Socrate e il brodino di pollo!

Aperto da Eutidemo, 04 Agosto 2024, 17:32:17 PM

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bobmax

Citazione di: Koba II il 10 Agosto 2024, 17:20:27 PMLa filosofia nasce dalla meraviglia: meraviglia che è nello stesso tempo stupore per l'essere e orrore per il divenire.
Le due cose vanno insieme.
E poiché la filosofia ricomincia da capo ogni volta, noi siamo chiamati a confrontarci con questa duplice esperienza.
Ma che cosa fa la filosofia? Separa le idee fondate, solide, dalle opinioni infondate.
Un'idea importante che andrebbe sviscerata è per esempio la continuità delle generazioni.
Limitarsi a dire: "tu sei tuo padre!", non ha alcun senso.
Ma che si senta di avere un legame con le generazioni che ci hanno preceduto, un legame non solo affettivo, ma nemmeno solo biologico, qualcosa che riguarda il compito di custodire e portare con sé la vita dei genitori e dei nonni etc., un compito che non è un dovere morale ma riguarda, oserei dire, la nostra stessa essenza, qualcosa di essenziale che siamo chiamati a realizzare, ebbene che tutto questo sia reale a me sembra evidente. Seppure la doxa ignobile vorrebbe ridurre tutto questo a sentimentalismo. Invece qui si tratta di ontologia.
Ecco come si vede anche qua, al di là delle chiacchiere, emerge la necessità di un discorso teoretico rigoroso.

La contrapposizione essere - divenire fa parte della esistenza.
Dove l'essere è ciò che permane mentre il divenire lo erode.
Nessuno dei due può però stare senza l'altro.
L'essere infatti è tale solo in quanto si oppone al divenire.
E il divenire è possibile solo se rapportato all'essere.
Qualcosa deve permanere affinché qualcos'altro divenga.

L'idea di un mondo dove il tempo si fermasse e quindi cessasse il divenire, come l'effetto di un maleficio in una fiaba, è totalmente assurdo. Perché niente può esistere senza divenire.

Tutto questo è relativo all'esistere.

Perché viceversa con Essere si intende ciò che permette l'esistere. E quindi il gioco essere (permanere se stesso) - divenire (diventare altro da sé).
Essere che perciò è a monte sia del divenire sia del permanere.
E che quindi non esiste: è.

L'amore può fare percepire l'Essere.
Quando si riesce ad intuire che l'altro, chiunque altro, non è che me stesso.

Vi sono mille occasioni per amare.

E l'amore del padre per il figlio, e viceversa, può forse essere una delle migliori occasioni per comprendere come l'amato non sia che te stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

#46
Citazione di: Koba II il 10 Agosto 2024, 17:20:27 PMLa filosofia nasce dalla meraviglia: meraviglia che è nello stesso tempo stupore per l'essere e orrore per il divenire.
Le due cose vanno insieme.


E se uno ha orrore dell'essere, e stupore del divenire, allora costui e' fuori dalla filosofia?

I grandi filosofi, anche prescindendo un attimo dalle loro finalita' e consapevoli intenzioni, hanno lavorato per l'essere, o per il divenire del (loro) mondo?

Un Aristotele, ha fatto un Alessandro Magno.

Un Socrate, ha fatto un Platone.

La questione politica. Per la quale dobbiamo tutti un gallo ad Asclepio. Per non finire mai piu', ammazzati.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#47
A pensarci bene magari questa contraddizione fra essere e divenire potrebbe non riguardare una realtà di cui in effetti sappiamo solo che riusciamo a sopravvivere in essa agendo in base a previsioni.
La realtà potrebbe essere un continuo in divenire, cioè un unico essere mai uguale a se stesso.
Non è così che la realtà ci appare in effetti, ma se questa apparenza non è gratuita, essendo funzionale alla nostra sopravvivenza, non è da un divenire casuale dell'essere che la si potrà trarre, ma da un divenire che ha caratteristiche che ciò consenta.
Questa caratteristica non è allora ovviamente il determinismo, avendo esso bisogno degli essenti, ma sono gli essenti insieme alle loro relazioni determinate a costituire l'apparenza che dall'essere traiamo insieme alle loro relazioni, e non in modo separato.
Se l'apparenza è deterministica deve derivare da un essere che sia coerente nel suo divenire.
In un essere continuo che diviene, che non è cioè mai uguale a se stesso nella forma, non vi è alcuna contraddizione
La contraddizione tra essere e divenire sorge quando ammettiamo la realtà degli essenti, cioè quando  l'essere si fa moltitudine nell'apparenza, dove ogni elemento di questa moltitudine si fa causa, traducendo così noi nel determinismo la coerenza della realtà.

Il mistero sta nell'essere osservatori della realtà, cioè parte della realtà da essa separata, forse ancora con essa in continuità, ma presentandoci come rottura della sua coerenza, perchè in effetti non è un indifendibile confine che definisce l'essere, in quanto essendo unico non ha bisogno di un confine che lo definisca al fine di distinguerlo, ma la sua coerenza.
Se anche questo confine dell'unico essere si potesse pur ipotizzare, se entro esso esistessero due distinte coerenze, allora due sarebbero gli esseri.
Lo stesso io, o il modo in cui ci percepiamo, andrebbe meglio ridefinito come ciò che presenta una sua coerenza, piuttosto che come ciò che è costretto dentro un confine.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#48
Un continuo coerente, per come lo immagino, non è deterministico ne casuale.
Non è deterministico perchè in esso non si possono isolare cause da effetti, ''essendo esso causa di se stesso'', ne può dirsi casuale, perchè l'essere è in quanto tale, e ciò che è in quanto tale non è casuale.
Traendo da esso degli essenti comprensivi delle loro relazioni, il risultato di tale operazione non è mai perfettamente determinato,
perché ha sempre un resto,
 il caso.
Non solo quindi il mondo che ci appare non è la realtà, ma fra questo mondo e la realtà non c'è una perfetta corrispondenza, ma quanto basta alla nostra sopravvivenza.
Entro questa relativa  corrispondenza stanno i limiti delle previsioni in base alle quali agiamo.
Non è il caso a rendere impossibile una completa previsione, ma sono i nostri limiti previsionali a ''produrre il caso'', e il libero arbitrio è tale perchè fa capo ad una coerenza distinta dalla realtà.
Negare il libero arbitrio significa non accettare la nostra separazione dal resto della realtà, se areazione non definita da un confine, ma determinata da una coerenza alternativa a quella del resto della realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#49
Dovrebbe essere ''sotto gli occhi di tutti'' che gli essenti cambiano, essendo a noi relativi nel nostro cambiamento, ma ciò non sembra essere nella misura in cui non prendiamo il virgolettato per un modo di dire.
Ciò che astraiamo dalla realtà tende nel tempo a consolidarsi nel mondo in cui viviamo che acquisisce perciò una inerzia a quel tempo proporzionale, e una evidenza proporzionale alla dimenticanza dell'astrazione.
Questa dimenticanza oggi non è più possibile, o meglio è più difficile che si verifichi, oppure continua diversamente a verificarsi, perchè le nostre astrazioni sono messe nero su bianco, e reggono almeno finché i nostri supporti digitali resistono alle ingiurie del tempo, e perchè ciò avvenga anch'essi, in analogia a noi, devono rinnovarsi figliando nuovi supporti che erediteranno l'informazione, non essendo eterno alcun supporto materiale.
Fra questi essenti posti in chiaro possiamo scegliere quali trattare, ma non possiamo farlo invece nella misura in cui in chiaro non sono.
Questa perdita di chiarezza, questo dover subire ''il risultato di un processo'' senza potervi più intervenire, ciò che porta all'evidenza di ciò che ci appare, si sta in effetti replicando, e anche questo inizia ad essere ''sotto gli occhi di tutti'' con un intelligenza artificiale, che inizia ad assumere come quella naturale, la caratteristica di sfuggire al nostro controllo cosciente, perché ''naturalmente'' non scegliamo di essere intelligenti, ma lo siamo naturalmente.
Questa ''nuova'' intelligenza a noi aliena non è dunque meno aliena di quella naturale, se non è la sua separatezza a renderla tale, e se consideriamo invece l'essere a noi coerente, cioè agente con noi in coerenza.
Allo stesso tempo essendo diffusa, non può dirsi soggettiva, come parimenti la nostra soggettività non ci esaurisce.

Se volevi ascoltare musica in qualità un tempo dovevi possedere il tuo CD personale, mentre oggi è possibile accedere a un supporto digitale condiviso.
Il CD è l'equivalente del DNA.
DNA che abbiamo imparato a riscrivere, essendoci impratichiti prima a scriverlo fuori di noi.
La nostra evoluzione è di fatto bloccata, se non accettiamo che ciò che in coerenza si evolve con noi, è nostra parte, perchè non osta a ciò la separazione fisica.
In parti che comunicano fra loro non c'è una vera separatezza finché restano in relazione, se non relativa alla difficoltà di comunicazione, per cui quando questa comunicazione migliora al sistema è consentito  ancor più di diffondersi.
Abbiamo confuso ''la vicinanza di una costrizione limitare'' con il nostro essere essendo che essa ha agevolato fino a un certo punto la comunicazione delle parti del nostro essere sistema.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Citazione di: bobmax il 10 Agosto 2024, 18:30:45 PMLa contrapposizione essere - divenire fa parte della esistenza.
Dove l'essere è ciò che permane mentre il divenire lo erode.
Nessuno dei due può però stare senza l'altro.
L'essere infatti è tale solo in quanto si oppone al divenire.
E il divenire è possibile solo se rapportato all'essere.
Qualcosa deve permanere affinché qualcos'altro divenga.
L'idea di un mondo dove il tempo si fermasse e quindi cessasse il divenire, come l'effetto di un maleficio in una fiaba, è totalmente assurdo. Perché niente può esistere senza divenire.
Tutto questo è relativo all'esistere.
Perché viceversa con Essere si intende ciò che permette l'esistere. E quindi il gioco essere (permanere se stesso) - divenire (diventare altro da sé).
Essere che perciò è a monte sia del divenire sia del permanere.
E che quindi non esiste: è.
L'amore può fare percepire l'Essere.
Quando si riesce ad intuire che l'altro, chiunque altro, non è che me stesso.
Vi sono mille occasioni per amare.
E l'amore del padre per il figlio, e viceversa, può forse essere una delle migliori occasioni per comprendere come l'amato non sia che te stesso.
No, non è che con "Essere s'intende il fondamento dell'esistente". Sei tu che intendi l'Essere in questo modo. Non siamo di fronte ad un'evidenza. Dunque tale differenza, tra Essere ed esistenza non va semplicemente ribadita, ma argomentata.
Comunque sia, se l'Essere è il fondamento trascendente di ogni cosa che esiste (ma nel senso di una Causa efficiente? O piuttosto teleologicamente come ciò cui ogni essente mira?) è tutto fuorché il Nulla. È il Fondamento. Perché asserire che è uguale al Nulla, complicando ulteriormente la comprensione dell'argomento? Giocando sul fatto che non avendo l'esistenza come ogni normale essente allora è non esistente, quindi nulla?
L'amore non mi fa intuire che l'altro è me stesso. L'amore mi fa comprendere che l'altro, facendo parte del Tutto (ma senza in esso perdere le proprie differenze che lo rendono unico, senza affondare in un Uno indistinto), è legato a me.

Koba II

Citazione di: niko il 10 Agosto 2024, 20:50:29 PME se uno ha orrore dell'essere, e stupore del divenire, allora costui e' fuori dalla filosofia?
I grandi filosofi, anche prescindendo un attimo dalle loro finalita' e consapevoli intenzioni, hanno lavorato per l'essere, o per il divenire del (loro) mondo?
Un Aristotele, ha fatto un Alessandro Magno.
Un Socrate, ha fatto un Platone.
La questione politica. Per la quale dobbiamo tutti un gallo ad Asclepio. Per non finire mai piu', ammazzati.
Sembri non vedere il legame profondo tra politica e metafisica.
Per Platone il politico deve essere filosofo perché solo il filosofo riesce a distinguere il vero ordine delle cose dalle opinioni interessate.
Il politico-filosofo trasforma radicalmente la città ispirato dal Bene la cui luce solo rende possibile la conoscenza della struttura della realtà, dei rapporti veri tra le cose.
Quindi: divenire, trasformazione del reale, prassi politica, ma possibile solo ponendo lo sguardo su ciò che permane, sull'essere eterno delle cose, o almeno su ciò che varrebbe la pena continuasse a permanere, su ciò che, al di là delle definizioni, rappresenta le perfezioni cui ispirarci affinché ci sia giustizia e nessuno venga ammazzato, gallo compreso.

niko

Citazione di: Koba II il 11 Agosto 2024, 10:19:55 AMSembri non vedere il legame profondo tra politica e metafisica.
Per Platone il politico deve essere filosofo perché solo il filosofo riesce a distinguere il vero ordine delle cose dalle opinioni interessate.
Il politico-filosofo trasforma radicalmente la città ispirato dal Bene la cui luce solo rende possibile la conoscenza della struttura della realtà, dei rapporti veri tra le cose.
Quindi: divenire, trasformazione del reale, prassi politica, ma possibile solo ponendo lo sguardo su ciò che permane, sull'essere eterno delle cose, o almeno su ciò che varrebbe la pena continuasse a permanere, su ciò che, al di là delle definizioni, rappresenta le perfezioni cui ispirarci affinché ci sia giustizia e nessuno venga ammazzato, gallo compreso.



Platone ha creduto di reperire da elementi preesistenti l'uomo nuovo, ma invece lo ha creato.

E' questo, il legame tra metafisica e politica.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: niko il 11 Agosto 2024, 13:06:01 PMPlatone ha creduto di reperire da elementi preesistenti l'uomo nuovo, ma invece lo ha creato.

E' questo, il legame tra metafisica e politica.




L'uomo nuovo lo costruisci solo superando il dominio di classe. Platone qualcosa aveva intuito, elogiando Sparta e la donna spartana. Ma i tempi non erano maturi e Aristotele chiuderà la discussione con la (sua) fenomenologia dello schiavo.

Transitata papale papapale nella religione del tarsiota, limitando la grazia all'oltretomba.

È questo il legame tra metafisica e politica.

(Anche oggi).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: Ipazia il 11 Agosto 2024, 15:37:17 PML'uomo nuovo lo costruisci solo superando il dominio di classe. Platone qualcosa aveva intuito, elogiando Sparta e la donna spartana. Ma i tempi non erano maturi e Aristotele chiuderà la discussione con la (sua) fenomenologia dello schiavo.

Transitata papale papapale nella religione del tarsiota, limitando la grazia all'oltretomba.

È questo il legame tra metafisica e politica.

(Anche oggi).

La trasformazione antropologica operata dalla filosofia e' grande e innegabile anche a prescindere dai rapporti di classe.

A farne le spese, fu proprio il pensiero mitico religioso, che dalla filosofia fu marginalizzato.

L'assetto politico di buona parte del mondo ne' fu influenzato e sconvolto, dall'impero ellenistico in poi.

Usare la filosofia per convincere l'eventuale interlocutore di una (dogmatica) verita' religiosa, fu un passaggio temporalmente molto successivo.

La filosofia, anche in epoca cristiana, non poteva morire, perche' serviva da strumento, in se' perfetto, di disputa e di conversione, oltre alla spada, al potere eccetera.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Citazione di: Koba II il 11 Agosto 2024, 10:18:56 AMNo, non è che con "Essere s'intende il fondamento dell'esistente". Sei tu che intendi l'Essere in questo modo. Non siamo di fronte ad un'evidenza. Dunque tale differenza, tra Essere ed esistenza non va semplicemente ribadita, ma argomentata.
Comunque sia, se l'Essere è il fondamento trascendente di ogni cosa che esiste (ma nel senso di una Causa efficiente? O piuttosto teleologicamente come ciò cui ogni essente mira?) è tutto fuorché il Nulla. È il Fondamento. Perché asserire che è uguale al Nulla, complicando ulteriormente la comprensione dell'argomento? Giocando sul fatto che non avendo l'esistenza come ogni normale essente allora è non esistente, quindi nulla?
L'amore non mi fa intuire che l'altro è me stesso. L'amore mi fa comprendere che l'altro, facendo parte del Tutto (ma senza in esso perdere le proprie differenze che lo rendono unico, senza affondare in un Uno indistinto), è legato a me.


L'Essere non può essere argomentato razionalmente. Proprio in quanto non vi è alcuna evidenza razionale dell'Essere.
L'evidenza razionale è peculiare dell'esistere.

Nulla significa soltanto non esistenza. È semplicemente una negazione, non è una affermazione.
Non vi è nessun "qualcosa" che sia nulla.
Cosificare il nulla è l'errore in cui si cade quando si confonde l'Essere con l'esistere.
E ciò avviene perché appiattiti sull'esistere.

Perché allora parlare dell'Essere?
Visto che non ha alcuna evidenza razionale?

Se ne deve parlare perché una evidenza ce l'ha, ed è la massima evidenza che si possa cogliere, tale da mettere in ombra qualsiasi altra, sebbene non sia razionale.

Questa evidenza compare quando finalmente hai davanti ciò che conta davvero.
E allora daresti tutto quello che hai pur di seguire quella che appare adesso l'unica autentica evidenza!

Può anche avvenire attraverso il legame con chi ami. Ma non in quanto legame tra esistenti.
Anzi, proprio nel dissolvimento di questo legame dovuto alla caducità dell'esistere!

È il Nulla, che è l'amato. Nulla che è sempre stato, è, e sarà.
E tu lo ami.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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