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Sò di non sapere.

Aperto da iano, 04 Agosto 2023, 10:29:01 AM

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niko

Il sapere di non sapere socratico, o meglio, del Socrate platonico, si ricollega in maniera fondamentale alla teoria platonica della reminiscenza: mentre nella celebre massima del 

"sapere di non sapere",

sapere e non sapere appaiono come due opposti assoluti, e quindi il loro "contatto" e la loro "commistione" nel "sapere di non sapere" appare paradossale, ossimorica, (come si fa, a sapere di non sapere?) altrove, ad esempio nel Menone, viene detto che la

"Reminiscenza", 

(ovvero la dinamica stessa della conoscenza umana nel suo passare, e direi anche nel suo continuo ritornare, tra memoria e oblio),

Si pone come un terzo intermedio tra sapere e non sapere, come cio' che trasforma un dilemma (sapere o non sapere) in un tri/lemma (sapere, non sapere o reminiscenza).

La conoscenza e' qualcosa di perduto da ritrovare.

Al di la' di ogni eternalismo, c'e' un sentimento del tempo amorevole verso il passato: la contemplazione "salvifica" ammesso che la filosofia salvi, la contemplazione del mondo delle idee, e' prima della nascita, (si puo' ricordare) non dopo la morte (non si puo' anticipare, o immagginare, o sperare) per questo l'iperuranio, platonico, non sara' mai un paradiso, per come il paradiso e' secondo il sentimento cristiano del tempo.

Del futuro, vi e' fede, del passato, vi e' certezza. O quantomeno, memoria. 

Sicuramente, chi sa di non sapere puo' cercare il sapere.

Anche se non sappiamo se troveremo il sapere, la vita di chi cerca il sapere e' piu' bella, della vita di chi non lo cerca.

C'e' una valorizzazione assoluta della ricerca a prescindere dal suo successo e dalle sue possibita' di successo.

Anche questa vita bella resa possibile dalla condizione della ricerca, della mancanza, e' un intermedio, una possibilta' di reminiscenza, perche' chi in assoluto sa (e quindi non sa, di non sapere), non cerchera' mai, e chi in assoluto non sa (e quindi non sa, di non sapere), pure, identicamente, non cerchera' mai.

Entrambi avranno semmai altri piaceri, ma non certo quello della ricerca.

Gli opposti, del sapere e del non sapere, sono uguali nel loro condurre a una vita non filosofica, e quindi sono scartati da Socrate con un atto di volonta', di desiderio, e non con una semplice constatazione di fatto.

So di non sapere e' un programma, vuol dire: "passero' a vita a cercare, il sapere".

Si rivolge alla desiderabilita', e non solo all'esistenza, dell'oggetto/sapere, e del soggetto/sapiente.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#16
Citazione di: niko il 07 Agosto 2023, 13:37:05 PMIl sapere di non sapere socratico, o meglio, del Socrate platonico, si ricollega in maniera fondamentale alla teoria platonica della reminiscenza:
Sembra più un ''non sapere di sapere'', che comporta un sapere recuperabile, che equivale a un prendere coscienza di sè.
Un ''sapere tacito'' come mi faceva notato Ipazia.
Ma più che un sapere tacito, un sapere ignoto.
Un sapere che si possiede senza saperlo.
Possedere un tal sapere ignoto ha un senso solo se il sapere non è fine a se stesso, se lo scopo non è limitarsi a contemplarlo dopo esservi giunti, comunque vi siamo giunti,  ma se diventa causa del nostro agire, e questo agire può trasformarsi in un automatismo inconsapevole appunto, che richiede cioè il possedere il sapere, ma non necessariamente la coscienza di sapere, e anzi questa coscienza rischia di far  inceppare l'automatismo, facendoci tornare ad una azione impacciata, impacciata come era quando l'automatismo ha iniziato a innestarsi.

Così come tendiamo a non vedere più ciò che è sempre sotto i nostri occhi, così nel ripetere un azione perdiamo coscienza del perchè di quella azione, fino a non saper più spiegare il come e il perchè di ciò che  facciamo. E se sul perchè possiamo imbastire una giustificazione, sul come proprio non sappiamo dire.
Così ad esempio percepiamo il tempo, ma con S.Agostino non sappiamo dire come e perchè.
Tutto ciò ha il pregio di rendere agevole l'azione, tanto che il tempo sembra scorrere da sè, ma anche il difetto di non riuscire a reindirizzarla facilmente se occorresse farlo, perchè per farlo occorrerebbe prima recuperare il sapere sottostante, che è qualcosa più di un superficiale ricordare, perchè bisogna pescare nel profondo.
Molto di ciò che chiamiamo scienza deriva da questo scavare in noi stessi nel profondo, e ciò si dimostra utile perchè l'automatismo che viene così a spezzarsi non è necessariamente perso, avendo oggi la capacità di delegarlo ad una macchina.
Quando agiamo senza bisogno di pensare a quel che facciamo, la stessa cosa può far bene altrettanto una macchina che in quanto tale non pensa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#17


L'uomo sà di non sapere,
la macchina non sà di sapere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

baylham

Socrate è stato tra i primi ed il più famoso ad avere posto a fondamento della sua ricerca filosofica ciò che definisco ignoranza sistemica, riassunta nel motto "so di non sapere".

Nell'Apologia di Platone sono riferite le argomentazioni a sostegno dell'ignoranza sistemica di Socrate, la cui attendibilità non sono certamente in grado di valutare. Tuttavia Socrate ha intuito l'ignoranza sistemica, ma non l'ha compresa come è evidente dalle sue argomentazioni sbagliate e contradditorie. 

La premessa è l'oracolo del Dio di Delfi, secondo cui Socrate è il più sapiente degli uomini. Per Socrate l'oracolo del Dio di Delfi non può mentire, premessa logicamente contradditoria con la sua concezione dell'ignoranza sistemica. Anche la sua valutazione dell'indagine empirica condotta presso i sedicenti sapienti, l'interrogazione, è in contraddizione con la sua concezione dell'ignoranza sistemica. Ma soprattutto la sua conclusione, che solo il Dio è sapiente, mentre la sapienza degli uomini non vale nulla è doppiamente sbagliata e contradditoria.

L'ignoranza sistemica implica che qualunque esistente, il Dio eventuale non fa eccezione, è impossibilitato a conoscere integralmente la realtà oltre che sé stesso. Implica che la conoscenza è possibile, ma relativa. L'ignoranza sistemica ha implicazioni profonde in qualsiasi campo: filosofico, morale, scientifico, tecnico, politico, religioso. Ad esempio in campo morale, ritenere di conoscere che cosa sia il bene e il male è una pretesa altrettanto impossibile proprio perchè è impossibile conoscere che cosa sia la realtà. Lo stesso in campo filosofico, la ricerca dell'Essere o dell'Assoluto sono imprese patetiche.

iano

#19
Citazione di: baylham il 08 Agosto 2023, 11:46:09 AMAd esempio in campo morale, ritenere di conoscere che cosa sia il bene e il male è una pretesa altrettanto impossibile proprio perchè è impossibile conoscere che cosa sia la realtà. Lo stesso in campo filosofico, la ricerca dell'Essere o dell'Assoluto sono imprese patetiche.
Patetiche, ma umanamente comprensibili, perchè nascono da una necessità, che è quella di coordinarsi, in quanto esseri sociali, in un azione comune, e si può considerare questa un impresa talmente titanica da non potersi realizzare altro che con l'inganno; un cavallo di Troia che ponga fine al potenzialmente infinito affanno di accordarsi al fine di agire insieme in base ad un sapere condiviso, relativo a chi lo condivide, riuscendo fare media delle diversità.
Facile a dirsi, difficile a farsi.
Il metodo scientifico ha reso meno necessarie certe astuzie attraverso le quali si fà di necessità virtù, perchè ha ridotto questi tempi di accordo in modo accettabile. Non occorre quindi più l'inganno dell'assoluto, ma ciò non toglie che alcuni vogliano ancora percorrere queste scorciatoie.
Mi chiedo quindi se ''il sapere di non sapere'' Socratico non sia un invito a non percorrere queste scorciatoie, o a percorrerle in modo più consapevole.
Un limitarsi a sapere come nasce il sapere, e a conoscere prima di tutto il suo carattere relativo, per cui nessuno possa dire a ragione ''io sò''.
Nel momento che io sò come nasce il sapere io non sò altro che questo.
Sò solo come dare origine al ''sapere'', che sapere non è più quindi, ma è accordo al fine di un azione comune. Lo stesso agire dell'individuo è l'effetto di un armonioso accordo fra le sue parti.
Tutto ciò è sostenibile però solo nel momento in cui troviamo un metodo per ottenere un accordo veloce, anche se non fulminate al modo di Giove, psicologicamente non coercitivo per non mortificare la diversità dei singoli.
Sò di non sapere, significa che nessuno letteralmente può pretendere di affermare singolarmente di sapere, avendo avuto un accesso privilegiato a qualcosa che è fuori di sè, e che essendo fuori di sè altri a loro volta potranno accedervi.
Si tratta solo di fare contingentemente uno ciò che è per sua natura è multiplo, al fine temporaneo di agire, senza trucchi e senza inganni, rispettando di ognuno la diversità, perchè quella diversità è il contenitore di tutte le possibili soluzioni in cui andare a pescare ogni volta quella giusta.
Sò di non sapere mette in discussione che l'autorità del singolo si possa attingere fuori da esso, ed ognuno sarà autorevole per quel che saprà dimostrare di essere, per quanto si dimostrerà convincente, per il seguito che riuscirà ad ottenere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

La constatazione della impossibilità di conoscere la realtà non deriva da un processo logico.
Perché il pensiero logico può solo dire di non conoscere ancora tutto. E non può concludere che allora non potrà mai conoscere la realtà.
Su che base dovrebbe essere così?

Il "sapere di non sapere" è invece una verità che si sperimenta direttamente. È la realtà che ti colpisce come una mazzata!
Questa realtà è l'abisso, sul cui bordo ti ritrovi all'improvviso.
È il Caos che repentino si mostra come unica vera realtà!

E non c'è ragionamento che tenga.

Di modo che il "sapere di non sapere" è, seppur paradossalmente, autentico sapere. L'unico vero sapere.

I greci non erano dei sempliciotti.
Occorre prudenza prima di provare a disprezzarli.
Avevano ben presente cosa significa contraddirsi e cosa vuol dire andare oltre ogni possibile contraddizione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Pensarbene

#21
L'uomo considera reale ciò che può essere condiviso con gli altri, prima di tutto in termini sensoriali, quindi cognitivi.
Un sogno non è condivisibile in questi termini quindi non è reale  ..reale ma ha, comunque, una sua realtà.
Per il sapere vale la stessa cosa, quindi, se quello che io so è condiviso allora...so;se non lo è allora "non so"
Naturalmente io non posso sapere tutto il sapere attuale, ne conosco una piccola parte e questo vale per tutti noi!
Quindi se dico:"io so di non sapere" non è un paradosso nè una frase  che si presta a chissà quale elucubrazione: significa semplicemente che io non so tutto quanto potrei sapere se potessi sapere tutto il sapere condiviso oggi.
Se poi uno volesse speculare sulla frase generalizzandola a un "sapere infinito" o "non identificato e identificabile"o giocando a "paradosso" potrebbe farlo all'infinito!

 

Ipazia

Citazione di: baylham il 08 Agosto 2023, 11:46:09 AMAd esempio in campo morale, ritenere di conoscere che cosa sia il bene e il male è una pretesa altrettanto impossibile proprio perchè è impossibile conoscere che cosa sia la realtà. Lo stesso in campo filosofico, la ricerca dell'Essere o dell'Assoluto sono imprese patetiche.

In qualsiasi contesto sociale si sa benissimo cos'è bene e cosa è male, se non si hanno interessi politico-economici a nullificare la vita umana.

Il nichilismo sociale va a nozze con l'ignoranza eterodiretta delle sue vittime e con la chimera metafisica della verità assoluta, che rende un prezioso servizio funzionale al nichilismo sociale e gnoseologico.

In una notte della ragione in cui tutte le vacche sono nere.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pensarbene

La legge dice che cosa si può e non si può fare ma non definisce "bene" quello che si può fare e "male" quello che non si può fare!
Lo sottintende ma la legge non può dirlo ne affermarlo perchè la legge conferma solo ciò che è coerente,ammesso e conveniente per lo stato, l'associazione,l'internazionalità,ecc ...
Bene e male ,giusto o sbagliato, buono o cattivo, vero e falso   tutto e nulla....und so weiter sono palle al piede di un libero pensare e agire!

Ipazia

Fin dalle tavole mosaiche, detratti i numi, è scritto cos'è bene e cos'è male per una società di umani. Il diritto positivo non ha fatto altro che convertire in legge quei principi etici universali.

La sofistica ha cercato di intorbidire le acque, ma con scarso successo e nessuna credibilità,  essendo i sofisti i primi a non sottrarsi e pretendere per sé il rispetto di quei fondamenti etici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Socrate78


Socrate secondo me esprime una razionalità estrema che vuole conoscere tutto ma siccome il mondo è caotico e irrazionale e i valori sono relativi non può essere mai pienamente compreso da una ragione che si chiede sempre "Che cos'è il giusto?", "Che cos'è il bello?", anzi, agire in questo modo crea una sorta di dogmatismo in cui si stabiliscono valori assoluti per tutti e questo uccide l'individualità umana. Dovrei forse cambiare il mio nick in quanto sto esponendo una posizione antisocratica!

Ipazia

Il Socrate di Platone poneva quesiti filosofici pertinenti, soprattutto nel campo dell'etica e dell'episteme. Di lui sappiamo solo quello che è  stato filtrato dalla indubbia grande personalità intellettuale del suo discepolo Platone.

L'errore di Platone e dei metafisici è la costellazione di inciampi assoluti che im-pongono all'episteme, che invece è fatta di piani e contesti che delimitano il sapere nel campo in cui sa.

Il cigno nero esiste, ma viene strumentalizzato dallo scetticismo metodologico di chi preferisce affidare la sua sorte agli occasionali autoproclamati padroni del sapere e della vita altrui.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Citazione di: Socrate78 il 10 Agosto 2023, 14:00:33 PMSocrate secondo me esprime una razionalità estrema che vuole conoscere tutto ma siccome il mondo è caotico e irrazionale e i valori sono relativi non può essere mai pienamente compreso da una ragione che si chiede sempre "Che cos'è il giusto?", "Che cos'è il bello?", anzi, agire in questo modo crea una sorta di dogmatismo in cui si stabiliscono valori assoluti per tutti e questo uccide l'individualità umana. Dovrei forse cambiare il mio nick in quanto sto esponendo una posizione antisocratica!
Cosa è il bello non lo so, ma cosa è il giusto, Socrate lo ha stabilito attraverso le modalità della sua morte, unendo teoria e prassi in una sorta di marxismo ante-litteram.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Pensarbene

giusto per chi e per che cosa?

iano

#29
''So di non sapere'' potrebbe essere il manifesto della democrazia , del laicismo e della scienza, laddove si riconosce che l'individuo, qualunque individuo, vale uno, perchè non vi è nulla fuori di sè, al di là dei suoi pari, da cui poter attingere per andare oltre se stesso.
''Sò di non sapere'' esclude la possibilità di una illuminazione che ci ponga al di sopra degli altri.
Sò di non sapere, cioè sò quanto vale quel che sò.
E quanto vale quel che sò?
Poco per quel che ne sò!
Quel che sò, qui lo dico e qui lo nego.
Ma in mancanza d'altro in base a quel sapere agisco, con l'umiltà e le cautele di chi sà di non sapere.
Usare il proprio sapere senza mai coincidere con esso.
Non considerare un attacco alle nostre idee un attacco alla nostra persona, come un offesa personale, di cui non mancano esempi in questo forum come in ogni altro contesto umano.
Un ''sò di non sapere'' che è una provocazione rivolta a chi, non si limita a possedere idee, ma viene posseduto dalle  idee.

Cosa è bene fare?
La scelta apparentemente spetta al singolo, ma che sia bene o male quel che fà, è poca cosa l'azione del singolo, il quale quindi farà poco bene quanto poco male .
E' il fare comune che conta la cui condizione necessaria è che vi sia una condivisione non costruita, ma una condivisione di fatto, che deriva dalla comune origine.
Un idea di bene di fondo connaturata, ma non immutabile, non essendo quella natura inamovibile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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