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sull' etica

Aperto da sgiombo, 06 Ottobre 2017, 10:56:13 AM

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doxa

Mozione d'ordine. :) 

Mi sembra che state usando in modo indifferenziato i termini etica e morale.

Per quanto ne so nel concetto di etica c'è un contenuto filosofico, perché studia e valuta la morale, le norme condivise in una società,  esamina i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di dare uno status deontologico ai comportamenti degli individui. L'etica suggerisce anche come discernere il bene e le modalità per attuarlo, quali i criteri per giudicare sulla moralità delle azioni umane.

Invece la morale riguarda l'agire, il comportamento umano, considerati in rapporto all'idea che si ha del bene e del male: per esempio  giudizio morale.


Sbaglio io ?

Apeiron

Citazione di: altamarea il 09 Ottobre 2017, 12:13:56 PMMozione d'ordine. :) Mi sembra che state usando in modo indifferenziato i termini etica e morale. Per quanto ne so nel concetto di etica c'è un contenuto filosofico, perché studia e valuta la morale, le norme condivise in una società, esamina i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di dare uno status deontologico ai comportamenti degli individui. L'etica suggerisce anche come discernere il bene e le modalità per attuarlo, quali i criteri per giudicare sulla moralità delle azioni umane. Invece la morale riguarda l'agire, il comportamento umano, considerati in rapporto all'idea che si ha del bene e del male: per esempio giudizio morale. Sbaglio io ?

A mio giudizio la morale coincide con le leggi. La morale per questo motivo la ritengo più un fatto convenzionale, magari che mira ad un fine.

L'etica invece si occupa di trovare l'"eccellenza" della persona (per esempio "ethos antropoi daimon" di Eraclito).

Concordo però con te che le due sono confuse e io stesso non ho idea se sto usando in modo corretto le parole  ;D ovviamente ritengo più importante l'etica perchè la morale è qualcosa di "esterno" mentre l'etica riguarda qualcosa di "vissuto". Però è anche vero che si parla di "coscienza morale..." come si parla dell'ethos, quindi non so se dico bene.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: paul11 il 08 Ottobre 2017, 17:56:49 PM
Sgiombo,
invece il dominio fisco potrebbe essere determinato, ma non per la parte in cui entra in collisione con sistema uomo che infatti vuol dominare la natura trasformandola. Ma proprio perché un essere che ragiona e pensa, tipica peculiarità umana ,pensa, ragiona e DECIDE ,quindi fisicamente l'uomo entra in collisione con il modello deterministico .Non voglio qui ,almeno per ora entrare nel concetto quantistico dell'Osservatore che "spezza"
la formalità di una oggettività fisica.
CitazioneCredo che se si dà determinismo (cosa a mio parere indimostrabile), allora non é possibile (sarebbe autocontraddittorio il pretenderlo!) "entrare in collisione" (cioé negare o superare, se ho ben capito) il determinismo stesso.
Per definizione, perché se lo si facesse non vi sarebbe determinismo, e così si negherebbe la premessa.

Dunque se si dà determinismo allora l' uomo inevitabilmente decide deterministicamente (a seconda di come é deterministicamente portato ad agire).



Tu sostieni il modello deterministico e in quanto tale privo di arbitrio.
E dove lo metti l'arbitraggio come concetto giuridico? L'arbitro è colui che dirima un contenzioso sopra le parti contendenti.
E dove inserisci la storia, per te è deterministica , e la cultura e l'economia di scambio, e il principio utilitaristico, e la dottrina politica? Faccio a meno di inserirvi religioni e spiritualità, non ce n'è bisogno tale è tanta la contraddizione.
CitazioneL' arbitro può benissimo prendere le sue decisioni non liberoarbitrariamente (= indeterministicamente ovvero casualmente) ma invece deterministicamente (può essere libero da costrizioni estrinseche che impediscano il manifestarsi, l' attuarsi del suo determinismo intrinseco).

Lo stesso dicasi per le scelte storiche dell' umanità, le scelte economiche, politiche, religiose, spirituali, ecc.
Non ci vedo proprio alcuna contraddizione.



Non confondiamo il piano teoretico da quello pratico.
Al mio pensiero teoretico è stretta la galera come l'intero universo.
Al mio agire pratica possono esserci delle premesse condizionanti tali che il mio pensiero deve entrare nella logica di un compromesso con l'agire, ma questo non preclude la libertà di pensiero, semmai agita la mia coscienza in
termini di consapevolezza di ciò che posso o non posso fare e posso muovermi per agire nel togliere le condizioni che precludono la mia libertà di azione , ma non certo muta il mio pensiero che rimane intatto sul piano teoretico dell'incommensurabilità.
CitazioneMa tutto ciò, in caso di determinismo, può benissimo accadere deterministicamente: deterministicamente si pensa quello che si pensa (compreso eventualemnte anche il pensiero -falso, nell' ipotesi che stiamo considerando- di essere liberi di pensare e di agire indeterministicamente), deterministicamente si agisce per togliere le condizioni che impediscono, esercitando una coercizione estrinseca, l' agire libero da coercizioni estrinseche, ecc.



sgiombo

Citazione di: Apeiron il 08 Ottobre 2017, 16:47:42 PM
L'etica, o più precisamente la "responsabilità", ha senso come concetto solo se si ammette che l'uomo abbia la facoltà di scegliere in maniera almeno parzialmente autonoma. Questa "autonomia" ovviamente non è totale altrimenti saremmo per così dire "divini" ma deve esserci perchè altrimenti parlare dell'etica dell'uomo sarebbe più o meno la stessa cosa che parlare dell'etica dell'animale. Questa autonomia inoltre si fonda anche sulla conoscenza del bene e del male (ossia di avere una concezione di bene e di male) e quindi in ultima analisi si fonda sul pensiero concettuale, ossia sul logos umano. Il "libero arbitrio" tuttavia è condizionato anche dal contesto sociale in cui uno si trova, nel senso che certe scelte sono possibili solo entro determinati contesti. Lo stesso vale per il contesto economico, il contesto della salute fisica e mentale ecc (un etica "universale" per questo motivo deve tener conto anche di queste particolarità se non vuole essere banale...).

Siccome però scientificamente non si può trovare un indizio a favore del libero arbitrio anche solo parziale (e anche con la sola filosofia) allora ritengo doveroso postularlo, in modo analogo per certi versi a quanto fece Kant.

 
Ma davvero è possibile fare una teoria della natura scientifica o metafisica e da principi generali riuscire a ricavare la presenza di una qualche forma di libero abitrio? A mio giudizio l'unica possibilità è ricorrere ad un postulato.
CitazionePonevo il problema in termini un po' diversi.

Sulla presenza o meno e sulla possibilità del libero arbitrio nella realtà penso che non sia dimostrabile né che ci sia né che non ci sia.
 
Però credo che l' uomo é anche corpo umano materiale pienamente inserito nella natura fisica, e che se agisce nel mondo naturale-materiale é (per lo meno) attraverso il corpo che può farlo.

E credo anche che, perché possa darsene conoscenza scientifica, il mondo naturale-materiale deve divenire ordinatamente secondo modalità o leggi astratte (che il pensiero può astrarre dai fatti particolari concreti) universali e costanti, e dunque deterministicamente; per lo meno secondo una forma "debole" o probabilistica-statistica di determinismo, comunque incompatibile col libero arbitrio come comunemente inteso, cioè come indeterminatezza intrinseca delle scelte (in caso di determinismo debole o probabilistico-statistico potranno essere indeterminate le singole scelte, ma le proporzioni fra le diverse opzioni possibili saranno comunque determinate e non arbitrariamente stabilite secondo una libertà intrinseca da parte di chi le compie).
 
Dunque non so se esiste il determinismo o il libero arbitrio, ma so che se esiste il determinismo, allora é possibile la conoscenza scientifica, se esiste il libero arbitrio no.
 
Inoltre credo che il determinismo (l' assenza di libero arbitrio) sia necessaria anche perché possa darsi sensatamente valutabilità etica dell' agire (almeno, in particolare, dell' agire umano) perché, come ho già argomentato in questa discussione, un agire indeterminato (liberoarbitrario) sarebbe governato dal caso (sarebbe sinonimo di "agire a casaccio"), mentre solo un agire intrinsecamente determinato (dalle proprie qualità etiche, più meno buone o malvagie) potrebbe essere considerato sensatamente, per l' appunto, più o meno eticamente buono o malvagio.

Resta peraltro il fatto che, non essendo noi divinità autocreate, anche in caso di determinismo sarebbe comunque in ultima analisi una questione di pura fortuna o sfortuna se si nascesse virtuosi (o tali scegliere di da diventare virtuosi) oppure malvagi (o tali da scegliere di diventare malvagi).

Ma non per questo chi é "virtuoso" ha alcun motivo di vivere in modo meno convintamente buono (né chi é malvagio di vivere in modo meno convintamente malvagio).

Phil

Citazione di: Apeiron il 08 Ottobre 2017, 16:47:42 PM
Siccome però scientificamente non si può trovare un indizio a favore del libero arbitrio anche solo parziale (e anche con la sola filosofia) allora ritengo doveroso postularlo, in modo analogo per certi versi a quanto fece Kant.
Se posso porgerti (indebitamente) una domanda da "lettino dello psicologo" ;D , come mai ritieni doveroso postularlo? Il primo dovere morale è forse proprio quello di credere nel libero arbitrio, così da poter fondare un'etica (così come il primo comandamento di una religione è spesso di credere in quell'unico dio, in modo che il resto del culto sia ben "giustificato")?
Che la morale sia il collante (e la bussola) di una società, è fuor di dubbio, ma il passo successivo, quello che con la "valorializzazione" della morale inaugura la dimensione etica, non mi pare inevitabilmente necessario: ai tempi di Kant probabilmente non era possibile, ma oggi si potrebbe anche passare dalla "colpa" (morale-metafisica) alla "disfunzionalità" (pragmatica-sociale), ovvero slittare dal "verrai punito perché giudicato colpevole di aver fatto qualcosa di sbagliato" al "sarai detenuto perché hai mostrato un comportamento disfunzionale e pericoloso" (senza voler aprire qui il dibattito sugli esiti della detenzione o suoi meccanismi di omologazione sociale o altre corpose tematiche, pur pertinenti e interessanti...).
Non si tratterebbe, secondo me, solo di una mera questione di definizioni linguistiche ("colpa" vs "disfunzionalità") che riassorbono l'etica (di matrice divina) nel diritto (di stampo umano), ma sarebbe un cambio di paradigma culturale, sia dal punto di vista collettivo e sociologico, che individuale e psicologico-esistenziale; ad esempio, il "senso di colpa" non credo venga vissuto (e abbia ripercussioni) in modo simile alla consapevolezza della propria disfunzionalità contestuale (è, metaforicamente, la differenza fra il sentirsi "disabili condannati dal destino infausto" e "diversamente abili con limitazioni fisiche"...).

paul11

Sgiombo,
a mio parere lo schema determinismo (causa-effetto) "o " indeterminsmo(casuale) non regge, è troppo semplicistico e contraddittorio.
Noi ragioniamo, pensiamo. Tutti gli esseri senzienti hanno strategie di sopravvivenza per difendersi e aggredire.
L'uomo in più ha capacità creative .
Insomma se un asteroide, ad esempio, segue la legge del moto  relazionata a fattori gravitazionali, ecc, per cui la sua orbita presenta una regolarità e il nostro intelletto ne definisce una legge che "cattura" il suo determinismo, è altrettanto vero che lo schema umano non è solo deterministico e quando interagisce con quell'asteroide sparandogli una bomba atomica, spezza il precedente moto, il primo schema per immetterlo in un altro .E' questo spezzare, questo cambiare il destino, la regola non deterministica, ma espressa da una volontà che discerne il libro arbitrio.Lo definirei imponderabile, più che indeterministico, perché una volontà può agire spezzando uno schema spazio/temporale, che pur mantenendo un suo determinismo del prima del dopo, l'adesso lo ha mutato, lo ha spezzato e può essere eseguito secondo regole razionali o irrazionali per la nostra mente.

Purtroppo, la complessità a mio parere non segue un solo schema, convivono apparenti antitesi, antinomie, aporie, questo aumenta il grado di difficoltà per capire i relativi domini.
Ad esempio il giudizio di un tribunale segue sia schema logico razionali: prove scientifiche, prove psicologiche motivazionali e comportamentali, cognitive, un dibattimento fra la parte lesa e la difesa e infine il giudizio che ne interpreta a sua volta e decide il destino di una persona, magari sbagliando ma lo cambia comunque.
Non so se nei semplici esempi ho reso l'idea che convivono, si scontrano regole che riconfigurano destini, moti fisici.
Il libero arbitrio non è quindi casuale, ma un ragionamento che può essere più o meno razionale, più o meno rientrare in una etica di virtù  secondo un certo dettame religioso, politico, culturale fra il giusto o l'ingiusto, o in una morale di comportamenti sociali che sono tollerabili o intollerabili, o in una coscienza morale individuale che può essere del tutto avulsa dagli schemi sociali del buono o cattivo e del giusto o ingiusto.
In fondo il conformismo o l'anti conformismo sono forme culturali e spesso anche  morali che implicano anche comportamenti caratterizzanti, per cui l'anticonformista è avulso spesso dalle regole morali sociali

L'etica deriva da ragionamenti razionali e il suo confine interagisce con la morale individuale e sociale, in quanto si condizionano fra loro. Se all'etica si può annettere la virtù, le argomentazioni deontologiche, la morale individuale può confliggere con l'etica quando quest'ultima permea una cultura. Se l'etica è deduttiva e più teoretica, la morale è più induttiva e prassi. Difficilmente  un'etica muta,  mentre una morale è più adattiva ai tempi, tanto da individualizzarsi e spezzare il rapporto fra coscienza individuale e sociale

sgiombo

#21
Citazione di: paul11 il 09 Ottobre 2017, 23:33:49 PM
Sgiombo,
a mio parere lo schema determinismo (causa-effetto) "o " indeterminsmo(casuale) non regge, è troppo semplicistico e contraddittorio.
Noi ragioniamo, pensiamo. Tutti gli esseri senzienti hanno strategie di sopravvivenza per difendersi e aggredire.
L'uomo in più ha capacità creative .
Insomma se un asteroide, ad esempio, segue la legge del moto  relazionata a fattori gravitazionali, ecc, per cui la sua orbita presenta una regolarità e il nostro intelletto ne definisce una legge che "cattura" il suo determinismo, è altrettanto vero che lo schema umano non è solo deterministico e quando interagisce con quell'asteroide sparandogli una bomba atomica, spezza il precedente moto, il primo schema per immetterlo in un altro .E' questo spezzare, questo cambiare il destino, la regola non deterministica, ma espressa da una volontà che discerne il libro arbitrio.Lo definirei imponderabile, più che indeterministico, perché una volontà può agire spezzando uno schema spazio/temporale, che pur mantenendo un suo determinismo del prima del dopo, l'adesso lo ha mutato, lo ha spezzato e può essere eseguito secondo regole razionali o irrazionali per la nostra mente.

Purtroppo, la complessità a mio parere non segue un solo schema, convivono apparenti antitesi, antinomie, aporie, questo aumenta il grado di difficoltà per capire i relativi domini.
Ad esempio il giudizio di un tribunale segue sia schema logico razionali: prove scientifiche, prove psicologiche motivazionali e comportamentali, cognitive, un dibattimento fra la parte lesa e la difesa e infine il giudizio che ne interpreta a sua volta e decide il destino di una persona, magari sbagliando ma lo cambia comunque.
Non so se nei semplici esempi ho reso l'idea che convivono, si scontrano regole che riconfigurano destini, moti fisici.
Il libero arbitrio non è quindi casuale, ma un ragionamento che può essere più o meno razionale, più o meno rientrare in una etica di virtù  secondo un certo dettame religioso, politico, culturale fra il giusto o l'ingiusto, o in una morale di comportamenti sociali che sono tollerabili o intollerabili, o in una coscienza morale individuale che può essere del tutto avulsa dagli schemi sociali del buono o cattivo e del giusto o ingiusto.
In fondo il conformismo o l'anti conformismo sono forme culturali e spesso anche  morali che implicano anche comportamenti caratterizzanti, per cui l'anticonformista è avulso spesso dalle regole morali sociali

L'etica deriva da ragionamenti razionali e il suo confine interagisce con la morale individuale e sociale, in quanto si condizionano fra loro. Se all'etica si può annettere la virtù, le argomentazioni deontologiche, la morale individuale può confliggere con l'etica quando quest'ultima permea una cultura. Se l'etica è deduttiva e più teoretica, la morale è più induttiva e prassi. Difficilmente  un'etica muta,  mentre una morale è più adattiva ai tempi, tanto da individualizzarsi e spezzare il rapporto fra coscienza individuale e sociale
CitazioneIl comportamento animale e soprattutto umano è "solamente" (moltissimo!) più complesso che quello minerale.

Le scelte umane sono imponderabili di fatto, in pratica; Ma ponderabili (in quanto deterministiche) "di diritto", in linea di principio o puramente teorica: se (per assurdo, ma solo in pratica) si conoscessero "per filo e per segno" tutte le condizioni fisiche di tutte le molecole del cervello di una  persona e tutte le condizioni fisiche del resto del mondo (per lo meno di quella parte del mondo che con quella persona interagisce), allora il suo comportamento sarebbe prevedibile esattamente quanto la traiettoria di un asteroide, né più, né meno.

Infatti nel mondo fisico – naturale (di cui fanno parte a pieno titolo, con tutti "i diritti e i doveri", o le opportunità e i condizionamenti che ciò comporta, corpi e cervelli umani) uno schema spazio/temporale, che mantenga un suo determinismo del prima e del dopo, adesso qualcosa lo può mutare, spezzare e fare eseguire diversamente da come si sarebbe svolto in assenza del "qualcosa" stesso soltanto interferendo causalmente, ovvero deterministicamente col processo in corso.

La complessità con le sue apparenti (evidenziazione in grassetto mia) antitesi, antinomie, aporie, aumenta il grado di difficoltà per conoscere (calcolare) di fatto i relativi domini (fino a renderlo in pratica -ma non in teoria!- impossibile quasi sempre nel caso del comportamento umano); ma non ne nega minimamente il carattere deterministico.



Ti faccio una domanda.
Devi prendere un a decisione che può essere buona o cattiva.
Per esempio puoi impossessarti di un portafoglio che é caduto dalla tasca di un pover uomo e contiene tutti i suoi risparmi e metterli sul tuo conto corrente bancario o consumarli, oppure puoi consegnarglieli.
Io penso che ovviamente tu glieli consegnerai.

Perché?
Deterministicamente o indeterministicamente (=liberoarbitrariamente)?

Se glieli consegnerai deterministicamente lo farai per il fatto (essendo il tuo comportamento determinato intrinsecamente dal fatto) che sei una persona buona, onesta e generosa; corollario: glielo consegneresti almeno 999 volte su 1000 (nessuno é perfetto) se ti ricapitasse altre 1000 volte l' occasione.

Se invece la tua decisione é stata (non libera da costrizioni ovvero determinazioni estrinseche, ma invece) libera da determinazioni estrinseche (la tua -in questo caso inesistente- natura onesta e generosa), ovvero liberoarbitraria, allora -direi: per definizione-  non può che essere stata del tutto casuale, fortuita; corollario: se ti ricapitasse altre 1000 volte l' occasione, circa da 495 a 505 volte glielo riconsegneresti e le altre circa 505 – 495 volte te lo terresti).

Sono sicuro (e non vedo come anche tu non potresti convenire) che l' ipotesi vera é la prima.

E questo vale naturalmente anche in caso di obiezione di coscienza verso le leggi vigenti o l' etica corrente.

green demetr

"L'iniziare a pensare alla "mente" (intelletto, volontà, comportamento, istinti, inconscio, capacità varie, etc.) come una risultante condizionata, causata da altro da sé (genetica, società, vissuti ed esperienze, etc.) piuttosto che come una "scintilla divina", un motore immobile che muove una "volontà libera"(?), credo sia il primo passo per aprirsi al disincanto in cui le prospettive etiche risultano una necessità antropologica, non più un "gioco di ruolo" in vista del giudizio divino (se invece si immette in questo orizzonte una divinità, allora il determinismo e il causalismo vanno in cortocircuito con il ruolo stesso della divinità; si prospettano allora differenti soluzioni, più o meno escludenti o diplomatiche...)."

Assolutamente sì!

Non so se come dice Sariputra questo possa dirsi determinismo.

Ma che senso ha negare che noi non siamo il frutto di un contesto (ambientale e sociale)?

Questo non significa che non possiamo intenderlo, tramite catene inferenziali, noi anzitutto determiniamo la nostra coscienza.
La nostra coscienza è abitata dal Pensiero, che ci rende liberi di resistere alle condizioni esterne.

Ma queste resistenza è sicuramente frutto di ulteriori catene inferenziali.

A mio parere Phil cerca un modo di stare in equilibrio tra le 2 catene, quelle del pensiero o mentali, e quelle della prassi.

Essendo però evidentemente portato più per le prime (da cui la mia etichettazione di formalista) che per le seconde.

Poraccio gli ho dato pure del materilista gretto (mi sa che quello era per Sgiombo, ti sarai confuso Sari!)

Pur avendo ammesso che le seconde incidono in maniera rilevante sulle prime, e perciò mettendo in discussione la parola Libertà.

Secondo me l'etica è proprio quella, come avrebbe voluto un Kant, un ripensamento radicale dell'idea di libertà. (lasciando perdere per un attimo in cosa consista il suo tentativo, mi riferisco proprio alla sua domanda originale.)

Ossia che cos'è l'uomo, e Cosa vuole essere?  (dunque non si tratta di presupporre anzitutto una libertà Phil)

In questo senso il ripensamento antropologico va sia in direzione di Phil che dell'ambientalismo di Sgiombo (e mio).

Al di là delle forme politiche di riferimento.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

epicurus

Per rimanere propriamente in-topic dovrei forse limitarmi a dire che mi pare banale l'osservazione che non mi possa essere vitato qualcosa che mi è impossibile non fare. O, dualmente, se dobbiamo fare qualcosa, quella cosa ci deve essere possibile farla.

Ma vedendo che tutti sono interessati alla questione più generale del libero arbitrio, mi ci butto a capofitto anch'io.  ;D

A Sgiombo, ma non solo: mi pare che spesso si intendando le leggi di natura come le leggi giuridiche dell'uomo, cioè costrittive di comportamenti. L'unica differenza, secondo questa visione, è che le leggi giuridiche sono eludibili, mentre quelle di natura no.

Ma è davvero sensato dire che le leggi di natura ci costringono a comportarci in un modo o in un altro? Ovviamente le leggi naturali non sono degli agenti malevoli desiderosi di controllarci... Le leggi giuridiche sono leggi prescrittive, cioè hanno lo scopo di imporre (imprefettamente) un dato comportamento. Le leggi naturali, invece, sono descrittive, perché il loro scopo è di descrivere gli accadimenti del mondo. Parlare di vincoli, costrizioni e imposizioni riguardo le leggi naturali non può che essere frutto di un discorso metaforico.

Lascio la parola al fenomenale Smullyan:
Citazione di: Smullyan
Le tue azioni sono certamente in accordo con le leggi della natura, ma dire che esse sono determinare dalle leggi della natura crea un'immagine psicologica totalmente forviante; fa pensare cioè che la tua volontà possa essere in qualche modo in conflitto con le leggi della natura e che questa sia in qualche modo più potente di te e possa «determinare» le tue azioni, che la tua volontà entri mai in conflitto con la legge naturale. In realtà tu e la legge di natura siete la stessa identica casa. [...] Goethe ha espresso molto bene tutto ciò: «Nel tentare di opporci alla Natura noi, nell'atto di farlo, operiamo secondo le leggi della natura!» Non capisci che le cosiddette «leggi di natura» non sono altro che una descrizione di come appunto tu e gli altri esseri agite? Sono semplicemente una descrizione di come tu agisci, non una prescrizione di come dovresti agire, non un potere o una forza che costringe o determina le tue azioni.

E poi all'inimitabile Wittgenstein:
Citazione di: Wittgenstein
Si potrebbe dire che la decisione di una persona non è stata libera perché è stata determinata dalle leggi naturali? [...] Di primo acchito, per loro è estremamente curioso che le leggi naturali siano dopo tutto descrizioni generali di ciò che è accaduto, che ciò che sta per accadere dovrebbe costringere le cose ad accadere così come accadono. [...] Che diavolo significherebbe che la legge di natura costringe una cosa ad andare come va? La legge di natura è corretta, e questo è tutto. Perché mai si dovrebbe pensare alle leggi naturali come ad eventi costrittivi?

A questo punto si vede come una delle questioni più grandi del libero arbitrio sia, più che risolta, dissolta.

Poi, a dire la verità, non mi piace parlare di libero arbitrio. E' un termine propriamente filosofico che richiama, secondo me, un concetto metafisicizzato della libertà che se ben analizzato si dissolve interamente. Secondo me si può parlare tranquillamente di libertà nei termini di "essere libero da" ed "essere libero di", mentre il libero arbitrio, il voler volere svincolato da tutto e tutti è, ripeto, per me frutto di un uso scorretto del linguaggio.

Apeiron

@Sgiombo l'obiezione che mi sollevi è molto interessante. D'altronde credo che sia un problema millenario: ok conosciamo cosa significa essere "virtuoso" ma è evidente che molti "in questa vita" (ossia per gli anni che abbiamo a disposizione) non riusciranno mai ad essere virtuosi visto che in ogni caso non è ovviamente facile come "cammino". D'altro canto però è anche bene avere come obbiettivo "la virtù" altrimenti si rischia che l'"uomo tirannico" che è in noi - usando l'espressione di Platone - agisca in modo indisturbato. Qualche mese fa leggevo su internet se i buddhisti ritenevano che "il Risveglio" è questione o meno di fortuna (visto che in pochi in questa vita si liberano) ? La risposta se non ricordo male era che ciò era in parte vero ma veniamo salvati da tale "sfortuna" dal fatto che "la morte non è la fine". Analogamente anche Kant "postulò" una vita dopo la morte per questo motivo (o un motivo simile). D'altronde a meno che per dire non siamo già "predisposti" il divenire "perfetti" per noi è un'impresa se non impossibile, davvero difficile (e anche si va per certi versi a "fortuna". Per esempio se domani un asteroide cadesse vicino a dove abito, non credo che mi rimarrebbe quel poco di comportamento "virtuoso" che ho (o credo di avere  ;D ).). E se uno nasce in un contesto (anche dettato dalla propria interiorità) che lo fa tendere a ciò che "non è virtuoso"? Mah... altro mistero della vita  :(  sono considerazioni come questa che mi fanno pensare che "qualcosa" di "oltre" ci sia. Per esempio Schopenhauer era determinista ma aveva un chiaro (più o meno) concetto di "virtù"... ma come è possibile "sfuggire" a questa catena della causalità se ogni nostro comportamento è nella stessa catena? Postulando che si possa "uscire" dalla catena. Ma sinceramente credo che qui a meno di postulati addizionali non se ne esca - tra questi "postulati" ritengo che sia possibile metterci anche che qualcosa "in noi" sfugga dalla catena deterministica (o "probabilistica"). Finora nessun sistema filosofico mi pare essere riuscito a dare una risposta soddisfacente se non facendo assiomi o salti logici.

@Phil. In parte ti ho risposto rispondendo a @sgiombo. Ad ogni modo il motivo è più che altro motivazionale. Se davanti ad una scelta importante della vita sono già convinto che non ho libertà di scelta, come faccio a scegliere e dare importanza alla scelta? (scusami la ripetizione di parole...)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: epicurus il 10 Ottobre 2017, 15:37:00 PM
A Sgiombo, ma non solo: mi pare che spesso si intendando le leggi di natura come le leggi giuridiche dell'uomo, cioè costrittive di comportamenti. L'unica differenza, secondo questa visione, è che le leggi giuridiche sono eludibili, mentre quelle di natura no.

Ma è davvero sensato dire che le leggi di natura ci costringono a comportarci in un modo o in un altro? Ovviamente le leggi naturali non sono degli agenti malevoli desiderosi di controllarci... Le leggi giuridiche sono leggi prescrittive, cioè hanno lo scopo di imporre (imprefettamente) un dato comportamento. Le leggi naturali, invece, sono descrittive, perché il loro scopo è di descrivere gli accadimenti del mondo. Parlare di vincoli, costrizioni e imposizioni riguardo le leggi naturali non può che essere frutto di un discorso metaforico.

Lascio la parola al fenomenale Smullyan:
Citazione di: Smullyan
Le tue azioni sono certamente in accordo con le leggi della natura, ma dire che esse sono determinare dalle leggi della natura crea un'immagine psicologica totalmente forviante; fa pensare cioè che la tua volontà possa essere in qualche modo in conflitto con le leggi della natura e che questa sia in qualche modo più potente di te e possa «determinare» le tue azioni, che la tua volontà entri mai in conflitto con la legge naturale. In realtà tu e la legge di natura siete la stessa identica casa. [...] Goethe ha espresso molto bene tutto ciò: «Nel tentare di opporci alla Natura noi, nell'atto di farlo, operiamo secondo le leggi della natura!» Non capisci che le cosiddette «leggi di natura» non sono altro che una descrizione di come appunto tu e gli altri esseri agite? Sono semplicemente una descrizione di come tu agisci, non una prescrizione di come dovresti agire, non un potere o una forza che costringe o determina le tue azioni.
CitazioneCOMMENTO DI SGIOMBO:
Veramente non vedo in cosa contrasti con quanto da me sostenuto: il nostro agire é deterministico, rendersi conto del che non ci impone affatto un fatalismo inerte, non ci impedisce affatto di agire convintamente e magari con grande energia.

E poi all'inimitabile Wittgenstein:
Citazione di: Wittgenstein
Si potrebbe dire che la decisione di una persona non è stata libera perché è stata determinata dalle leggi naturali? [...] Di primo acchito, per loro è estremamente curioso che le leggi naturali siano dopo tutto descrizioni generali di ciò che è accaduto, che ciò che sta per accadere dovrebbe costringere le cose ad accadere così come accadono. [...] Che diavolo significherebbe che la legge di natura costringe una cosa ad andare come va? La legge di natura è corretta, e questo è tutto. Perché mai si dovrebbe pensare alle leggi naturali come ad eventi costrittivi?
CitazioneCOMMENTO DI SGIOMBO:

Le leggi di natura, se vere (cosa indimostrabile: Hume!) fanno sì che la natura divenga un un unico certo determinato modo e non in altri (pensabili, ipotizzabili); in un certo senso, per dirlo un po' antropomorficamente, "costringono" tutto ciò che naturale, noi compresi, a "fare quel che fa".

Comunque anche qui non vedo come possa considerarsi un' obiezione a quanto da me sostenuto: negando il libero arbitrio (= casualismo) affermo proprio il determinismo intrinseco a ciascuno di noi, che può benissimo conciliarsi con l' assenza di costrizioni estrinseche, e dunque non é affatto necessariamente una sorta di "costruzione da noi subita".

A questo punto si vede come una delle questioni più grandi del libero arbitrio sia, più che risolta, dissolta.

Poi, a dire la verità, non mi piace parlare di libero arbitrio. E' un termine propriamente filosofico che richiama, secondo me, un concetto metafisicizzato della libertà che se ben analizzato si dissolve interamente. Secondo me si può parlare tranquillamente di libertà nei termini di "essere libero da" ed "essere libero di", mentre il libero arbitrio, il voler volere svincolato da tutto e tutti è, ripeto, per me frutto di un uso scorretto del linguaggio.
CitazioneSGIOMBO:

Per me la libertà é assenza di costrizioni (o "necessitazioni") estrinseche.
Ma la questione del libero arbitrio (inteso come agire non determinato, non "necessitato") si risolve o negandolo (come faccio io; e come non riesco proprio a vedere in che senso non faccia tu, come pretendi), oppure affermandolo, come molti fanno (qualcuno anche in questa discussione).

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:50:02 PM
@Sgiombo l'obiezione che mi sollevi è molto interessante. D'altronde credo che sia un problema millenario: ok conosciamo cosa significa essere "virtuoso" ma è evidente che molti "in questa vita" (ossia per gli anni che abbiamo a disposizione) non riusciranno mai ad essere virtuosi visto che in ogni caso non è ovviamente facile come "cammino". D'altro canto però è anche bene avere come obbiettivo "la virtù" altrimenti si rischia che l'"uomo tirannico" che è in noi - usando l'espressione di Platone - agisca in modo indisturbato. Qualche mese fa leggevo su internet se i buddhisti ritenevano che "il Risveglio" è questione o meno di fortuna (visto che in pochi in questa vita si liberano) ? La risposta se non ricordo male era che ciò era in parte vero ma veniamo salvati da tale "sfortuna" dal fatto che "la morte non è la fine". Analogamente anche Kant "postulò" una vita dopo la morte per questo motivo (o un motivo simile). D'altronde a meno che per dire non siamo già "predisposti" il divenire "perfetti" per noi è un'impresa se non impossibile, davvero difficile (e anche si va per certi versi a "fortuna". Per esempio se domani un asteroide cadesse vicino a dove abito, non credo che mi rimarrebbe quel poco di comportamento "virtuoso" che ho (o credo di avere  ;D ).). E se uno nasce in un contesto (anche dettato dalla propria interiorità) che lo fa tendere a ciò che "non è virtuoso"? Mah... altro mistero della vita  :(  sono considerazioni come questa che mi fanno pensare che "qualcosa" di "oltre" ci sia. Per esempio Schopenhauer era determinista ma aveva un chiaro (più o meno) concetto di "virtù"... ma come è possibile "sfuggire" a questa catena della causalità se ogni nostro comportamento è nella stessa catena? Postulando che si possa "uscire" dalla catena. Ma sinceramente credo che qui a meno di postulati addizionali non se ne esca - tra questi "postulati" ritengo che sia possibile metterci anche che qualcosa "in noi" sfugga dalla catena deterministica (o "probabilistica"). Finora nessun sistema filosofico mi pare essere riuscito a dare una risposta soddisfacente se non facendo assiomi o salti logici.
Citazioneinvece per parte mia sono d' accordo con quanto qui riferisci di Schopenauer: 

si può benissimo essere (anzi: non si può che essere, se lo si é, e non essere se non lo si é; e non si può non comportarsi di cnseguenza) virtuosi senza sfuggire alla "catena deterministica (o "probabilistica)", e anzi, proprio in forza di questa "catena": deterministicamente virtuosi (oppure viziosi); indeterministicamente (ovvero liberoarbitrariamente; ovvero casualmente) invece si può solo essere fortunati o sfortunati, e non virtuosi o viziosi.
@Phil. In parte ti ho risposto rispondendo a @sgiombo. Ad ogni modo il motivo è più che altro motivazionale. Se davanti ad una scelta importante della vita sono già convinto che non ho libertà di scelta, come faccio a scegliere e dare importanza alla scelta? (scusami la ripetizione di parole...)
CitazioneSe davanti ad una scelta importante della vita sono (già) convinto che non ho libertà di scelta da quanto "mi prescrive" (impone) mio proprio determinismo intrinseco (ma invece ce l' ho da costrizioni estrinseche), allora può benissimo darsi che sia determinato intrinsecamente a dare alla scelta stessa un' importanza "enormissima": e perchè mai non dovrebbe darsi?

paul11

Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 09:26:02 AM
Citazione di: paul11 il 09 Ottobre 2017, 23:33:49 PM
Sgiombo,
a mio parere lo schema determinismo (causa-effetto) "o " indeterminsmo(casuale) non regge, è troppo semplicistico e contraddittorio.
Noi ragioniamo, pensiamo. Tutti gli esseri senzienti hanno strategie di sopravvivenza per difendersi e aggredire.
L'uomo in più ha capacità creative .
Insomma se un asteroide, ad esempio, segue la legge del moto  relazionata a fattori gravitazionali, ecc, per cui la sua orbita presenta una regolarità e il nostro intelletto ne definisce una legge che "cattura" il suo determinismo, è altrettanto vero che lo schema umano non è solo deterministico e quando interagisce con quell'asteroide sparandogli una bomba atomica, spezza il precedente moto, il primo schema per immetterlo in un altro .E' questo spezzare, questo cambiare il destino, la regola non deterministica, ma espressa da una volontà che discerne il libro arbitrio.Lo definirei imponderabile, più che indeterministico, perché una volontà può agire spezzando uno schema spazio/temporale, che pur mantenendo un suo determinismo del prima del dopo, l'adesso lo ha mutato, lo ha spezzato e può essere eseguito secondo regole razionali o irrazionali per la nostra mente.

Purtroppo, la complessità a mio parere non segue un solo schema, convivono apparenti antitesi, antinomie, aporie, questo aumenta il grado di difficoltà per capire i relativi domini.
Ad esempio il giudizio di un tribunale segue sia schema logico razionali: prove scientifiche, prove psicologiche motivazionali e comportamentali, cognitive, un dibattimento fra la parte lesa e la difesa e infine il giudizio che ne interpreta a sua volta e decide il destino di una persona, magari sbagliando ma lo cambia comunque.
Non so se nei semplici esempi ho reso l'idea che convivono, si scontrano regole che riconfigurano destini, moti fisici.
Il libero arbitrio non è quindi casuale, ma un ragionamento che può essere più o meno razionale, più o meno rientrare in una etica di virtù  secondo un certo dettame religioso, politico, culturale fra il giusto o l'ingiusto, o in una morale di comportamenti sociali che sono tollerabili o intollerabili, o in una coscienza morale individuale che può essere del tutto avulsa dagli schemi sociali del buono o cattivo e del giusto o ingiusto.
In fondo il conformismo o l'anti conformismo sono forme culturali e spesso anche  morali che implicano anche comportamenti caratterizzanti, per cui l'anticonformista è avulso spesso dalle regole morali sociali

L'etica deriva da ragionamenti razionali e il suo confine interagisce con la morale individuale e sociale, in quanto si condizionano fra loro. Se all'etica si può annettere la virtù, le argomentazioni deontologiche, la morale individuale può confliggere con l'etica quando quest'ultima permea una cultura. Se l'etica è deduttiva e più teoretica, la morale è più induttiva e prassi. Difficilmente  un'etica muta,  mentre una morale è più adattiva ai tempi, tanto da individualizzarsi e spezzare il rapporto fra coscienza individuale e sociale
CitazioneIl comportamento animale e soprattutto umano è "solamente" (moltissimo!) più complesso che quello minerale.

Le scelte umane sono imponderabili di fatto, in pratica; Ma ponderabili (in quanto deterministiche) "di diritto", in linea di principio o puramente teorica: se (per assurdo, ma solo in pratica) si conoscessero "per filo e per segno" tutte le condizioni fisiche di tutte le molecole del cervello di una  persona e tutte le condizioni fisiche del resto del mondo (per lo meno di quella parte del mondo che con quella persona interagisce), allora il suo comportamento sarebbe prevedibile esattamente quanto la traiettoria di un asteroide, né più, né meno.

Infatti nel mondo fisico – naturale (di cui fanno parte a pieno titolo, con tutti "i diritti e i doveri", o le opportunità e i condizionamenti che ciò comporta, corpi e cervelli umani) uno schema spazio/temporale, che mantenga un suo determinismo del prima e del dopo, adesso qualcosa lo può mutare, spezzare e fare eseguire diversamente da come si sarebbe svolto in assenza del "qualcosa" stesso soltanto interferendo causalmente, ovvero deterministicamente col processo in corso.

La complessità con le sue apparenti (evidenziazione in grassetto mia) antitesi, antinomie, aporie, aumenta il grado di difficoltà per conoscere (calcolare) di fatto i relativi domini (fino a renderlo in pratica -ma non in teoria!- impossibile quasi sempre nel caso del comportamento umano); ma non ne nega minimamente il carattere deterministico.



Ti faccio una domanda.
Devi prendere un a decisione che può essere buona o cattiva.
Per esempio puoi impossessarti di un portafoglio che é caduto dalla tasca di un pover uomo e contiene tutti i suoi risparmi e metterli sul tuo conto corrente bancario o consumarli, oppure puoi consegnarglieli.
Io penso che ovviamente tu glieli consegnerai.

Perché?
Deterministicamente o indeterministicamente (=liberoarbitrariamente)?

Se glieli consegnerai deterministicamente lo farai per il fatto (essendo il tuo comportamento determinato intrinsecamente dal fatto) che sei una persona buona, onesta e generosa; corollario: glielo consegneresti almeno 999 volte su 1000 (nessuno é perfetto) se ti ricapitasse altre 1000 volte l' occasione.

Se invece la tua decisione é stata (non libera da costrizioni ovvero determinazioni estrinseche, ma invece) libera da determinazioni estrinseche (la tua -in questo caso inesistente- natura onesta e generosa), ovvero liberoarbitraria, allora -direi: per definizione-  non può che essere stata del tutto casuale, fortuita; corollario: se ti ricapitasse altre 1000 volte l' occasione, circa da 495 a 505 volte glielo riconsegneresti e le altre circa 505 – 495 volte te lo terresti).

Sono sicuro (e non vedo come anche tu non potresti convenire) che l' ipotesi vera é la prima.

E questo vale naturalmente anche in caso di obiezione di coscienza verso le leggi vigenti o l' etica corrente.

Taglio corto............scusa,

Tu stesso fai la differenza fra mente e cervello: siamo organismi viventi  o siamo meccanismi biochimici soltanto?
Dovresti mettere  d'accordo l'empirismo di Hume sull'indimostrabile e quel pò di metafisica che non ti fa essere un  riduzionista, ma che in questa discussione invece tendi ad esserlo.
Non confondiamo le restrizioni di libertà soggette a regole naturali ,ma anche giuridiche e comunque sociali (come si fa ad essere parimenti liberi se non siamo uguali come condizione sociale o giuridicai?) come fa Epicurus., perchè le regole prescrittive hanno comunque teorie alle base per essere diventate prescrittive e sanzionatorie.

ciao

green demetr

#28
cit epicurus
"un concetto metafisicizzato della libertà che se ben analizzato si dissolve interamente. Secondo me si può parlare tranquillamente di libertà nei termini di "essere libero da" ed "essere libero di", mentre il libero arbitrio, il voler volere svincolato da tutto e tutti è, ripeto, per me frutto di un uso scorretto del linguaggio."

Se vogliamo togliere il metafisico al concetto di libertà sparisce anche il concetto di libertà in sè.
Perchè libero da e libero di, sono fraseologici. Non vanno da soli.


Il concetto di libertà va invece completamente costruito nella accezione metafisica, e i particolare quella kantiana. Non ve ne sono altre. (che io sappia)
Forse quella complicata e che ancora non capisco del tutto di Spinoza. (voglio dire nei preamboli quantomeno, perchè sennò del tutto non ho capito nemmeno Kant).

Certo se preso come concetto a sè stante, come se esistesse veramente qualcosa come la libertà lo rinnego totalmente. Non esiste alcuna libertà se non nella testa di chi la pensa.(in cosa consista).

cit paul
"Dovresti mettere  d'accordo l'empirismo di Hume sull'indimostrabile e quel pò di metafisica che non ti fa essere un  riduzionista, ma che in questa discussione invece tendi ad esserlo."

Il fatto è che lui è un dualista solo dei fenomeni. (res cogitans)

Mentre è un monista della res extensa.

Perciò per lui esiste un determinismo, e crede anche che si possa, ragionevolmente provare.

Il che ovviamente è il solito delirio di potenza degli uomini di scienza del nostro tempo.

Nel senso che sarà dimostrabile, solo quando le elite istiituzionali della Scienza Decideranno che lo sarà.

E ci si arriverà. Visto la china.E l'ossesione morbosa con cui gli scienziati si occupano del corpo umano. Del Korpen, e non del non mi ricordo il termine tedesco per indicare il corpo vivente.  :P

Considerazioni che la filosofia conosce già a inizio del novecento con gente come Schleimarcher (o come si chiamo....non ancora letto  :P )
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Sono di passaggio (e chi non lo è?  ;D ) per due note filologiche:
Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:43:11 PM
l'ossesione morbosa con cui gli scienziati si occupano del corpo umano. Del Korpen, e non del non mi ricordo il termine tedesco per indicare il corpo vivente.  :P
Alludi a Husserl che oppone Korper e Leib?

Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:43:11 PM
con gente come Schleimarcher (o come si chiamo....non ancora letto  :P )
Schleiermacher.

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