SOGGETTI DI BELLEZZA, NON SOLO OGGETTI INDIFFERENTI

Aperto da PhyroSphera, 25 Novembre 2022, 16:22:07 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

PhyroSphera

La bellezza è solo un fatto soggettivo, o è vero che il sentimento del bello, che in quanto sentimento è anche percezione di qualcosa di esterno, è una forma di conoscenza, di una bellezza non solo pensata ma effettivamente esistente?

Secondo voi Kant come avrebbe pensato questa questione? Davvero escludeva l'esistenza della bellezza, oppure molti interpreti, interessati soltanto alla Critica della ragion pura e intenzionati a metter da parte la Critica della ragion pratica, considerano la questione solo dal punto di vista delle teorie oggettive, dimenticando che le cose possono essere oltre che oggetti indifferenti anche soggetti di bellezza? O forse anche Kant indulgeva con questo oblio?

Come giudicare la portata della cosiddetta "rivoluzione copernicana" nella filosofia di Kant e del kantismo? Davvero essa autorizza a negare l'esistenza indipendente della bellezza? Non è forse questa rivoluzione da ritenersi affatto relativa? Propendo per questa conclusione, a prescindere da come Kant vivesse la sua rivoluzione filosofica.


MAURO PASTORE

viator

Salve Mauro Pastore. Pur rispettandoil parere di Kant (che d'altra parte non conosco neppure) quanto i pareri di chiunque altro, trovo che il concetto di bellezza abbia significato essenziale del tutto semplice : Secondo me noi troviamo che la bellezza sia tale solo in due casi :

  • quando associamo ad essa un piacere (non importa se sensoriale, psichico, intellettuale, immateriale, spirituale);

  • quando associamo ad essa una utilità (non importa di quale genere,...........dal momento che lo stesso PIACERE rappresenta certamente qualcosa di giovevole, cioè di utile;

Tale interpretazione del senso e scopo della bellezza risulterebbe giustificato dal suo - per così dire - risultare complementare (come fosse un calco od un negativo) ad una ovvietà con la quale dovrebbe essere impossibile non dirsi d'accordo :

Nessuno riesce a considerare bello ciò che si riveli spiacevole od inutile.

Naturalmente qui e fuori di qui ci sarà chi si dirà non d'accordo su tale soprastante ovvietà..........andando con ciò a sbattere contro sia il buonsenso comune, sia con l'impossibilità di opporre a tale mia ovvia considerazione una diversa oppure opposta ovvietà.

Avverto che sarà inutile citarmi la "summa" di tutte le opere di tutti i pensatori del passato e del presente.

Ah, dimenticavo : l'unico contradditorio al quale sarei disposto in proposito....sarebbe quello con gli estimatori estetici dell'astrattismo pittorico (e "artisticità" consimili). Io, ai pazzi, do sempre ragione. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#2
Una riflessione a margine sull'arte figurativa moderna: dopo l'invenzione della fotografia l'arte di Raffaello si trovò a competere come il tessitore artigianale contro il telaio meccanico.

Fu giocoforza spostare la sfida estetica fuori dal realismo, per quanto uno possa, come me, continuare a preferire Raffaello a Picasso. Ma, oggettivamente, devo pure prendere atto dell'incommensurabilità di estetiche tanto diverse, come la storia che le ha generate.

Per cui, tornando al tema, ogni estetica è storicamente determinata ed in ciò sta il mistero del successo nel suo tempo e in quello a venire. Il busto di Nefertiti, il Taj Mahal, la scuola di Atene, la musica di Bach e Mozart. Modelli concreti di bellezza al di là di tempo, spazio e natura. Laddove davvero il mistico si mostra.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

@PhyroSpera
Sì, il senso estetico si basa sulla percezione sensibile e la percezione sensibile ( estetica in senso proprio)  è una forma di conoscenza.
Anche Platone fu costretto ad arrendersi a questa evidenza: l'idea del bello è l'unica idea percepibile a livello sensibile.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Sul rapporto fra Kant, giudizi estetici e bellezza rimando a questo breve articolo.
Personalmente, credo che la bellezza sia un'esperienza di riconoscenza più che di conoscenza: non ri-conoscenza in senso di anamnesi platonica, quanto piuttosto riconoscenza come asimmetria nel rapporto con l'oggetto bello, un sentirsi "in debito", nel senso di aver "ricevuto" anche quel plus-valore che è appunto la bellezza, assieme alle altre caratteristiche percettive.
Esemplificando: se guardo un quadro ne percepisco colori, forme, etc. se guardo un bel quadro, oltre a percepirne colori, forme, etc. ne ricevo anche un input di bellezza che, nella sua piacevolezza, mi porta ad essere riconoscente verso l'oggetto, "grato" dell'esperienza vissuta, di quella gratitudine che in generale costituisce un legame piacevole con ciò verso cui si è grati per averci dato in più qualcosa di bello.
In fondo, anche nei rapporti umani la gratitudine è talvolta connessa a qualcosa di "bello", magari un bel gesto, ricevuto da qualcuno; nel caso del rapporto con l'oggetto, l'intrecciarsi di fascinazione e gratitudine è ancora più "pura", in virtù dell'impossibilità del ponderare di "restituire" il plus-valore a ciò che lo produce.

viator

Citazione di: Lou il 26 Novembre 2022, 13:19:54 PM@PhyroSpera
Sì, il senso estetico si basa sulla percezione sensibile e la percezione sensibile ( estetica in senso proprio)  è una forma di conoscenza.
Anche Platone fu costretto ad arrendersi a questa evidenza: l'idea del bello è l'unica idea percepibile a livello sensibile.

Incredibile ! va bene che ci sono i Mondiali di calcio, ma una affermazione del genere non si riuscirebbe ad udirla neppure al Bar Sport !!.

Qual genere di percezione sensibile, di grazia ? Per caso riguardante la vista e/o l'udito ?

Quali altri sensi possono venir coinvolti nella percezione del bello ?

Quindi un sordocieco non potrà mai conoscere la bellezza fuori di sè ?

Tatto, olfatto e gusto.......sarà difficile che riescano a percepire un bel muro, un bell'odore, un bel sapore. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Lou

#6
@viator che limitazioni poni alla percezione sensibile e alla sensazione del bello. Il tatto di una dolce carezza è una sensazione di una bellezza inesprimibile, sfocia quasi in sublime. Incredibile. Se tu la releghi alla vista o al suono son problemi tuoi di bar sport.
La bellezza primaria è in questo, un sapore, un odore, il tatto che ci fa conoscere anche a noi stessi e la lista è lunga, l'arte la esprime e la narra, ma viene dopo questa originaria predisposizione estetica. Sì c'è dell'incredibile, ma non dell'impercettibile. Sono i sensi la radice estetica,: della conoscenza di sè e degli altri e della bellezza che si percepisce.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

iano

Citazione di: PhyroSphera il 25 Novembre 2022, 16:22:07 PMLa bellezza è solo un fatto soggettivo, o è vero che il sentimento del bello, che in quanto sentimento è anche percezione di qualcosa di esterno, è una forma di conoscenza, di una bellezza non solo pensata ma effettivamente esistente?



MAURO PASTORE
Secondo me il giudizio estetico non è relativo all'oggetto, ma al soggetto  nel momento in cui si mette in relazione con l'oggetto.
Non è però una questione solamente estetica, perchè si tratta in effetti di una scelta fra diversi oggetti che può avere conseguenze importanti.
E' su questi effetti che bisognerebbe concentrarsi, piuttosto che sui meccanismi che determinano la scelta, perchè dal punto di vista degli effetti nulla cambierebbe se le scelte soggettive equivalessero al caso, posto che variegate siano le scelte essendo diversi i soggetti.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Lou

#8
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2022, 15:05:23 PMSul rapporto fra Kant, giudizi estetici e bellezza rimando a questo breve articolo.
Personalmente, credo che la bellezza sia un'esperienza di riconoscenza più che di conoscenza: non ri-conoscenza in senso di anamnesi platonica, quanto piuttosto riconoscenza come asimmetria nel rapporto con l'oggetto bello, un sentirsi "in debito", nel senso di aver "ricevuto" anche quel plus-valore che è appunto la bellezza, assieme alle altre caratteristiche percettive.
Esemplificando: se guardo un quadro ne percepisco colori, forme, etc. se guardo un bel quadro, oltre a percepirne colori, forme, etc. ne ricevo anche un input di bellezza che, nella sua piacevolezza, mi porta ad essere riconoscente verso l'oggetto, "grato" dell'esperienza vissuta, di quella gratitudine che in generale costituisce un legame piacevole con ciò verso cui si è grati per averci dato in più qualcosa di bello.
In fondo, anche nei rapporti umani la gratitudine è talvolta connessa a qualcosa di "bello", magari un bel gesto, ricevuto da qualcuno; nel caso del rapporto con l'oggetto, l'intrecciarsi di fascinazione e gratitudine è ancora più "pura", in virtù dell'impossibilità del ponderare di "restituire" il plus-valore a ciò che lo produce.
Molto platonico come incipit. (Solo le anime che sono venute a contatto con l'idea della bellezza la ricordano e la riconoscono nel mondo.)
Io trovo un fattore conoscitivo invece nell'esperienza estetica, non solo di riconoscenza. Ma i due aspetti in fondo non si contraddicono, neppur in una loro, eventuale, eccedenza.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

PhyroSphera

#9
Citazione di: PhyroSphera il 25 Novembre 2022, 16:22:07 PMLa bellezza è solo un fatto soggettivo, o è vero che il sentimento del bello, che in quanto sentimento è anche percezione di qualcosa di esterno, è una forma di conoscenza, di una bellezza non solo pensata ma effettivamente esistente?

Secondo voi Kant come avrebbe pensato questa questione? Davvero escludeva l'esistenza della bellezza, oppure molti interpreti, interessati soltanto alla Critica della ragion pura e intenzionati a metter da parte la Critica della ragion pratica, considerano la questione solo dal punto di vista delle teorie oggettive, dimenticando che le cose possono essere oltre che oggetti indifferenti anche soggetti di bellezza? O forse anche Kant indulgeva con questo oblio?

Come giudicare la portata della cosiddetta "rivoluzione copernicana" nella filosofia di Kant e del kantismo? Davvero essa autorizza a negare l'esistenza indipendente della bellezza? Non è forse questa rivoluzione da ritenersi affatto relativa? Propendo per questa conclusione, a prescindere da come Kant vivesse la sua rivoluzione filosofica.


MAURO PASTORE
Non ho ancora letto i nuovi messaggi di oggi, lo farò quando potrò, nel frattempo fornisco un link contenente una piccola trattazione in merito a Kant e all'arte e pure alla bellezza, trattazione molto chiara e dove non ci sono assurdi scontri tra parole e significati, come invece mi è capitato di trovare altrove. Da essa unitamente a una conoscenza generale del pensiero kantiano si può dedurre che Kant pensasse a una bellezza non esistente soltanto nel soggetto contemplante. In definitiva concordo con questa interpretazione dell'opera di Kant, interpretazione che ho trovato tra tante invece inadeguate e non prive di illazioni. Come trovai la Critica della ragion pratica spesso platealmente faintesa, anche a "livelli alti" per così dire, così e anche peggio ho trovato fraintesa la Critica del giudizio. Questa che invece vi fornisco è una riflessione adeguata.
Eccone il link suddetto:

https://blogmain.tecnophilosophy.com/larte-secondo-kant/

Qui di seguito ne riporto il testo (cui autore Dario Currado) dove si tratta anche della bellezza in generale:



" L'arte secondo Kant
Il sentimento del bello nell'arte


Con questo testo ritorno sul tema dell'arte nella filosofia, avendo l'intento di analizzare i differenti concetti di arte che sono stati sviluppati dai filosofi lungo la storia della filosofia. Il protagonista di oggi è Immanuel Kant. In passato ho già scritto su Nietzsche e Schopenhauer. Kant presenta una filosofia dell'arte nel suo scritto sull'estetica: La critica del giudizio. Questo significa che il concetto di arte di Kant è certamente connesso con i temi del bello e del sublime, i quali costituiscono i temi classici trattati dall'estetica nella filosofia.

La critica del giudizio pone questo problema: esiste una facoltà del giudizio così come esistono cose come la sensibilità, l'intelletto o l'immaginazione? L'oggetto dell'opera è dunque il giudizio, ma sono due i tipi di giudizi che vengono analizzati: il giudizio estetico e quello teleologico. In questo contesto l'unico giudizio che ci interessa è quello estetico. Nel giudizio estetico vediamo in atto il giudizio riflettente, ossia quel giudizio che non sussume il caso sotto la regola, ma fa in modo che sia il caso che inventi la sua regola. L'analisi del giudizio estetico viene divisa da Kant in analitica del bello ed analitica del sublime.
Il bello in Kant implica la connessione di una rappresentazione di qualcosa con i sentimenti di piacere o di dispiacere. Chiaramente diciamo bello ciò che ci piace e brutto ciò che ci procura dispiacere. Per questo, trattandosi di qualcosa che riguarda il soggetto solo, non possiamo definire il giudizio estetico una forma di conoscenza. Tuttavia, sebbene il giudizio sul bello non è conoscenza, perché non implica concetti, resta il fatto che il bello è sempre disinteressato. Kant, dunque, non ha in mente un concetto di bello patologico, influenzato dal desiderio. Kant, infatti, non vuole dire che il giudizio del bello è soggettivo, perché altrimenti non potrebbe essere universale. Egli afferma soltanto l'esistenza di un piacere, che è definito dal termine "gusto", il quale si riferisce al soggetto, poiché è legato ad una rappresentazione mentale. Dunque, per entrare nel tema dell'arte, non si sta parlando di quei giudizi come: "A me piace Rembrant, in quanto trovo in suoi quadri molto belli, mentre detesto assolutamente Picasso". Avere gusto estetico comporterebbe sostenere la bellezza sia delle opere di Rembrant sia di quelle di Picasso. Sembra strano che un giudizio di bellezza possa essere oggettivo, ma per Kant è proprio così. Questo funziona perché Kant pone il piacere come successivo al giudizio estetico e non come antecedente. Se fosse stato antecedente, allora ne sarebbe conseguito che quel giudizio sarebbe stato soggettivo. Il bello, sostiene Kant, è ciò che piace senza concetto. Se il giudizio del bello è oggettivo, quali sono le regole su cui si basa questo giudizio? Perché, in fondo, dovremmo dire che "Il quadrato bianco su sfondo bianco" di Malevic è oggettivamente bello, è arte, mentre il mio schizzo di un quadrato su carta non è bello? Kant ci risponde sostenendo che il giudizio del bello segue il modello del giudizio riflettente, ossia è regola a se stesso. Inoltre questo giudizio sorge dall'accordo tra le facoltà dell'intelletto, del sentimento e dell'immaginazione. Non esiste, dunque, propriamente, una quarta facoltà del giudizio. Sappiamo ora che nell'arte non ci sono regole generali che preesistono i casi. Questo è interessante perché ci permette di evitare di usare gli stessi criteri per giudicare correnti artistiche completamente differenti come realisti, impressionisti, espressionisti, surrealisti, ecc. Sussumere casi sotto la stessa regola non avrebbe potuto permettere di pensare come arte molte correnti che rompono le righe rispetto alla tradizione. Ogni corrente, si potrebbe quasi dire, si è data una regola a se stessa. Kant ci dice anche che il giudizio sull'arte implica una contemplazione disinteressata dell'opera, la quale ci porta a dire che è bella. Non è poiché è bella, che diciamo che è arte. Noi prima diamo il nostro giudizio, perché poi possiamo percepire l'opera come bella. L'armonia delle facoltà produce quel sentimento.
Inoltre Kant sostiene che ciò che conta nell'arte è sempre la forma, il resto è semplicemente un'attrattiva. Dunque i colori non sono essenziali nell'arte, ma costituiscono solo un'attrattiva. I colori, infatti, secondo Kant, ci condizionano patologicamente, non possiamo osservarli in maniera disinteressata. Solo la forma può essere contemplata disinteressatamente. Se il giudizio estetico di gusto è universale, come mai ci sono persone che dicono: "A me personalmente Andy Warhol non piace assolutamente"? Kant spiega che l'universalità del gusto si basa su una forma di senso comune, il quale nasce dal fatto che tutti abbiamo quelle facoltà sopra citate e in tutti può verificarsi l'armonia tra queste facoltà. Chi non si trova d'accordo con gli altri è semplicemente una persona che non ha gusto. Qui viene il problema: bisogna avere gusto, ma come si sviluppa il gusto? Su questo Kant non ci dice molto, possiamo solo dedurre che il gusto dipenda sempre dall'accordo dell'intelletto con l'immaginazione e la sensibilità. Possiamo pensare che questo accordo manchi in chi non ha gusto.


Il sublime nell'arte in Kant

Kant analizza nella Critica del giudizio anche il sublime. Vien da chiedersi se anche questo giochi un ruolo importante nell'arte o meno, sicuramente ne svolge uno nell'estetica. Kant distingue due forme di sublime: 1) Sublime matematico: quel sentimento che si prove di fronte a ciò di cui non si possono percepire i limiti. Per esempio quando guardo un paesaggio sconfinato, quando mi sento piccolo guardando le stelle nel cielo, oppure se vedo l'orizzonte del mare.
2) Sublime dinamico: quel sentimento che si prova di fronte alla potenza della natura. Per esempio nel caso del tornado, del terremoto o un'eruzione vulcanica. La teoria di Kant sull'arte certamente si inserisce tra quelle che pensano l'arte a partire dal bello, ma concepisce il bello di modo tale che non sia semplicemente soggettivo, ma segue il giudizio estetico. L'arte è anche definita da un'esperienza particolare: un'esperienza di contemplazione disinteressata. Nell'arte l'uomo cerca di superare il suo desiderio e grazie all'armonia delle facoltà avere gusto artistico. Il gusto artistico è quella componente sociale che, in fin dei conti, permette l'esistenza dell'arte di giudizi oggettivi sulle opere artistiche. "



Mauro Pastore

Ipazia

Poveri impressionisti, che derivavano la forma dal colore. Se poi Kant avesse saputo che anche la forma del suo stereotipo Winckelmann era, in origine, colorata  :))

L'idea interessante è che ogni linguaggio estetico genera la sua norma. Ma con ciò va in frantumi ogni possibilità generalizzatrice del concetto di bellezza.

Merita attenzione anche la gradazione tra bello e sublime. Il sublime è quando una forma estetica, un paesaggio naturale, raggiunge il suo apice. E di esempi ne abbiamo molti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

L'oggettività mi pare incompatibile con il bello nell'arte e quanto più la storia dell'arte avanza tanto più sembra evidente; così come è evidente che tentare di attualizzare categorie filosofiche attraverso i secoli è tanto più rischioso quanto più sono (appunto) categorie deboli in oggettività. Ci si può appoggiare a qualche passo del testo per cogliere l'impasse in cui cadono i rispettabili tentativi oggettivanti a qualche secolo di distanza:
Citazione di: PhyroSphera il 26 Novembre 2022, 20:43:09 PMNel giudizio estetico vediamo in atto il giudizio riflettente, ossia quel giudizio che non sussume il caso sotto la regola, ma fa in modo che sia il caso che inventi la sua regola.
Se è il caso che assurge a regola («inventare una regola» è già sintomo di congedo dall'oggettività), nulla vieta che da casi differenti originino regole contrastanti e persino contraddittorie; su questa base ogni oggettività perde automaticamente di fondamento. Le regole autoreferenziali dell'impressionismo e dell'astrattismo possono convivere sotto l'egida della bellezza solo se essa si concede di non presentarsi come oggettiva; viceversa la contraddizione fra le regole della casistica sarebbe tale che, per restare una disciplina oggettiva, una delle due correnti non sarebbe più da considerare "oggettivamente arte"1.
Citazione di: PhyroSphera il 26 Novembre 2022, 20:43:09 PMSappiamo ora che nell'arte non ci sono regole generali che preesistono i casi. Questo è interessante perché ci permette di evitare di usare gli stessi criteri per giudicare correnti artistiche completamente differenti come realisti, impressionisti, espressionisti, surrealisti, ecc. Sussumere casi sotto la stessa regola non avrebbe potuto permettere di pensare come arte molte correnti che rompono le righe rispetto alla tradizione. Ogni corrente, si potrebbe quasi dire, si è data una regola a se stessa.
Questa autoreferenzialità di ciascuna corrente artistica incarna l'antitesi dell'oggettività: se non è possibile usare trasversalmente gli stessi criteri, questi non sono criteri oggettivi adeguati ad un "contenuto" oggettivo; così come non può essere oggettivo il risultato di giudizi già prefigurati sulle peculiarità di una corrente artistica. Se non fosse assente tale oggettività, lo schizzo di un quadrato su carta sarebbe autoreferenzialmente ed "oggettivamente bello" tanto quanto «Il quadrato bianco su sfondo bianco» di Malevic (non conterebbe allora la firma, il contesto, etc. ma solo l'oggetto). Così non è, ma non perché c'è un gusto oggettivo che rileva oggettive differenze fra i due, bensì perché il contesto socio-culturale, il periodo storico, i gusti dei critici d'arte, etc. sanciscono cosa è arte a prescindere dall'oggettività dell'opera (l'utente Eutidemo l'ha implicitamente accennato in un suo topic: fare "i tagli su tela" non è oggettivamente arte se li fai per secondo e a decenni di distanza dal contesto in cui erano "elevabili" ad arte, pur restando i tagli oggettivamente tali). L'espediente del concetto di «gusto» (e l'annessa liquidazione di giudizi differenti e divergenti tramite una mera "carenza di gusto") non è sufficiente, anzi: è evidente (ed oggettivo) come il gusto cambi con le epoche e con i soggetti giudicanti, risultando piuttosto inaffidabile come garante di una ipotetica oggettività (e sostenere che «l'universalità del gusto si basa su una forma di senso comune» è praticamente un autogol, se si considera con attenzione come "funziona" il senso comune).  Inoltre, posporre il piacere al giudizio estetico non lo rende oggettivo fintanto che il giudizio (d'innesco del piacere) è soggettivo, essendo soggettive le facoltà d'intelletto, sentimento ed immaginazione chiamate in causa dall'arte.
Nel novecento (ma il buon Kant non avrebbe certo potuto saperlo) molti si sono interrogati su cosa renda tale un'opera d'arte e, non a caso, la conclusione oggettiva comune a molti, pur nelle rispettive differenze, è che l'arte non è questione di oggettività (così come il bello potrebbe non essere solo una questione di proporzioni auree, come pare suggerire, ma forse sbaglio, le neuroestetica quando riconosce che «la bellezza, [...] è un'esperienza astratta [personale e culturalmente orientata]», cfr. qui).


1 L'importanza dell'oggettività della regola ci è spiegata proprio dal sublime kantiano citato in seguito: sia quello matematico che quello dinamico si basano su caratteristiche oggettive sino ad essere misurabili in formule e rapporti numerici (dunque regole); nessun uomo può infatti affermare (s)oggettivamente che il cielo sia uno spazio piccolo o che un terremoto sia tranquillizzante; la soggettività del giudizio è quasi azzerata dalla matematizzazione degli elementi in gioco (la prospettiva e il campo visivo, la magnitudo della sollecitazione fisica, etc.). Tale quantificazione delle componenti e dei loro rapporti, non trova altrettanto successo nel bello dell'arte, mutevole con le epoche e le correnti culturali come sono mutevoli le forme e i contenuti dell'arte; a differenza del cielo e dei terremoti.

Ipazia

Un giudizio estetico più elaborato si ottiene attraverso un processo ermeneutico di indagine dell'opera. Nelle arti figurative, prima che la macchina subentrasse all'uomo, il criterio d'eccellenza era la similitudine dell'opera al modello. Eccellenza coadiuvata dall'invenzione di tecniche rappresentative più aderenti alla percettività sensoriale umana, quali la prospettiva e l'uso del colore, sopprimendo il disegno, negli impressionisti.

In musica l'invenzione è ancora più segno di eccellenza, vista l'esiguità del materiale a disposizione (la tavolozza dei suoni armonici). Anche qui l'elemento tecnico-scientifico (evoluzione degli strumenti e delle conoscenze di acustica) ha fatto la differenza dalle monodie e percussioni elementari alle grandi architetture sonore del classicismo e romanticismo.

In ogni fase storica è il livello evolutivo estetico che ha decretato il suo criterio di eccellenza con una quasi-oggettività determinata dai materiali e conoscenze del tempo. 

La novità recente sul giudizio estetico si avvale delle tecniche di riproduzione e riproducibilità delle opere d'arte che permette a noi postumi tecnologici di distendere in un unico papiro l'intera storia dell'arte sopravvissuta e presente, rendendola fruibile a chiunque.

Con ciò,  anche l'idea di bello e sublime ne guadagna in profondità, giocando sagacemente tra sincronia e diacronia, invenzione e citazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

"Sussumere casi sotto la stessa regola non avrebbe potuto permettere di pensare come arte molte correnti che rompono le righe rispetto alla tradizione. Ogni corrente, si potrebbe quasi dire, si è data una regola a se stessa."

Certo. Facile, no, per il primo od il secondo imbecille che si sveglia il mattino, rompere la tradizione e darsi/dare nuove regole e chiamarle sublime bellezza artistica............nella speranza di diventare acclamati e danarosi esponenti di una qualche "avanguardia alla Andy Warhol". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alberto Knox

Ma giudizio estetico lo dice la parola , estetico viene dal greco e significa sensazione . Quindi il giudizio (proposizione) Non è riferito a una qualità dell oggetto ma del soggetto nella contemplazione sensibile che ne ha di questo oggetto . il busto di nefertiti non è bello , sono io che lo vedo bello .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Discussioni simili (5)