del Nirvana buddista avrebbe senso? La risposta è "no" se si ritiene che la "negatività" della vita sia l'attaccamento a stati impermanenti. La risposta viceversa è "sì" se si ritiene che l'eternità della liberazione è "migliore" di quella del (presunto) mondo deva eterno. Il mio "io" del paradiso cristiano chiaramente è diverso dal mio "io" terreno e la cosa si mostra per il fatto che immaginandomi di restare per sempre in un posto per come sono fatto io oggi mi terrorizzerebbe. Rimane di capire prima di iniziare un percorso se l'obbiettivo promesso è migliore o no di un altro (per noi).  
Conosco la sutta dell'uomo colpito dalla freccia ma la ritengo utile solo dopo aver scelto il percorso non quando uno si deve decidere.
Comunque le descrizioni "esperienziali" di Moksha e Nirvana mi paiono molto simili. Credo che bene o male l'obbiettivo è lo stesso ma il modo con cui lo si raggiunge fa in modo che concettualmente siano descritti in modo diverso.
Schopenhauer era un tipico filosofo occidentale esposto all'oriente e infatti l'analogia tra la sua filosofia e l'oriente è meramente concettuale.

Tornando ad immaginarci l'eternità:
1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione;
2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più;
3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa;
4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione;
5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione;
6) eterno samsara - prigione;
7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc?
8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...)
9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte?
10) nichilismo/eterno oblio. A meno che uno non sia amorale non può che ritenere che la vita in questo scenario è tragica...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: baylham il 12 Gennaio 2017, 09:35:01 AM
Cambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?

Boh per fede  ;D  In teoria l'introspezione ci dovrebbe svelare il mistero ma finora non lo ha fatto per me.

Oppure come direbbe Wittgenstein il fatto che la vita dei "bruti fatti" non ci soddisfa è la "vera prova" del fatto che ci deve essere una dimensione eterna. Ossia come dice Pessoa l'arte è la confessione che la vita impermanente/terrena non basta. Se bastasse dovremo essere contenti di noi, invece...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

acquario69

Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:19:24 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.

Questo è un sistema atta... ;D
Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno.
Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni.
Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.

in realtà ho provato a spiegare che l'Uno (l'essere) e' l'affermazione del Non-essere,che ne sarebbe così la causa prima...ma tu appunto mi pare che neghi il Non essere.
infatti il Non-essere non e' affatto il nulla.
 
ad ogni modo non mi sembra che dai spiegazioni su cio che tu intendi per anatta ma ti limiti soltanto a dire che e' la negazione di atta

paul11

Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:03:39 AM
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 01:25:05 AMe molto prima del buddhismo c'è il kalpa, il giorno di Brahma e la cicilcità temporale,simile all'eone dello gnosticismo. I capi degli Anunnaki si radunavano con il simbolo dell'anello che sigillava la loro unione, L'anello è circolare come certe tavole, la corona è circolare, si bacia l'anello e il sigillo è nell'anello. Il cerchio, lìuroboro è il simbolo. I Veda degli Arya, o arii o ariani, quella razza caucasica bianca, "quella bestia bionda germanica" di Nietzsche che lega l'asse finnico-tibetano probabilemnte erano i mitici iperborei. Permettetimi un 'esercizio di sanscrito solo per riflettere. Atta= in alto o secco Atma= auto Atman= spirito Vadha= assassino Atman-vada= parlare dello spirito ma... atma-vadha= suicidio dravya=liquido spirituale ma seè aggettivo è un derivato dall'albero (l'albero come simbolo?) anatman= non spirtuale anitya= impermanente Non è un contraddittorio Sariputra, solo per riflettere i termini orignari

Sono d'accordo su tutto... ;D.
La mia fonte è "The central philosophy of buddhism" di T.R.V.Murti , trad. Fabrizio Pregadio 1983. Ci sono ovviamente leggere variazioni da traduzione a traduzione...
I termini atta e anatta però non sono Sanscrito. Sono termini in lingua Pali.
atta=Atman
anatta=anatman
Atta in sanscrito ha giustamente un altro significato.
Per es. Anitya in sanscrito (impermanente) diventa anicca in Pali...
Quindi una teoria atman (atta) riguarda lo Spirito, la Sostanza. Una teoria anatman (anatta) è la sua negazione.
Non avevo specificato che si trattava di Pali... :-[
Ho trovato un'interessante traduzione dei termini fatta da una giovane traduttrice che trovo molto brava, Genevienne Pecunia, che ha tradotto il Dhammapada per Feltrinelli( consigliato per i neofiti):
Atta (sanscrito:atman): il Sè. L'atman nella filosofia delle Upanishad è l'anima individuale. Il buddhismo, invece, non ammette alcuna anima individuale e atta, nelle strofe del Dhammapada (Dharmapada), ha principalmente il valore di pronome riflessivo ed è di volta in volta tradotto con "se stesso", "se stessi" e, quando ha funzione genitivale, con "suo" e "proprio".
In seguito questa parola compare nel composto negativo anatta (sansc:anatman), "privo di un sè", caratteristica di ogni fenomeno, insieme a impermanenza e dolore.
Quello che mi interessava dire è che non esiste in origine il concetto di eterno, non è nella cultura vedica degli arii, non è nella cultura sumerica.
E sono da loro , e per me erano comunque la stessa origine vedico-sumerico a loro volta, che nasceranno "le spiritualità" orientali e occidentali.
Se chiedete ad un ebreo il significato del termine "olam" ebraico(provate a fare una ricerca....), vedrete alla fine che sono in origine molto simili se non identici.

Il kalpa ,il giorno di Brahama, ( e lo dice persino wikipedia....) a ritroso ha esattamente il tempo originario che la scienza contemporanea occidentale ha dato al pianeta terra, circa 4,5 miliardi di anni.  E' casuale?.......

Una differenza sostanziale fra l'orientale e l'occidentale è il mantenere il proprio Sè distaccato nel procedimento gnoseologico, conoscitivo. L'acquisizione di esperienza, di conoscenza, non altera il Sè che viene mantenuto nel distacco.
L'occidentale altera il Sè nell'esperienza e nella conoscenza, rendendo fragile il Sè che si manifesta nell'alterazione psichica.

Perchè l'orientale rimane più legato e collegato a quella tradizione originaria,che mantiene il distacco da qualunque fenomeno, anche dal tempo che scorre a cui noi invece pensiamo troppo esistenzialmente

maral

#40
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2017, 10:02:42 AM

Il kalpa ,il giorno di Brahama, ( e lo dice persino wikipedia....) a ritroso ha esattamente il tempo originario che la scienza contemporanea occidentale ha dato al pianeta terra, circa 4,5 miliardi di anni.  E' casuale?.......
Danielou in proposito alla durata dell'universo scrive ("Miti e dei dell'India", BUR, p.286): "La vita di Brahma dura cento anni" (Markandeya Purana 46,21). Una volta creato il mondo resta immutato per un giorno di Brahma che è un periodo di 2.160.000.000 anni Il mondo e tutto ciò che contiene è in seguito consumato dal fuoco, ma i saggi, gli dei e i principi degli elementi sopravvivono. Durante la notte Brahma dorme. Quando si risveglia ristabilisce la creazione e il processo si ripete fino a quando non è completato il centesimo anno, un numero che richiede 15 cifre per esprimerlo in anni umani...
Mille cicli dei quattro Yuga (età del mondo) sono un giorno di Brahma. Trecentosessanta di questi giorni formano un anno. La vita di Brahma dura 100 anni. Quando tale periodo è terminato, Brahma stesso cessa di esistere.

Duc in altum!

**  scritto da baylham:
CitazioneCambiando ancora prospettiva: come si conosce se la vita sia finita o eterna?
Finora la questione è stata posta da un punto di vista ipotetico, logico, ma realmente come si fa a sapere se la vita sia eterna?
Se si potesse realmente conoscere, lo scommettere la propria esistenza perderebbe senso, logica e vigore. Per non parlare della purezza e bellezza del libero arbitrio.  ;)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 09:57:57 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 09:19:24 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Gennaio 2017, 04:47:53 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AMEssere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
secondo me le cose stanno un po al contrario.. nel Non-essere non può esserci manifestazione,quindi il divenire ("non essendo" cioè non manifestandosi) ..semmai e' l'essere il principio di tutta la manifestazione e del suo divenire.
Questo è un sistema atta... ;D Il molteplice ( fenomeni) sono solo apparenza, manifestazione dell'Uno. Un sistema anatta ritiene che non ci sia alcun Uno, ma solo i fenomeni. Non-essere è diverso dal termine Nulla. Anatta è negazione di atta, negazione del sé, non dei fenomeni.
in realtà ho provato a spiegare che l'Uno (l'essere) e' l'affermazione del Non-essere,che ne sarebbe così la causa prima...ma tu appunto mi pare che neghi il Non essere. infatti il Non-essere non e' affatto il nulla.  ad ogni modo non mi sembra che dai spiegazioni su cio che tu intendi per anatta ma ti limiti soltanto a dire che e' la negazione di atta

Anatta= assenza di sostanza, assenza di "anima" nelle cose, assenza di Dio, assenza di un Principio e di una Fine, assenza di qualsiasi visione sostanziale dell'intera esistenza fenomenica. I fenomeni esistono ma non hanno sostanza propria essendo interdipendenti ( formati da infiniti altri fenomeni, a loro volta formati da infiniti altri fenomeni, e così via...tutti formati da cause e condizioni a loro volte formate da cause e condizioni). Nessuna Causa in Principio, nessun Uno da cui provengono tutte le cause. Flusso eterno, senza inizio e senza fine. Mondi superiori e inferiori ( se esistenti e popolati da altri fenomeni) anch'essi soggetti a cause e condizioni e pertanto impermanenti e dolorosi... il Nirvana non è né immanente né trascendente, è indicibile e indescrivibile, se ne può fare solo esperienza diretta , ma non è Dio, nè un Principio nè la Causa né la Distruzione delle cause...Non sorge né tramonta...Non è il Nulla né il Tutto...la sua "funzione" è dare pace... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

maral

#43
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose  sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica;  tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava).
Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente.
Interessante, trovo che richiami quello che dice Ronchi quando parla, in termini filosofici occidentali, di un "Divenire assoluto". E' come se Oriente e Occidente, pur nella loro diversità, si richiamassero costantemente. Nel video, Ronchi (un po' ingarbugliandosi con le parole) dice anche che all'origine del pensiero non c'è l'Essere, "l'Essere è" non è una preposizione semplice e originaria, ma estremamente problematica, è quella che con la sua problematicità irrisolvibile porta alla  fine della filosofia ("perché mai l'ente anziché il niente?" o "l'Essere anziché il Non essere?" si chiedono Heidegger e Leibniz, il primo da un punto di vista esistenziale-fenomenologico, il secondo da quello logico-ontologico). La preposizione semplice, non problematica, elementare e assolutamente indubitabile nel pensiero occidentale (ma a questo punto si potrebbe anche dire in quello orientale) è il "Non essere non è", per cui è del tutto evidente che "il Non essere che non è è", ossia che "il Non essere è". E questa evidenza originaria la rileva anche Severino, e la traduce nell'evidenza assoluta del Divenire (nient'altro che un continuo essere del Non essere) che lui considera come la follia estrema che sta alla base del pensiero stesso.

Sariputra

#44
Citazione di: Apeiron il 12 Gennaio 2017, 09:49:13 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Gennaio 2017, 00:01:26 AM
Citazione di: maral il 11 Gennaio 2017, 23:01:01 PMNon so, ma ci sento una differenza tra ciò di cui mi parli come Atta e ciò che noi occidentali chiamiamo Essere. Perché l'Essere, che è concepito come tale in Occidente da Parmenide nel suo poema (ed è da lì che nasce la filosofia dell'Occidente) è figura del Logos, mentre non mi pare che possa considerarsi così per Atta, per come me lo dici, esso infatti trascende in partenenza ogni possibilità del Logos. E' Parmenide infatti che facendo parlare la Dea (quindi, se si vuole, il pensiero mitico) le fa dire di non credere a ciò che essa dice perché lo dice, ma in virtù di un giudizio raziocinante, ossia del Logos e così dicendo la dea distrugge il pensiero mitico che incarna. Il pensiero orientale invece non mi sembra che abbia mai vissuto questa contrapposizione così escludente tra pensiero mitico e razionalità, nel pensiero orientale l'ancoraggio al mito resta e per questo l'essenza è non essenza, è del tutto inesprimibile, è illuminazione completamente paradossale a cui il pensiero logico che astrattamente e definitivamente separa Essere e Non essere (o anche Ente e Niente) non può giungere in alcun modo. Forse qualcosa di più simile che non l'Essere parmenideo, potrebbe essere l'Infinito (Apeiron) di Anassimandro. Nel frammento di Anassimandro c'è scritto che « principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo. » Dove l'ingiustizia è proprio quella che commette ogni essere venendo a esistere, ossia separandosi dall'infinito e l'espiazione che ristabilisce la giustizia è il karma delle reincarnazioni.
Non conoscendo la filosofia occidentale dò per scontato che alcuni termini filosofici orientali abbiano esatta analogia con il significato che hanno nella nostra cultura... :( Per chiarire meglio: Sistema atta ( o atma-vada) è la teoria secondo cui il reale è sostanza, permanente ed eterna, e ha una natura propria. L'atman si potrebbe tradurre con Sè, Anima, Sostanza. Infatti è equiparato a dravya (sostanza), a nitya (permanente, eterno), a svabhava ( natura), a sara( essenza) e a vastu (reale). Sistema anatta (tipico del buddhismo) ( o anatma-vada) è la teoria dell'assenza del sé (anima), per cui tutte le cose sono prive di sostanza o di realtà permanente e identica; tutto è impermanente, mutevole, momentaneo ( anitya), non-essere, negazione, assenza (abhava). Essere è quindi ciò che è presenza, permanente, sostanziale. Non-essere è ciò che diviene, che muta, che è assente. Apeiron, se gustando in eterno quella torta non provi noia, ma solo un piacere infinito, ecc...non puoi essere "tu" a gustartela, ma "qualcos'altro" che non è un Io come comunemente lo intendiamo! Questo tentavo di dire. A parer mio è impossibile per l'Io umano vivere un simile stato. E' come dire."Se fossi come un pesce proverei piacere a nuotare in eterno"...ma non lo siamo! L'Io, che è tempo( e che crea il suo tempo), non può vivere in una dimensione senza tempo. Il problema, se di problema si può parlare, Apeiron è che tu non parti dall'esperienza per poi riflettere su di essa , ma ritieni che la riflessione in sé sia sufficiente a spiegare l'esperienza. Nella cultura indiana , dai Veda in poi, la filosofia è al servizio della pratica meditativa e i trattati filosofici sono sostanzialmente delle guide all'esperienza da vivere. In Occidente invece la filosofia è pura astrazione, non è richiesto ad un filosofo di vivere la sua convinzione o riflessione filosofica ( mi viene in mente Schopenhauer che amava la vita e le donne, "Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto e non un santo", e poi teorizzava l'ascetismo ...). Per questo, riflettendo solo sui termini, non vedi differenze tra moksha e Nibbana, per es., che ti appaiono entrambi un bel Nulla.Si può spiegare dettagliamente all'infinito come si fa a pescare, ma se poi non provi l'esperienza del pescare, come puoi sapere se quella guida è corretta?... :) Sicuramente hai letto , nel canone pali, l'esempio che fa il Buddha dell'uomo colpito da una freccia...
Il motivo per cui credo non potremo comprendere le filosofie indiane è appunto il fatto per noi inconcepibile che la filosofia è in servizio alla meditazione e non viceversa. Nella nostra mentalità occidentale noi siamo portati prima a comprendere e poi a fare. Questo metodo è usato moltissimo nella scienza e in particolare nei "Gedankenexperiment" (esperimento mentale) di Einstein. Anzi più o meno tutta la filosofia occidentale è un "Gedankenexperiment": prima ci costruiamo il modello e poi tentiamo di applicarlo alla realtà. Motivo per cui qui in occidenti vedi tantissime teorie filosofiche che non portano a nessuna "salvezza" ma semplicemente si cerca la verità in sé stessa senza preoccuparsi della condizione del "ricercatore". Nel Gedankenexperiment della torta dici bene che l'io che si gusta la torta non è un io umano comunemente inteso perchè l'io umano comunemente inteso certamente è più sensibile alle condizioni esterne. Tuttavia nemmeno un deva è un io umano e nemmeno lo è un animale. Ora se io rinascessi deva e riuscissi a stare felice per l'eternità nel mio "paradiso" contrariamente a quanto dice Buddha allora credo che in tal caso avrei raggiunto la liberazione da malattia-vecchiaia-morte. Ebbene l'obiezione che si può fare al buddismo è: chi te lo dice che nessun mondo di rinascita è eterno? E la risposta: Buddha che conosce i "lavori del karma" lo sa, fidati! Il punto è che finchè si fa filosofia o scienza bisogna indagare e essere (metodologicamente) senza fede. Dunque se per assurdo esistesse un tale mondo deva permanente la ricerca del Nirvana buddista avrebbe senso? La risposta è "no" se si ritiene che la "negatività" della vita sia l'attaccamento a stati impermanenti. La risposta viceversa è "sì" se si ritiene che l'eternità della liberazione è "migliore" di quella del (presunto) mondo deva eterno. Il mio "io" del paradiso cristiano chiaramente è diverso dal mio "io" terreno e la cosa si mostra per il fatto che immaginandomi di restare per sempre in un posto per come sono fatto io oggi mi terrorizzerebbe. Rimane di capire prima di iniziare un percorso se l'obbiettivo promesso è migliore o no di un altro (per noi). Conosco la sutta dell'uomo colpito dalla freccia ma la ritengo utile solo dopo aver scelto il percorso non quando uno si deve decidere. Comunque le descrizioni "esperienziali" di Moksha e Nirvana mi paiono molto simili. Credo che bene o male l'obbiettivo è lo stesso ma il modo con cui lo si raggiunge fa in modo che concettualmente siano descritti in modo diverso. Schopenhauer era un tipico filosofo occidentale esposto all'oriente e infatti l'analogia tra la sua filosofia e l'oriente è meramente concettuale. Tornando ad immaginarci l'eternità: 1) proseguimento infinito della vita terrena - insoddisfacente perchè conduce a noia e disperazione; 2) conservazione del sé nelle memorie altrui - inconsistente perchè appunto l'io ormai non c'è più; 3) edonismo puro - insoddisfacente perchè invece di elevarci ci abbassa; 4) visione estetica della vita - vedere tutto "sub specie aeternitatis" alla Spinoza, tempo rimosso dal mondo. Problema: congelare tutto causa un senso di prigione; 5) eterno ritorno di Nietzsche - prigione; 6) eterno samsara - prigione; 7) diventare uno col mondo (panteismo, taoismo ecc) - davvero è un bene diventare un tutt'uno con questo mondo di malattie, morte ecc? 8 ) paradiso Cristiano- Dvaita e simili. Visione beatifica di Dio di cerrto è un'elevazione ammesso che siano vere (ma i dubbi sono troppi...) 9) Liberazione buddhista-Advaita. Pace assoluta. Ma non è uguale alla morte? 10) nichilismo/eterno oblio. A meno che uno non sia amorale non può che ritenere che la vita in questo scenario è tragica...

L'eventuale deva godereccio però dovrebbe vivere in un "paradiso" permanente...Siddharta sostiene , in base alla Sua pratica meditativa, che non esiste nulla di permanente. A questo ci si può credere o non credere, ma non cambia il fatto che solo di impermanenza noi facciamo , come Io, esperienza e con questa impermanenza abbiamo a che fare. Immaginare "come" potrebbe essere un mondo permanente popolato di deva permanenti è immaginazione, fare ipotesi affascinanti...però indimostrabili, a cui ci si può credere solo per fede. Visto che la meta che si prefigge il Buddha è raggiungere la Liberazione qui, nel presente aggregato, le fantasiose speculazioni sui mondi superiori e inferiori, così care alla tradizione indiana, servono per rafforzare l'importanza etica dell'agire qui e ora e con questa motivazione vengono narrate nei sutra. Penso che bisogna tener presente che, nella visione indiana, gli infiniti mondi, sono un tutt'uno; non vengono visti come "trascendenti" nel senso del paradiso trascendente dell'islam e del cristianesimo...è un pò diversa qui la storia... Comunque non è mia intenzione "convertire" nessuno... ;D io ritengo che l'esperienza sia fondamentale , tu che sia più importante la comprensione intellettuale ed eventualmente poi la pratica. Sono due approcci diversi, entrambi legittimi...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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