Sulla sensibilità, razionalità, generi e altro.

Aperto da Lou, 20 Settembre 2019, 18:50:03 PM

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Lou

In un topic è emersa questa tesi, affermazione o presa d'atto che sia da decidersi, che cito:

"la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro."

Trovo sia una tesi intrigante per i molteplici spunti che offre e fertile di discussione (oltre che intersecare, credo, ambiti filosofici, scientifici, culturali e sociali) che sinteticamente elenco per sommi capi:

- innanzitutto con "razionalità allo stato puro" cosa intendiamo.
- per "puro" di nuovo, molto interessante.
- il "riconoscere", l'abbiamo già conosciuta, perciò è ri-conoscibile? Il che porta a una ulteriore domanda: come conosciamo la razionalità allo stato puro, ammettendone, per ipotesi, l'esistenza? È conoscibile?
- si inserisce in questa affermazione una distinzione sul piano della sensibilità in forza del genere in chiavetta dicotomica maschile/femminile. Al che mi è balenata più di domanda che si muove in  diversi ordini di "ragione" dubbiosa su:
1. è la sensibilità la facoltà atta o meno, propensa o restia, atta al compito di "ri-conoscere" la "razionalità allo stato puro"?
2. La sensibilità è differente tra i generi? O meglio, incide il genere sulla sensibilità?
3. L'incidenza della sensibilità che ruolo gioca in ambito cognitivo?

È solo un abbozzo su cui lavorare.

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

viator

Salve Lou. Vedo che hai saputo porre in forma razionale i quesiti sorgenti dal confronto tra sensibilità e razionalità. Bene.

Spero tu sia d'accordo nel definire la sensibilità come "ciò che sentiamo spontaneamente su base psichica indipendentemente dalla nostra capacità di capirlo e di spiegarlo".

Ugualmente, spero ancora (forse sono troppo esigente o speranzoso) che tu sia d'accordo con me con il definire la razionalità come "l'esercizio delle facoltà mentali che utilizza la logica per capire (cercare di capire, credere di capire) se una cerca sequenza nota di cause e di effetti produrrà delle conseguenze prevedibili".

Stabilita tale differenza (che io considero fondamentale) tra il SENTIRE ed il CAPIRE, passiamo a cercare di definire il concetto di "razionalità allo stato puro" (espressione che filosoficamente starebbe per "razionalità assoluta").

La razionalità assoluta od "allo stato puro" intanto non esiste in quanto si tratta di una condizione solamente tendenziale. Ciò per la semplice ragione che la mente, con tutti i suoi contenuti e le sue funzioni, è figlia della psiche.

Quale figlia (non importa talvolta quanto ribelle) essa deve alla madre la propria esistenza ed anche la propria obbedienza (quanti casi di conflitto tra psiche e mente conoscete in cui la seconda sia riuscita e dominare completamente la prima?).

Quindi l'esercizio della razionalità sarà sempre influenzato e condizionato - non importa quanto inconsapevolmente - dai contenuti psichici irrazionali dell'individuo, la cui completa capacità critica, razionale, analitica e sintetica potrebbe svolgersi solo all'interno di una condizione irrealizzabile : rinunciare al possesso di una psiche (rinunciare a tutto ciò si sente e che si crede, poichè anche il credere è condizione irrazionale).

In una parola, rinunciare ad essere sè stesso riuscendo ad "uscire da sè stesso".

Infatti solo rinunciando alla propria sensibilità, emozionalità e capacità di altruistica empatia è possibile "ridursi" ad una pura mente raziocinante.

Chiarita quindi (spero) la astratta tendenzialità della ragion pura e la concreta presenza di quella pratica (Kant insegni), viene stabilito che "puro" dovrebbe essere solo il raziocinio astratto appunto "depurato" di ogni influenza personalistica e psichica.

Per quanto riguarda il "riconoscere", esso secondo me non deve venir inteso come "il conoscere nuovamente" bensì come "l'attribuire validità, autorità od importanza".

A questo punto, proseguendo : "Il che porta a una ulteriore domanda: come conosciamo la razionalità allo stato puro, ammettendone, per ipotesi, l'esistenza? È conoscibile?"
ci imbattiamo appunto nel quesito al quale è stato risposto (dal mio punto di vista) qui sopra.
Il fatto è però che, restando nell'ambito della razionalità relativa, mi sembra proprio di poter trovare che gli eventuali tentativi per poter "uscire da se stessi e dal contingente" siano più congeniali al genere maschile che a quello femminile. La ragione secondo me risiede nella diversità di ruoli bio- e psicologici tra i due sessi.

La femmina che risulta maggiormente incline se non addirittura votata a custodire ciò che viene acquisito, il maschio invece tendente a porre in discussione l'acquisito allo scopo di generare il nuovo. Conservazione che non ha bisogno di cercare di prevedere il nuovo attraverso l'analisi razionale di cause ed effetti perchè la femmina SENTE e SA istintivamente ciò che è eterno (si parla non a torto di "eterno femminino").

Il maschio invece proiettatto verso un nuovo che si rivelerà solamente diverso senza poter progredire veramente verso una meta (e quale mai sarebbe la meta definitiva di un qualsiasi incessante progresso? La morte od il ritorno alle origini, no?) la quale appunto risulterà semplicemente in ciò di cui la femmina è custode, cioè il rinnovarsi della vita.

Con le mie considerazioni per ora mi fermo qui, giusto lasciare spazio ad altri interventi. Intanto saluto.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#2
Ciao Lou.
Mi sembra una storia intorcinata.
C'è una diversa sensibilità che fa' pendere l'uomo verso la razionalità piuttosto che no , rispetto alla donna.
Potrebbe trattarsi di una differenza funzionale alla divisione dei ruoli.
Una differenza che comporta una collaborazione fra diversi, la quale sappiamo essere tanto fruttuosa quanto preferibilmente evitata,ma a cui ,nella coppia uomo donna, almeno fino a un certo punto, è pero' impossibile sottrarsi.E in tale costrizione risiede il vantaggio credo che nasce da quella forza di attrazione degli opposti che è l'amore.
Quando si deve trovare in caso di necessità una decisione rapida , c'è da scommettere che poco si userà razionalità, la quale richiede il suo tempo.
Si potrebbe dire , estremizzando ,che la donna fa' sempre senza decidere , mentre l'uomo decide senza fare mai.
Fare senza decidere significa di fatto attenersi alla tradizione e alle usanze , delle quali in effetti la donna sembra più attenta cultrice e custode.
Oggi però  abbiamo prove del fatto che le differenze fra uomo e donne non sono tali da rendere i loro ruoli tradizionali non intercambiabili se le contingenze della vita lo consentono o lo richiedono.
Una di donna non è tanto irrazionale da non comprendere , se glielo si fa' notare , che il suo comportamento non è razionale. Ma è anche abbastanza "saggia" da non usare razionalità quando non serve.
Noi uomini invece razionalmente pensiamo che è sempre meglio usare razionalità, ma questo non è un pensiero razionale in se'.
Abbiamo le nostre differenze tendenziali di genere e c'è le teniamo e questa è cosa buona se è vero che è la
"differenza che fa' la somma".
Ma alla fine ne' il razionale ,  ne' la saggia donna , come ci dice la cronaca mondiale di questi giorni , sono abbastanza saggi e razionali da fare tesoro di questa virgolettata verità .
Una bella storia intorcinata , Lou ,come ti dicevo.😁

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

davintro

Circa la questione se la sensibilità sia atta a riconoscere la purezza della razionalità, tenderei a pensare di no, nel senso di intendere "purezza" come condizione in cui la razionalità di esprime nel modo più efficace possibile riguardo la conoscenza della realtà. Per riconoscere quanto gli argomenti logici che si portano a supportare una tesi siano validi abbiamo, a nostra volta, bisogno di argomenti razionali, di ragione, e non di sensibilità. Questo perché la logica ha un suo ambito applicativo peculiare in cui opera indipendentemente da altro, ha i suoi fondamenti a partire da cui discendere le proprie analisi finalizzate a verificare la corrispondenza di una tesi con la realtà oggettiva, mentre la sensibilità è riferita al mondo dei valori sentimentali, che non riguardano la realtà oggettiva, ma esigenze di cui solo soggettivamente riconosciamo l'importanza, e che nel momento in cui si vuole ragionare in termini oggettivi di conoscenza della realtà, andrebbero messi tra parentesi, per evitare il corto circuito tra realtà oggetto di conoscenza, a cui la razionalità è chiamata a conformarsi, e ideale di realtà come soggettivamente vorremmo che fosse, confondendo i due piani.  Tutto questo, considerando, se ho inteso il contesto generale della discussione, sensibilità come  emotività, affettività etica, mentre volendo comprendere nel termine, forzando un bel po' il rigore terminologico, anche una sorta di intuizione intellettuale, allora sì che la sensibilità diverrebbe il supporto fondante della validità di ogni catena argomentativa che la razionalità intreccia, in quanto come intuizione coglierebbe lo stato di massima evidenza della verità degli assiomi logici da cui ogni possibile dimostrazione procede. Ma immagino quanto questa prospettiva aprirebbe problemi teoretici interessanti, ma che temo porterebbero troppo fuori dal recinto tematico che cui penso si voglia approfondire

D'altra parte, e qua penso di considerare il punto 3, che la sensibilità non possa fondare il riconoscimento della razionalità di un discorso, non implica la sua assenza dal processo cognitivo. Indirettamente, i sentimenti legati alle nostre attribuzioni di valore alle cose del mondo ridestano in noi delle convinzioni riguardo stati di cose, che per svariati motivi, releghiamo ai livelli più inconsapevoli della psiche, o a cui ad ogni modo non prestiamo attenzione. Anche se giudizi di fatto, ai quali la razionalità mira a offrire argomenti di supporto, e giudizi di valore da cui scaturiscono i sentimenti, non sono tra loro deducibili, questi sentimenti, in quanto nascono da un raffronto tra l'idea di ciò che la realtà vorremmo sia e quella che di fatto si manifesta, dipendono comunque anche dalla conoscenza fattuale, e il loro formarsi in noi evoca delle informazioni sul piano cognitivo, che magari senza questo formarsi, non sarebbero giunte alla nostra attenzione. Uno studente prova un forte timore (sensibilità) alla vigilia di un esame, e ciò lo porta a focalizzare l'attenzione sulle oggettive difficoltà (la grande severità del professore, una preparazione particolarmente difettosa...), informazioni a tutti gli effetti fattuali, di cui egli magari è sempre stato in possesso, senza esserne pienamente conscio, senza che le abbia mai adeguatamente tematizzate. Il sentimento della paura non ha prodotto queste informazioni (che invece sono apprese dall'esperienza fattuale della situazione e dalla razionalità che vi si applica, essendo oggettive e non una costruzione della volontà), ma ha contribuito a "tirarle fuori" dal pozzo della conoscenza inconsapevole di essere posseduta, dagli strati più inconsci, per esplicitarle, portarle ad un livello di tematizzazione esplicita e del tutto conscia. Senza sensibilità, cioè, mancherebbe la molla all'Io per orientare l'attenzione su certi contenuti cognitivi, la sensibilità non legittima la validità del processo cognitivo, ma lo innesca nella sua attuazione effettiva

Per quanto riguardo la differenza sessuale, non sento di poter dir nulla, e del resto non la ritengo nemmeno una questione strettamente filosofica (per quanto estremamente interessante e rilevante generalmente parlando, senza dubbio!), in quanto non affrontabile in linea speculativa-deduttiva, ma sulla base di ricerche sperimentali (dunque non filosofiche) tese a misurare l'effettivo peso di un condizionamento culturale-sociale, contingente da un lato, e di uno innato-biologico dall'altro nel formarsi delle associazioni femminile-sensibilità vs maschile-razionalità, quanto tali associazioni riflettano la naturale realtà biologica e quanto invece vadano considerati stereotipi potenzialmente superabili. Ciò implicherebbe ricerche nel campo neuroscientifico o sociologico/antropologico che non rientrano nell'ambito specificatamente filosofico, su cui molti altri, anche in questo forum saprebbero parlare infinitamente meglio di me. Un'annotazione estremamente generica che mi sentirei di dire è come la stessa storia della filosofia abbia spesso fornito esempi di pensatrici, in cui, non so quanto indipendentemente dal loro sesso, al di là di ovvie eccezioni, si avverte una tendenza verso un'impostazione filosofica molto più vitalista ed esistenziale, una particolare attenzione al tema etico, una certa diffidenza verso grandi sistematizzazioni rigidamente teoretiche, del tutto fondabili per via logica, astratte dal coinvolgimento vitale-sentimentale, per intenderci sul modello di un razionalismo come può essere quello di un Cartesio o di un Hegel. Il che non vuol dire affatto che le donne-filosofo siano sprovviste di rigore logico, tutt'altro. Prendendo a esempi fenomenologhe come la Stein, la Walther, o la Conrad-Martius, si nota, specie nella Stein in molti lavori teoretici, un piglio analitico fortissimo, quasi "maschile" se si vuole, nella sua apparente impersonalità, eppure si nota, come le analisi restino sempre fondate su descrizioni legate ai vissuti intuitivi delle "cose stesse" che vengono tematizzate, cioè la razionalità, pur operando non lasciandosi condizionare dal sentimento nel senso di deviare dalla ricerca di risultati validi oggettivamente, prende le mosse da esso, dal  loro vissuto, per esaminarlo nella massima fedeltà in cui li si vive interiormente. E forse non a caso, la fenomenologia husserliana, col suo costante riferimento al Lebenswelt, al Mondo della Vita, sia stata una scuola ricca di presenze femminili

green demetr

Citazione di: Lou il 20 Settembre 2019, 18:50:03 PM"la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro."

- innanzitutto con "razionalità allo stato puro" cosa intendiamo.
- per "puro" di nuovo, molto interessante.
- il "riconoscere", l'abbiamo già conosciuta, perciò è ri-conoscibile? Il che porta a una ulteriore domanda: come conosciamo la razionalità allo stato puro, ammettendone, per ipotesi, l'esistenza? È conoscibile?
- si inserisce in questa affermazione una distinzione sul piano della sensibilità in forza del genere in chiavetta dicotomica maschile/femminile. Al che mi è balenata più di domanda che si muove in  diversi ordini di "ragione" dubbiosa su:
1. è la sensibilità la facoltà atta o meno, propensa o restia, atta al compito di "ri-conoscere" la "razionalità allo stato puro"?
2. La sensibilità è differente tra i generi? O meglio, incide il genere sulla sensibilità?
3. L'incidenza della sensibilità che ruolo gioca in ambito cognitivo?

È solo un abbozzo su cui lavorare.

Direi di partire dal punto 3 e per inferenza arrivare alla prima assiomatica proposta.
Mia opinione è "il sentimento femminile, è il discorso dell'Altro, ossia il suo rifiuto, e per questi tempi "buj "per ora, l'unico discorso che riesce a fare". (Che poi diventerebbe il problema dell'unico, ossia il famoso provocatorio motto di lacan "non c'è rapporto sessuale", ma questo lo lasciamo all'ambito psicanalitico).

Ma torniamo invece a questo 3d, accettiamone la provocazione, in quanto è uno dei temi centrali della filosofia, e per quel che mi riguarda il discorso centrale all'interno del discorso fondamentale della filosofia contemporana, ossia la comunità (essendo il "soggetto" l'altro discorso fondamentale, altri non ne metto! giusto per dare la dimensione della sua importanza.)

punto 3, nell'ambito cognitivo non ricopre alcuna parte.

Domanda perchè?

punto 2,  il genere non incide sulla sensibilità, ma la teoria del gender ampiamente sì, anzi ne è la prima benvenuta storica forma di "discorso alternativo". (per non perdere le fila, contro l'unico, il discorso patriarcale).

Domanda perchè? (ossia perchè la sensibilità NON è incide come genere?)

punto1,  che sarebbe la risposta ai successivi 2 corollari. Proprio perchè la sensibilità è esattamente una facoltà dell'intelletto, e la ragione è la sua ragione, ossia la ragione dell'intelletto, questo per gli hegeliano, per i kantiani sostituisci la parola ragione con intelletto e viceversa, ah questi filosofi!)

Detto questo l'intelletto ha altre facoltà, sensibilità (nel senso di sensorialità, di percezione) logica, etica (intesa come politica però) etc...etc...etc...


Spiegati i corollari rimangono da dedurre per inferenza cosa sia la sensibilità femminile.
Ovviamente la discussione è aperta, ciascuno, proprio secondo la sua facoltà, ne darà versioni differenti.

Mi attengo al confronto con Lou, in quanto estimatore delle teorie del gender femminile (la sinistra fucsia che tanto Fusaro odia). Le posizioni di Viator e Davintro mi paiono invece ancora dentro il discorso del capitalismo (la sensibilità sottomessa alla ragione), se vogliono posso aprire discussione con voi, ma solo se richiesta.

Direi di partire dal tuo ultimo degli assiomi, ossia che la sensibilità sia una distinzione del gender!
Ottimo, ottimo, ottimo, ottimo (mille punti stima), ovviamente facendo finta che tu capisca che il gender non è una questione di sessi, ma appunto di appartenenza, e l'appartenenza è sempre un discorso. Ma l'intuizione è lì vicina, molto vicina, mi basta!

Il secondo assioma invece richiama al problema se esiste una razionalità del sentimento, e ti chiedi se c'entra qualcosa quel "puro".
Di nuovo ottimo ottimo ottimo! La risposta (Che immagino ancora cerchi) è proprio quella che già ho detto più volte, ossia che la razionalità è un discorso, dunque il terzo assioma è semplicemente una deduzione specifica rispetto alla risposta inferenziale, e quindi sempre assiomatica (ricordiamocelo sempre), se esiste una razionalità. Ma l'aveva già detto Pascal no? il cuore ha le sue ragioni che la ragione non intende. Ossia in scacco è proprio il concetto di puro.
Non si tratta di una razionalità kantiana (che per pura intende sensibile, ma nel senso di sensoria, di nuovo l'ho già detto sopra, ma di una razionalità discorsiva.)
Ovviamente questa secondo assioma è proibitivo per il pensiero gender, in quanto o abbracciano la psicanalisi o rimarranno nelle prigioni della ragione cognitiva. Purtroppo oggi a parte le teorie cyber-punk del lesbismo (filosofico) gender, non vedo altri segni di vita dal panorama culturale. (Se qualcuno sà mi informi grazie!). Forse le teorie queer, ma non ho letto nulla.
Eppure come insegna il cyber-punk la ripresa proprio cognitiva, del proprio corpo, a partire dal proprio corpo, e tramite le forme cibernetiche che ne aumentano la percezione, è lì che attende di essere innalzata e glorificata come verità (politica discorsiva, e invece niente la gender theory continua a dare il fianco alle psico(pompe)scienze, figlie degeneri del patriarcato più triste e ramingo. (con annessa shizofrenia sociale).  Scusate mi sono dilungato, vale quanto detto all'inizio, fermiamoci al punto che la ragione del sentimento esiste, eccome se esiste, e che è una forma del dialogo, e come tale della ragione!

Torniamo inferenzialmente ancora più indietro con il primo assioma di cui la deduzione è il secondo assioma.

Con puro intendiamo la prefigurazione delle categorie kantiane, ossia dei contenuti astratti della mente, ossia delle algebre, ossia geometricamente degli assiomi, che poi algebricamente portano alla verifica cartesiana del punto, ossia della verifica delle cordinate delle x e delle y.
kantianamente parlando dello spazio e del tempo.
Per puro si intende ciò che è evidentemente posto all'interno dello spazio-tempo come luogo.

Il puro è il luogo, il dove è, il PNDC, principio di non contradizione, è lì, è quella cosa lì.

Ovviamente il discorso che lo informa è stato completamente smantellato dalla fisica quantistica, e l'uomo ha trovato il nuovo puro nelle forme dell'algebra astratta delle forme olistiche contro quelle riduzionistiche.

Ma è solo un discorso non IL discorso!!!! e la fisica quantistica e l'olismo dovrebbero averlo fatto capire.....e invece NO.

E va beh! lo dico io che siamo in tempi buJ!

ciao Lou, magari ti inizio a rivalutare come per Ipazia! e i forum sono nati per quello! per potersi capire piano, piano, serve pazienza!

Come serve pazienza ai discorsi che devono (o non devono) emergere.

ciao! (molto interessante!)

ps
(e chissà che ne dirà la materialista Ipazia! aiei!)  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

#5
Salve Green Demetr. Circa l'appropriatissimo ed elegante motto pascaliano : Ma l'aveva già detto Pascal no? "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non intende." purtroppo io interpreto le "ragioni" come "moventi" od "esigenze", non certo come capacità psichico-sentimentale di giungere a delle conclusioni logico-razionali.

Infatti dal punto di vista della sensibilità femminile tipica il "cuore" sente e valorizza essenzialmente le esigenze di tutelare i propri contenuti preesistenti (tendenza al conservatorismo dei valori e della vita), mentre dal punto di vista maschile la "mente" tende a proiettarsi verso scenari più "possibilistici" ed "avventurosi" applicando il raziocinio alla ricerca di nuove possibili realtà sia interiori che esteriori.

(Un inciso letterario : tu la vedi una donna come autrice di libri di fantascienza ? - naturalmente il caso non è vietato ma, a me pare proprio, del tutto improbabile).

Se poi questa tu la chiami "visione capitalistica" dei ruoli sessuali, mi limito a ricordarti che secondo me il capitalismo rappresenta la realtà attuale quasi universale, mentre l'egualitarismo (anche sessuale !) è adorato da alcuni ma resta una delicata utopia.

Personalmente non considero affatto la sensibilità (espressione dell'irrazionale) sottomettibile alla ragione. Si tratta di due diversi (talvolta complementari, talvolta antitetici) modi di esistere.
Anzitutto la sfera dell'irrazionale è immensamente più vasta di quella del razionale-razionabile, poi esiste una chiarissima ontologia che mostra essere la ragione la figlia tuttora balbettante dell'irrazionale.

Infine - sempre dal punto di vista gerarchico - sarebbe come cercar di stabilire se nella ricetta per il pane sia più importante la farina od il lievito. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

Sono d'accordo che parte di questo argomento concerne la filosofia (ciò che riguarda la cosidetta "razionalità pura") e io su questo non interverrò,  ma mi limiterò a esporre alcuni argomenti di scienze comportamentali. Forniti di fonti, vista la delicatezza dell'argomento che si presta facilmente a campanilismi di genere e ad essere deragliato. Nel frattempo mi complimento con tutti quelli che sono intervenuti prima di me e faccio una premessa fondamentale: uomini e donne sono MOLTO più simili di quanto sono diversi, ma questo non significa che vadano ignorate le differenze.

La psicometria attualmente si muove nel considerare cinque fattori caratteriali principali, cosidetto sistema OCEAN corredati da variabili e varianti e sottocategorie (ma non la "sensibilità razionale"). (https://en.wikipedia.org/wiki/Big_Five_personality_traits) - https://it.wikipedia.org/wiki/Big_Five_(psicologia)

Esistono numerosi studi che dimostrano che al di là della cultura di appartenza e regione di residenza, le donne hanno solitamente un più alto livello di compassionevolezza, neuroticismo e apertura alle esperienze emotive. Gli uomini invece sono costantemente più estroversi, assertivi e aperti alle idee. https://psycnet.apa.org/doiLanding?doi=10.1037%2F0022-3514.81.2.322

Questa differenza ha a che fare con gli interessi che gli individui dimostrano e i percorsi di vita che scelgono (per esempio che scuola , o il lavoro che li soddisfa) che in definitiva finisce per costruire il loro carattere oltre a ciò che già la biologia gli aveva fornito. Anche se non sembra esserci uno iato tra il binomio dati-spazio, le donne risultano molto più interessate alle persone rispetto alle cose.
http://emilkirkegaard.dk/en/wp-content/uploads/Men-and-things-women-and-people-A-meta-analysis-of-sex-differences-in-interests.pdf

L'idea che le donne non partecipassero alle mansioni tradizionalmente maschili e ad alto tasso razionale per via del "patriarcato" è semplicemente una frottola della  terza generazione di femministe (che hanno ben diverse motivazioni dalle "colleghe" che le hanno precedute). Come dimostrato dal cosidetto "paradosso scandinavo" le nazioni più egalitarie ,dove le donne hanno più facile accesso alle mansioni e agli studi tradizionalmente associati alla razionalità "dura" (più che pura), sono le nazioni dove le donne scelgono di NON occuparsi di materie strettamente legate alla logica delle cose, quanto alla logiche sociali ed emotive. Ovvero rimosse le costrizione culturali le donne evitano le cosidette STEM (e i lavori ad alta mortalità). Emirati Arabi, Tunisia, Algeria, hanno il più alto tasso di donne che si laureano nei settori "STEM" al mondo mentre in Svezia e Finlandia le donne scelgono prevalentemente materie sociali, mediche e di relazione, nonostante siano altamente incentivate a partecipare alle materie STEM per via delle politiche di gender equality e i paesi scandinavi detengano il record di qualità della vita per le donne.
https://cdn.theatlantic.com/assets/media/img/posts/2018/02/Screen_Shot_2018_02_16_at_12.33.16_PM/d099fa13a.png

Questo dimostra che diminuendo l'imprinting socio-culturale, le differenze biologiche risaltano aumentando la disparità tra i sessi per quanto riguarda le preferenze ed i valori individuali, ovvero l'esatto contrario di ciò che la teoria del patriarcato prediceva. Dove le donne sono più libere, esse dimostrano una maggiore diversità preferenziale rispetto agli uomini.
https://science.sciencemag.org/content/sci/362/6412/eaas9899/F1.large.jpg?width=800&height=600&carousel=1

Che nel mondo di oggi essere individui "altamente razionali" per alcuni (non per tutti) significhi automaticamente "essere più intelligenti" dipende da cosa decidiamo sia l'intelligenza. La capacità di razionalizzare in ogni caso è migliorabile grazie allo studio, è per questo che non si vede la differenza, le donne studiano più degli uomini (caratteristica in linea con quanto già conosciuto in psicometria). Generalizzare cosa un individuo donna è portata o  meno a fare, facendo riferimento al gruppo di appartenenza, significa non capire come funziona la statistica. In ogni casi i dati raccolti da questi studi sono nella maggior parte dei casi volontari, cioè donne e uomini che esplicano le proprie preferenze nella vita. Diverso è chi, insenguendo l'idea leggendaria di un "eterno femminino" vuole insegnare alle donne a essere donne, che questo significhi "stare in cucina" o "essere uguali agli uomini" poco cambia, sempre è un giudizio impartito dall'alto anzichè una constatazione individuale frutto del proprio percorso di vita..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2019, 08:33:13 AM
(e chissà che ne dirà la materialista Ipazia! aiei!)  ;)

La materialista Ipazia dice che diecimila anni di patriarcato con ruoli coatti non si cancellano in poche generazioni. La parte femminile ha avuto accesso alle fabbriche della razionalità, per giunta non ovunque nel pianeta, da poche generazioni e devo dire che ha bruciato le tappe anche in ambito "razionalistico puro" come la ricerca e le professioni scientifiche. Penso che tra poche altre generazioni ogni differenza di questo tipo sarà azzerata insieme agli stereotipi di ruolo cui la narrativa gender si attacca.

Ovviamente tutto ciò se non vi sarà una regressione etologica, sempre possibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Certamente tutto cambia e tutto in sè risulterà possibile. E' solo questione di scale temporali. L'equivalenza o la pari dignità sono una cosa,  Le attitudini generatesi per via di meccanismi biologici sono ben altra.

Quando la femmina non sarà più la potenziale portatrice del frutto del concepimento (prospettiva tutt'altro che assurda)..........ne vedremo (ne vedranno) delle belle. Basteranno POCHE CENTINAIA di generazioni, penso.

Ce li immaginiamo, i nostri discendenti, intenti a favoleggiare dei tempi in cui due persone si mettevano a fare cose stranissime e magari complicate ottenendo la conseguenza che ad una di esse si gonfiasse l'addome con un seguito di inauditi disagi e rischi al solo scopo di riprodursi ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Le cose che "la sensibilità femminile é restia a riconoscere" sono molto più legate al patriarcato che alla biologia riproduttiva. Sono molto più culturali che biologiche. La dimostrazione è laddove le donne hanno avuto pari possibilità di accesso a professioni intellettuali da sempre loro negate. 

Essendo il processo di allineamento ancora in progress, anche gli studi psi e antropo non possono stabilire con certezza quanto ci sia di biologico e quanto di derivazione patriarcale nelle differenze attitudinali. Io scommetto sempre sulla cultura. Anche maschile: nell'apprendimento e pratica di cura della prole e degli altri suoi simili.  Fosse mai che anche il maschio sapiens sviluppi la "sensibilità" come la femmina la "razionalità".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Detto en passant. L'epigenetica dimostra come sia artificiale la distinzione fra natura e cultura.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 21 Settembre 2019, 23:30:11 PM
Detto en passant. L'epigenetica dimostra come sia artificiale la distinzione fra natura e cultura.

Argomento ampio e opinabile che andrebbe approfondito la cui ricaduta non può essere che il patriarcato é naturale. Eventualmente naturale come la morte, sociale nello specifico,  per una metà degli umani.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Lou il 20 Settembre 2019, 18:50:03 PM
"la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro."

Trovo sia una tesi intrigante per i molteplici spunti che offre e fertile di discussione (oltre che intersecare, credo, ambiti filosofici, scientifici, culturali e sociali) che sinteticamente elenco per sommi capi:

- innanzitutto con "razionalità allo stato puro" cosa intendiamo.
- per "puro" di nuovo, molto interessante.
- il "riconoscere", l'abbiamo già conosciuta, perciò è ri-conoscibile? Il che porta a una ulteriore domanda: come conosciamo la razionalità allo stato puro, ammettendone, per ipotesi, l'esistenza? È conoscibile?
- si inserisce in questa affermazione una distinzione sul piano della sensibilità in forza del genere in chiavetta dicotomica maschile/femminile. Al che mi è balenata più di domanda che si muove in  diversi ordini di "ragione" dubbiosa su:
1. è la sensibilità la facoltà atta o meno, propensa o restia, atta al compito di "ri-conoscere" la "razionalità allo stato puro"?
2. La sensibilità è differente tra i generi? O meglio, incide il genere sulla sensibilità?
3. L'incidenza della sensibilità che ruolo gioca in ambito cognitivo?

Ritengo che con "razionalità allo stato puro" si intenda il pensiero logico. E che "riconoscere" significhi dare valore.
Mentre "sensibilità femminile" sono convinto non indichi una esclusività di genere, ma piuttosto una caratteristica che nella donna si manifesta più frequentemente. Intendendo appunto con "sensibilità femminile" lo stesso essere restii a concedere alla logica una qual superiorità nell'ambito della ragione.

Questa sensibilità è presente sia nell'uomo sia nella donna, seppur in quest'ultima pare essere più intensa e diffusa.
Questo è uno dei motivi che mi fanno ritenere che il futuro dovrà essere necessariamente a guida femminile.

Sono infatti convinto che la sensibilità femminile permetta di percepire i limiti del puro pensiero razionale (logico). Oltre al quale, non essendo possibile formulare un pensiero determinato, occorre seguire le ragioni del cuore.

La ragione infatti comprende in sè la pura razionalità, ma non si esaurisce in essa.
La ragione, attraverso la sensibilità femminile, ne vede chiaramente i limiti e guarda più in là.



Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Concordo in generale col ragionamento di bobmax, ma personalmente mi sono avventurata oltre il modello delle proprietà innate maschili e femminili, dopo aver cercato a lungo il femminile e il maschile dentro di me. L'ho fatto in maniera del tutto empirica cercando di non farmi (troppo) influenzare dalle assiomatiche date, ma valorizzando molto ("riconoscere" dice correttamente bobmax) l'esperienza privata e professionale che mi ha fatto incontrare donne razionali e uomini sensibili, ma ancora più persone sensibili e razionali, di grande apertura mentale, e persone insensibili e irrazionali chiuse nel loro ego angusto, narcisista e autoreferenziale.

Da tale esperienza ho cominciato a ragionare in termini di persone e di attitudini umane, la cui distorsione ed enfatizzazione sessista mi disturba assai, anche quando proviene dal femminismo radicale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Giusto per sensibilità mia personale, per una volta mi permetto di dissentire senza inutile spargimento di parole (purtroppo oggi le urgenze sono ai confini, e non al nocciolo del problema).(mi perdoneranno i mod allora)
Non concordo con tutti gli interventi degli uomini, che ancora una volta mi ripresentano il fantasma patriarcale con la sua proverbiale ancella la scienza. 
Concordo con Ipazia sulla parte polticia della questione, ma anche con lei disdegno sprezzante, il suo definire il tentativo di teorizzazione del gender come estremismo.
Naturalmente quello che è estremo è il suo radicale dissenso con il fantasma paterno e il tentativo immane di metterlo in parole.
Come diceva Lacan per un "discorso che non fosse del sembiante"!

Mi scuso ancora. Ai prossimi 3d! ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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