Siamo responsabili delle nostre azioni?

Aperto da Socrate78, 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

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Phil

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Dunque la bellezza, caratteristica sia di Monica Bellucci sia di maia Grazia Cucinotta, non essendo in nessun luogo, in quanto concetto astratto, per te non ci sarebbe?
La bellezza, secondo me, è un concetto astratto (non trascendente) e se proprio devo scommettere (ma senza pretesa ;) ) dove sia, direi... nel cervello (che me la fa individuare, riconoscere e vivere... alzandomi la pressione! ;D )

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Anche perché la realtà in toto non é limitata alla sola materia (res extensa, spazialmente "dispiegata" e ubicata), al solo oggetto di studio della scienza fisica.
Dal '900 in poi questo assioma è meno solido che in passato, ma resta ancora attualismo e siamo ben lontani da dimostrare il contrario (anche perché la trascendenza è sempre un passo più in là di noi, nell'indimostrabilità  ;)  )


Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Ma infatti ho sempre sostenuto che la mia coscienza* trascende (= é trascendente; e non trascendentale) il mio cervello [...]
Non esiste il trascendere in assoluto, non ha senso, ma solo trascendenza come rapporto fra due parti distinte della realtà
"Due parti distinte della realtà" che si "trascendono"? Stiamo ancora usando un linguaggio filosofico, oppure per "trascendere" intendiamo banalmente essere distinte e separate? Se è così, ecco spiegato il motivo per cui non ti capivo  ;D

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
E' determinatissimo: a parte quello che ne scrivo personalmente nel forum, ti invito a cercarne il significato su qualsiasi dizionario.
Sul dizionario si parla anche di "trascendenza" fra cervello e coscienza? Oppure quello è uno dei mille usi della generica definizione di trascendenza (vero "coltellino svizzero" della metafisica, che, riconoscerai, non è stato individuato e usato da tutti allo stesso modo, e questo è davvero eloquente  ;) )?

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Jolly, deus ex machina, circolo vizioso, petitio principi non hanno nulla a che vedere con le mie argomentazioni perfettamente logiche, coerenti e metafisicamente sobrie (fino a eventuale prova contraria).
La "quasi prova contraria", da quel che ho capito (ma probabilmente ho frainteso :) ), è che presupponi la trascendenza della coscienza, non la dimostri; poi la usi e tutto funziona, ma non hai forse tu stesso detto che tale trascendenza richiede "fede" (ovvero non dimostrazione, figuriamoci "prova contraria")?
Partendo dalla non falsificiabilità della trascendenza, fai seguire argomentazioni perfettamente logiche, ma se viene messa in dubbio tale trascendenza, si svela il circolo vizioso; del tipo: la trascendenza è la causa della non reperibilità fisica della coscienza nel cervello - la coscienza non è stata fisicamente reperita - allora la trascendenza è davvero la causa della non reperibilità della coscienza. Che è come dire (parafrasando una vecchia puntata dei Simpson): ho in mano un sasso che tiene lontane da me le tigri - intorno a me non vedo tigri - allora è davvero il sasso che tiene lontane le tigri  ;D

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
A essere precisi bellezza, cattiveria, ecc, hanno proprio denotati reali astratti.
La Bellucci non é astratta (per fortuna!) ma la bellezza (la sua in particolare e la bellezza in generale in grado ancor maggiore sì, eccome!
Userei il linguaggio differentemente: la bellezza-della-Bellucci non è astratta, è concreta in quanto imminente alla Bellucci (infatti, se non esistesse la Bellucci, neppure in foto o altro, non esisterebbe nemmeno la sua bellezza). La bellezza astratta, in quanto tale, è quella che esiste a prescindere da un ente individuale di riferimento. La bellezza-della-Bellucci non è bellezza astratta (astratta da che?) ;)

Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 19:53:50 PM
Dogmatico sarebbe dire: é vero perché "ipse dixit" (e dunque non può non essere vero) , non argomentare la verità di un assunto (e dunque invitare chi voglia a cercare di dimostrarlo falso).
Quindi il mio é limpidissimo e inequivocissimo (credo il superlativo sia consentito) razionalismo.
Secondo me, argomentare la verità di ciò che si presuppone (vedi sopra) è dogmatismo, da cui può certo conseguire ottimo razionalismo che, tuttavia, gira in questo caso su un circolo vizioso imperniato sulla indimostrabile trascendenza (intesa filosoficamente), a differenza del razionalismo epistemologico.

Apeiron

@sgiombo non è una contraddizione, è un "salto logico" (personalmente nel fatto d'essere "autonomi" non vedo di per sé contraddizioni. Ovviamene l'esistenza di un ente autonomo chiaramente è incompatibile con l'attuale conoscenza scientifica  ;) ). La cosa è un po' diversa. Comunque ammetto che non riesco a spiegare questo "salto", anche se magari in futuro sarà possibile "dimostrare" che "emerge" ad un certo punto la capacità di fare scelte che sono "autonome".  

La tua posizione sul fenomeno-noumeno mi ha fatto ricordare questo passo di Schopenhauer:
"Presa come filosofia, ella sarebbe inoltre materialismo: ma questo porta fin dalla nascita, come abbiamo veduto, la morte nel cuore, perché passa sopra al soggetto e alle forme della conoscenza; le quali nondimeno vanno premesse tanto per la più bruta materia, da cui il materialismo vorrebbe muovere, quanto per la materia organica, a cui vuol pervenire. Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse. E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello. Queste due opposte vedute, a ciascuna delle quali siamo invero condotti da una pari necessità, si potrebbero dire anch'esse un'antinomia nella nostra facoltà conoscitiva..." (Mondo Come Volontà e Rappresentazione, Tomo I, Libro I)

Secondo me una qualche forma di panpsichismo evita questo paradosso (anche se chiaramente ammetto di brancolare nel buio a riguardo della "mente" che può avere un sasso  ;D  di certo a differenza dell'animale non è strettameente parlando cosciente!)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Per Phil

Constato che continui a credere e (a ripetere) che:

-la coscienza stia nel cervello (per esempio starebbe nel cervello, dove nessuno lo troverà mai, il pensiero del concetto di "bellezza") mentre accade l' esatto contrario e nel cervello ci sono solo cellule, vasi ecc. (un po' diversi dal pensiero della bellezza!), e non vi si potrà mai trovare altro
.
-Il pensiero sia materia e la sua esistenza come realtà diversa dalla materia sia un assioma indimostrabile e poco solido e non un' inoppugnabile constatazione di fatto.

-Negare la trascendenza come una condizione indimostrabile (in generale, aprioristicamente; quindi in particolare fra coscienza e cervello e fra diverse coscienze), senza punto dimostrare che non esiste realmente né proporre valide spiegazioni alternative dei rapporti fra mente e cervello e fra le diverse coscienze.

-Rifiutare un linguaggio filosofico per discutere di una questione che trascende (stavolta in senso figurato, metaforico) le scienze naturali (anche se se ne deve tenere conto) ed é filosofica.
E non distinguere fra due diversi modi in cui parti della realtà possono essere diverse (distinte, separate): trascendenza e immanenza reciproca (e che sulla trascendenza, come sull' immanenza i vari filosofi hanno detto cose diverse é ovvio: meno male! Come é ovvio che nella definizione di "trascendenza" dei dizionari non si accenni al caso particolare della trascendenza fra mente e cervello; che fra l' altro da moltissimi é rifiutata).
Le tue pretese in proposito sono un tipico super-mega-coltellino galattico con cui si fa di tutto e di più nel più sfrenato arbitrio e senza fondamento alcuno.
O un "ragionamento" alla Simpson che vede circoli viziosi dove non ce ne sono affatto.

-Inventare pretese contraddizioni e pretesi circoli viziosi (da cui fra l' altro affermi contraddittoriamente che possa conseguire un qualche "razionalismo"!) nelle mie tesi sulla trascendenza mente – cervello, il suo carattere ipotetico e il suo non essere superata da alcuna ipotesi alternativa (ovviamente a mio modesto parere) per spiegare e comprendere i rapporti mente-cervello.

Confondere "immanente" con "concreto".


Non vedo pertanto l' utilità di continuare a ripetere gli stessi argomenti (corretti e tutt' altro che "fideistici", e "viziosamente circolari"): tempo perso!
(Lo so, non ho una gran pazienza).

Pertanto, con tutto il dovuto rispetto, la discussione con te per quanto mi riguarda finisce qui; mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie, battute che vorrebbero essere divertenti e con la solita abbondanza di faccine che ridono (forse la tua mamma ti fa sempre gli gnocchi...), ma per non cadere in tentazione di perdere altro tempo (ho un carattere polemico), non la leggerò nemmeno.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 28 Novembre 2017, 12:59:47 PM
@sgiombo non è una contraddizione, è un "salto logico" (personalmente nel fatto d'essere "autonomi" non vedo di per sé contraddizioni. Ovviamene l'esistenza di un ente autonomo chiaramente è incompatibile con l'attuale conoscenza scientifica  ;) ). La cosa è un po' diversa. Comunque ammetto che non riesco a spiegare questo "salto", anche se magari in futuro sarà possibile "dimostrare" che "emerge" ad un certo punto la capacità di fare scelte che sono "autonome".  
CitazioneNon posso capire cosa intendi per "salto", dal momento che tu stesso dici di non riuscire a spiegarlo.

La tua posizione sul fenomeno-noumeno mi ha fatto ricordare questo passo di Schopenhauer:
"Presa come filosofia, ella sarebbe inoltre materialismo: ma questo porta fin dalla nascita, come abbiamo veduto, la morte nel cuore, perché passa sopra al soggetto e alle forme della conoscenza; le quali nondimeno vanno premesse tanto per la più bruta materia, da cui il materialismo vorrebbe muovere, quanto per la materia organica, a cui vuol pervenire. Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse. E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello. Queste due opposte vedute, a ciascuna delle quali siamo invero condotti da una pari necessità, si potrebbero dire anch'esse un'antinomia nella nostra facoltà conoscitiva..." (Mondo Come Volontà e Rappresentazione, Tomo I, Libro I)

Secondo me una qualche forma di panpsichismo evita questo paradosso (anche se chiaramente ammetto di brancolare nel buio a riguardo della "mente" che può avere un sasso  ;D  di certo a differenza dell'animale non è strettameente parlando cosciente!)
CitazioneHo evidenziato in grassetto un' affermazione da cui dissento (concordando in gran parte con il resto).
 
(Premesso che spero prima o poi di leggere Schopenhauer; sebbene sia vecchio e la morte non mi sia lontana...) distinguerei l' esperienza fenomenica cosciente, cui appartiene (anche, oltre al mentale) ciò che le scienze naturali conoscono, con il suo soggetto, dalla conoscenza (circa l' esperienza fenomenica cosciente), cioè (le sensazioni coscienti de-) il pensiero che certi fenomeni sono-divengono in un certo modo stando che effettivamente, almeno in parte, tali fenomeni sono-divengono in un tale certo modo (peraltro il soggetto della conoscenza non può ovviamente non essere anche il medesimo delle sensazioni fenomeniche di cui ha conoscenza; ma non è vero che basti essere soggetto di coscienza fenomenica, per esempio alla maniera del "primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto" per esserlo anche di conoscenza; ovviamente dei fenomeni coscienti).

Concordo che quando si parla del noumeno e della possibile coscienza soggettiva propria di sue parti i cui corrispettivi fenomenici dei quali noi siamo soggetti (di coscienza) non sono chiaramente agenti per scopi si percorre un terreno minato e dunque la cautela é d' obbligo.

Phil

Citazione di: sgiombo il 28 Novembre 2017, 18:15:17 PM
Pertanto, con tutto il dovuto rispetto, la discussione con te per quanto mi riguarda finisce qui; mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie, battute che vorrebbero essere divertenti e con la solita abbondanza di faccine che ridono (forse la tua mamma ti fa sempre gli gnocchi...), ma per non cadere in tentazione di perdere altro tempo (ho un carattere polemico), non la leggerò nemmeno.
Secondo me, le considerazioni e i commenti non sono dovuti, sono un regalo (Natale si avvicina ;) ) che facciamo agli altri, e talvolta a noi stessi (perché consentono agli altri di darci qualcosa). Se nel mio ultimo messaggio non hai trovato spunti degni di tue considerazioni, ma solo noiosi "dejà vu", è più che condivisibile il tuo voler porre fine alla discussione (io invece avevo trovato spunti nel tuo ultimo post e per questo ho commentato, alimentandola).

Per quanto riguarda l'uso delle faccine, non le uso per schernire (spero davvero tu non le abbia interpretate così), ma per suggerire semmai un tono sereno (e talvolta persino autoironico), magari quando cerco di non appesantire troppo la seriosità dell'argomento ricorrendo a qualche metafora (che indubbiamente possono non piacere a tutti), oppure quando muovo un'obiezione, per indicare che la muovo con leggerezza, con il sorriso, senza ostile antagonismo (non è mica una competizione, no?  :) ).

Le pretese e le illogicità che mi imputi, non sono riuscito a trovarle (almeno c'ho provato, pazienza!), comunque grazie per avermele segnalate; ho invece trovato che il nostro confronto mi sia servito a riflettere su questo tema, soprattutto in virtù delle nostre discordanze (altrimenti tutto si sarebbe ridotto ad uno sterile e laconico "sono d'accordo!").

Non ci crederai (eppure lo scrivo lo stesso  ;D ), ma mi aspettavo che avresti prima o poi scritto un "post di congedo" (in cui avresti detto, come hai fatto altre volte, "da ora in poi taccio, ma non acconsento"), per cui ho cercato di sfruttare subito al meglio i miei post (e mi ritengo abbastanza soddisfatto, non avevo altre domande in faretra). Grazie quindi per la pazienza e per gli spunti!


P.s.
Ovviamente non ho scritto questo post solo per farti riflettere un po' sulla tua aspettativa del "mi aspetto una risposta con le solite pretese e malposte ironie" (cit.), né per farti notare che, se lo hai letto, non hai rispettato la tua profezia del "non la leggerò nemmeno". Semplicemente, se mi credi, credo in ciò che ho scritto (faccine comprese  ;D ).

Il_Dubbio

ma poi dopo tutte queste discussioni sui particolari, la risposta l'abbiamo data?

Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?

Parto io.

Siamo responsabili? Si!

Motivazione: Io credo che la coscienza racchiuda una certa informazione criptata (non accessibile) che causa le nostre azioni. Perchè questa informazione riesca ad essere determinante per la nostra responsabilità, esse devono essere libere dalla materia. Questa libertà lo si deve al fatto che l'informazione criptata nella coscienza siano in realtà composte da cellule temporali che agiscono in modo retroattivo rispetto alla visione deterministica di un osservatore esterno.
questa è la mia estrema sintesi.

per voi invece la risposta quale sarebbe?

Jacopus

Essendo un "compatibilista" la mia risposta non può che essere sì/no. Non siamo responsabili perché la nostra storia individuale e sociale e lo stesso indeterminismo casuale ci conducono a fare quello che facciamo ma siamo responsabili perché accanto a questa innegabile verità c'è sempre una possibilità di scelta individuale irriducibile e opaca alla spiegazione causale. E' innegabile che ogni essere umano che fosse inchiodato ad un rigido determinismo non farebbe altro che rivoltarsi contro di esso e fare "cose a caso" proprio per rivendicare la propria libertà.
Si potrebbe anche rovesciare il problema e dire che siamo responsabili individualmente della storia e dell'evoluzione della società, ovvero se crediamo in una certa idea di società, le nostre azioni devono essere rivolte all'attuazione di quell'ideale, proprio per mutare i presupposti deterministici dell'azione vista in termini generali.
Inoltre ad un rigido determinismo si presentano due problemi di non poco conto: quello della responsabilità delle proprie azioni, che può essere risolto in modo stoico, come fa Sgiombo, rivendicando la necessità di una responsabilità individuale per la serena convivenza civile, anche se logicamente essa sarebbe  inesistente. C'è inoltre da capire come il determinismo rigido possa giustificare l'evoluzione del mondo, poichè se tutto è deterministicamente orientato, siamo sempre vissuti e sempre vivremo oltre che nel migliore, anche nell'unico dei mondi possibili, il che mi sembra riduttivo e poco edificante per la storia dell'umanità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Angelo Cannata

Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
Si!

Personalmente penso che ritenere di aver trovato risposte sia una delle cose più micidiali che possano esistere. Lo stesso vale per quanto riguarda il ricercare, se viene effettuato con la convinzione di dover andare ad approdare a qualcosa di finalmente definitivo, conclusivo.
Spero di non cadere mai in questi tranelli della mente.
Per me ricercare ha senso solo come apertura ad infinite altre ricerche. Si cerca per poter cercare ancora e cercare meglio, non per smettere di cercare.

Angelo Cannata

Non nego la possibilità di soffermarsi su qualcosa, ma dico, appunto, soffermarsi, sempre come sosta provvisoria.

Efonyo

La risposta a questa domanda dipende dalla risposta ad un altro quesito: dove si trova la coscienza?

Se la coscienza attraversa le cose, allora essa non pilota alcun tipo di organismo, lascia che il corpo ed i pensieri scorrano su di essa, è un fiume dell'esistenza. La sua volontà non è altro che il fluire del mondo, in pratica non possiede una volontà, la consapevolezza illude la nostra anima che egli controlli il mondo materiale ed i suoi eventi.

Ma se associamo la mente ad un pilota automobilistico, che ha a disposizione sterzo, marcia e freni, ed il corpo è l'auto, allora di conseguenza noi risulteremo responsabili delle nostre azioni, risultati.

Quando elaboro le mie idee e visioni fantastiche spesso i risultati che ottengo come rappresentazioni mentali non coincidono con la mia volontà, la volontà si ferma su ciò che la mia anima conosce, non su ciò che sconosce!

Se io mi prefisso di disegnare ad esempio un sole carnivoro con statue al posto dei denti, alla fine invece immagino una rana dalla pancia a ventilatore dove fuoriesce l'intestino con otto occhi di dinosauro e alette d'angelo!

Quindi? Siamo responsabili in parte delle nostre azioni, il pensiero è una forma di comando ma il suo potere è ridotto nel mondo materiale e neurologico, quindi finisce che il sistema nervoso controlla la nostra anima e i suoi pensieri, la coscienza non ha proprio massimo controllo su sé stessa, quindi siamo responsabili su quei piccoli particolari in cui ci stiamo concentrando nel momento.

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?
Per rispondere con una "risposta secca" (come da richiesta), preferirei "affrontare" una parola meno ambigua di "responsabilità"; nell'ambiguità, le risposte sono inevitabilmente molteplici:
- se per "responsabilità" intendiamo "causa efficiente", scommetterei sul "si" (altrimenti saremmo burattini  ;D ). Le nostre azioni sono causate da qualcosa (definibile in molti modi: mente, volontà, anima, coscienza, karma...) che ci costituisce (senza di essa non saremmo chi/cosa siamo), che ci identifica in quanto "noi", quindi "noi" siamo responsabili di ciò che facciamo (ne siamo la causa).
- se per "responsabilità" intendiamo, "imputabilità di fronte alla legge (umana o divina)", ovviamente la risposta è "si" (almeno finché si vive in una società che ha leggi che prevedono responsabilità giuridica individuale, o si crede in un culto che prevede responsabilità morale individuale).
- se per "responsabilità" intendiamo "controllo totale" (non solo causale), allora ne deriva un dualismo fra "noi" e le "nostre azioni", con la volontà chiamata a fare da intermediario; la questione diventa allora "siamo arbitri/autori della nostra volontà?"; la risposta secondo me, è "no", poiché non possiamo scegliere cosa volere (semmai, vogliamo ciò che scegliamo), ovvero non possiamo volere ciò che non vogliamo.

sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 29 Novembre 2017, 00:22:27 AM
ma poi dopo tutte queste discussioni sui particolari, la risposta l'abbiamo data?

Posso chiedere ad ogni etente che è intervenuto una risposta secca con a seguito una sua brevissima opinione sulla domanda: siamo responsabili delle nostre azioni?

Parto io.

Siamo responsabili? Si!


CitazioneSecondo me no.

Infatti pur essendo determinista (per fede, non perché sia dimostrabile; e nemmeno é dimostrabile l' indeterminismo), e dunque ritenendo che l' agire sia dovuto alle qualità morali dell' agente, e non casuale, come sarebbe invece in caso di indeterminismo, tuttavia mi rendo conto nessuno (se non forse un Dio, ammesso che esista; ma non lo credo) é responsabile del fatto di trovarsi ad essere così com' é, e conseguentemente di essere determinato ad agire così come agisce (e anche se si può decidere di cambiare, lo si fa conseguentemente a come si é, al momento di prendere questa decisione, non per propria libera scelta.


Apeiron

Secondo me sì, siamo responsabili. Abbiamo facoltà di scelta e dobbiamo rispondere alla scelte che facciamo.

@sgiombo. Non so spiegarti la questione del "salto" perchè non riesco, con le mie attuali conoscenze, a riuscire a capire come "qualcosa" riesca ad "affrancarsi" dalla catena causale di cause e conseguenze (ossia ad avere un controllo parziale su tale catena). Il "salto" di cui parlo è proprio questa capacità di avere un controllo parziale... controllo parziale che secondo le attuali conoscenze è del tutto impossibile!

Di per sé non ci vedo personalmente non vedo nulla di "illogico". Però ammetto che le varie scoperte scientifiche in un certo senso finiscono per rendere questo "salto" sempre meno probabile   :)

Comunque il tuo punto di vista sul problema mente-materia è molto interessante e originale ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Il_Dubbio

Citazione di: Apeiron il 29 Novembre 2017, 16:49:22 PM
SNon so spiegarti la questione del "salto" perchè non riesco, con le mie attuali conoscenze, a riuscire a capire come "qualcosa" riesca ad "affrancarsi" dalla catena causale di cause e conseguenze (ossia ad avere un controllo parziale su tale catena). Il "salto" di cui parlo è proprio questa capacità di avere un controllo parziale... controllo parziale che secondo le attuali conoscenze è del tutto impossibile!


Anch'io ho cercato di spiegare questo "salto". Ma evidentemente non sono riuscito nell'impresa.
L'alternativa è ciò che ho detto a Phil, l'uomo non è responsabile delle sue azioni.

Quello che cercavo di capire erano le motivazioni (tipo quelle di Phil) a metà strada fra una responsabilità secca ed una ammorbidita. Secondo me si è spaziato troppo su fattori che non risolvono la questione. Per questo ho chiesto un si o un no. Perche un ni mi sembra una risposta del tipo democristiana (partito di maggioranza relativa ormai scomparsa dopo la prima repubblica, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo  :P )

Apeiron

#134
@Il_Dubbio da un punto di vista pragmatico la questione non ha importanza. Possiamo accettare che siamo "liberi" e andare avanti (un po' come ha fatto Kant se lo conosci  :) ). Da un punto di vista logico le obiezioni di sgiombo sono impeccabili: a meno che non ci sia questo "salto" che "generi" una realtà "libera" (in parte) sono impeccabili. E lui di conseguenza (come Spinoza e Schopenhauer) prende tutte le conseguenze di ciò.

Rimane dunque da "scegliere" come fare: rinunciare alla responsabilità morale mi pare piuttosto assurdo dal punto di vista "pratico-esistenziale" (semmai si può essere aperti a ridefinirla a seconda dei contesti e delle esigenze, un po' come farebbe, credo, Angelo Cannata). A questo punto però dobbiamo, da "filosofi", nuovamente concepire una morale quando tutto va contro alla nostra "convinzione" di essere liberi. Si può fare come sgiombo e accettare che essa sia illusoria (e in un certo senso che la vera libertà è riconoscere che sia illusoria, a la Spinoza, Schopenhauer...). Viceversa si può invece ritenere di essere liberi e responsabili. Ma nuovamente è completamente assurdo pensare che il "mondo esterno" e i processi "interiori" non ci influenzino. Non siamo in realtà, in senso ultimo, artefici del nostro destino se con ciò intendiamo una libertà "incondizionata". Siccome personalmente ritengo che la libertà (intendo il "salto", il libero arbitrio) sia essenziale per parlare di responsabilità ovviamente sono nella posizione molto goffa di postulare una cosa che non esiste per dare una giustificazione a-posteriori alle mie convinzioni.

Poi tra l'altro potremo ad esempio riuscire a "dimostrare" l'esistenza del libero arbitrio? Scientificamente, per esempio, come potremo dimostrare l'esistenza del libero arbitrio? Che osservazione potrebbe farci concludere della sua esistenza?
Furono queste domande che costrinsero Kant ad accettare il libero arbitrio e l'esistenza di un "agente" in quanto dal punto di vista fenomenico è impossibile "dedurre" l'esistenza (o meno) del libero arbitrio (e personalmente anche a dimostrare la sua non-esistenza... ovviamente questo vale anche per l'unicorno rosa che vive in un mondo a noi inacessibile... però ritengo che il libero arbitrio sia una questione ben più importante dell'unicorno rosa anche se come animale è affascinante  ;D ). Si possono fare ipotesi, si possono creare modelli ma come potremo in fin dei conti dedurre dall'osservazione dei fenomeni (che è la base della scienza) il libero arbitrio? Più che altro la facilità con cui viene definito illusione solitamente deriva dall'incapacità diffusa al giorno d'oggi di ammettere l'esistenza di qualcosa solo perchè non c'è evidenza empirica (è da notare però che sgiombo, Spinoza, Schopenhauer e altri hanno ragioni ben più profonde di questa per rifiutare il libero arbitrio ;)). Sinceramente questa tendenza ad ammettere l'esistenza solo del concreto senza avere un minimo di apertura a realtà "non deducibili" dall'empiria mi sembra piuttosto un limite del pensiero moderno o addirittura (almeno in certi casi, ma ritengo in più casi di quanto si pensi) una "scusa" per non indagare a fondo la realtà...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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