Stiamo vivendo una di tante vite in un Universo Virtuale

Aperto da Andrea Molino, 01 Luglio 2016, 09:52:28 AM

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Duc in altum!

** scritto da Jean:
CitazioneAnche il nostro Duc è andato ben oltre...

... non ho nessun problema ad immaginarmi Dio con il suo joestyck tra le mani che osserva il Tutto in uno schermo "virtuale" per Lui, realissimo per noi...

tuttavia ponendo tra le mani del Creatore un apparato dalla dubbia utilità... forse per quello le cose vanno così male nel nostro mondo reale, dipendesse da te son certo gli forniresti quello appropriato (joystick)...  
Le cose nel nostro mondo reale vanno male sempre per 1/3 (questo è il massimo che gli è concesso ...per adesso), e solamente per merito della volontà umana, il joystick (thank's) perfettamente appropriatoci dal Creatore.  :)
Inoltre, siccome per un cattolico rientra nella normalità andare oltre, aggiungo che davvero ho immaginato, anzi, ogni tanto continuo ad immaginare, da comune terrestre, il videogame dell'Universo, del Tutto inserito dentro, dove il senso, lo scopo, dei personaggi del virtuale è riuscire ad entrare, attraversando lo schermo, nella dimensione reale, ossia, quella dove c'è lo Scienziato che ha generato quella assurda, ma vera, perfezione eterna.  ;D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

acquario69

#46
Citazione di: Jean il 05 Luglio 2016, 16:15:27 PM
Il gioco si chiama "Cave", grotta, e si ambienta in due stanze virtuali. I giocatori sono persone che -per incidente o malattie varie- hanno perso alcune funzioni del corpo e devono ritrovarle muovendosi. L'esperimento in corso presso lo IRCCS Auxologico Italiano di Milano è la novità del momento e si chiama "Telepresenza Immersiva Virtuale" o TIV. Si tratta di un nuovo metodo per la riabilitazione fisica che passa però per la realtà virtuale.
Come funziona? Su tre schermi e sul pavimento vengono riprodotti ambienti diversi... casa, ufficio, palestra ecc. ... grazie al computer e alla visione 3D. Il paziente interagisce con un joystick e con occhiali tridimensionali, mentre viene monitorato da una serie di strumenti medici. Mimando il cammino può dirigersi nei vari ambienti, usando il joystick "allena" braccia e mani e grazie alle varie fasi del gioco allena anche l'orientamento, la memoria e l'attenzione. Nato principalmente per aiutare chi deve recuperare dopo un ictus, o dopo una diagnosi di demenza o di Alzheimer, il "gioco" TIV si sta espandendo anche per malati di Parkinson e per persone reduci dal coma.
In certe situazioni si può usare anche per vincere problemi psicologici come le ansie, lo stress e la fobia. Pochi giorni di questa terapia virtuale hanno accorciato di moltissimo la convalescenza di anziani reduci da ictus, hanno aiutato a ritrovare il proprio agio certi pazienti affetti da Alzheimer e funziona anche per i disturbi post traumatici. Il sistema permette una corretta lettura degli spazi, dei volumi e delle distanze, abituando il paziente a ritrovare la capacità di movimento autonomo in ambienti diversi dalla stanza di ospedale, preparandolo quindi al ritorno a casa senza particolari traumi susseguenti. Tutto questo senza nemmeno accorgersi di essere in terapia, infatti "Cave" è un videogioco che può anche divertire e incoraggiare.
http://benessere.guidone.it/2016/07/05/la-riabilitazione-fisica-diventa-virtuale/



buongiorno Andrea,

come vedi ho esordito con una notizia d'oggi sulle applicazioni, non possibili, ma reali, della realtà virtuale.

La tua ipotesi, perché no, potrebbe anche partire da qui... dai benefici (innegabili) che sta già producendo.
Una volta che qualcosa s'afferma e trova una sua produttiva collocazione si prova e si proverà ad usarla anche in ambiti differenti.

Lascio alla fantasia di chi legge il compito, se vorrà assumerselo, d'immaginare ulteriori passaggi per ipotizzarne ulteriori sviluppi, che potrebbero esser differenti da quelli proposti da Andrea.

Mentre è del tutto attuale per l'uomo esser diventato almeno in parte bionico, grazie all'ausilio di protesi, innesti ecc., comprendo il disagio all'idea di un totale interfacciamento uomo-computer.

Tuttavia dovreste chiedere a chi ne usufruisce, a chi senza tali ausili non avrebbe possibilità di relazione, per esempio a Stephen Hawking, se davvero rinuncerebbe alla possibilità, via avatar o in altro modo, di ritrovarsi a compiere le funzioni che per noi son normali...

Il fulcro del discorso è che l'uomo ha una certa plasticità e capacità d'adattamento e difficilmente, una volta che abbia provato e usufruito di qualche beneficio, sia pur derivante da una macchina o un computer, saprà/potrà/vorrà rinunciarvi.

Andrea ha colto questa prerogativa (ovviamente padroni tutti di connotarla positivamente o all'opposto), portandola alle estreme conseguenze, con un percorso logico (secondo la sua logica, valida al pari di quella di chiunque altro) certamente da affinare, integrare, revisionare, puntualizzare, contestualizzare ecc. ecc. come tutti i percorsi, pensieri e costrutti, in ogni ambito si trovino collocati.
Anche Giona, pur nel campo della fede... parla di cantiere aperto...

Chiedendo un giudizio sulla possibilità/validità/plausibilità/fattibilità ecc. della sua teoria forse non aveva ben realizzato dove si trovasse... e chi gli ha risposto l'ha un po' de-virtualizzato, per dirla con un sorriso... ma ha fatto bene, a mio avviso, a proporla (un po' mi son sentito responsabile...) e ha fatto bene il forum a riceverla, contestarla, sezionarla e quant'altro... non è stata una perdita di tempo, poiché non  ci son attività, di pensiero o ludiche, migliori l'una dell'altra.

Quindi grazie, Andrea, per come ti sei posto e per aver fatto ammenda della tua reazione a seguito di un momento di disorientamento, corroborandomi dell'opinione (a priori... ho rischiato) che avevo di te nel presentarti all'amico Eutidemo...


Ho letto il tuo saggio (altrimenti non avrei risposto) e diversamente dall'opinione generale sin qui raccolta non ti imputo una sfrenata fantasia... ma il contrario, d'esserti fermato al punto che ti corrisponde, l'informatica e le sue applicazioni.

Anche il nostro Duc è andato ben oltre...

... non ho nessun problema ad immaginarmi Dio con il suo joestyck tra le mani che osserva il Tutto in uno schermo "virtuale" per Lui, realissimo per noi...

tuttavia ponendo tra le mani del Creatore un apparato dalla dubbia utilità... forse per quello le cose vanno così male nel nostro mondo reale, dipendesse da te son certo gli forniresti quello appropriato (joystick)...  ;)

La mia fantasia, fosse richiesto, mi evidenzierebbe l'improponibilità della gestione di un tale mondo virtuale attraverso server, hard disk e qualsivoglia supporto di memorizzazione... troppi limiti fisici e di velocità elaborativa... vai oltre, Andrea, tutte le informazioni passate e presenti (... che dire delle future..?) non son mai state e non saranno perse... è di questi tempi la ricezione di un segnale gravitazionale, se non addirittura associato alla materia oscura... questione di ricettori, no?

E come, da dove arriva l'informazione (pensiero) in noi..? C'è mica bisogno di fili o degli spinotti di Matrix, eh...


Comunque chi cerca trova... o almeno si è divertito (come me) a cercare...

Buon viaggio.



Cordialmente

Jean



nella dimensione in cui viviamo esistono due "forze" che si oppongono (azione e reazione oppure attrazione e repulsione,contrazione ed espansione)
se una delle due finisce per prevalere sull'altra,si ricreerà a sua volta lo stesso dinamismo,che in realtà non si esaurisce mai,poiché nulla puo manifestarsi senza questa dualità.

ora (dal mio punto di vista) succede che ce' una tensione che protende molto più da un lato che da un altro..l'equilibrio diventa sempre più precario e "la corda può arrivare a spezzarsi"..
d'altronde questo non significa la fine di questa contrapposizione ma l'eventuale "fine" di quel tipo di contrapposizione e che simultaneamente ne subentrerà un altra.

con questo,mi sono permesso di scherzarci sopra a modo mio,lasciando in sospeso qualcosa di enigmatico (forse)  :)

Andrea Molino

Eccomi...
Come promesso ho aggiornato il testo della mia ipotesi e riporto di seguito i link:
https://www.wattpad.com/story/74000705-mente-irreale
http://www.easytarg.com/Documents/Tutorials/MenteIrreale.pdf

Per non tediare troppo chi si è già sorbito la versione precedente, riporto di seguito la parte iniziale del testo (tralascio la cronologia perché è rimasta praticamente invariata a parte l'aggiunta dell'articolo segnalato da JEAN):

Buona Lettura!

 
Mente Irreale

La natura dell'Universo

Il senso della Vita
 
Teoria Cibernetica della Creazione (tutta da dimostrare).

Ovvero, l'informatica che incontra la filosofia.



Inquietudine e Ricerca
 
Come sono arrivato a concepire questa visione dell'universo?
Il processo è stato lungo, durato circa 30 anni e non è una questione conclusa, ma una ricerca che probabilmente continuerà per tutta la mia vita.
Sono nato in una famiglia molto cattolica e il parroco del paese in cui sono cresciuto, era il fratello di mia madre. Erano gli anni '80 e c'era già molto fermento in campo tecnologico e scientifico, per cui, verso la fine alle scuole medie, la mia visione della realtà era un primo tentativo di razionalizzare i precetti religiosi con le scoperte scientifiche:
"Dio ha definito il progetto dell'universo e ha fornito l'energia che ha innescato il Big Bang. Dopo la formazione della Terra, Dio ha definito il progetto della vita e ha creato le condizioni che hanno consentito agli esseri viventi di evolversi. Come atto finale della creazione, Dio ha fatto evolvere un essere vivente "speciale", l'uomo, fino a dargli l'intelligenza necessaria a comprendere sé stesso, il Creato e le leggi che gli avrebbero consentito di raggiungere la Vita Eterna".
Durante l'adolescenza, ovviamente, ho iniziato a metter in discussione tutto quello che mi veniva detto, è c'erano molti aspetti della visione Teo-scientifica, specialmente per la parte teologica, che non riuscivo a digerire:
·        Da dove arriva e dove risiede Dio?
·        Perché creare un universo così incredibilmente grande per uomo che vive sulla piccola Terra?
·        Perché un Dio così grande dovrebbe creare l'uomo e poi essere infastidito dal fatto che l'uomo esprima la propria natura?
·        Qualunque sia la colpa di un uomo come può essere giusta una punizione eterna come l'inferno?
·        Considerata la natura dell'uomo, come può Dio concepire un Paradiso in cui l'uomo non avrebbe la possibilità di esprimerla?
Come conseguenza di questa inquietudine, per alcuni anni, rifiutai in modo praticamente totale tutto ciò che avesse a che fare con la Fede. Non che abbia cominciato a comportarmi in modo disonesto, ma smisi di partecipare alle funzioni religiose e iniziai ad interessarmi al gentil sesso.
Una volta uscito dal tunnel dell'adolescenza, però, ricominciai a sentire il bisogno di trovare risposta alle solite domande esistenziali.
La scienza non era in grado di rispondere alle domande che mi interessavano e paradossalmente richiedeva anch'essa vari atti di fede per ipotesi del tipo:
·        L'universo è sempre esistito, oppure si espande e si contrae poi ne crea un altro, oppure ce ne sono infiniti...
·        All'inizio c'era un punto in cui era concentrato tutto il potenziale, poi tutto ha iniziato a muoversi aumentando l'entropia, ma a un certo punto potrebbe anche tornare indietro (dipende a chi lo chiedi)
·        La vita è scaturita spontaneamente da un brodo primordiale di elementi che per qualche strana ragione hanno deciso di andare contro l'entropia.
·        L'intelligenza umana è semplicemente frutto dell'evoluzione indotta dalla selezione naturale.
·        Dopo la morte non può esserci nulla
Così, iniziai a cercare di colmare le lacune: l'obbiettivo era quello di conquistare un minimo di serenità, semplicemente perché ho sempre sentito il bisogno di conoscere la verità delle cose o almeno una spiegazione che con contrasti con le altre cose che conosco e su cui baso i miei ragionamenti.
In altre parole, io non riesco ad accettare le incongruenze; ovviamente le incongruenze che vedo io, magari gli altri non le vedono e viceversa...
Le risposte che cerco, difficilmente potranno trovare una conferma sperimentale di tipo scientifico, ma secondo me la logica, in alcuni casi, può costituire di per sé una prova; ovviamente una cosa che a me sembra logica, magari ad altri sembra campata in aria e viceversa.
Il fatto è che la logica è assolutamente rigorosa ed indiscutibile quando viene applicata ad informazioni certe, ma io sto indagando questioni su cui si discute da millenni e non sono in grado di prescindere dal mio punto di vista.
Dopo queste doverose premesse, passo ad illustrare i passaggi logici (dal mio punto di vista) che mi hanno portato a concepire la teoria esposta in questo saggio.
 
L'Universo necessità di un creatore
Se l'universo fosse immutabile si potrebbe sostenere che è sempre esistito, ma nell'universo tutto si trasforma.
Tutto il potenziale che muove l'universo deve avere un'origine, cioè il fatto stesso che tutto si trasforma aumentando l'entropia, implica un punto d'origine in cui esisteva tutto il potenziale, il che implica che un'entità esterna all'universo abbia fornito il Potenziale.
Il fatto che tutto l'universo sia stato generato dall'interazione di tre sole semplici particelle, neutrone, protone ed elettrone che seguono delle leggi altrettanto semplici, implica che l'entità fonte del Potenziale, sia dotata di un'intelligenza che non fatico a definire Divina.
 
La Vita non può essere scaturita dalla materia inerte
Per me la miglior definizione di vita è "tutto ciò che è capace di diminuire l'entropia". La funzione primaria di ogni essere vivente, è quella di trasformare energia chimica in energia potenziale e poi usarla per svolgere una qualche azione.
La materia inerte che se ne stava comodamente nel brodo primordiale non aveva nessun motivo per iniziare a fare fatica e anche se ci avesse provato per caso, avrebbe avuto intorno tutto l'universo pronto a farla desistere.
Comunque è strano perché la scienza e chi crede nella scienza, considerano questa come l'unica spiegazione possibile anche se è assurda perché sostiene in pratica che la materia abbia sfidato le leggi della fisica allo scopo di complicare la propria esistenza.
Per come la vedo io, le probabilità che la vita si sia auto generata sono paragonabili a quelle per cui un megalito colpito di striscio da un meteorite sia schizzato in alto fino a sfuggire all'attrazione terrestre, si sia unito con altri megaliti colpiti da altrettanti meteoriti, e tutti insieme siano tornati sulla terra formando il cerchio di Stonehenge.
In conclusione, il fatto che la vita esiste, implica che un'entità decisamente potente, abbia creato almeno la forma di vita più semplice, ma comunque dotata del potenziale per evolversi seguendo delle leggi semplici e precise.
In quanto programmatore, non posso fare a meno di vedere nel DNA un vero e proprio programma paragonabile a quelli per i computer, ma molto più sofisticato che guida lo sviluppo degli esseri viventi e ne stabilisce le capacità e gli istinti basilari.
Inoltre, in quanto programmatore, non posso ammettere che il programma più sofisticato che esista, sia solo il frutto del caso, magari potrà evolvere come risposta ad eventi casuali, ma lo farà seguendo regole di un'eleganza assoluta!
 
L'intelligenza umana è contro-natura
Mi rendo conto che questa sia un'affermazione forte, ma osservando la Natura e tutti gli esseri viventi, non posso fare a meno di notare che l'uomo moderno è l'unico essere vivente che non si comporta secondo le leggi naturali.
Il ragionamento che viene fatto per spiegare l'abnorme evoluzione cerebrale dell'uomo, è più o meno il seguente:
"nella lotta per la sopravvivenza di fronte a crescenti difficoltà, gli individui più intelligenti avevano più successo, quindi la selezione naturale ha prodotto individui dotati di sempre maggiori capacità cerebrali".
Quando ero ragazzo, questa spiegazione mi sembrava abbastanza logica perché pensavo l'uomo durante le sue migrazioni in ogni parte del mondo, avesse dovuto affrontare difficoltà notevoli dovute a condizioni climatiche e ambientali, e a predatori, molto differenti di quelle africane.
Gli studi più recenti fanno risalire la comparsa dell'homo sapiens a circa 150000 anni fa in Africa. Poi circa 120000 anni fa il sapiens iniziò a migrare, diffondendosi in tutto il mondo.
Ma qui, ora, vedo una grande anomalia: per 2 milioni di anni gli homo si sarebbero evoluti aumentando di 1 KG il loro cervello pur restando nella "culla africana" per poi migrare quando erano già "intelligenti"?
Qualunque specie animale coeva degli homo che sia rimasta a vivere negli stessi territori, non ha avuto bisogno di evolversi in un modo così eclatante: quali sarebbero le difficoltà che avrebbero giustificato l'evoluzione dell'homo?
D'altro canto, senza quelle capacità cerebrali, l'homo sapiens non avrebbe avuto le capacità necessarie per adattarsi, durante le sue migrazioni, ad ambienti così diversi da quelli di partenza e forse non avrebbe avuto neanche motivo di migrare.
Inoltre trovo strano che la Natura abbia prodotto un essere vivente autonomo che si comporta come un virus e tende a replicarsi in un territorio fino ad esaurirne completamente le risorse fino ad essere costretto a spostarsi in un nuovo territorio.
Dal punto di vista dell'efficienza, poi, l'uomo è pessimo se paragonato a molte altre specie animali dotate di un'intelligenza infinitamente inferiore.
Faccio solo due esempi...
Gli squali sono rimasti praticamente immutati da circa 70 milioni di anni perché funzionano!
Le formiche sono numericamente infinitamente superiori all'uomo, vivono ovunque, e lo fanno in perfetto equilibrio con il resto del mondo naturale.
Quindi mi sento di dire che, dal punto di vista di Madre Natura, l'uomo non rappresenti certo la punta di diamante del processo evolutivo, ma un'anomalia endogena o una causa esogena che ha prodotto il più pericoloso dei parassiti.
 
Non può essere tutto qui, o almeno potrebbe non esserlo
Mentre i tre punti precedenti, lasciano poco spazio al dubbio perché sono sostenuti da un ragionamento abbastanza logico, almeno dal mio punto di vista, il quarto punto richiede anche a me l'uso di qualcosa di più complesso del ragionamento: la capacità di riconoscere un disegno, un'impronta partendo da segni, eventi, percezioni, sentimenti che presi singolarmente non hanno significato, ma osservandole tutte insieme compongono uno schema che non sai spiegare, ma non riesci ad ignorare e magari per un attimo senti un brivido lungo la schiena.
Non sto parlando di divinazione, magia o profezie, ma di intuito, e credo che quasi tutti sappiano di cosa parlo e si applica a molte situazioni.
Ad esempio ci sono delle persone che ne hanno fatto una professione. Può sembrare curioso, ma il sessaggio dei polli (distinguere i pulcini maschi dalle femmine alla nascita), è una capacità che non si può insegnare, ma si può imparare solo avendo una speciale attitudine e dopo migliaia di tentativi.
Il motivo è che i pulcini appena nati non mostrano segni evidenti "codificabili", ma un insieme di micro caratteristiche che il cervello può imparare a riconoscere a livello "inconscio", usando quello che possiamo definire intuito.
Grazie a questa capacità i professionisti sessatori sono in grado di distinguere da 1000 a 1700 volatili all'ora, 1 ogni 2/3 secondi, con una precisione del 98.99%.
Ora non mi resta che generare un po' di stimoli in ordine sparso:
·        Tutti i popoli hanno sviluppato il concetto dell'AldiLà o qualcosa di simile, ma mentre l'idea di Paradiso potrebbe essere spiegato con l'istinto di conservazione, che dire della reincarnazione o del Nirvana?
·        Innumerevoli persone sono convinte di essere connesse in qualche modo, ad altre persone viventi e non viventi
·        La bibbia contiene una sapienza dei meccanismi psichici che se non è di origine divina, è quanto meno anacronistica.
·        Se l'Entità ha creato un universo, la vita, l'uomo e la sua intelligenza, perché dovrebbe, poi sprecare tutta quell'intelligenza nell'oblio?
·        L'archeologia ha portato alla luce vestigia del passato che in molti casi presentano incongruenze e anacronismi e a volte le spiegazioni risultano poco convincenti.
·        La nostra mente è in grado di catapultarci in una vita alternativa durante il sogno e noi riusciamo a viverla senza porci il problema.
·        Il tempo scorre in modo soggettivo, anzi tutta la realtà è soggettiva e viene percepita in modo diverso da ogni individuo.
·        La mente o meglio lo stato d'animo, ha un'influenza notevole sulle condizioni di salute del corpo. Perché il corpo dovrebbe abbattersi se la mente è triste?
·        Quando ragiono, lo faccio come se stessi discutendo con un altro me stesso. (Ma succede solo a me?)
·        Se volessi far "crescere" un'intelligenza artificiale, prima di innestarla in un androide, utilizzerei un ambiente virtuale: potrei selezionare le I.A. riuscite bene, senza provocare danni nel mondo reale.

Andrea Molino

Teoria in parole povere
 
Da qualche tempo i produttori di software e hardware hanno iniziato a distribuire prodotti per usufruire di ambienti di Realtà Virtuale (Virtual Reality - VR).
La cibernetica, ovvero l'elettronica applicata alla medicina, ha raggiunto risultati notevoli e la ricerca procede speditamente in tutti i possibili campi di applicazione.
L'interazione tra le persone avviene in modo sempre più mediato da sistemi di comunicazione sempre più sofisticati basati sulla rete globale.
Estrapolando dalla situazione attuale, possiamo facilmente immaginare che nel breve termine, gli ambienti VR verranno utilizzati per giocare, per effettuare video conferenze, per visitare musei e che nel giro di qualche anno raggiungeranno un livello di qualità grafica tale da risultare indistinguibili dalla realtà fisica.
Parallelamente la cibernetica consentirà di sviluppare interfacce neurali abbastanza efficienti ed affidabile da poter essere proposte come mezzi per accedere alla VR.
Applicando a questo tipo di evoluzione tecnologica i meccanismi che hanno caratterizzato la diffusione di Internet e degli smartphone e tenendo conto che gli umani tendono ad accettare di buon grado tutto ciò che promette di rendere più piacevole e meno faticosa la loro vita, con un piccolo sforzo di fantasia ho immaginato un futuro non molto lontano in cui la maggior parte della gente passerà quasi tutto il suo tempo connesso ad una VR così sofisticata da replicare il mondo intero. E non sarebbe soltanto un mondo virtuale uguale a quello fisico, ma aggiungerebbe la possibilità di vivere esperienze praticamente senza alcun limite.
Continuando su questa linea di pensiero, sono arrivato a concepire una sorta di paradiso in cui tutti saranno praticamente onnipotenti e onniscienti.
Poi ho pensato che l'uomo per sua natura non riesce a sopportare la pace e la tranquillità (Dalai Lama a parte) e quando non ha problemi se li crea, quindi ho immaginato che annoiandosi a morte, moltissimi umani creeranno una sezione della VR globale in cui sarà possibile giocare un gioco di ruolo chiamato VitaVera, in cui si nascerà, si potrà vivere per un tempo limitato e affrontando mille difficoltà, poi si morirà come succede nel mondo fisico o in qualunque gioco per computer.
Per rendere tutto più realistico, durante la partita, non si può ricordare dove in effetti ci si trova come succede nei sogni.
A questo punto, ho sentito il brivido lungo la schiena di cui sopra, perché ho pensato: "E se quella che sto vivendo, fosse già una vita del gioco VitaVera?".
Nel giro di qualche minuto mi è sembrato che tutti pezzi del puzzle andassero a posto e più ci pensavo, più mi sembrava possibile, anzi addirittura probabile.
Ragionando da programmatore (deformazione professionale), ho iniziato a fare uno studio di fattibilità e in definitiva sono arrivato a credere che non solo un ambiente virtuale di questo tipo sarà realizzabile, ma che l'ipotesi di essere dentro VitaVera sia in effetti, la soluzione migliore che abbia mai concepito per rispondere alle mie domande esistenziali.
Nelle pagine che seguono, ho cercato di descrivere la realtà in cui viviamo come se fossi un umano che vive nel futuro virtualizzato e sta giocando una partita a VitaVera, ma che in modo imprevisto, ha capito dove si trova e desidera rivelarlo al resto dei giocatori.
Mettendomi nei panni del Homo Virtualis, dal mio punto di vista, tutto ciò che racconto è avvenuto nel mio passato, mentre per il lettore sto parlando di cose che succederanno nel futuro.
Tanto per complicare un po' le cose, spiegherò che il tempo per noi del futuro ha perso di significato visto che siamo immortali, mentre nel gioco VitaVera, esiste solo il presente qualunque sia l'epoca in cui si decide di giocare la propria partita.
In ogni caso ho cercato di rispondere a tutte le obbiezioni che sono riuscito ad immaginare allo scopo di insinuare nel lettore il dubbio che la realtà non sia esattamente come se la immagina oppure di indurlo a sollevare nuove obbiezioni.
Inoltre spero che almeno alcuni dei concetti che ho espresso, possano essere dei buoni punti di partenza per pensieri nuovi.

Andrea Molino

La natura dell'universo e la natura dell'uomo
 
Noi tutti viviamo in un ambiente di realtà virtuale che riproduce in modo sostanzialmente preciso l'universo reale in cui l'umanità si è evoluta.
Concettualmente questo universo virtuale è abbastanza simile a quello di molti videogiochi di ruolo disponibili in rete. La differenza principale risiede nella complessità degli elementi contenuti in esso e nella fisica che controlla tali oggetti.
L'obiettivo del gioco non è compiacere un qualche dio perché dio siamo noi, o guadagnarsi una qualche forma di paradiso perché il paradiso ci appartiene già.
L'obiettivo è farsi uomo, fuggire dal paradiso, tornare nel mondo per emozionarsi, divertirsi, scoprire, sperimentare, esplorare e imparare a superare i propri limiti.
L'obiettivo è provare gioia, quindi abbiamo bisogno della noia.
L'obiettivo è provare piacere, quindi è necessario il dolore.
L'obiettivo è arrivare al successo, quindi ci servono gli ostacoli.
 
Ma perché fare un universo così enorme per un'umanità che vive su un singolo pianetino? Intanto, è più giusto dire che sembra così grande perché gli oggetti che crediamo di vedere nell'universo compaiono solo quando cerchiamo di osservarli, e comunque se non lo sembrasse, capiremmo subito che si tratta di ambiente "finto".
Una delle linee guida seguite per la creazione dell'ambiente di VitaVera è che nessun umano dovrà mai poter raggiungere un limite di sistema, perché se ci riuscisse, si chiederebbe immediatamente cosa c'è oltre.
Quindi, non potrà mai arrivare ai confini dell'universo e non troverà mai una particella che non si può dividere.
In effetti, a seconda dell'epoca in cui si decide di vivere, la dimensione dell'universo risulta diversa e coincide con la capacità di vedere che l'umanità ha in quell'epoca: oggi vediamo un universo di 15 miliardi di anni luce, mentre 500 anni fa, l'universo era grande solo quanto bastava per contenere la terra e il sole che girava intorno ad essa.
Il nostro corpo fisico come ogni altra cosa che riteniamo abbia una natura fisica è parte di questo universo virtuale ed è quindi altrettanto virtuale.
La parte trascendente della nostra mente è parte dell'universo reale ed è quindi altrettanto reale, ma è quiescente, assimilabile al concetto religioso di Anima, mentre la parte cosciente della nostra mente opera in questo universo virtuale.
Possiamo facilmente comprendere come sia possibile lo sdoppiamento della nostra mente, pensando ai nostri sogni.
Durante il sonno, la mente cosciente viene posta in uno stato di sospensione e durante le fasi R.E.M., il cervello è in grado di farci vivere esperienze totalmente scollegate da ciò che consideriamo la nostra vita reale; per brevi periodi viviamo quelle esperienze senza renderci conto dell'incongruenza.
In sintesi, questa vita nell'universo virtuale è come un sogno che stiamo avendo nell'Universo Reale.
Ma dove risiede la nostra mente trascendente?
Durante l'evoluzione dell'umanità, grazie all'ingegneria genetica ed all'ibridazione uomo-macchina, la mente umana ha potuto utilizzare supporti meno delicati rispetto ai neuroni biologici originari ed ha quindi raggiunto la possibilità dell'immortalità. I difetti provocati dall'invecchiamento sono stati eliminati ed è stata creata la possibilità d'interfacciarsi direttamente alla rete globale per lo scambio d'informazioni bypassando i meccanismi dell'interpretazione del linguaggio.
In effetti, anche le nostre coscienze reali vivono in questo universo virtuale, ma lo fanno nel tempo reale quello della sesta epoca, quella in cui il tempo è diventato irrilevante.
Oltre alla possibilità di vivere indefinitamente, la connessione alla rete globale ha reso ogni individuo praticamente onnisciente e virtualmente onnipotente. Avendo costante accesso a tutto lo scibile umano, come se si trovasse nella propria memoria, la mente di ognuno si è sviluppata, estesa fino a raggiungere una consapevolezza universale che comprende anche l'esistenza di ogni altro essere connesso alla rete.

Mario Barbella

Citazione di: Andrea Molino il 06 Luglio 2016, 22:56:57 PM
Eccomi...
Come promesso ho aggiornato il testo della mia ipotesi e riporto di seguito i link:
https://www.wattpad.com/story/74000705-mente-irreale
http://www.easytarg.com/Documents/Tutorials/MenteIrreale.pdf

Per non tediare troppo chi si è già sorbito la versione precedente, riporto di seguito la parte iniziale del testo (tralascio la cronologia perché è rimasta praticamente invariata a parte l'aggiunta dell'articolo segnalato da JEAN):

Buona Lettura!


Mente Irreale

La natura dell'Universo

Il senso della Vita

Teoria Cibernetica della Creazione (tutta da dimostrare).

Ovvero, l'informatica che incontra la filosofia.



Inquietudine e Ricerca

·Perché creare un universo così incredibilmente grande per uomo che vive sulla piccola Terra?
·Perché un Dio così grande dovrebbe creare l'uomo e poi essere infastidito dal fatto che l'uomo esprima la propria natura?
·Qualunque sia la colpa di un uomo come può essere giusta una punizione eterna come l'inferno?
·Considerata la natura dell'uomo, come può Dio concepire un Paradiso in cui l'uomo non avrebbe la possibilità di esprimerla?
Come conseguenza di questa inquietudine, per alcuni anni, rifiutai in modo praticamente totale tutto ciò che avesse a che fare con la Fede. Non che abbia cominciato a comportarmi in modo disonesto, ma smisi di partecipare alle funzioni religiose e iniziai ad interessarmi al gentil sesso.
Una volta uscito dal tunnel dell'adolescenza, però, ricominciai a sentire il bisogno di trovare risposta alle solite domande esistenziali.
La scienza non era in grado di rispondere alle domande che mi interessavano e paradossalmente richiedeva anch'essa vari atti di fede per ipotesi del tipo:
·L'universo è sempre esistito, oppure si espande e si contrae poi ne crea un altro, oppure ce ne sono infiniti...
·All'inizio c'era un punto in cui era concentrato tutto il potenziale, poi tutto ha iniziato a muoversi aumentando l'entropia, ma a un certo punto potrebbe anche tornare indietro (dipende a chi lo chiedi)
·La vita è scaturita spontaneamente da un brodo primordiale di elementi che per qualche strana ragione hanno deciso di andare contro l'entropia.
·L'intelligenza umana è semplicemente frutto dell'evoluzione indotta dalla selezione naturale.
·Dopo la morte non può esserci nulla
Così, iniziai a cercare di colmare le lacune: l'obbiettivo era quello di conquistare un minimo di serenità, semplicemente perché ho sempre sentito il bisogno di conoscere la verità delle cose o almeno una spiegazione che con contrasti con le altre cose che conosco e su cui baso i miei ragionamenti.
In altre parole, io non riesco ad accettare le incongruenze; ovviamente le incongruenze che vedo io, magari gli altri non le vedono e viceversa...
Le risposte che cerco, difficilmente potranno trovare una conferma sperimentale di tipo scientifico, ma secondo me la logica, in alcuni casi, può costituire di per sé una prova; ovviamente una cosa che a me sembra logica, magari ad altri sembra campata in aria e viceversa.
Il fatto è che la logica è assolutamente rigorosa ed indiscutibile quando viene applicata ad informazioni certe, ma io sto indagando questioni su cui si discute da millenni e non sono in grado di prescindere dal mio punto di vista.
Dopo queste doverose premesse, passo ad illustrare i passaggi logici (dal mio punto di vista) che mi hanno portato a concepire la teoria esposta in questo saggio.

L'Universo necessità di un creatore
Se l'universo fosse immutabile si potrebbe sostenere che è sempre esistito, ma nell'universo tutto si trasforma.
Tutto il potenziale che muove l'universo deve avere un'origine, cioè il fatto stesso che tutto si trasforma aumentando l'entropia, implica un punto d'origine in cui esisteva tutto il potenziale, il che implica che un'entità esterna all'universo abbia fornito il Potenziale.
Il fatto che tutto l'universo sia stato generato dall'interazione di tre sole semplici particelle, neutrone, protone ed elettrone che seguono delle leggi altrettanto semplici, implica che l'entità fonte del Potenziale, sia dotata di un'intelligenza che non fatico a definire Divina.
L'argomentazione è tanto complicata ed estesa da non ammettere una discussione capace di esito, anche se questo è auspicabile e, soprattutto possibile sempre che si riparta da un universo (globalità del tutto) diverso da quello da sempre presupposto e consolidato. Questo "diverso universo" sarebbe nient'altro che l'IO cosciente unico ed assoluto che IO assumo come principio assoluto dell'Universo.  Questo "IO", non è neppure il caso di dirlo, è un concetto diversissimo dal solito io, diciamo così, comune. L'IO cosciente ed unico sarebbe, niente meno, che l'Universo
Accettando l'IO cosciente tutto diventa più semplice almeno pel fatto che di colpo spariscono antichi problemi e quesiti impossibili anche rimangono problemi riguardo nella definizione delle Sue caratteristiche; va detto subito che queste difficoltà dipendono dall'assoluta autoreferenzialità che, detto in parole povere, è quella di parlare e ME stesso di ME stesso il ché auto-destabilizza ogni sistema di riferimento (inteso in senso oggettivo) che non sia la Singolarità centrale e generatrice che poi è l'IO, appunto.
Ci si potrebbe domandare: "ma questo IO è forse Dio?" no, perché Dio è "Conoscenza  assoluta" e Centro di una Campo interamente incluso in tale singolarità centrale, mentre l'IO, pur sempre Centro, non include l'intero campo della Conoscenza, da qui la sua "debolezza" e la sua caratteristica fallibilità.
Non oso andare oltre per tema di non essermi ben spiegato.  ::)
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

Donalduck

#51
La prima cosa che mi vien da dire a proposito de tuo intervento, Andrea, è che mi piace il fatto che, anziché rifarti a teorie e autori conosciuti (anche se ovviamente le tue idee saranno influenzate da letture e informazioni raccolte in vario modo), magari con citazioni e disquisizioni sul "vero significato" di questo o di quello, ti sei messo in gioco in prima persona, e hai deciso di "fare filosofia" in proprio. Una pratica che andrebbe incoraggiata.

Sul contenuto del saggio, in sintesi posso dire che, nonostante in generale mi abbia dato l'impressione di una pervasiva ingenuità e di insufficiente riflessione su diversi temi, ho trovato diverse idee interessanti e condivisibili.

Partiamo dalle critiche.

La prima ingenuità che mi è saltata agli occhi è quella di collocare una serie di passi avanti di enorme portata, fino ad arrivare a una virtualizzazione quasi completa della vita (e addirittura a una condizione di immortalità e "quasi onniscienza") in un arco temporale di soli cento anni (uno o più millenni sarebbe stato un po' più realistico). Si tratta di un aspetto marginale, ma che mi fa pensare a un'immaginazione un po' sbrigativa e poco meditata.

Parlando invece delle idee, quella che trovo più infondata (in base a quanto sappiamo e possiamo immaginare) è l'idea di una "realtà vera" contrapposta a "realtà virtuali". Secondo me questa impostazione mentale deriva a sua volta dall'idea, o dalla pretesa, di poter in qualche modo raggiungere, con la mente, con la conoscenza, l'assoluto. Dimenticando che tutta la conoscenza che la nostra mente può raggiungere è sempre e solo relativa. Quindi si può parlare di una realtà che è virtuale in relazione ad un'altra realtà, ma parlare di una realtà "vera" in assoluto, a mio parere non ha alcun senso, o almeno nessun senso oggettivabile.
Un videogioco, ad esempio, in cui la ma mente interagisce non solo con quella di chi ha preogettato e realizzato il software, ma anche di altri giocatori che manovrano altri personaggi virtuali, non è, in assoluto, né reale né irreale, ha semplicemente un tipo o una modalità di realtà diversa da quella del nostro mondo "reale". E si può dire che è "virtuale" rispetto alla nostra realtà quotidiana. Ma se vogliamo avventurarci nell'assoluto - che, ammesso che abbia una sua forma di "esistenza" è precluso a tutto ciò che usa segni per comunicare, quindi non solo il linguaggio, ma il pensiero in tutte le sue forme - non potremo che approdare a qualche forma di incongruenza. Come nel caso in cui ci si chieda l'"origine ultima" delle cose, è evidente che la regressione infinita è inevitabile. Quindi, per me, niente "origine ultima" e niente "realtà ultima", se non, semmai, come ineffabili e incriticabili esperienze della coscienza (la famosa "illuminazione") al di là di qualunque comunicabilità.

Se si adotta la linea di pensiero che suggerisco, "realtà" e "illusione", valgono solo in termini relativi, e l'illusione è semplicemente scambiare un tipo (o piano, o dimensione) di realtà per un altro. Se scambio un sogno per un fatto accaduto nella "normale" realtà, si tratta di un'illusione, ma il sogno in sé non è affatto un'illusione, non è meno reale della nostra quotidianità, sta solo su un piano di realtà differente.

Quindi, applicando questa impostazione al tuo saggio, eliminerei il concetto di "realtà vera" e metterei al centro il concetto di informazione, che secondo me è forse il più illuminante e prolifico che abbiamo attualmente a disposizione. Se riflettiamo sulla natura della nostra esperienza di vita, ci rendiamo conto che tutto è riconducibile a acquisizione ed elaborazione di informazioni. Le stesse sensazioni corporee non sono altro che informazioni che giungono alla coscienza. Pensiamo all'ipnosi: la cosiddetta "suggestione" (che consiste in un flusso di informazioni che giungono alla coscienza da un canale "anomalo", interferendo con quelle provenienti dalla "realtà", come potrebbe fare un virus informatico) riesce ad alterare anche in maniera eclatante le percezioni stesse (ad esempio provocare anestesia).

Anche nell'ambito della scienza e della filosofia, diverse correnti di pensiero cominciano a convergere nell'assegnare all'informazione il ruolo di "costituente base" della realtà. Il che non significa individuare una "realtà ultima", ma casomai la "materia" di cui sono fatte tutte le realtà. Da questo punto di vista, una realtà "virtuale" è una realtà costruita con elementi di un'altra realtà, non meno reale, ma dipendente da quest'ultima, e ovviamente meno complessa. E possiamo benissimo immaginare che la nostra realtà quotidiana sia virtuale rispetto a un altro piano di realtà, o, come hai fatto tu, pensare di creare, a partire da "questa" realtà, una realtà virtuale rispetto a quella "ordinaria" che imiti in quasi tutti gli aspetti la realtà di riferimento (ma quel "quasi" è ineliminabile, altrimenti le due realtà arriverebbero a coincidere).

Ma non dobbiamo dimenticare che l'informazione ha due "polarità": la fonte e la destinazione. Quest'ultima, perché il processo informativo abbia luogo, deve essere in grado di decodificare ed elaborare l'informazione, e quindi svolge un ruolo sia passivo che attivo. Non so se ti sia mai capitato di leggere i libri di Carlos Castaneda. Se no, ti consiglio di farlo. Castaneda, al di là di ogni valutazione sul grado di "veridicità" di quanto scrive (se si tratti di un resoconto veritiero, come l'autore sostiene, o di invenzioni della fantasia), contiene idee estremamente interessanti, in particolare quello che l'essere umano sia in grado di "visitare" altri mondi, modificando il modo in cui seleziona, organizza ed elabora le informazioni che giungono da un "substrato comune". Castaneda parla di uno "spostamento del punto d'unione" (ache non starò qui a tentare di spiegare) che funzionerebbe più o meno come la sintonia di un apparecchio radio o TV. Spostando il punto, cambia la "realtà" con cui ti sintonizzi. Per farsi un'idea del fenomeno prospettato si può pensare agli effetti di alcune sostanze psicoattive (di cui pure Castaneda parla diffusamente) o alle "allucinazioni" che si verificano in certi stati ritenuti patologici. La realtà comune  non cambia, ma il soggetto la percepisce in un modo diverso dal solito.
Queste idee ci fanno capire come le possibilità di variazione della realtà, o meglio delle diverse realtà, che la nostra immaginazione ci consente di concepire, siano quasi infinite. E aggiungo che considero il fatto che certe cose possano essere immaginate, è qualcosa di assai significativo di per sé, costituendo un indizio di una sua possibile forma di realtà o realizzabilità.

Per ora mi fermo qui (altrimenti finirei con lo scrivere anch'io un saggio), ripromettendomi di continuare in prossimi interventi (e arrivare anche alle idee del tuo scritto che considero più interessanti).

Andrea Molino

Citazione di: Donalduck il 22 Luglio 2016, 22:10:58 PM
La prima cosa che mi vien da dire a proposito de tuo intervento, Andrea, è che mi piace il fatto che, anziché rifarti a teorie e autori conosciuti (anche se ovviamente le tue idee saranno influenzate da letture e informazioni raccolte in vario modo), magari con citazioni e disquisizioni sul "vero significato" di questo o di quello, ti sei messo in gioco in prima persona, e hai deciso di "fare filosofia" in proprio. Una pratica che andrebbe incoraggiata.
Grazie!

Sul contenuto del saggio, in sintesi posso dire che, nonostante in generale mi abbia dato l'impressione di una pervasiva ingenuità e di insufficiente riflessione su diversi temi, ho trovato diverse idee interessanti e condivisibili.

Partiamo dalle critiche.

La prima ingenuità che mi è saltata agli occhi è quella di collocare una serie di passi avanti di enorme portata, fino ad arrivare a una virtualizzazione quasi completa della vita (e addirittura a una condizione di immortalità e "quasi onniscienza") in un arco temporale di soli cento anni (uno o più millenni sarebbe stato un po' più realistico). Si tratta di un aspetto marginale, ma che mi fa pensare a un'immaginazione un po' sbrigativa e poco meditata.
Forse 100 anni non saranno sufficienti per una trasformazione di una tale portata, ma se paragono la vita di mio figlio quindicenne a quella di mio nonno che aveva 15 anni all'inizio del 1900 e poi faccio un'estrapolazione per i prossimi 100 anni, non faccio fatica a immaginare la possibilità di vivere in VR.
Ammetto di aver scelto un orizzonte temporale che mi consentisse di verificare la mia ipotesi ;-). Inoltre volevo che anche il lettore provasse ad immaginare di arrivarci...
Che siano 100, 200 o 1000 anni, a mio parere non fa molta differenza: mi interessa il fatto che la possibilità esiste e se esiste potrebbe essersi già verificata e noi potremmo esserci già dentro.
Non sono mai stato sbrigativo e ti assicuro che ho meditato su questa ipotesi per anni (il che non implica che sia un'ipotesi campata in aria ;-) 


Parlando invece delle idee, quella che trovo più infondata (in base a quanto sappiamo e possiamo immaginare) è l'idea di una "realtà vera" contrapposta a "realtà virtuali". Secondo me questa impostazione mentale deriva a sua volta dall'idea, o dalla pretesa, di poter in qualche modo raggiungere, con la mente, con la conoscenza, l'assoluto. Dimenticando che tutta la conoscenza che la nostra mente può raggiungere è sempre e solo relativa. Quindi si può parlare di una realtà che è virtuale in relazione ad un'altra realtà, ma parlare di una realtà "vera" in assoluto, a mio parere non ha alcun senso, o almeno nessun senso oggettivabile.
Un videogioco, ad esempio, in cui la ma mente interagisce non solo con quella di chi ha preogettato e realizzato il software, ma anche di altri giocatori che manovrano altri personaggi virtuali, non è, in assoluto, né reale né irreale, ha semplicemente un tipo o una modalità di realtà diversa da quella del nostro mondo "reale". E si può dire che è "virtuale" rispetto alla nostra realtà quotidiana. Ma se vogliamo avventurarci nell'assoluto - che, ammesso che abbia una sua forma di "esistenza" è precluso a tutto ciò che usa segni per comunicare, quindi non solo il linguaggio, ma il pensiero in tutte le sue forme - non potremo che approdare a qualche forma di incongruenza. Come nel caso in cui ci si chieda l'"origine ultima" delle cose, è evidente che la regressione infinita è inevitabile. Quindi, per me, niente "origine ultima" e niente "realtà ultima", se non, semmai, come ineffabili e incriticabili esperienze della coscienza (la famosa "illuminazione") al di là di qualunque comunicabilità.
In generale hai ragione, ma la realtà che ho definito "vera" lo è solo per distinguerla da quella "virtuale", e non ha una valenza di "assoluto".
Credo che converrai che spiegare questa ipotesi sia piuttosto complicato, per cui per cercare di rendere comprensibile il senso generale, ho dovuto fare delle semplificazioni.
Durante una discussione si possono considerare tutta una serie "estensioni", ma non volevo mettermi a descrivere una "matrioska di multi-versi relativamente virtuali" perché il mio intento è di "provocare" il lettore interessato, in modo che provi a portare avanti il ragionamento nella direzione che preferisce e ne parli con me.
Per quanto riguarda, la "realtà ultima", a me intanto interessa capire quello che per me, nella mia realtà, è "ultimo".
Se poi un giorno mi ritroverò in un qualche Aldilà, mi metterò a ragionare sul "ultimo" successivo.


Se si adotta la linea di pensiero che suggerisco, "realtà" e "illusione", valgono solo in termini relativi, e l'illusione è semplicemente scambiare un tipo (o piano, o dimensione) di realtà per un altro. Se scambio un sogno per un fatto accaduto nella "normale" realtà, si tratta di un'illusione, ma il sogno in sé non è affatto un'illusione, non è meno reale della nostra quotidianità, sta solo su un piano di realtà differente.

Quindi, applicando questa impostazione al tuo saggio, eliminerei il concetto di "realtà vera" e metterei al centro il concetto di informazione, che secondo me è forse il più illuminante e prolifico che abbiamo attualmente a disposizione. Se riflettiamo sulla natura della nostra esperienza di vita, ci rendiamo conto che tutto è riconducibile a acquisizione ed elaborazione di informazioni. Le stesse sensazioni corporee non sono altro che informazioni che giungono alla coscienza. Pensiamo all'ipnosi: la cosiddetta "suggestione" (che consiste in un flusso di informazioni che giungono alla coscienza da un canale "anomalo", interferendo con quelle provenienti dalla "realtà", come potrebbe fare un virus informatico) riesce ad alterare anche in maniera eclatante le percezioni stesse (ad esempio provocare anestesia).
OK! Terminolgia a parte, mi sembra che tu stia percorrendo, più o meno i miei ragionamenti.
Come ho scritto nella prefazione, durante la scrittura del saggio, ho dovuto fare i conti con i limiti espressivi delle parole (ed i miei) e ho dovuto fare delle scelte: in qualche modo dovevo distinguere ciò che la gente comunemente definisce Realtà con altri tipi di percezione.

Anche nell'ambito della scienza e della filosofia, diverse correnti di pensiero cominciano a convergere nell'assegnare all'informazione il ruolo di "costituente base" della realtà. Il che non significa individuare una "realtà ultima", ma casomai la "materia" di cui sono fatte tutte le realtà. Da questo punto di vista, una realtà "virtuale" è una realtà costruita con elementi di un'altra realtà, non meno reale, ma dipendente da quest'ultima, e ovviamente meno complessa. E possiamo benissimo immaginare che la nostra realtà quotidiana sia virtuale rispetto a un altro piano di realtà, o, come hai fatto tu, pensare di creare, a partire da "questa" realtà, una realtà virtuale rispetto a quella "ordinaria" che imiti in quasi tutti gli aspetti la realtà di riferimento (ma quel "quasi" è ineliminabile, altrimenti le due realtà arriverebbero a coincidere).
La mia ipotesi prevede che la nostra realtà (inconsapevolmente virtuale) sia proprio la stessa in cui operiamo (consapevolmente) in quanto umani del futuro che vivono grazie ad un supporto vitale in un mondo che definisco fisico. Le due (semplificando) realtà coincidono a meno del tempo percepito. Per il resto, il fatto che" puoi benissimo immaginare che la nostra realtà sia virtuale rispetto ad un altro piano di realtà", è il risultato che volevo ottenere! 

Ma non dobbiamo dimenticare che l'informazione ha due "polarità": la fonte e la destinazione. Quest'ultima, perché il processo informativo abbia luogo, deve essere in grado di decodificare ed elaborare l'informazione, e quindi svolge un ruolo sia passivo che attivo. Non so se ti sia mai capitato di leggere i libri di Carlos Castaneda. Se no, ti consiglio di farlo. Castaneda, al di là di ogni valutazione sul grado di "veridicità" di quanto scrive (se si tratti di un resoconto veritiero, come l'autore sostiene, o di invenzioni della fantasia), contiene idee estremamente interessanti, in particolare quello che l'essere umano sia in grado di "visitare" altri mondi, modificando il modo in cui seleziona, organizza ed elabora le informazioni che giungono da un "substrato comune". Castaneda parla di uno "spostamento del punto d'unione" (ache non starò qui a tentare di spiegare) che funzionerebbe più o meno come la sintonia di un apparecchio radio o TV. Spostando il punto, cambia la "realtà" con cui ti sintonizzi. Per farsi un'idea del fenomeno prospettato si può pensare agli effetti di alcune sostanze psicoattive (di cui pure Castaneda parla diffusamente) o alle "allucinazioni" che si verificano in certi stati ritenuti patologici. La realtà comune  non cambia, ma il soggetto la percepisce in un modo diverso dal solito.
Queste idee ci fanno capire come le possibilità di variazione della realtà, o meglio delle diverse realtà, che la nostra immaginazione ci consente di concepire, siano quasi infinite. E aggiungo che considero il fatto che certe cose possano essere immaginate, è qualcosa di assai significativo di per sé, costituendo un indizio di una sua possibile forma di realtà o realizzabilità.
Ovviamente non ho presunzione di pensare  che la mia ipotesi sia del tutto originale, anzi ho citato tutte le fonti da cui ho attinto.
Non ho letto Castaneda, ma mi sembra di capire che le sue idee siano affini a quelle di molti pensatori più intelligenti di me e dal mio punto di vista le loro idee costituiscono altrettanti indizi a sostegno della mia ipotesi.

Qual'è, allora, la mia utilità?
Il mio compito è quello di banalizzare pensieri di altissimo livello scientifico e filosofico in modo da abbassarli da un piano teorico, a cui solo pochi possono accedere, ad un piano pratico accessibile a molti, in cui le cose si possono realizzare "veramente".
Dal mio punto di vista, la novità della mia ipotesi è che descrive un Aldilà (compatibile con quelli immaginati da tutti i popoli), ma non richiede interventi divini... possiamo fare tutto da soli... e forse lo abbiamo già fatto.


Per ora mi fermo qui (altrimenti finirei con lo scrivere anch'io un saggio), ripromettendomi di continuare in prossimi interventi (e arrivare anche alle idee del tuo scritto che considero più interessanti).
Aspetto le prossime critiche ;-)
Mi scuso se rispondo solo ora, ma ero in ferie...
Ti ringrazio per il tuo intervento e cerco di rispondere alle tue critiche in BLU

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