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Sostanza dell'essere

Aperto da Mariano, 01 Dicembre 2021, 22:49:54 PM

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viator

Salve iano. Capire, secondo me, consiste nell'essere capaci di mettere in relazione il sè con il "fuori di sè", ricavando un percorso logico tra le cause ed i loro effetti (percorso ovviamente sempre limitato dall'ambito dei nostri sensi e delle nostre esperienze).

Una volta ricavato il percorso (la sequenza delle cause e dei relativi effetti), diventiamo consapevoli che tale percorso (ed ogni volta che crediamo di capire sarà perchè avremo individuato uno specifico percorso) risultava "vero" ed efficace in passato, è vero ed efficace nel momento in cui lo "capiamo", risulterà per sempre vero ed efficace anche in futuro (ovviamente al replicarsi della stessa identica catena di cause-effetti che abbiamo "capito".

Quindi la comprensione - come d'altra parte già noto - altro non è che una forma di consapevolezza, cioè una conseguenza FUNZIONALE dell'esistenza in noi di una COSCIENZA.

Trattandosi necessariamente - come ho detto - del relazionarsi tra un fuori ed un dentro di sè, ovvio che mai potremo capacitarci di cosa la coscienza sia in via essenziale, poichè la ricerca della radice coscenziale consiste invece nella semplice autocontemplazione, cioè nello specchiarsi di un sè che vorrebbe "relazionarsi" con il sè. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

La storia naturale dei viventi ha avuto mille volte il tempo della storia naturale della nostra specie per produrre una coscienza autocosciente, attraverso stadi sempre più organizzati e complessi di attività biologica. È bastato dare tempo al tempo e l'evoluzione ha fatto il suo lavoro. Che ha un aspetto vagamente teleologico,  perché solo la materia biologica meglio organizzata rispetto all'ambiente, non certo ameno di vita, ha goduto del successo evolutivo.

Tra le strategie di affermazione vi è la capacità di piegare le leggi naturali dalla propria parte a compensazione dei deficit fisiologici. Capacità che si chiama intelligenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2021, 19:20:10 PM
La storia naturale dei viventi ha avuto mille volte il tempo della storia naturale della nostra specie per produrre una coscienza autocosciente, attraverso stadi sempre più organizzati e complessi di attività biologica. È bastato dare tempo al tempo e l'evoluzione ha fatto il suo lavoro. Che ha un aspetto vagamente teleologico,  perché solo la materia biologica meglio organizzata rispetto all'ambiente, non certo ameno di vita, ha goduto del successo evolutivo.

Tra le strategie di affermazione vi è la capacità di piegare le leggi naturali dalla propria parte a compensazione dei deficit fisiologici. Capacità che si chiama intelligenza.

Salve Ipazia. Bravina come raramente sai essere (nel senso che "normalmente" tu sei "super").

Preferirei però parlare di adattamento e/o sfruttamento delle leggi naturali, le quali io considero del tutto FERREE, poichè tra l'altro è proprio "grazie" ad esse leggi naturali che noi poveracci risultiamo talvolta in grado di ADATTARVISI e di SFRUTTARLE. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

A me sembra che il concetto di coscienza non sia così misterioso e inspiegabile. Come ho già scritto altrove va specificato il senso che vogliamo attribuire al termine, poiché vi sono almeno tre significati diversi di coscienza. Se ci limitiamo a quello più nobile, con esso intendiamo la capacità di riflettere su noi stessi e sul nostro essere nel mondo, che possiamo chiamare anche autocoscienza o coscienza critica. Quando da bambini iniziamo a chiedere perché, iniziamo ad esercitare quel tipo di coscienza. Ma come sanno i cultori dello yoga, la capacità di pensare sè stessi è un esercizio mentale e corporeo allo stesso tempo ed è appunto un esercizio. Ovvero la coscienza, in questa accezione, è il risultato di premesse biologiche peculiari di homo sapiens, e in primo luogo (ma non solo) di un cervello estremamente complesso. In secondo luogo, la coscienza è anche il risultato di un percorso culturale che è in divenire e che conosce differenze concettuali in relazione alla cultura di appartenenza. Inoltre la coscienza di sè è sempre anche coscienza del gruppo di appartenenza. Una coscienza di sè individuale non esiste se non nei termini di coscienza della propria entità biologica necessariamente connessa alla sopravvivenza. Ma parliamo allora di un significato di coscienza diverso da quello di cui parlavo in principio.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve jacopus. Citandoti : "A me sembra che il concetto di coscienza non sia così misterioso e inspiegabile. Come ho già scritto altrove va specificato il senso che vogliamo attribuire al termine, poiché vi sono almeno tre significati diversi di coscienza. Se ci limitiamo a quello più nobile, con esso intendiamo.....................................".

Scusa ma non capisco. Chi distribuisce i titoli e le patenti di nobiltà ? Quelli che li hanno inventati, cioè noi stessi come genere umano ?.

Chi l'ha detto che i lombrichi non possiedano l'auto o l'eterocoscienza ? Sempre noi stessi, solo perchè noi della coscienza parliamo (ovviamente nobilitandola), mentre i lombrichi magari non ne parlano poichè dediti ad altre e più vitali incombenze, oppure perchè trovano banale ciò che noi troviamo "super", "esclusivo", "meraviglioso".....?? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

buonasera Viator. Ti invito a rileggere attentamente quello che avevo scritto. Ad ogni modo, dubito fortemente che i lombrichi siano in grado di domandarsi "perchè sono un bruco e non una farfalla (senza sapere che forse un domani saranno proprio una farfalla)?. Neppure credo siano in grado di domandarsi "qual'è il senso della mia vita di lombrico? Cosa sarà di me dopo la morte e cosa sarà dei miei lombrichini, da me generati?" Questa è la coscienza che è appannaggio di homo sapiens e probabilmente in misura minore dei mammiferi superiori. Il lombrico ha sicuramente un altro tipo di coscienza, quella che gli permette di sopravvivere.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

 @ Viator,
il problema non è definire la coscienza, ma dimostrarla secondo la scienza moderna. Di definizioni su dizionari e quant'altro, ve ne sono.
Il problema è della scienza moderna che crede solo in ciò che vede e percepisce sensorialmente e che viene giudicato come  dimostrato sperimentalmente ( anche se la scienza attuale si sta allontanando ormai dal metodo classico).
Quindi la coscienza è, esiste; è la scienza che non riesce a dimostrarlo.


La materia è un termine moderno, la sostanza più antico.
La materia è ciò che emerge e appare di un fenomeno, è concettualmente più scientifico che filosfico; mentre la sostanza era ritenuta come insieme di forma e di cosa (non necessariamente solo materiale).
La forma è proprio ciò che "leggiamo" della materia, che linguisticamente rappresentiamo in segni (scrittura, numeri).
Il paradosso delle scienze moderne è usare strumenti di cui la scienza non sa dimostrare, ma appunto usa: matematica, logica, geometria, segni, simboli,insomma linguaggi che non appartengono al regni del minerale. vegetale e animale.


@Iano


Ribadisco: o scienza moderna o filosofia, in mezzo c'è solo "casino".
La scienza moderna finché non dimostra, non fa scienza, fa opinionismo.
Filosoficamente invece la sostanza dell'essere, anche in termini spirituali come l'ipostasi, sono ampiamente dibattuti.
Il meccanicismo causa-effetto è la vecchia e classica scienza, che sussiste, ma con con altre concezioni come quelle organicistiche, come quelle probabilistiche delle indeterminazioni quantistiche, ecc. La scienza insomma si è storicamente........incasinata.


Si spiega che la modernità fa epistemologia (che è la gnoseologia filosofica applicata alle scienze), quindi ha esaltato i processi della conoscenza, il cognitivo, ma ha perso totalmente l'ontologia che è il fondamento della metafisica . L'ontologia è la disciplina dell'essere e se la coscienza è, allora esiste e ha consistenza quanto il bene e il male esistono e hanno consistenza.


Il tuo discorso, è un paradosso.
E' come dire: mi guardo allo specchio , ho coscienza di me stesso ( e nessun animale ha coscienza come l'uomo di se stesso davanti ad uno specchio). Posso dire tutto e il contrario di tutto, posso dire che ho o che non ho coscienza, posso quindi accettarla o negarla e intanto continuo a guardarmi allo specchio. Ma già l'accettare o il negare la coscienza, già il discuterne dimostra che si ha coscienza.


Accettiamo di capire una mela, una sedia, un computer e di non capire una coscienza?
E' o non è EVIDENTE che si ha una coscienza nel momento in cui si discute o si riflette di essa o di altro, diversamente cosa decide cosa? Intendo dire, cosa è lo strumento che sta ragionando, riflettendo e poi scrivendo di coscienza , se non la stessa coscienza?


Dire che non occorre sapere che si ha coscienza per parlare di coscienza ad esempio, è come dire che si vive senza sapere di vivere. E allora sorge un'altra domanda più importante, perché abbiamo una coscienza così d'aver coscienza, di essere presenti a tutti i problemi che l'esistenza pone?
Questa è vera filosofia, perché porta al senso e significato dell'esistenza e quindi ontologicamente dell'Essere.
Che ci facciamo al mondo e perché devo avere coscienza della domanda?


Come fa il caso a determinare ordine: quale è la dimostrazione matematica ? Se tutto avesse una teleologia, significa che ogni cosa si muove seguendo un fine, uno scopo : m da chi o cosa sarebbe determinato questo scopo. Tolto il "chi", rimane un principio indeterminato che è impossibilitato a dimostrare il perché esista un ordine. Quindi o si ritorna al "chi", oppure si rimane nel "limbo" ignorante scientificamente, di constatare evidenze che non sono dimostrabili.

Ipazia

La scienza nasce fenomenologica, induttiva. Poi diviene deduttiva e comincia a legificare. Questo non è  "casino" ma è il modo umano di conoscere se stesso e il mondo. Casino è inventare distinzioni artificiose tra conoscenza, episteme e gnosi. Casino metafisico che lancia la mente oltre l'abisso della propria ignoranza con gli esiti che conosciamo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: Jacopus il 03 Dicembre 2021, 21:27:27 PM
buonasera Viator. Ti invito a rileggere attentamente quello che avevo scritto. Ad ogni modo, dubito fortemente che i lombrichi siano in grado di domandarsi "perchè sono un bruco e non una farfalla (senza sapere che forse un domani saranno proprio una farfalla)?. Neppure credo siano in grado di domandarsi "qual'è il senso della mia vita di lombrico? Cosa sarà di me dopo la morte e cosa sarà dei miei lombrichini, da me generati?" Questa è la coscienza che è appannaggio di homo sapiens e probabilmente in misura minore dei mammiferi superiori. Il lombrico ha sicuramente un altro tipo di coscienza, quella che gli permette di sopravvivere.
Io credo che ammettere una coscienza diffusa significhi porre una ipotesi che male che vada risulterà innocua.
Ammettere il contrario invece non credo che ci aiuti.
La prima difficoltà consiste nello stilare con certezza la classifica degli esseri coscienti, partendo dalla certezza che noi lo siamo.
Più pratico mi pare ammettere che solo la materia non ha coscienza, che vale anche come una definizione generale di materia.
Distinguiamo cioè fra ciò che si comporta secondo le pure leggi di natura , quindi senza predittivita', e chi è stato informato da quelli leggi in modo funzionale.
Se vogliamo caratterizzarci invece come portatori di coscienza per eccellenza il rischio è di farci sfuggire l'essenza del problema che consiste nel fatto che "certa materia" non si comporta da "pura materia".
Si potrà poi discutere come e perché questo comportamento "anomalo" "violi" le leggi naturali, nel senso che va' oltre.
Ci potremo allora concentrare nel dirimere forme di aggregati materiali da altre forme in senso funzionale.
Se definiamo quale sia l'effetto della coscienza possiamo studiare la questione partendo dai fenomeni di base, senza preoccuparci subito dell'autocoscienza la cui spiegazione sperabilmente da queste indagini  potrà sorgere.
A cosa serve complicare l'indagine ponendo fra la materia è la vita cosciente una vita incosciente, se poi non abbiamo modo di porre con certezza operativa  i confini fra queste categorie?
Io mi limiterei a manipolare ciò che con certezza si può manipolare, evitando di assumere ipotesi in modo inconsapevole.
Iniziamo con l'evitare di chiederci come faccia la coscienza a sorgere dalla materia, perché da un punto di vista logico non vedo questa necessità?
Al massimo è una ipotesi di lavoro, fin sui usata con scarso successo.
Forse è arrivato il momento di porre consapevolmente ipotesi alternative, per vedere l'effetto che fa'.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La coscienza nasce dalla materia nel momento in cui la materia, divenuta biologica, deve aguzzare l'ingegno per badare alla propria sopravvivenza. I passaggi, concordo con iano, conviene darli per acquisiti e occuparci piuttosto della nostra coscienza, con tutti i dilemmi esistenziali e, soprattutto, etici , con cui deve quotidianamente fare i conti.

Se ai tempi di Aristotele la conoscenza della sostanza di onta e res era assai vaga, oggi la sostanza è arcinota fino a livelli subatomici e parlare di ontologia in sede filosofica significa fare archeologia antropologica. Oggi il luogo sovrano del dominio filosofico è l'etica, inclusa la bioetica. La distruzione covidemica della ragione dovrebbe chiamare tutti i filosofi degni di questo nome a disseppellire l'ascia di guerra. Mi risulta che dalle nostre parti abbiano risposto solo Fusaro, Agamben e Cacciari. Tralascio per carità di patria filosofica, Galimberti. Altrove: calma piatta, annichilimento della "sostanza" filosofica. Per dirla con Tacito: hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato omologazione solidarietà.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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viator

Salve Ipazia. Non vorrei contraddire la tua profonda esperienza di chimica ma l'affermare che "oggi la sostanza è arcinota fino a livelli subatomici" lo trovo abbastanza proditorio.

Meglio di me tu sai che ai confini della chimica c'è l'atomo, il cui comportamento è scientificamente strutturato e "certificato".

Al di sotto dell'atomo esiste la teoria atomica circa la struttura dello stesso atomo.........la quale è abbastanza convincente e............in mancanza di meglio ci va bene così.

Ma il "subatomico" resta per noi un mondo di MODELLI e di TEORIE e non certo di conclamate "verità" scientifiche.


Accontentiamoci quindi dei pallidi fantasmi emergenti dai reticoli atomici mostrati dal microscopio elettronico. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

L'atomo è stato scisso nelle sue parti costituenti fin dai tempi di Fermi e della molteplicità di applicazioni che sfruttano l'interazione tra atomi e particelle subatomiche a Hiroshima e Chernobil se lo ricordano ancora.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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iano

#27
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2021, 14:19:02 PM
La coscienza nasce dalla materia nel momento in cui la materia, divenuta biologica, deve aguzzare l'ingegno per badare alla propria sopravvivenza. I passaggi, concordo con iano, conviene darli per acquisiti e occuparci piuttosto della nostra coscienza, con tutti i dilemmi esistenziali e, soprattutto, etici , con cui deve quotidianamente fare i conti.

Se ai tempi di Aristotele la conoscenza della sostanza di onta e res era assai vaga, oggi la sostanza è arcinota fino a livelli subatomici e parlare di ontologia in sede filosofica significa fare archeologia antropologica. Oggi il luogo sovrano del dominio filosofico è l'etica, inclusa la bioetica. La distruzione covidemica della ragione dovrebbe chiamare tutti i filosofi degni di questo nome a disseppellire l'ascia di guerra. Mi risulta che dalle nostre parti abbiano risposto solo Fusaro, Agamben e Cacciari. Tralascio per carità di patria filosofica, Galimberti. Altrove: calma piatta, annichilimento della "sostanza" filosofica. Per dirla con Tacito: hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato omologazione solidarietà.
Ciao Ipazia.
Non è che voglio dare per acquisiti i passaggi, ma contesto il fatto stesso che vi sia necessariamente  un passaggio, e che abbia una direzione dal più semplice al piu' complesso, solo perché sembra logico pensarlo.
Proviamo quantomeno a pensare al percorso inverso, o anche a nessun percorso.
Ci scervelliamo a immaginare come la coscienza possa essere nata a partire dalla materia incosciente, ma chi ci dice che questo passaggio sia davvero avvenuto?
In fondo la materia, quantomeno nel modo in cui la percepiamo , è un prodotto della coscienza, e la sua sostanza non è cambiata in tal senso quando abbiamo iniziato a guardarla con gli occhi della scienza.
Abbiamo fin qui parteggiato , chi per un tipo di visione, chi per l'altra, mancando di valutare la ricchezza che deriva dal possedere diversi punti di vista. Oppure forse si?
Mi pare che manchi appunto questa riflessione.
Sappiamo storicamente cosa significhi l'essere per un tipo di visione, chiediamoci cosa significhi per la visione scientifica, e proviamo a porli a confronto. Qualunque possa essere questa visione, l'essere in quanto tale ha fatto il suo tempo.
Non è che io pretenda di giungere così alla verità dell'essere, perché mi sembra una pura perdita di tempo, ma a un paradigma dell'essere più adeguato alle conoscenze acquisite nel frattempo.
Non propongo in verità una operazione che nella sostanza differisca dal trovare di volta in volta la sostanza dell'essere nell'aria, nell'acqua e così via, ma anzi di portare avanti il processo adeguandolo ai tempi.
Se la visione classica ha prodotto un essere in quanto tale, posso ben aspettarmi che la visione scientifica ne proponga un altro.
Sembra che a fronte di un progresso scientifico dirompente , altro non abbia fatto la filosofia finora che rimasticare vecchi paradigmi, a gloria dei vecchi filosofi che mostrano così inattesa e meritoria attualita, ma anche a demerito nostro che non abbiamo saputo far altro che rimasticare i loro paradigmi.
Il progresso, se così si può dire, non sta nel dare risposte alle nostre domande, ma nel riformularle meglio.
Chiedersi come faccia la coscienza a sorgere dalla materia è una domanda che ha fatto le ragnatele.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Coscienza, Essere, a sentire sin qui i discorsi a me vien quasi da pensare che si tratti della stessa cosa, due termini fuggevoli e pure così pregnanti. Certo dovrebbe essere che siamo gli unici ad usarli. Ma quella che noi chiamiamo "coscienza" non possiamo trasporla al mondo degli atomi? Può esserci qualcosa di assimilabile alla coscienza in un atomo? Uno status di quell'ente che lo mette in relazione all'ambiente? Concetti tipo l'affinità elettronica oppure l'elettronegatività, oppure il punto di fusione, o quello di ebollizione, non rappresentano in qualche modo la conoscenza che non è saputa dall'atomo stesso eppure che determina la sue forme di vita in relazione alle sue potenziali azioni? La coscienza potrebbe pertanto essere uno status che ti permette uno spazio di gioco più o meno ampio, più o meno costretto rispetto all'ambiente che ti sovrasta

iano

#29
Citazione di: daniele22 il 04 Dicembre 2021, 21:47:53 PM
Coscienza, Essere, a sentire sin qui i discorsi a me vien quasi da pensare che si tratti della stessa cosa, due termini fuggevoli e pure così pregnanti. Certo dovrebbe essere che siamo gli unici ad usarli. Ma quella che noi chiamiamo "coscienza" non possiamo trasporla al mondo degli atomi? Può esserci qualcosa di assimilabile alla coscienza in un atomo? Uno status di quell'ente che lo mette in relazione all'ambiente? Concetti tipo l'affinità elettronica oppure l'elettronegatività, oppure il punto di fusione, o quello di ebollizione, non rappresentano in qualche modo la conoscenza che non è saputa dall'atomo stesso eppure che determina la sue forme di vita in relazione alle sue potenziali azioni? La coscienza potrebbe pertanto essere uno status che ti permette uno spazio di gioco più o meno ampio, più o meno costretto rispetto all'ambiente che ti sovrasta
L'hai detto tu. Io non avevo il coraggio di dirlo.
Ma forse si può dire meglio.
Il problema non è se la coscienza sorge dalla materia o se la materia sorge dalla coscienza, ma di dare definizioni, magari arbitrarie, ma che siano operative.
Paradossalmente ci chiediamo come la coscienza possa sorgere dalla materia soggetta alle leggi fisiche, quando la coscienza ne sembra la negazione.
La coscienza si serve della conoscenza delle leggi fisiche per deviare il senso della storia che esse da sole scriverebbero.
La coscienza stravolge la storia della materia.
Quindi il discrimine fra materia e coscienza è da porre in questo punto di rottura.
Se un virus non si comporta come pura materia, allora ammettiamo che abbia coscienza.
C'è plus facile.
Nella nuova storia che potremmo scrivere bisognerebbe ammettere che caso e necessità si rimandino  continuamente la palla.
Non c'è un mondo che nasce dal caos una volta per tutte, perché , che la coscienza sia venuta dopo la materia la quale è sorta dal caos, ciò comporta un biglietto di ritorno al caos , con il libero arbitrio che ciò consente..
La coscienza produce caos in modo deterministico, per dirla con amore del paradosso.
So' che succede quello se decido di fare questo, e lo decido perché ho coscienza, ma nessuno può dire cosa deciderò, nemmeno io, che vale come una perfetta descrizione del caos.


Nel corso di questa discussione ho fatto una riflessione della quale mi autocompiaccio.
Dico che la sostanza dell'ordine è il caos. È una affermazione apparentemente ermetica.
Ma equivale a dire che una figura geometrica è fatta di punti.
Si ,ma non puoi costruirla mettendo un punto dietro l'altro, anche se gli antichi greci questo favecano finché non sono incappati nel problema dell'incommesurabilita'.
Va bene, un certo ermetismo rimane, perché è una intuizione rimasta a metà.



Viator ha comunque ragione a fustigarci sull'uso auto esaltante che facciamo della coscienza, non perché sia un peccato in se', ma perché non ci aiuta a far chiarezza. Dobbiamo infatti aggiungere diversamente alla materia, non la semplice vita, ma una vita cosciente e un altra no senza essere capaci poi di individuare il discrimine fra le due vite.
L'assurdità di questi assunti appare meglio se invece di considerare due tipi di vita , consideriamo in modo del tutto equivalente due tipi di materia, uno che obbedisce alle leggi fisiche in modo determinato e l'altro no.
In questa nuova versione del gioco delle tre carte la sua insostenibilità' meglio appare.


Cambia qualcosa nel capire cosa sia la coscienza in questo nuovo quadro?
Intanto ne abbiamo posto con certezza scientifica il confine, e non è poco.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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