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Sul disegno intelligente

Aperto da HollyFabius, 29 Aprile 2016, 09:04:05 AM

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HollyFabius

Ogni uomo nasce, cresce e si sviluppa e poi muore, se è fortunato invecchia e poi si spegne senza soffrire.
L'idea che ogni cosa abbia un inizio, uno sviluppo e poi una fine è radicata nella cultura occidentale, gli enti escono dal nulla, diventano e poi nel nulla ritornano.
Però ogni uomo sa che prima di lui altri uomini esistevano, sa che la sua esistenza è effetto dell'esistenza di altri uomini (e donne), sa che dopo di lui esisteranno altri uomini.
E insieme a questo osserva che le cose uscite dal nulla al nulla tornano ma trasformandosi.
Queste osservazioni naturali offrono lo spazio per una sensazione individuale di dolore (le cose tornano al nulla, l'uomo muore) che si trasforma nel terrore della morte collettiva (ogni cosa finisce nel nulla, l'umanità si estingue) alla quale occorre trovare un rimedio.
Le forme tradizionali di rimedio offrono un contesto razionale al quale appoggiarsi, la vita dopo la morte, la rinascita in un'altra vita, la congiunzione spirituale con un'entità superiore.
Il dubbio però è stato instillato dalla stessa filosofia occidentale, l'entità suprema non è più (Dio è morto), la morte individuale non ha uno scopo, la morte collettiva è una possibilità.
Mitigazione e reazione sono le strade per controllare l'ignoto, mitigo la forza dell'ignoto e se non riesco ad evitare gli accadimenti non desiderati, costruisco un modello di reazione.
Le forme di rimedio tradizionali, negando la morte assoluta, tendono ad mitizzare l'immortalità: delle forze universali, dello spirito umano, dello spirito di ognuno di noi.
Sono modelli di reazione: non posso evitare le mia morte, ma la contestualizzo in un disegno più grande dove arrivo ad accettarla, accettando posso poi proseguire la mia vita.
Oggi la forma di rimedio più potente è fornito dalla scienza, il momento della morte viene allontanato, la medicina, la tecnologia sostitutiva di organi e arti tendono a prospettare una mitigazione tanto forte da far apparire
una nuova prospettiva: l'immortalità del corpo. L'uomo razionalmente intravede la capacità di contrastare la forza del divenire, quel tornare nulla che è principio del terrore.
Una nuova e più radicale forma di terrore però avanza nell'uomo contemporaneo, la scienza, la tecnica fornisce una cornice razionale al possibile raggiungimento della immortalità e contemporaneamente mostra la sua forza distruttiva, in grado essa stessa di porre fine al singolo uomo e all'umanità intera.
La distruzione del pianeta, l'esaurimento delle risorse naturali, la potenziale creazione di strumenti di sterminio mostrano come la ricerca di immortalità porti con se il rischio della estinzione.
La speranza di un disegno intelligente, di una ratio dietro al divenire sono il lato di una medaglia che offre sull'altro lato la morte di Dio di Nietzsche e l'irrazionalità della realtà di Schopenhauer.
Esiste però uno scenario ancora più inquietante.
Osserviamo che per conoscere completamente un oggetto, per dominarlo in tutte le sue sfaccettature occorre darsi dei completi modelli di creazione, di sviluppo in tutte le diramazioni possibili e di distruzione dello stesso.
Conosci veramente un oggetto sottoposto ad analisi se lo sai creare, se ne sai prevedere ogni comportamento e conformazione e se sai poi distruggerlo.
Per provare questa tua conoscenza dovrai realizzare, spostare dal piano teorico a quello pratico: realizzare renderlo reale e poi verificare il tuo modello osservando ogni comportamento, infine distruggere, acquisendo così la competenza per ricreare a volontà.
Per la cosa non vi è scopo, ragione, se non quello della conoscenza del creatore che per ottenere il suo scopo dovrà anche distruggerla.
Ecco il limite del disegno intelligente, se esiste un essere con un scopo, che ha configurato la realtà per quella che è, il suo obiettivo finale razionale e conseguente può essere ragionevolmente quello di uccidere ciò che ha creato, per pura sete di conoscenza, per diletto.

maral

CitazionePer la cosa non vi è scopo, ragione, se non quello della conoscenza del creatore che per ottenere il suo scopo dovrà anche distruggerla.
Considerazione interessante che mostra come la conoscenza sia un processo di creazione e distruzione, dunque una perfetta aderenza al divenire in cui
Citazionegli enti escono dal nulla, diventano (altro) e poi nel nulla ritornano
.
Viene però da chiedersi come la conoscenza potrebbe porsi come fine per l'onnisciente Creatore universale: non conosce forse Egli già tutto? Dunque perché crea e distrugge? Forse perché al contrario ritira la Sua conoscenza affinché qualcosa da conoscere possa esistere?
Ma poi davvero gli enti entrano ed escono dal nulla? Come è mai possibile una simile contraddizione? Come può il nulla essere mai qualcosa e qualcosa essere mai nulla, o anche solo quel qualcosa diventare davvero ciò che quel qualcosa non è? Quello che vediamo con fenomenologica certezza è solo l'apparire e scomparire di ogni altro ente dal nostro orizzonte e chiamiamo questo sorgere e tramontare evento. L'evento è ciò che si presenta al nostro sguardo ed evento è il solo modo che abbiamo per concepire noi stessi e riconoscerci, ma gli eventi non dipendono da noi, bensì da una necessità che definire "intelligente" non ha senso, perché il senso siamo solo noi a sentirlo o meno leggendolo nel fluire immane di che viene accadendo in ogni istante e che continuamente ci riflette per ciò che siamo, ripetuti da una miriade di eventi che incontriamo, ci accompagnano e prima o poi ci lasciano, oltre l'ultimo orizzonte che possiamo scorgere.


anthonyi

Vorrei dire a Hollyfabius, ma perché un creatore dovrebbe uccidere la sua creatura, e poi perché per conoscenza, se l'ha creata è evidente che la conosce già, direi anzi che l'atto della creazione svela un approccio costruttivo che è l'esatto opposto dell'approccio distruttivo di chi uccide.

HollyFabius

Citazione di: anthonyi il 29 Aprile 2016, 17:52:42 PM
Vorrei dire a Hollyfabius, ma perché un creatore dovrebbe uccidere la sua creatura, e poi perché per conoscenza, se l'ha creata è evidente che la conosce già, direi anzi che l'atto della creazione svela un approccio costruttivo che è l'esatto opposto dell'approccio distruttivo di chi uccide.

E perché non dovrebbe? La conoscenza totale di un oggetto implica la conoscenza del comportamento pieno e completo in risposta agli stimoli. Creare poi non implica la conoscenza completa di quello che si sta creando, lo vediamo nel nostro piccolo in ogni creazione che realizziamo. Inoltre ogni creazione comporta la distruzione di qualcosa, se creo un tavolo distruggo un albero, se creo piatto alle verdure trituro le verdure. Creazione implica trasformazione, trasformazione implica distruzione.

HollyFabius

Citazione di: maral il 29 Aprile 2016, 16:08:37 PM
.
Viene però da chiedersi come la conoscenza potrebbe porsi come fine per l'onnisciente Creatore universale: non conosce forse Egli già tutto? Dunque perché crea e distrugge? Forse perché al contrario ritira la Sua conoscenza affinché qualcosa da conoscere possa esistere?
Ma poi davvero gli enti entrano ed escono dal nulla? Come è mai possibile una simile contraddizione? Come può il nulla essere mai qualcosa e qualcosa essere mai nulla, o anche solo quel qualcosa diventare davvero ciò che quel qualcosa non è? Quello che vediamo con fenomenologica certezza è solo l'apparire e scomparire di ogni altro ente dal nostro orizzonte e chiamiamo questo sorgere e tramontare evento. L'evento è ciò che si presenta al nostro sguardo ed evento è il solo modo che abbiamo per concepire noi stessi e riconoscerci, ma gli eventi non dipendono da noi, bensì da una necessità che definire "intelligente" non ha senso, perché il senso siamo solo noi a sentirlo o meno leggendolo nel fluire immane di che viene accadendo in ogni istante e che continuamente ci riflette per ciò che siamo, ripetuti da una miriade di eventi che incontriamo, ci accompagnano e prima o poi ci lasciano, oltre l'ultimo orizzonte che possiamo scorgere.
L'onnisciente creatore implica alcune contraddizioni logiche vecchie come la filosofia.
La discussione su essere e nulla è piuttosto elaborata, direi che possiamo riferirci a quanto scrive Severino (che peraltro riporta il pensiero di Parmenide sull'argomento).
http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_222.htm
Sugli eventi magari ci torniamo, per ora non mi è chiaro in cosa differirebbe la percezione dell'evento dalla più generica percezione dell'essere, ma ci rifletto.

maral

#5
Citazione di: HollyFabius il 29 Aprile 2016, 20:13:37 PM
L'onnisciente creatore implica alcune contraddizioni logiche vecchie come la filosofia.
La discussione su essere e nulla è piuttosto elaborata, direi che possiamo riferirci a quanto scrive Severino (che peraltro riporta il pensiero di Parmenide sull'argomento).
http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_222.htm
Sugli eventi magari ci torniamo, per ora non mi è chiaro in cosa differirebbe la percezione dell'evento dalla più generica percezione dell'essere, ma ci rifletto.
Dopotutto l'onniscienza stessa, come ogni predicato della totalità, è autocontraddizione.
Non credo per questo che sia possibile una percezione dell'Essere, ciò che percepiamo è l'evento che figura del divenire o, come direbbe Severino, dell'apparire della contraddizione C.
Sulla tematica severiniana intorno al nulla e al divenire si è discusso diffusamente nel vecchio forum, inserisco qui uno dei thread più interessanti se vuoi approfondire la questione http://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14216-riflessione-su-intorno-al-senso-del-nulla-e-severino.html

HollyFabius

Citazione di: maral il 10 Maggio 2016, 19:35:46 PM
Sulla tematica severiniana intorno al nulla e al divenire si è discusso diffusamente nel vecchio forum, inserisco qui uno dei thread più interessanti se vuoi approfondire la questione http://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14216-riflessione-su-intorno-al-senso-del-nulla-e-severino.html

grazie, vado a leggerlo volentieri

Lou

Citazione di: HollyFabius il 29 Aprile 2016, 09:04:05 AM
Ogni uomo nasce, cresce e si sviluppa e poi muore, se è fortunato invecchia e poi si spegne senza soffrire.
L'idea che ogni cosa abbia un inizio, uno sviluppo e poi una fine è radicata nella cultura occidentale, gli enti escono dal nulla, diventano e poi nel nulla ritornano.
Però ogni uomo sa che prima di lui altri uomini esistevano, sa che la sua esistenza è effetto dell'esistenza di altri uomini (e donne), sa che dopo di lui esisteranno altri uomini.
E insieme a questo osserva che le cose uscite dal nulla al nulla tornano ma trasformandosi.
Queste osservazioni naturali offrono lo spazio per una sensazione individuale di dolore (le cose tornano al nulla, l'uomo muore) che si trasforma nel terrore della morte collettiva (ogni cosa finisce nel nulla, l'umanità si estingue) alla quale occorre trovare un rimedio.
Le forme tradizionali di rimedio offrono un contesto razionale al quale appoggiarsi, la vita dopo la morte, la rinascita in un'altra vita, la congiunzione spirituale con un'entità superiore.
Il dubbio però è stato instillato dalla stessa filosofia occidentale, l'entità suprema non è più (Dio è morto), la morte individuale non ha uno scopo, la morte collettiva è una possibilità.
Mitigazione e reazione sono le strade per controllare l'ignoto, mitigo la forza dell'ignoto e se non riesco ad evitare gli accadimenti non desiderati, costruisco un modello di reazione.
Le forme di rimedio tradizionali, negando la morte assoluta, tendono ad mitizzare l'immortalità: delle forze universali, dello spirito umano, dello spirito di ognuno di noi.
Sono modelli di reazione: non posso evitare le mia morte, ma la contestualizzo in un disegno più grande dove arrivo ad accettarla, accettando posso poi proseguire la mia vita.
Oggi la forma di rimedio più potente è fornito dalla scienza, il momento della morte viene allontanato, la medicina, la tecnologia sostitutiva di organi e arti tendono a prospettare una mitigazione tanto forte da far apparire
una nuova prospettiva: l'immortalità del corpo. L'uomo razionalmente intravede la capacità di contrastare la forza del divenire, quel tornare nulla che è principio del terrore.
Una nuova e più radicale forma di terrore però avanza nell'uomo contemporaneo, la scienza, la tecnica fornisce una cornice razionale al possibile raggiungimento della immortalità e contemporaneamente mostra la sua forza distruttiva, in grado essa stessa di porre fine al singolo uomo e all'umanità intera.
La distruzione del pianeta, l'esaurimento delle risorse naturali, la potenziale creazione di strumenti di sterminio mostrano come la ricerca di immortalità porti con se il rischio della estinzione.
La speranza di un disegno intelligente, di una ratio dietro al divenire sono il lato di una medaglia che offre sull'altro lato la morte di Dio di Nietzsche e l'irrazionalità della realtà di Schopenhauer.
Esiste però uno scenario ancora più inquietante.
Osserviamo che per conoscere completamente un oggetto, per dominarlo in tutte le sue sfaccettature occorre darsi dei completi modelli di creazione, di sviluppo in tutte le diramazioni possibili e di distruzione dello stesso.
Conosci veramente un oggetto sottoposto ad analisi se lo sai creare, se ne sai prevedere ogni comportamento e conformazione e se sai poi distruggerlo.
Per provare questa tua conoscenza dovrai realizzare, spostare dal piano teorico a quello pratico: realizzare renderlo reale e poi verificare il tuo modello osservando ogni comportamento, infine distruggere, acquisendo così la competenza per ricreare a volontà.
Per la cosa non vi è scopo, ragione, se non quello della conoscenza del creatore che per ottenere il suo scopo dovrà anche distruggerla.
Ecco il limite del disegno intelligente, se esiste un essere con un scopo, che ha configurato la realtà per quella che è, il suo obiettivo finale razionale e conseguente può essere ragionevolmente quello di uccidere ciò che ha creato, per pura sete di conoscenza, per diletto.
Recentemente riflettevo sull'inserimento del caso, come principio ordinatore, operato dalle indagini scientifiche. Il che, a dire il vero, ha poco di scientifico, a mio parere: il caso come ragione che non riusciamo a comprendere, limite della umana comprensione, che ne pensi? Non so se sono in topic.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

#8
Citazione di: Lou il 18 Maggio 2016, 22:26:58 PM
il caso come ragione che non riusciamo a comprendere, limite della umana comprensione
Si tratta di un caso interessante e credo che dal punto di vista scientifico, ma anche di vissuto quotidiano, il caso sia "l'insieme delle spiegazioni logiche che non riusciamo ancora a trovare" (in fondo, la stessa entropia è stata razionalizzata sotto forma di "indicatore").
Il caso è l'angolo buio della ragione indagatrice, lo scaffale caotico in cui vengono (momentaneamente?) archiviati tutti i casi irrisolti, è lo scacco del meccanicismo deterministico. Scacco matto? Resta ancora da vedere...
Forse inaspettatamente, è il linguaggio comune a poterci dare uno spunto importante: l'espressione "per caso" è affine a "per combinazione" (o "coincidenza"), ed infatti il caso è spesso una combinazione imperscrutabile, ma non per questo caotica o contingente. La stessa espressione "caso", al singolare, lascia pensare ad un evento singolo ed unico, estraneo ad una casistica, quindi ad ogni tendenza probabilistica, quindi ad ogni previsione. Ma è davvero così?
Alcuni esempi forse solleveranno qualche dubbio in merito.
Lancio una moneta, l'esito è "testa"; esito casuale? Se anagrammiamo "casuale" diventa (ironia linguistica) "causale", e questa è proprio la risposta che mi pare più plausibile: se applicassimo la sterza spinta sullo stesso punto della stessa moneta, con le stesse condizioni contestuali, uscirà necessariamente "testa" fino all'infinito; questione di fisica: combinando gli stessi fattori nella stessa situazione (etc.) tutti i risultati coincidono. Ma non essendo in grado di calcolare esattamente e in tempo reale tutte le variabili e le forze in gioco (la traiettoria, il punto d'atterraggio in rapporto alla rotazione della moneta, etc.), semplifichiamo il risultato etichettandolo come "casuale", dove "casuale" significa in realtà solo "non prevedibile" per mancanza di capacità di eseguire tutti i calcoli necessari (ma il rapporto causale fra gli elementi coinvolti nel lancio, non lascia affatto spazio al caso).
Ugualmente, se incontro al supermercato un vecchio amico, definisco quell'incontro "casuale" (e magari esclamo "che coincidenza/combinazione!" dicendo implicitamente più di quanto voglia effettivamente dire...). Eppure, la mia scelta di fare la spesa a quell'ora, in quel posto e di entrare in quel reparto in quel momento (etc.) se viene incrociata con la sua scelta di fare la spesa a quell'ora, in quel posto (etc.), rende la combinazione dell'incontro, la coincidenza dei due percorsi, inevitabile. Di certo non prevista e non voluta, ma fattualmente inaggirabile.
Ultimo esempio: mentre guido, arrivo in prossimità di un semaforo rosso, quando sto per frenare, scatta il verde e così continuo sulla mia strada pensando che si tratti di una coincidenza fortuita. Il lavavetri che frequenta quel semaforo, ha visto tutta la scena e, sapendo che il rosso dura 30 secondi e, avendo contato i secondi dall'ultimo verde, sapeva che non mi sarei dovuto fermare. Per lui non c'è niente di casuale o fortuito in ciò che invece a me è parso un evento imprevedibile.
Come possiamo allora definire il caso? Qualcosa che avviene senza che possa essere previsto/spiegato da chi fa parte dell'evento, qualcosa che eccede la conoscenza in generale, ma che potrebbe essere conosciuto/spiegato (magari in futuro), o qualcosa che non può essere spiegato perché è pura contingenza, eccezione delle leggi deterministiche, anomalia in Matrix, frutto del destino, capriccio del fato, etc,?

HollyFabius

Citazione di: Lou il 18 Maggio 2016, 22:26:58 PM
Recentemente riflettevo sull'inserimento del caso, come principio ordinatore, operato dalle indagini scientifiche. Il che, a dire il vero, ha poco di scientifico, a mio parere: il caso come ragione che non riusciamo a comprendere, limite della umana comprensione, che ne pensi? Non so se sono in topic.

Io credo che il caso sia una porta di accesso al noumeno, noumeno inteso però nel senso di Schopenhauer non in quello di Kant e mi spiego meglio.
Esiste certamente l'inaccessibile alla nostra ragione (quindi il senso kantiano del noumeno) ma esiste anche il non accaduto che potrebbe un domani diventare accessibile grazie a nuove sensibilità, nuove risposte a domande non ancora poste. Abbiamo inventato il binocolo, il microscopio, abbiamo indagato il rumore oltre l'udito, scoperto le onde ultrasoniche, ecc. ecc. Ciò che pareva noumeno è diventato nel tempo rappresentato e conosciuto attraverso amplificazioni dei nostri sensi. Non sappiamo a che limite possiamo spingere questa indagine e dove sia veramente posto il noumeno kantiano. La zona esplorata, invisibile ai sensi diretti, ma scoperta mediante l'intelletto e poi strumenti indiretti è la zona del noumeno raggiunto dalla volontà (nel senso di Schopenhauer).
Il caso è da un centinaio di anni, anch'esso indagabile tramite procedimenti statistici, la fisica di base ha smesso di rappresentare con oggetti relazionali la realtà è ha cominciato ad indagarla tramite incerte rappresentazioni statistiche. Siamo forse alle porte del noumeno kantiano ma non ne abbiamo certezza.
Oggi non possiamo sapere quanto di oggi appaia come caso, non sia in realtà semplicemente governato da leggi naturali che sfuggono alla nostra comprensione per il nostro attuale stato. Stato che è in evoluzione. L'indagine sulla realtà fatta dalla terra o da Alpha centauri potrebbe dare risposte molto diverse ma oggi non sappiamo neppure se vi possa essere in un nostro futuro un'indagine da Alpha centauri.
Il caso, nella accezione di Severino è la fonte del terrore, di tutte le paure dell'uomo, che per governarle ha adottato delle strategie che stanno cambiando. Nel suo pensiero l'incapacità di governare il caso è vista dall'uomo che la fonte della morte, di tutte le morti. Ecco che si comprendono le sue descrizione dei rimedi tradizionali (religione in primis) e l'idea che il mondo della tecnica non sia altro che un altro tentativo di rimedio (la ricerca dell'immortalità). Perlomeno questo è quello che ho inteso io.


Duc in altum!

**  scritto da Phil:
CitazioneSi tratta di un caso interessante e credo che dal punto di vista scientifico, ma anche di vissuto quotidiano, il caso sia "l'insieme delle spiegazioni logiche che non riusciamo ancora a trovare"
...oppure la firma del Disegno Intelligente Onnipotente quando agisce in incognito !!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Lou

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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