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Sostanza dell'essere

Aperto da Mariano, 01 Dicembre 2021, 22:49:54 PM

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iano

#45
In altri termini, posto che dai miei precedenti post si evince in che senso ho usato i termini mondo e realtà , il fatto che noi riusciamo a descrivere un mondo in senso funzionale, non perciò esso coincide, o anche solo si approssima perciò alla realtà , la quale rimane per noi solo la necessaria ipotesi senza cui quel mondo non possiamo derivare.
Quali che siano gli esseri che popolano questi mondi, questi racconti, queste costruzioni, in assoluto è inessenziale.
Quel che conta è che ci sia un possibile mondo in cui vivere, il quale essendo però un racconto lo si può cambiare.
Non perciò tutto deve apparirci gratuito per sentirci poi la terra mancare sotto ai piedi.
Gli atomi però non hanno una sostanza diversa da un sopra ed un sotto, coi quali ci rapportiamo con la reale, pur non esistendo in assoluto.
Quel che è importante sapere è che se anche domani cambiasse il grado di esistenza con cui ci appaiono, non perciò dovremo smettere di usarli, come continuiamo a riferirci a un sopra e un sotto.
L'essere non esiste senza un motivo ed è quel motivo a generarlo.
L'essere in quanto tale non abbisogna invece che di se stesso.
Esiste senza un motivo.
Come può dirsi che il metterlo in dubbio è operazione nichilistica, quando esso stesso è la massima espressione del nichilismo?
Mettendo in dubbio l'essere si mette in dubbio ciò che su di esso si è costruito, e l'operazione può allarmarci solo se crediamo che non ci siano costruzioni alternative, e crediamo quindi che le cose  stanno così  perché non potrebbero diversamente stare, ciò perché confondiamo "il nostro mondo" con la realtà sul quale è costruito.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Rolando

La nostra identità non resta solo nel corpo fisico o nel dna etc., e la sostanza non "genera coscienza". È la coscienza che genera il corpo fisico. Il corpo fisicio è uno strumento attraverso cui l'essere vivente, in virtù della coscienza, si esprime e si manifesta .....

daniele22

@iano
Sai ben che il mio pensiero intende che noi possiamo conoscere della realtà solo ciò che nella realtà è significativo. A tali significazioni noi umani siamo usi a dare un nome, ad esempio Dio, atomo, coscienza, l'essere, pietra etc. Accade pure che parole tipo Dio, oppure coscienza, oppure l'essere, non abbiano dei riscontri sensibili nella realtà condivisa.
Dopodiché, ogni sostantivo rappresenta un'idea, un'astrazione, ma il suo contenuto non è necessariamente intersoggettivo, nel senso che l'albero non ha la stessa significatività per una persona che vive nel deserto e trova un albero che per una persona che vive nelle alpi e trova un albero. Nel senso che l'albero può avere varie funzionalità che possono anche generare polemos. Però se ti rivolgi ad un vocabolario l'idea di albero diviene intersoggettiva al cento per cento.
All'essere manca un riscontro sensibile, ma il suo potenziale esser sensibile non sta nella natura come l'albero, bensì sta nella natura, quella che comprende i nostri discorsi, ovvero il suo esser sensibile sta nel nostro udire o leggere delle parole che cercano di inquadrarlo.
Ci intendiamo su questa base?

iano

#48
Sulla prima parte che ho capito, si Daniele. Ci intendiamo.
Aggiungerei che il riscontro sensibile non è essenziale, nel senso che ritengo esercizio utile provare a dare a una pietra la consistenza di un idea, oltre a sforzarsi inutilmente di fare il contrario, con risultati che direi almeno paragonabili.
In generale mi sembra utile esercitare la propria immaginazione, perché comunque le pietre quando le idee hanno origine in essa . Una origine comunque non gratuita, perché legata al significato che diamo come dici, o alla loro relativa funzionalità, come preferisco dire io, che ci relaziona alla realtà.
Scopriremmo che non c'è una solo modo di immaginare il mondo è potremmo sperimentarne tanti, più o meno utili, in base al significato che ne ricaviamo e che diamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Non so se ho ben capito, ma se vuoi dare a una pietra la consistenza di una idea dovremmo chiederci come mai il cane sappia (conosce) che se tocco il guinzaglio è ora di andare in giro. Quella è l'idea, ovvero una categorizzazione di azione nell'ambito di una scena. Il guinzaglio resta come forma sensibile. Il processo è identico a quello umano, penso. Quel che ha fatto la differenza nel passaggio all'umano, nell'andare oltre fino a determinare la strutturazione di un linguaggio che diverrà infine linguaggio di essere consapevole di se stesso fu dato dalle conseguenze della specializzazione nella segmentazione delle azioni per gestire pure la cura del fuoco, con indotti tecnologici che perdurano all'oggi. Non era Nietzche che ce l'aveva con gli adoratori del fuoco? Avrà pur avuto qualche buon motivo. Fatale fu, in questa piccola narrazione personale, quando categorizzammo l'azione di "parlare".
Per quel che riguarda l'essere mi ricordo che un giorno pensai che qualora fossi mai riuscito un giorno a "misurarmi" in un dato momento, proprio in quel momento sarei scomparso dal mondo. Però c'è qualcosa in te che non cambia da quando nasci a quando muori. Cmq, secondo me ha senso chiedersi cosa sia l'essere, ha senso almeno per schiarire una via che sembra sempre più smarrita

iano

#50
Ciao Daniele.
Intendo pietre , come esempio di materia, e idee, entrambi come prodotti parimenti della nostra interazione con la realtà Esse esistono solo nella nostra percezione, ma non perciò sono puro prodotto di fantasia, se non in parte.
La loro origine cioè non è del tutto gratuita, perché attiene al nostro rapporto con la realtà.
Ma la realtà non è fatta di materia ne di idee, se non come prodotto della nostra suddetta interazione con la realtà.
Detto barbaramente, esiste la percezione delle pietre, ma non esistono le pietre, esiste però qualcosa che ha generato la nostra percezione . Le pietre sono un prodotto nostro non meno che della realtà.
Supporre come di solito facciamo che attengano alla realtà, e non a noi, è un atto di superbia, perché ci poniamo come osservatori assoluti. Noi diciamo, se la pietra la vedo allora esiste. Se invece scendiamo dal piedistallo la pietra si riduce ad esistere come pura percezione relativa a me. Poi esisterà' pure una concausa oggettiva e reale che ha generato la percezione, ma in collaborazione con me. Senza di me non vi è alcuna pietra, nel senso che solitamente intendiamo.
La percezione della pietra è funzionale a me, che infatti posso spostarla, ma non so' veramente cosa sto spostando, so' solo che posso interagire spon la realtà, e la percezione della pietra e il suo spostamento sono parte di questa interazione, prodotto e conseguente possibile azione sulla realtà.
Esiste allora qualcosa che ne ha generato la percezione in rapporto a noi, al nostro agire, ad esso quindi funzionale.
Se si accetta questo quadro non ha senso trovare l'origine delle idee nella materia, quanto il suo contrario.
L'unico vero essere puro ha il carattere teorico di una supposizione necessaria, la realtà.
Deve esserci infatti una causa se io percepisco una pietra o una idea, ma quella causa non è una pietra ne una idea, perché esse non sono cio' viene percepito, ma il prodotto di una percezione.
Tutta questa mia filosofia potrebbe apparire inconsistente e/o superflua , ma in effetti credo renda conto delle risultanze della fisica, secondo cui lo "stesso oggetto" si manifesta in modi diversi, esempio come onda piuttosto che come particella, secondo di come lo indaghiamo, cioè secondo il tipo di esperimento che apparecchiamo.
Ora a me pare che l'unica certezza che abbiamo è che diverso sia l'esperimento, ma non che l'oggetto sia sempre lo stesso. Il fatto che il presunto oggetto appaia paradossalmente in vesti diverse, fra loro contraddittorie, è la prova che il presunto oggetto non esiste, e che occorra riferirsi a una realtà più vasta, la quale produce cose diverse in associazione ai diversi modi di interagire con essa.
Ai fini dell'applicazione della meccanica quantistica in effetti non sembra un grosso problema trascinarsi dietro certe assurdità logiche, basta far finta che non esistano.
La loro presenza non osta minimamente all'applicazione della teoria per gli addetti ai lavori.
Ma nella misura in cui, come io credo, la scienza sia una impresa comune degli uomini, osta a una partecipazione allargata alla scienza, senza la quale io ritengo perda ogni senso.
Non ne faccio una questione di giustizia sociale.
Sono infatti convinto che la sostanza della scienza sia proprio quella di dare un senso non all'azione dell'uomo, ma dell'umanità, anche quando all'apparenza è sempre il singolo uomo che agisce.
Ma quando ad esempio tu vedi rosso, solo apparentemente stai facendo una azione individuale, perse tu vedi rosso è perché tutti gli uomini vedono rosso. Attraverso te è l'umanità che percepisce il rosso.
E la scienza altro non è che un diverso modo di percepire, ma perde senso se diventa la percezione di una ristretta comunità di scienziati.
Mi sembra quindi che il compito della filosofia sia di ricondurre la nostra interazione con la realtà fattore comune, di modo che tutti possiamo vedere rosso. Ma il rosso in se' non esiste, se non come percezione , vera autentica percezione perché condivisa da ogni uomo, ma non perciò ha un corrispettivo oggettivo.
Inutile dire che di oggettivo vi è una precisa frequenza elettromagnetica che corrisponde al rosso.
Questo è pur vero, ma vero in quanto un racconto di una possibile interazione non univoca  con la realtà, di cui le onde sono solo un personaggio che rende possibile raccontare la storia.
Le onde non esistono al pari del rosso, della materia e delle idee, se non come prodotto della nostra interazione con la realtà funzionale al nostro agire.


La via sembra smarrita, è vero Daniele, ma magari solo perché siamo a una svolta e non vediamo ancora oltre l'angolo.
Ma a dire il vero io credo che non esista alcuna via se non quella che noi costruiamo, ma possiamo farlo solo se ci proviamo gusto a farlo,
Tutto sembra congiurare per metterci ai margini, ma in effetti non vi è alcun complotto.
Nessuno può metterci ai margini se non noi stessi, che siamo comunque partecipi di una impresa più grande di noi.
Non credo che la libertà sia qualcosa di astratto, ma sia la funzione dell'individuo.
Non è un puro ideale, è la sostanza dell'individuo senza il quale l'impresa naufraga.
Perciò ogni individuo è importante nella sua libera diversità e non possiamo perderne uno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#51
Aggiungo, a scanso di equivoci, che ha senso cercare relazioni fra pietre e idee, ma non può essere quello di far derivare le une dalle altre, perché esse hanno già' una derivazione comune, quella di essere i prodotti delle nostre interazioni con la realtà.
Ma a  spremere le pietre non ne esce succo, né tanto meno idee.
La sostanza dell'essere è in noi quanto nella realtà, nel nostro rapporto con essa.
Questi sono gli esseri di cui possiamo parlare o che possiamo manipolare.
Sono relativi, ma li trattiamo come assoluti perché ci consideriamo assoluti.
Sarebbe un peccato veniale se non stravolgesse la corretta prospettiva, corretta per quanto ci sia dato considerarla., perché sappiamo che esistono diverse prospettive che noi stessi possiamo sperimentare.
La realtà invece ci tocca supporla unica, perché non ci sono date altre chance, perché anche quando sperimentassimo realtà diverse non possiamo sperimentarle come diverse, e quindi la diciamo una.
E non cambia molto se pur sospettiamo che una non sia, come possiamo ben sospettare, se noi ne siamo parte.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22






Ciao iano, ho letto quel che dici, alcune cose mi sono chiare, altre meno, cmq il discorso sull'assoluto mi è chiarissimo, condiviso e fondamentale. Ho notato che hai sottolineato il mio usare il termine significativo usando tu invece il termine funzionale. In quel caso, e anche in questo, col termine significativo esprimo l'idea che vi sia una causa di natura emotiva che permette la produzione della realtà e la successiva adeguata relazione con essa. Senza tale causa non vi sarebbe alcuna realtà, e forse nemmeno la vita, oppure la vita si svolgerebbe come fossimo degli automi, cosicché allora avrebbe ragione di esistere la cosiddetta superiorità intellettiva tra le specie e all'interno della nostra specie. Cosa questa che io nego, relegando l'espressione dell'intelligenza all'interno di un interesse più o meno maggiore da parte degli individui nei confronti della realtà in generale e anche delle sue particolarità (tipo l'esposizione di una teoria scientifica o anche la produzione di un'opera d'artigianato). In generale sarei propenso a dire che l'esercizio dell'intelligenza è strettamente connesso ad una maggiore o minore aggressività individuale in termini di azioni nei confronti dell'ambiente

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