Siamo responsabili delle nostre azioni?

Aperto da Socrate78, 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

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sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:08:24 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Novembre 2017, 22:27:08 PM
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Il fatto é che non é la coscienza ad essere nel cervello, ma invece il cervello ad essere nella coscienza: é, in quanto insieme-successione di sensazioni direttamente  di materia cerebrale (se viene aperta la scatola cranica e ci si guarda dentro) o (...preferibilmente; e come di solito fortunatamente accade!) indirettamente come immagini neurologiche ricavate dall' applicazione di macchinari come la RM alla materia cerebrale stessa, nella coscienza -chiamiamola per comodità "coscienza-1"- di chi compie le osservazioni; la quale é un' altra diversa coscienza rispetto a quella -chiamiamola "coscienza-2"- che si può credere (non dimostrare né mostrare) esista e divenga "parallelamente al", e in corrispondenza biunivoca col, cervello esaminato (quella nell' ambito della quale, per esempio, avvengono determinate sensazioni visive allorché nel corrispondente cervello che si trova nella coscienza-1 di chi lo osserva avvengono determinati eventi neurofisiologici nella corteccia occipitale).

E tale cervello (nella coscienza1 (e nelle altre coscienze di ogni altro per lo meno potenziale osservatore) diviene nell' ambito del mondo fisico materiale che di tali coscienze é parte ("esse est percipi", Berkeleey), secondo le leggi proprie del divenire naturale, nel quale la coscienza2 non può essere in alcun modo trovata: ogni coscienza contiene sensazioni materiali (comprese quelle di cervelli) e mentali, ma non altre coscienze (non avrebbe senso!). Le coscienze che si può credere corrispondano ai vari cervelli funzionanti esperibili nell' ambito della propria (di coscienza) bisogna ammettere che trascendano la propria, includente i cervelli osservati.

Il Dubbio:
Non sono sicuro di aver compreso quello che dici. 
Il neurologo vede i neuroni muoversi. Giusto? Facciamo finta che siano solo i neuroni responsabili delle nostre sensazioni.

Risposta di Sgiombo:
I neuroni sono (costituiti da) nostre sensazioni (indirette, per il tramite del microscopio).
Dunque non possono essere responsabili delle nostre sensazioni (includenti essi stessi).
E infatti la neurofisiologia dimostra che sono responsabili unicamente di fatti come trasmissioni di potenziali d' azione, eccitazioni o inibizioni trans-sinaptiche di altri neuroni, movimenti muscolari, ecc.
 
 
 
Il Dubbio:
Mentre tu stai percependo ad esempio il colore rosso, il neuroscienziato vede solo i neuroni. Il rosso è la tua sensazione cosciente, i neuroni la parte che riguarda la coscienza del neurologo.

Risposta di Sgiombo:
Esatto!

Il Dubbio:
Ammettiamo tu sia in macchina e il semaforo ti segnala il colore rosso, tu sai che devi pigiare il freno per fermare la macchina.
Per il neurologo cosa causa il movimento del piede sul freno? I neuroni. Ma non è il neurone che fa da imput al tuo piede, quel neurone deve restituirti la sensazione del rosso, che il neuroscienziato non vede. Per cui l'informazione che vien data al piede di fermarsi lo da il neurone o la tua sensazione del rosso? 

Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).
 
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).
 

 
Il Dubbio:
Rispondi a questa domanda e poi mi dici se solo guardando il cervello e i movimenti all'interno hai la possibilità di prevedere il tuo comportamento al semaforo.

Risposta di Sgiombo:
In linea puramente teorica, di principio, esistendo una corrispondenza biunivoca fra il funzionamento del mio cervello (nella coscienza del neurologo; o almeno potenzialmente in quelle di altri osservatori) e la mia coscienza, sarebbe possibile, conoscendo per filo e per segno la situazione funzionale del mio cervello, prevedere le mie azioni.
In pratica é impossibile perché non si riuscirà mai a conseguire tutte le conoscenze neurofisiologiche necessarie con la dovuta precisione.
 
 

Il Dubbio:
Ho detto, il determinismo è una successione di imput output con il quale puoi prevedere l'evento futuro. Sta di fatto però che questo determinismo nel nostro cervello non c'è perche chiunque guardasse al suo interno non avrebbe possibilità di accedere a tutta l'informazione chiusa a guscio nella coscienza.

Risposta di Sgiombo:
Questo determinismo nel nostro cervello ontologicamente c' é, anche se non ne avremo mai epistemologicamente una conoscenza sufficiente a prevedere le nostre azioni.
 
Certo che chi guardasse in un cervello non avrebbe possibilità di accedere alla coscienza che a quel cervello corrisponde ma in esso (contrariamente a neuronoìi,a ssoni, ecc.), non é affatto compresa, essendo invece al contrario quel cervello ad essere compreso nella coscienza di chi lo osservase.

Phil

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
Scusa, ma questo non c' entra proprio nulla con quello di cui stavamo discutendo.

Che non era la sensatezza o meno delle ipotesi reciprocamente alternative, fra loro incompatibili, del determinismo e del libero arbitrio [...]ma invece l' insensatezza di un' ipotesi che pretenda autocontradittoriamente di integrare o "rendere reciprocamente compatibili" tali due ipotesi.
Come ti suggerivo in precedenza, per avere delucidazioni su tale ipotesi del libero arbitrio che interagisce con il determinismo (come sostiene qualcuno, Jacopus e Apeiron se non ho frainteso) dovresti chiedere lumi ai diretti interessati, non a me che la ritengo ipotesi poco verosimile (tuttavia, non la valuto contraddittoria solo perché ha dei presupposti differenti dalla mia prospettiva: così come una logica polivalente non rende contraddittoria una logica bivalente... si tratta di distinguere attentamente la contraddittorietà interna dalla differenza di paradigma).

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
(Sembra; ma non si sa mai...) che finalmente convenga con  me che libero arbitrio e determinismo sono reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro (non considerabili entrambi assieme come veri)!
Non "sono", ma "potrebbero essere" contraddittori... a meno che non resto arroccato all'interno della prospettiva che trovo più attendibile, dimenticando che in fondo non è indubbiamente "vera" (non posso davvero sostenere che determinismo e libero arbitrio siano contraddittori se esiste almeno un'altra prospettiva che riesce a coniugarli... pur non trovandola verosimile).

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
La coscienza non può essere un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo" (fisico) per il semplice fatto che il mondo fisico é fatto di materia, compresa quella cerebrale, esperita nell' ambito di coscienze (che la percepiscono per l' appunto coscientemente) e sarebbe assurdo pretendere che una coscienza contenesse altre coscienze da essa stessa diverse; [...]
La coscienza é in parte immateriale (sensazioni o esperienze coscienti di pensieri, sentimenti, ecc.), in parte materiale (sensazioni o esperienze coscienti di mari, montagne, pianure, alberi, animali, ecc.).

E infatti la coscienza non interagisce col cervello (come mi sembra pretenda invece Il Dubbio, che parla di input" e output" fra l' una e l' altro) ma diviene "parallelamente su un piano ontologico separato, trascendente: dunque nessun assurdità, al massimo qualche perplessità![/font][/size][/color]
Non mi stupirebbe se la coscienza fosse invece solo materiale (ipotesi discutibile ovviamente ;) ), e avesse una "radice" da qualche parte nel cervello, così come, se non erro, la memoria...
Il fatto che io viva "in prima persona" i miei vissuti, secondo me, non ha necessariamente bisogno di una trascendenza (che apre il solito problema di spiegare il suo rapporto con l'immanenza, neurologica ma non solo).
Se penso ad un automa che (invento ;D ) quando percepisce un suono alza "pavlovianamente" il braccio perché è programmato per farlo, potrei giustamente pensare che l'insieme dei circuiti, fusibili, etc. che eseguono i comandi del software (anzi, "sistema operativo"), sia un insieme ordinato e funzionante che tuttavia non coincide con la sua "esperienza" di rispondere al suono alzando il braccio, perché tale evento è "vissuto in prima persona" solo dal software che lo "abita" e che, deterministicamente ;), reagisce in un determinato modo ad un evento esterno.
Dall'esterno possiamo valutare le performance del software, controllare l'intensità e la localizzazione degli impulsi, visualizzarne lo spettro elettromagnetico(?!), ma non sapremo mai come l'automa "viva" dall'interno l'operato del software (o meglio, come il sistema operativo processi se stesso). Ciò non toglie che il software sia allocato materialmente da qualche parte (niente "software trascendente") e che faccia agire deterministicamente l'automa.

Se rendiamo questo esempio dell'"alzare il braccio dell'automa" esponenzialmente più complesso, con numerose variabili ambientali, supponendo anche un'interazione fra automi, e sostituiamo fusibili, circuiti stampati e processori con neuroni, sinapsi e aree del cervello, credo di intravvedere una possibile spiegazione di come la coscienza individuale sia imperscrutabile dagli altri pur essendo materiale (ovvero senza scomodare la trascendenza)  :)

Il_Dubbio

Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).

Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Non è cosi per un fatto sperimentale. Ti avevo risposto gia all'inizio (non ricordo ora se precisamente a te o Phli) che secondo me la cellula pensiero/cosciente è una cellula temporale piu che spaziale. Cioè tu metti solitamente, come è giusto che sia, in sequenza i fatti in modo che il primo fatto avvenga prima del suo effetto. Quindi l'effetto arriva dopo la sua presunta causa. Se arrivasse prima l'effetto della causa la sequenza sarebbe errata da un punto di vista temporale.

Ora tu dici giustamente e intuitivamente, il neurone è della stessa sostanza  del rosso, solo che il rosso rappresenta la senzazione cosciente, il neurone (e il suo movimento) la rappresentazione che ne ha il neuroscienziato.

Gli esperimenti invece cosa dicono?
Gli esperimenti dicono che il neurone si muove prima che io abbia la rappresentazione del rosso. Quindi la stessa sostanza che attribuisci al neurone/rosso si attivano in modo diverso e non sincrono tra la rappresentazione del rosso e il movimento del neurone stesso.
Quindi non è la mia sensazione del rosso che attiva il neurone che fa muovere il piede sul freno. La sequenza temporale dei fatti che neuoroscienziato misura non tiene conto dell'esperienza cosciente. E' come se noi avessimo una esperienza in differita di quello che è invece gia successo.
Per cui la situazione è ben piu grave.
Qui la responsabilità (di cui parla il tema che stiamo affrontando) non esisterebbe nemmeno in linea di principio se seguissimo alla lettera l'esperienza del neuoroscienziato.

Visto allora che tu ti sei giustamente appellato alla sostanza (cioè il neurone è tale solo per il neuroscienziato ma è rosso per il soggetto che ne fa esperienza) perche non ci troviamo in accordo con la sequenza temporale? Per quale motivo lo scienziato debba essere convinto che ciò che vede in modo sequenziale è presumibilmente ciò che succede nella realtà dei fatti e non lo sarebbe invece per l'esperienza cosciente?
Io sono convinto di vedere prima il rosso e poi, dopo aver visto rosso, spingo il piede sul freno. Perche lo scienziato vede prima il neurone che spinge sul freno e  poi l'attivazione del neurone/rosso nella mia esperienza cosciente?

Per questo motivo avevo, nel mio appello, suggerito che la soluzione potrebbe essere nella sequenza temporale. Dove lo scienziato suppone che la sua visione dei fatti è oggettiva e quindi scientificamente valida, io suppongo che invece la sequenza dei fatti sia soggettiva e non immediatamente rilevabile dall'esperienza che ne fa lo scienziato.

sgiombo

#93
Citazione di: Apeiron il 24 Novembre 2017, 15:39:18 PM
@sgiombo. L'insanabile dissenso nasce dal fatto che tu sei uno "spinozista" e io no  ;)  Le nostre posizioni chiaramente non possono essere conciliate in quanto per me è impossibile convincere un "razionalista" dell'esistenza di un tertium, il che ovviamente è assurdo da un punto di vista logico (evidenziazione in grassetto mia).Citazione da: Apeiron - Fri Nov 24 2017 15:39:18 GMT+0100 (ora solare Europa occidentale)

CitazioneA me basta questa ammissione.
Ne prendo atto.
Citazione di: Apeiron il 24 Novembre 2017, 15:39:18 PM

Ma è anche vero che la "ragione pratica" - ossia la ragione che si occupa dell'etica - nasce proprio dall'esigenza di "gestire" proprio la questione della responsabilità. E "automaticamente" quando si giudica un comportamento è chiaro che (secondo me) nascano in modo automatico "idee" come l'azione morale e la conseguenza dell'azione morale.
CitazioneSu questo sono perfettamente d' accordo.



Supponi dunque di tornare all'esempio del "semaforo rosso": se passo col rosso è "giusto" che mi becco la multa, se non passo col rosso invece è "giusto" che non venga punito (in questo caso siccome la responsabilità me la becco solo quando trasgredisco la legge). Ovviamente se io passo col rosso commetto un'infrazione mentre se non lo faccio io non commetto l'infrazione e la mia "coscienza morale" in caso io abbia compiuto il "crimine" mi dice "non avresti dovuto farlo". Chiaramente questo non dimostra né l'esistenza di un tertium tra determinismo e indeterminismo e nemmeno l'esistenza di un agente che possa "controllare" le sue azioni, motivo per cui la tua posizione è "logicamente corretta". Spinoza d'altronde aveva "costruito" esattamente in questo modo la metafisica del mondo ed è partito dal postulato che non ci fossero salti logici nella natura, ossia che tutto poteva essere spiegato (cosa che pensarono anche Hegel e Schopenhauer. Sinceramente non mi ricordo cosa pensava Marx su questa questione ma mi pare che anche Engels - che ha fondato l'aspetto "teorico-metafisico" del marxismo - fosse sostanzialmente d'accordo). Oggi l'idea in realtà è condivisa da molti fisici per i quali, anche se in molti ritengono che a livello quantistico sia in vigore l'indeterminismo probabilistico, ritengono che l'idea di "libero arbitrio" sia completamente assurda. Ergo si hanno due alternative: o il libero arbitrio è una illusione - o più precisamente è un'idea che nasce dalla nostra sostanziale ignoranza del funzionamento della nostra mente - oppure il libero aribitrio è reale, come ci suggerisce la "forma" delle idee che vengono prodotte dalla ragion pratica. Il punto è che se si ammette che il libero arbitrio è solo una illusione epistemologica a mio giudizio le azioni sono inevitabili e quindi i giudizi sono anch'essi illusori. Spinoza potrebbe dire che la "liberazione" è proprio riconoscere che appunto in fin dei conti tutto avviene in modo necessario e che la "perfetta realizzazione" è proprio questo. Io invece ritengo che il libero arbitrio descrive qualcosa di reale, ossia che per così dire abbiamo per così dire "la scelta" - Spinoza che toglie ogni valore ontologico alla scelta ovviamente direbbe che sono un illuso. Ad ogni modo in qualche modo ritengo anche io che il "perfetto realizzato" è "spontaneo", perchè a questo punto in un certo senso (che ammetto di non comprendere) ha "rinunciato" al libero arbitrio, ossia alla tendenza di controllare ecc (da qui l'importanza della rinuncia/resa). Tuttavia a mio giudizio l'etica descrive qualcosa di ontologico e non ha solo valore di "approssimazione". Se qualcuno è interessato o non gli sembra chiaro quanto sto dicendo, posso espandere questo argomento ancora (mi rivolgo a "qualcuno" perchè credo che sia una questione interessante - d'altronde abbiamo fatto già sei pagine di discussione  ;D )
CitazionePer parte mia ritengo che il libero arbitri sia un' illusione in quanto ritengo che esista una realtà in sé o noumeno (solo per qualche aspetto analogo alla sostanza spinoziana, per altri no: non si é divino) che trascende le manifestazioni fenomeniche (almeno per qualche aspetto analoghe ai due constatabili fra gli infiniti attributi spinoziani) ma che é con esse in rapporto di corrispondenza puntuale e univoca.
E che nella realtà in sé esistano "enti" ai quali corrispondono esperienze fenomeniche coscienti (delle quali cui sono i soggetti) e che sono tali che a se stessi si manifestano (in qualità di oggetti e riflessivamente soggetti di coscienza) come i propri pensieri, sentimenti, ecc. (la res cogitans), e ad altri enti noumenici soggetti di coscienza si manifestano in qualità di oggetti non riflessivamente soggetti di coscienza) come cervelli (o forse solo cortecce cerebrali, o forse interi sistemi nervosi centrali): res extensa, come sono in generale i fenomeni manifestanti a soggetti in sé di coscienza oggetti da essi stessi diversi).
Quindi, essendo il divenire del mio cervello ("me" come mi manifesto fenomenicamente dall' esterno ad altri soggetti di coscienza da me diversi) deterministico (se la conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale o res cogitans é possibile e vera), ed essendo esso biunivocamente corrispondente al divenire mio proprio di ente in sé soggetto di coscienza, il mio stesso divenire (fra l' altro le mie scelte) é "sostanzialmente o praticamente deterministico" (anche se é difficile se non impossibile comprendere bene in che senso preciso: di qui le virgolette) e comunque con ogni evidenza univoco, necessitato, non libero.

Ma questo per me lungi dall' essere incompatibile con l' etica, ne é anzi una conditio sine qua non, dal momento che solo se le mie scelte dono determinate dalle (necessarie in seguito alle; e dunque dimostranti le) mie qualità morali (più o meno positive o negative) possono essere ritenute eticamente rilevanti, mentre se non sono in alcun modo determinate, ovvero se sono liberoarbitrarie, ossia casuali (non conseguenti a, non necessitate da -e dunque non dimostranti il- mio modo di essere, le mie qualità morali) possono solo essere considerate più o meno felicemente fortunate (senza meriti né colpe da parte mia).


Riguardo invece alla "mente"... a causa del parallellismo psico-fisico qui ritengo che così come il corpo ci sembra "un'unità" astratta dal resto delle cose anche per la mente valga un principio simile e che quindi non esista davvero un "centro" mentale che definisca il "mio io" (questa posizione ricorda l'anatta, il principio del "non-sé", del buddhismo). E così la complessità del corpo è in "corrispondenza biunivoca" alla complessità della mente e nel caso del corpo umano c'è secondo anche libero arbitrio (che ovviamente si riflette anche sul mondo materiale).
CitazioneMa allora viene a mancar la chiusura causale del mondo fisico, del quale non si può più dire che diviene secondo leggi naturali, e la conoscenza scientifica non é più pssibile.



Ritengo quindi che al corpo "X" si associ una mente "Y" che sia speculare per complessità. Ma siccome non credo che esistano "particelle isolate" (ovvero "incondizionate", libere dai condizionamenti) allora nemmeno le particelle sono degli "io". Motivo per cui la loro identità è solo qualcosa di "convenzionale" (come tra l'altro lo è anche la nostra).
CitazioneConcordo che qualsiasi ipotizzabile suddivisione mereologica della realtà (anche le più strampalate) é del tutto arbitraria e convenzionale (ma solo alcune "funzionano" ai fini della conoscenza, in particolare scientifica, del mondo e di un adeguato comportamento finalizzato in esso).



Ergo è errato dal punto di vista meta-fisico dire che sia noi esseri umani che le particelle abbiano un "io", ma è corretto dire che noi esseri umani abbiamo un senso dell'io, nato dal fatto che siamo talmente complessi da poterci pensare separati. Sinceramente non so come riuscire a far stare in piedi il mio sistema metafisico visto che a causa della mia credenza nel libero arbitrio ritengo anche con un "sistema complesso" come l'uomo riesce ad avere autonomia, pur non avendo un "centro" (il quale sembra essere automatico da postulare se si postula il libero arbitrio). Sinceramente non so come chiudere il cerchio e quindi a dire il vero sull'esistenza "ontologica" dell'io (nell'uomo - e anche negli animali) riservo dubbi. Nella pratica tuttavia vivo come se avessi un io. Quindi boh  :) (tra l'altro l'esistenza del libero arbitirio senza l'esistenza dell'"io" è uno dei problemi irrisolti - per me - del buddhismo...)
CitazioneConcordo anche che solo noi uomini, e nemmeno gli animali a noi più affini, oltre ad essere coscienti, siamo anche autocoscienti; ma non vedo in che senso possano considerarsi coscienti (arbitrariamente, per fede, senza che sia dimostrabile né men che meno empiricamente constatabile!) altre "cose" che animali dal comportamento più o meno complesso e (almeno apparentemente) finalizzato.



sgiombo

Citazione di: Phil il 24 Novembre 2017, 18:33:53 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
Scusa, ma questo non c' entra proprio nulla con quello di cui stavamo discutendo.

Che non era la sensatezza o meno delle ipotesi reciprocamente alternative, fra loro incompatibili, del determinismo e del libero arbitrio [...]ma invece l' insensatezza di un' ipotesi che pretenda autocontradittoriamente di integrare o "rendere reciprocamente compatibili" tali due ipotesi.
Come ti suggerivo in precedenza, per avere delucidazioni su tale ipotesi del libero arbitrio che interagisce con il determinismo (come sostiene qualcuno, Jacopus e Apeiron se non ho frainteso) dovresti chiedere lumi ai diretti interessati, non a me che la ritengo ipotesi poco verosimile (tuttavia, non la valuto contraddittoria solo perché ha dei presupposti differenti dalla mia prospettiva: così come una logica polivalente non rende contraddittoria una logica bivalente... si tratta di distinguere attentamente la contraddittorietà interna dalla differenza di paradigma).
CitazioneNon ti ho chiesto delucidazioni (so già cosa pensano quelli che autocontraddittoriamente pretendono di conciliare libero arbitrio e determinismo e libero arbitrio ed etica).
Ti ho invece proposto considerazioni mie (e chiesto un tuo parere in proposito; ma se non ne vuoi sapere di darmelo, pazienza! Me ne farò una ragione).

Conosco e trovo applicabile ai problemi pratici e filosofici che mi si pongono la logica (bivalente?) che non ammette contraddizioni.
Se esistono altre logiche polivalenti e ti interessa discuterne con me (sapere cosa ne penso; se penso che siano applicabili ai problemi del libero arbitrio, determinismo, etica, ecc., e come) dovresti previamente darmene un' adeguata illustrazione,


Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
(Sembra; ma non si sa mai...) che finalmente convenga con  me che libero arbitrio e determinismo sono reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro (non considerabili entrambi assieme come veri)!
Non "sono", ma "potrebbero essere" contraddittori... a meno che non resto arroccato all'interno della prospettiva che trovo più attendibile, dimenticando che in fondo non è indubbiamente "vera" (non posso davvero sostenere che determinismo e libero arbitrio siano contraddittori se esiste almeno un'altra prospettiva che riesce a coniugarli... pur non trovandola verosimile).
CitazioneCome ho fatto bene a precisare prudenzialmente "ma non si sa mai...)!

Non "potrebbero essere" vere, ma lo invece sono assolutamente, idubbiamente!
Per definizione.
E indipendentemente da qualsiasi eventuale arroccamento in qualsiasi eventuale prospettiva o meno.

E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).



Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:42:13 PM
La coscienza non può essere un tassello materiale nella "chiusura causale del mondo" (fisico) per il semplice fatto che il mondo fisico é fatto di materia, compresa quella cerebrale, esperita nell' ambito di coscienze (che la percepiscono per l' appunto coscientemente) e sarebbe assurdo pretendere che una coscienza contenesse altre coscienze da essa stessa diverse; [...]
La coscienza é in parte immateriale (sensazioni o esperienze coscienti di pensieri, sentimenti, ecc.), in parte materiale (sensazioni o esperienze coscienti di mari, montagne, pianure, alberi, animali, ecc.).

E infatti la coscienza non interagisce col cervello (come mi sembra pretenda invece Il Dubbio, che parla di input" e output" fra l' una e l' altro) ma diviene "parallelamente su un piano ontologico separato, trascendente: dunque nessun assurdità, al massimo qualche perplessità![/font][/size][/color]
Non mi stupirebbe se la coscienza fosse invece solo materiale (ipotesi discutibile ovviamente ;) ), e avesse una "radice" da qualche parte nel cervello, così come, se non erro, la memoria...
CitazioneIo invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà) se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).



Il fatto che io viva "in prima persona" i miei vissuti, secondo me, non ha necessariamente bisogno di una trascendenza (che apre il solito problema di spiegare il suo rapporto con l'immanenza, neurologica ma non solo).
CitazioneLa trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.

Problema che peraltro mi pare di aver dimostrato avere una soluzione plausibile (ovviamente posso sbagliare; ma preferirei che mi si dicesse dove e come).

Se penso ad un automa che (invento ;D ) quando percepisce un suono alza "pavlovianamente" il braccio perché è programmato per farlo, potrei giustamente pensare che l'insieme dei circuiti, fusibili, etc. che eseguono i comandi del software (anzi, "sistema operativo"), sia un insieme ordinato e funzionante che tuttavia non coincide con la sua "esperienza" di rispondere al suono alzando il braccio, perché tale evento è "vissuto in prima persona" solo dal software che lo "abita" e che, deterministicamente ;), reagisce in un determinato modo ad un evento esterno.

Dall'esterno possiamo valutare le performance del software, controllare l'intensità e la localizzazione degli impulsi, visualizzarne lo spettro elettromagnetico(?!), ma non sapremo mai come l'automa "viva" dall'interno l'operato del software (o meglio, come il sistema operativo processi se stesso). Ciò non toglie che il software sia allocato materialmente da qualche parte (niente "software trascendente") e che faccia agire deterministicamente l'automa. 

Se rendiamo questo esempio dell'"alzare il braccio dell'automa" esponenzialmente più complesso, con numerose variabili ambientali, supponendo anche un'interazione fra automi, e sostituiamo fusibili, circuiti stampati e processori con neuroni, sinapsi e aree del cervello, credo di intravvedere una possibile spiegazione di come la coscienza individuale sia imperscrutabile dagli altri pur essendo materiale (ovvero senza scomodare la trascendenza)  :)
CitazioneA parte Pavlov, che secondo me non c' entra, il software o il sistema operativo sono interamente compresi nella coscienza* di chi osservi "in terza persona" l' automa; e se l' automa ha una sua coscienza** vissuta "in prima persona" (cosa indimostrabile), allora si tratta di tutt' altra cosa dal sistema operativo stesso reale nella coscienza* che osserva l' automa.


sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Risposta di Sgiombo:
Quel neurone non può restituirmi alcuna sensazione di rosso; si trova nella coscienza del neurologo che sta studiando il mio cervello, e non nella mia (nella quale si trova invece la sensazione di rosso).

Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Il Dubbio:
Non è cosi per un fatto sperimentale. Ti avevo risposto gia all'inizio (non ricordo ora se precisamente a te o Phli) che secondo me la cellula pensiero/cosciente è una cellula temporale piu che spaziale. Cioè tu metti solitamente, come è giusto che sia, in sequenza i fatti in modo che il primo fatto avvenga prima del suo effetto. Quindi l'effetto arriva dopo la sua presunta causa. Se arrivasse prima l'effetto della causa la sequenza sarebbe errata da un punto di vista temporale. 

Risposta di Sgiombo:
Non riesco a capire queste considerazioni su "prima", "poi", "causa", "effetto".

Ma nessun fatto (osservazione) consente di rilevare da parte tua (nell' ambito della tua coscienza**) la mia coscienza* nel mio cervello (ma solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc.) e viceversa



Il Dubbio:
Ora tu dici giustamente e intuitivamente, il neurone è della stessa sostanza  del rosso, solo che il rosso rappresenta la senzazione cosciente, il neurone (e il suo movimento) la rappresentazione che ne ha il neuroscienziato.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Sia il rosso nella coscienza* dell' osservato (da parte del neuroscienziato) che i neuroni nella coscienza** dello scienziato stesso sono sensazioni coscienti. Coesistenti e biunivocamente corrispondenti; ma diverse, reciprocamente trascendenti, accadenti in diverse esperienze coscienti.

Il Dubbio:
Gli esperimenti invece cosa dicono?
Gli esperimenti dicono che il neurone si muove prima che io abbia la rappresentazione del rosso. Quindi la stessa sostanza che attribuisci al neurone/rosso si attivano in modo diverso e non sincrono tra la rappresentazione del rosso e il movimento del neurone stesso.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Forse ti confondi con i celebri esperimenti di Libet, che riguardano le decisioni coscienti  di agire.
La neurologia dice che contemporaneamente a una certa determinata situazione cosciente (nella coscienza* del soggetto di osservazione scientifica) si rilevano necessariamente (da parte dei ricercatori, nelle loro rispettive esperienze coscienti** di osservatori, diverse, altre "cose" dalla coscienza* dell' osservato) certi determinati eventi neurofisiologici in un certo determinato cervello (quello oggetto di osservazione scientifica).

Il Dubbio:
Quindi non è la mia sensazione del rosso che attiva il neurone che fa muovere il piede sul freno. La sequenza temporale dei fatti che neuoroscienziato misura non tiene conto dell'esperienza cosciente.
E' come se noi avessimo una esperienza in differita di quello che è invece gia successo.
Per cui la situazione è ben piu grave.
Qui la responsabilità (di cui parla il tema che stiamo affrontando) non esisterebbe nemmeno in linea di principio se seguissimo alla lettera l'esperienza del neuoroscienziato.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Ti sbagli: nulla di "differito".

Negli esperimenti di Libet prima della coscienza della decisione (nelle coscienze* delle "cavie umane") i ricercatori (nelle loro coscienze**) rilevavano (su indicazione delle "cavie stesse") determinati eventi nell' area motoria primaria del lobo frontale; ma l' azione cosciente delle cavie umane era contemporanea alle leggermente successive scariche dei motoneuroni piramidali.
Che erano causate prima e indipendentemente dalla volontà cosciente delle cavie umane da quell' altra attività neuronale, quegli altri "determinati eventi" di cui sopra).

Il Dubbio:
Visto allora che tu ti sei giustamente appellato alla sostanza (cioè il neurone è tale solo per il neuroscienziato ma è rosso per il soggetto che ne fa esperienza) perche non ci troviamo in accordo con la sequenza temporale? Per quale motivo lo scienziato debba essere convinto che ciò che vede in modo sequenziale è presumibilmente ciò che succede nella realtà dei fatti e non lo sarebbe invece per l'esperienza cosciente?
Io sono convinto di vedere prima il rosso e poi, dopo aver visto rosso, spingo il piede sul freno. Perche lo scienziato vede prima il neurone che spinge sul freno e  poi l'attivazione del neurone/rosso nella mia esperienza cosciente?
CitazioneRisposta di Sgiombo:
MI sembra di aver già dimostrato che gli esperimenti di Libet non sono pertinenti.
Quando nella tua esperienza cosciente* accade la visione del rosso, nell' esperienza cosciente** degli scienziati che ti osservano viene rilevata una certa determinata attività neurologica del tuo cervello (contemporaneamente); invece quando schiacci il pedale del freno viene rilevata un' altra, diversa certa determinata attività neurofisiologica (pure contemporaneamente).


Apeiron

@Phil, non hai frainteso se la intendi in questo modo. Non sto dicendo che abbiamo una libertà "incondizionata/assoluta", bensì abbiamo una libertà "condizionata", ovvero le nostre scelte sono sì libere però sono estremamente condizionate dall'ambiente, dai processi del nostro organismo ecc. Il fatalismo (che in realtà può non esseere determinista. Anche se tutto andasse a caso d'altronde non avremo "libertà") non mi piace perchè mi pare una visione estrema e apertamente contraddittoria rispetto alla nostra "intuizione" di sentirci "liberi di scegliere" e (secondo me) rispetto alla "ragione pratica". Ovviamente siccome nessuna legge della fisica lascia spazio a questa "via di mezzo", la mia posizione non è strettamente parlando "razionale", bensì "solo" ragionevole.

@sgiombo, però fai conto che il mio "assurdo" significa appunto che rispetto alla nostra attuale conoscenza è "assurdo". Può darsi che in futuro si scopra qualche indizio che ci faccia capire che una "libertà condizionata" c'è. La fisica è tutta scritta in modo matematico (Spinoza sarebbe fiero di ciò) e "immettere" la libertà umana in un sistema matematico ritengo che sia impossibile. Però è impossibile (o assurdo) da un punto di vista "razionalistico" perchè fin dall'inizio non si ammette che possano esistere questi "salti logici" nella realtà (e tra l'altro tra dialettica hegeliana, coincidientia oppositorum, catuskoti, la moderna logica paraconsistente ecc non mi sorprenderebbe che anche la realtà si comporti in modo, per così dire, "illogico"). Vorrei poi precisare come il fatalismo in effetti ha senso sia nel caso del probabilismo (o in genere dell'indeterminismo) che nel caso del determinismo - in ogni caso è impossibile "affrancarci" dalla catena di cause ed effetti. Detto questo "constato" l'insanabile differenza e rispetto il tuo dissenso - "respectful disagreement" direbbero gli anglofoni  ;)

Concordo però con te che in un certo senso se avessimo il "libero arbitrio totale" senza restrizioni e senza condizioni saremo a-morali in quanto non avremo alcuna restrizione nel nostro comportamento. Quindi è proprio il fatto che la nostra libertà è condizionata, ossia che le nostre azioni (a livello di pensiero, parola o azione concreta) hanno conseguenze e sono in (grossa?) parte a loro volta causate da altri fattori, che ha senso parlare di etica. Se potessimo "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica. Quindi sì il "fatalismo" è in parte corretto nel mettere in chiaro la catena causale (deterministica o meno) ma, per così dire, è (per me) incompleto. Non a caso ho una buona stima in realtà dei "fatalisti" come lo furono Spinoza, Schopenhauer ecc. Forse te l'ho già chiesto ma hai mai letto Schopenhauer (in particolare "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione", "sulla libertà del volere umano", "sul fondamento della morale" - che ritengo essere i suoi capolavori)? In caso ti consiglio fortemente di leggerlo.  ;) Tra l'altro anche se la sua conoscenza delle filosofie e religioni indiane è - devo ammetterlo - un po' superficiale, in realtà le ha, secondo me, comprese più di quello che solitamente gli interpreti ammettono.


Riguardo infine alla questione della "mente". Direi di dire che l'uomo è autocosciente. Gli animali sono senzienti (chi più, chi meno. Una formica lo è meno di un cane, ovviamente.). "Il resto" invece ha una mente "non senziente". Per esempio, possiamo dire che la "mente" del computer è il suo "software". In sostanza l'evidenza che ci sia una "mente" (estremamente elementare! non sono un animista  ;D ) anche nell'atomo di idrogeno è che anch'esso "elabora" le informazioni, interagisce con il suo ambiente, ha comportamenti regolari, redistribuisce la sua energia ecc. Alcuni per esempio stanno pensando che l'intero universo possa essere paragonato ad un "computer quantistico" (non sono d'accordo visto che l'uomo è ben più sviluppato di un computer quantistico e dei fenomeni inanimati). Quindi se ci pensi l'idea secondo me non è così balzana come sembra. Anche perchè se non ammetti l'esistenza della mente negli enti inanimati crolla il parallellismo psico-fisico. Se sparisse tutta la vita senziente nel cosmo dovrebbe sparire anche l'"attributo" mentale dell'universo e rimarrebbe solo quello "materiale". Non credo che tu sostieni questo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 25 Novembre 2017, 12:38:41 PM
@Phil, non hai frainteso se la intendi in questo modo. Non sto dicendo che abbiamo una libertà "incondizionata/assoluta", bensì abbiamo una libertà "condizionata", ovvero le nostre scelte sono sì libere però sono estremamente condizionate dall'ambiente, dai processi del nostro organismo ecc. Il fatalismo (che in realtà può non esseere determinista. Anche se tutto andasse a caso d'altronde non avremo "libertà") non mi piace perchè mi pare una visione estrema e apertamente contraddittoria rispetto alla nostra "intuizione" di sentirci "liberi di scegliere" e (secondo me) rispetto alla "ragione pratica". Ovviamente siccome nessuna legge della fisica lascia spazio a questa "via di mezzo", la mia posizione non è strettamente parlando "razionale", bensì "solo" ragionevole.
CitazioneMa, da buoni filosofi, dobbiamo cercare "verità" (presunte) che necessariamente non contraddicano le nostre "intuizioni" o non invece la verità quale che sia (sia pure in contrasto con le "nostre" intuizioni?

@sgiombo, però fai conto che il mio "assurdo" significa appunto che rispetto alla nostra attuale conoscenza è "assurdo". Può darsi che in futuro si scopra qualche indizio che ci faccia capire che una "libertà condizionata" c'è.
CitazionePer me il "tertiun" che "non datur" fra libero arbitrio e determinismo é un' impossibilità logica; non potrà mai accadere che qualcosa sia e anche non sia allo stesso tempo e per gli stessi aspetti.


La fisica è tutta scritta in modo matematico (Spinoza sarebbe fiero di ciò) e "immettere" la libertà umana in un sistema matematico ritengo che sia impossibile. Però è impossibile (o assurdo) da un punto di vista "razionalistico" perchè fin dall'inizio non si ammette che possano esistere questi "salti logici" nella realtà (e tra l'altro tra dialettica hegeliana, coincidientia oppositorum, catuskoti, la moderna logica paraconsistente ecc non mi sorprenderebbe che anche la realtà si comporti in modo, per così dire, "illogico"). Vorrei poi precisare come il fatalismo in effetti ha senso sia nel caso del probabilismo (o in genere dell'indeterminismo) che nel caso del determinismo - in ogni caso è impossibile "affrancarci" dalla catena di cause ed effetti. Detto questo "constato" l'insanabile differenza e rispetto il tuo dissenso - "respectful disagreement" direbbero gli anglofoni  ;)
CitazioneLogicamente o "illogicamente" (cioé in maniera logicamente scorretta) si può parlare, pensare (o pretendere di parlare, di pensare).

Ma la realtà o é/accade realmente o non é/non accade realmente (e non ha senso pretendere che fosse /accadesse logicamente o meno).

Comunque concordo circa il disaccordo (e mi compiaccio molto della tua rara correttezza).

Concordo però con te che in un certo senso se avessimo il "libero arbitrio totale" senza restrizioni e senza condizioni saremo a-morali in quanto non avremo alcuna restrizione nel nostro comportamento. Quindi è proprio il fatto che la nostra libertà è condizionata, ossia che le nostre azioni (a livello di pensiero, parola o azione concreta) hanno conseguenze e sono in (grossa?) parte a loro volta causate da altri fattori, che ha senso parlare di etica.

Se potessimo "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica.
CitazioneSecondo me fraintendi e non concordi con me.
Infatti per me non siano morali perché condizionati estrinsecamente (se lo siamo al punto di essere costretti ad agire o non agire, responsabile del nostro agire o meno sarebbe evidentemente chi ci costringe e non noi: per me se non potessimo (e quando di fatto non possiamo) "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica; a nostro riguardo), ma perché intrinsecamente condizionati (dalle mostre qualità etiche, più o meno buone o cattive, per l' appunto, e non dal caso).



Quindi sì il "fatalismo" è in parte corretto nel mettere in chiaro la catena causale (deterministica o meno) ma, per così dire, è (per me) incompleto. Non a caso ho una buona stima in realtà dei "fatalisti" come lo furono Spinoza, Schopenhauer ecc. Forse te l'ho già chiesto ma hai mai letto Schopenhauer (in particolare "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione", "sulla libertà del volere umano", "sul fondamento della morale" - che ritengo essere i suoi capolavori)? In caso ti consiglio fortemente di leggerlo.  ;) Tra l'altro anche se la sua conoscenza delle filosofie e religioni indiane è - devo ammetterlo - un po' superficiale, in realtà le ha, secondo me, comprese più di quello che solitamente gli interpreti ammettono.
CitazionePurtroppo non l' ho (ancora; speriamo bene!) letto (come sono anche del tutto digiuno delle filosofie orientali).

Ma non credo che il determinismo ("fatalismo" non mi piace: suggerisce passività, inerzia, mentre si può ben essere deterministi e attivissimi!) possa essere sensatamente completato con elementi di casualismo (se non sotto forma di divenire ordinato "debole", considerabile a seconda dei gusti tanto un "determinismo "debole" quanto un "indeterminismo "debole", ovvero di probabilismo: casualismo dei singoli eventi, determinismo delle loro proporzioni).


Riguardo infine alla questione della "mente". Direi di dire che l'uomo è autocosciente. Gli animali sono senzienti (chi più, chi meno. Una formica lo è meno di un cane, ovviamente.). "Il resto" invece ha una mente "non senziente". Per esempio, possiamo dire che la "mente" del computer è il suo "software". In sostanza l'evidenza che ci sia una "mente" (estremamente elementare! non sono un animista  ;D ) anche nell'atomo di idrogeno è che anch'esso "elabora" le informazioni, interagisce con il suo ambiente, ha comportamenti regolari, redistribuisce la sua energia ecc. Alcuni per esempio stanno pensando che l'intero universo possa essere paragonato ad un "computer quantistico" (non sono d'accordo visto che l'uomo è ben più sviluppato di un computer quantistico e dei fenomeni inanimati). Quindi se ci pensi l'idea secondo me non è così balzana come sembra. Anche perchè se non ammetti l'esistenza della mente negli enti inanimati crolla il parallellismo psico-fisico. Se sparisse tutta la vita senziente nel cosmo dovrebbe sparire anche l'"attributo" mentale dell'universo e rimarrebbe solo quello "materiale". Non credo che tu sostieni questo.
CitazioneMa che significa "mente non senziente"?
MI sembra una contraddizione.
Il computer ha il suo modo di trattare algoritmicamente  l' "informazione" (in senso tecnico, non come sapere consapevole) come il cervello ha il suo.
Ma i trattamenti algoritmici di informazioni sono eventi fisici "regolari" esattamente come tutti gli altri, compresi quelli riguardanti gli atomi di idrogeno; e solo degli eventi degli animali (comportamenti finalizzati) mi sembra ragionevole ipotizzare che possano essere "accompagnati da" coscienza.

Non mi sembra che ammettere che solo a determinati casi del divenire del noumeno (soggetti di coscienza; corrispondenti fenomenicamente* alla vita di animali vista** da altri animali) e non ad altro corrispondano esperienze fenomeniche coscienti: l' ipotesi mi sembra stia bene in piedi malgrado la negazione (o per lo meno la sospensione del giudizio, trattandosi di cose malcomprensibili) di coscienza nel resto del noumeno stesso.

Apeiron

@sgiombo anzitutto ti ringrazio del compiacimento  :) comunque lasciami puntualizzare un paio di cose.


SGIOMBO


CitazioneSecondo me fraintendi e non concordi con me.
Infatti per me non siano morali perché condizionati estrinsecamente (se lo siamo al punto di essere costretti ad agire o non agire, responsabile del nostro agire o meno sarebbe evidentemente chi ci costringe e non noi: per me se non potessimo (e quando di fatto non possiamo) "fare quello che vogliamo" non avrebbe alcun senso parlare d'etica; a nostro riguardo), ma perché intrinsecamente condizionati (dalle mostre qualità etiche, più o meno buone o cattive, per l' appunto, e non dal caso).


APEIRON

Non sono più convinto di ciò che ho detto poco fa, lo ammetto  ;D in sostanza il mio discorso era: se fossimo onnipotenti (se fossimo "liberi di fare ciò che vogliamo e di volere ciò che vogliamo") allora saremo "oltre la morale" in quanto "possiamo fare ciò che vogliamo". In realtà questo è banalmente falso se si ritiene che alcune azioni sono "giuste" e altre "no". Chiedo perdono dell'errore   ;D 

Ad ogni modo ritengo che le nostre qualità etiche siano condizionate da molti fattori sia esterni che interni (non a caso per esempio dopo un dialogo con un'altra persona posso cambiare). Se il mio carattere fosse "incondizionato" questo mutamento dipenderebbe solo dalla mia volontà. Il che ha come "infelice" esito che in questo caso potrei anche decidere di non imparare ad essere "buono". Quindi "fortunatamente" siamo "condizionati"!

La critica che muovevo al "determinismo" (concordo che "fatalismo" è un termine un po' brutto, però non riesco a trovare un termine che includa tutte quelle filosofie che negano la libertà del volere) era che in realtà non abbiamo alcun potere di mutare le nostre qualità in quanto non appena scegliamo di mutare in realtà la nostra scelta di mutare è "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...). E se c'è il parallellismo tra mente e materia allora anche i nostri pensieri in realtà sono "inevitabili". Di certo nel caso del determinismo si può avere una "crescita" però in realtà anche tale crescite è inevitabile. Così come è inevitabile il mio eventuale regresso ad uno stato meno "moralmente" elevato e così via. Tutto è inevitabile e rigido.

Quello che non mi torna è proprio questa "inevitabilità" portata al (logico) estremo.


SGIOMBO


CitazioneMa che significa "mente non senziente"?
MI sembra una contraddizione.
Il computer ha il suo modo di trattare algoritmicamente  l' "informazione" (in senso tecnico, non come sapere consapevole) come il cervello ha il suo.
Ma i trattamenti algoritmici di informazioni sono eventi fisici "regolari" esattamente come tutti gli altri, compresi quelli riguardanti gli atomi di idrogeno; e solo degli eventi degli animali (comportamenti finalizzati) mi sembra ragionevole ipotizzare che possano essere "accompagnati da" coscienza.

Non mi sembra che ammettere che solo a determinati casi del divenire del noumeno (soggetti di coscienza; corrispondenti fenomenicamente* alla vita di animali vista** da altri animali) e non ad altro corrispondano esperienze fenomeniche coscienti: l' ipotesi mi sembra stia bene in piedi malgrado la negazione (o per lo meno la sospensione del giudizio, trattandosi di cose malcomprensibili) di coscienza nel resto del noumeno stesso.


APEIRON
La cosa che può avvicinarsi di più a "mente non senziente" è la mente che "rimane" quando dormiamo senza sogni (anche in questo caso in fin dei conti processiamo le informazioni e reagiamo all'ambiente), solo che chiaramente un atomo non può "svegliarsi" ;D  a causa della nostra "autocoscienza" ovviamente non ci è possibile "immaginarci" tale stato, così come abbiamo difficoltà ad immaginarci quando dormiamo senza sognare. Quando tu dici che la coscienza (che per te è sinonimo di mente) è presente sono negli animali (e nell'uomo) mi sembra di trovare una "rottura di simmetria" (  ;D ) tra i due aspetti (materiale e mentale) del tuo sistema. Quindi se pensi all'evoluzione del Cosmo in cui chiaramente al Big Bang non c'erano animali vuoi dire che la mente è emersa? Se rispondi "sì" non ho nulla da criticarti, solo che in tal caso non puoi più dire che è "parallelismo". Ti prego dunque di chiarire questo punto  ;) per me c'è una sorta di gradazione nell'aspetto mentale e la materia inanimata h aper così dire il grado "minimo" di mente (ovviamente non posso portarti una prova empirica di ciò, semplicemente mi sembra un ragionamento che torna "per simmetria"). Ovviamente è una mia teoria però è anche vero che il buon Spinoza sarebbe, credo, d'accordo ;)




CitazioneMa, da buoni filosofi, dobbiamo cercare "verità" (presunte) che necessariamente non contraddicano le nostre "intuizioni" o non invece la verità quale che sia (sia pure in contrasto con le "nostre" intuizioni?



Concordo. Però secondo me talvolta quando riconosciamo la nostra "limitatezza" possiamo prendere una posizione "ragionevole" quando pare essere particolarmente opportuna  ;) d'altronde ad esempio anche le stesse teorie scientifiche prima esistevano come "speculazioni" (talvolta sembravano piuttosto assurde) e dopo sono state ben formalizzate (anche se ammetto che in questo caso la situazione è diversa  ;D ).



Su Schopenhuer è famosa la sua "citazione" attribuitagli da Einstein (non credo che sia "letterale" ma comunque non è una descrizione errata del suo pensiero). "Noi siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma non siamo liberi di volere ciò che vogliamo". Secondo me invece in parte siamo sia liberi di volere ciò che vogliamo che liberi di fare ciò che vogliamo ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Conosco e trovo applicabile ai problemi pratici e filosofici che mi si pongono la logica (bivalente?) che non ammette contraddizioni.
Se esistono altre logiche polivalenti e ti interessa discuterne con me (sapere cosa ne penso; se penso che siano applicabili ai problemi del libero arbitrio, determinismo, etica, ecc., e come) dovresti previamente darmene un' adeguata illustrazione,
Non ho le competenze per farlo, le studiai molti anni fa da autodidatta; tuttavia mi permetto di consigliarle perché le ho trovate molto "illuminanti"...

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).
Sono incline al determinismo materialista (senza nostalgia della trascendenza); se quindi mi chiedi spiegazioni sull'"altra prospettiva", non posso che rimandarti a chi la "abita" dall'interno  :)

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà)
Perdona la pedanteria, ma mi pare sia un periodo ipotetico della possibilità (e questo è un assist per le logiche polivalenti  ;) ).
Comunque, dicevi:
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo [...] se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).
Personalmente non riscontro nessuna contraddizione/assurdità nell'ipotesi che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): se osservo qualcuno soffrire, osservo il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma è chiaro che io non senta "in prima persona" il suo dolore. Nella mia "coscienza" (uso il tuo linguaggio, sospendendo la richiesta di definizioni linguistiche ;) ) entra anche il dolore che lui prova nella sua coscienza, sebbene, ovviamente, per me risulta "in terza persona". Quindi l'elemento "dolore" della sua coscienza non è inaccessibile alla mia, è solo localizzato (inevitabilmente) fuori dal mio corpo, "in terza persona".
Oppure penso alla già citata memoria: nessuno dall'esterno può "sfogliare" la mia memoria (almeno credo! ;D ), ma ciò non toglie che (azzardo) la mia memoria sia localizzata materialmente da qualche parte nel mio cervello, nell'"area x" che può entrare nelle coscienze altrui; anche se, ovviamente, non la vivranno "in prima persona" dall'interno come faccio io, bensì dall'esterno, in "terza".
Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
La trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.
"Strumentalizzare" una trascendenza è sempre una mossa "vincente" (è una constatazione, non una critica  :) ) perché non può essere falsificata: l'agire di una trascendenza è solo ipotizzabile, consente quindi di passare dall'osservazione di un evento ad una sua spiegazione "fideistica". Oppure si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  ;)
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?  ;D

Il_Dubbio

Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 11:37:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).


Ma questa è una tua interpretazione. Facciamo il caso che i tempi di visualizzazione non siano sfasati (come negli esperimenti Libet) ma in parallelo, come dici tu (evidentemente hai sotto mano altri esperimenti che dicono che vanno in parallelo). Cerchiamo di capire e di visualizzare i nostri punti di vista.

Abbiamo due neuroni (per semplicità faccio finta che ce ne siano solo due) uno è il neurone del rosso uno è il neurone che parte per schiacciare il piede sul freno.

Ora secondo te il neurone del rosso è conseguente al neurone del "freno" o va in parallelo? Se va in parallelo come fa ad attivarsi il neurone del freno se non è ancora visibile (in modo cosciente) il rosso? Tu sei su una strada in lontananza vedi un semaforo verde. Il neurone del freno si attiva quando il semaforo è rosso oppure quando è ancora verde?

Si possono trovare varie possibilità:
1) il neurone del freno si attiva prima del neurone del rosso, ma evidentemente se si attiva prima vuol dire che il neurone del freno ha visto gia l'attivazione del rosso. Ovvero il neurone del freno ha una visione cieca. Ammetiamo che la sequenza temporale fra verde e rosso sia oggettiva, avremmo una risposta soggettiva diretta (ovvero in parallelo) a cui manca la visione del rosso. E' questo che vuoi dire? Questo è quello che dice Libet che tu dici essere superato.

2) il neurone del freno e del rosso si attivano contemporaneamente e istantaneamente al cambiamento del segnale luminoso. Se tutto fosse istantaneo e in parallelo, come mi sembra tu abbia detto, il neurone del freno si comporterebbe in modo simile al primo caso, in quanto il neurone del rosso non ha il tempo per segnalare al neurone del freno di attivarsi. Quindi il neurone del freno ha una visione cieca del segnale rosso.

3) Al cambiamento del segnale luminoso esiste una frazione di secondo (come mi sembra anche giusto che sia) che passa fino a che il segnale luminoso arrivi dalle parti della nostra retina. E' possibile quindi che il segnale, dovuto ad un certo meccanismo che abbiamo imparato a gestire in modo automatico, vada prima a colpire il neurone del freno e poi di rimando anche a quello della nostra sensazione del rosso. Un volta che il neurone del freno è gia partito, deve fare un certo tragitto prima che dia l'effettivo movimento al piede, nel frattempo si attiva anche quello della sensazione cosciente. A questo punto due sono le cose a) la sensazione del rosso può disattivare il neurone del freno (ad esempio perche si pensa che le condizioni a contorno permettono di passare anche con il rosso e qui torniamo alla questione della responsabilità responsabilità) per cui ha comunque un ruolo attivo alla decisione finale b) il neurone del rosso arriva in ritardo, cioè dopo che il neurone del freno ha gia fatto quello per cui è predisposto a fare, cioè spingere il piede sul freno per frenare l'automobile.

In seguito a queste tre differenti considerazioni, torniamo invece al secondo parallelismo per guardare le varie possibilità.
Il secondo parallelismo (quello che mi sembra tu abbia voluto ricordare in modo piu preciso) riguarda invece la sostanza dell'informazione partendo dallo stesso oggetto. Ovvero il neurone del rosso è un oggetto che si muove nel cervello per il neuroscienziato, ma è anche (in parallelo) l'esperienza cosciente del rosso. Tu stabilisci una certa parità tra le due  informazione poiche presumi che l'oggetto sia lo stesso. Io invece concludo dicendo che il neurone del rosso che attiva l'esperienza del rosso, ha una informazione diversa e piu dettagliata della sostanza che trasporta. Quindi finisco dicendo che la stessa sostanza (il neurone) comporta per il neurologo un certo quantitativo di informazione ma non tutta l'informazione che vi è contenuta, la quale è elaborata con precisione dall'esperienza del rosso. Questa esperienza può, anzi deve essere determinante per un cambiamento dell'esito finale (o per lo meno questa è la mia tesi). Dove infatti il neurologo vede soltanto un neurone esso non è solo un neurone, per cui non può avere l'intera informazione che gli serve per prevedere in modo deterministico il risultato.
Attenzione che io non sostengo che il risultato finale sia un risultato indeterministico in senso ontologico, in quanto l'informazione contenuta all'interno del neurone che attiva l'esperienza del rosso, è essa stessa oggettiva, solo che trattasi di una variabile con incognita.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 25 Novembre 2017, 15:31:59 PM
Ad ogni modo ritengo che le nostre qualità etiche siano condizionate da molti fattori sia esterni che interni (non a caso per esempio dopo un dialogo con un'altra persona posso cambiare). Se il mio carattere fosse "incondizionato" questo mutamento dipenderebbe solo dalla mia volontà. Il che ha come "infelice" esito che in questo caso potrei anche decidere di non imparare ad essere "buono". Quindi "fortunatamente" siamo "condizionati"!

La critica che muovevo al "determinismo" (concordo che "fatalismo" è un termine un po' brutto, però non riesco a trovare un termine che includa tutte quelle filosofie che negano la libertà del volere) era che in realtà non abbiamo alcun potere di mutare le nostre qualità in quanto non appena scegliamo di mutare in realtà la nostra scelta di mutare è "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...).
CitazioneMa il fatto che sia "necessaria" secondo l'ordine degli eventi (necessaria né più né meno del movimento delle palle da biliardo...), non ne fa una scelta meno nostra, di cui saremmo meno responsabili (noi non siano meno "noi" per il fatto di esserlo necessariamente, anzi!): ed é anzi appunto per questo che ne siamo responsabili e ne assumiamo il merito o la colpa, per il fatto che dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalle nostre qualità morali e non dal caso esattamente come il movimento della palla da biliardo dipende necessariamente (e non aleatoriamente) dalla sua massa, dalla forza di gravità, dall' energia e dalla direzione con cui é stata colpita e non dal caso.



E se c'è il parallellismo tra mente e materia allora anche i nostri pensieri in realtà sono "inevitabili". Di certo nel caso del determinismo si può avere una "crescita" però in realtà anche tale crescite è inevitabile. Così come è inevitabile il mio eventuale regresso ad uno stato meno "moralmente" elevato e così via. Tutto è inevitabile e rigido.

Quello che non mi torna è proprio questa "inevitabilità" portata al (logico) estremo.
CitazioneA me pare che così stiano le cose e non si si possa far niente.
Ma il fatto che così stiano le cose e non si si possa far niente include il fatto che chi é (necessariamente) generoso e magnanimo (necessariamente) agisce bene, chi é (necessariamente) gretto e meschino (necessariamente) agisce male, che chi ha (necessariamente) una grande forza di volontà compia (necessariamente) sforzi "eroici", chi é (necessariamente) una "pappamolla" (necessariamente) subisce passivamente di tutto di più, ecc. (l' avverbio tra parentesi non mi sembra poi così importante).






SGIOMBO





APEIRON
La cosa che può avvicinarsi di più a "mente non senziente" è la mente che "rimane" quando dormiamo senza sogni (anche in questo caso in fin dei conti processiamo le informazioni e reagiamo all'ambiente), solo che chiaramente un atomo non può "svegliarsi" ;D  a causa della nostra "autocoscienza" ovviamente non ci è possibile "immaginarci" tale stato, così come abbiamo difficoltà ad immaginarci quando dormiamo senza sognare. Quando tu dici che la coscienza (che per te è sinonimo di mente) è presente sono negli animali (e nell'uomo) mi sembra di trovare una "rottura di simmetria" (  ;D ) tra i due aspetti (materiale e mentale) del tuo sistema. Quindi se pensi all'evoluzione del Cosmo in cui chiaramente al Big Bang non c'erano animali vuoi dire che la mente è emersa? Se rispondi "sì" non ho nulla da criticarti, solo che in tal caso non puoi più dire che è "parallelismo". Ti prego dunque di chiarire questo punto  ;) per me c'è una sorta di gradazione nell'aspetto mentale e la materia inanimata h aper così dire il grado "minimo" di mente (ovviamente non posso portarti una prova empirica di ciò, semplicemente mi sembra un ragionamento che torna "per simmetria"). Ovviamente è una mia teoria però è anche vero che il buon Spinoza sarebbe, credo, d'accordo ;)
CitazioneMa per me il dormire senza sogni é "nulla di cosciente", essendo, come ben dici, per me  la coscienza sinonimo di mente; ma anche di sensazioni materiali).
 
Sì, certamente, al contrario del pampsichismo, ammettere coscienza fenomenica in corrispondenza solo di parte e non di tutto il divenire del noumeno é asimmetrico.
Ma, tenendo comunque conto che parlare del noumeno oltre il "minimo sindacalmente indispensabile" per spiegarci i fenomeni che viviamo, é comunque qualcosa di "molto "arrischiato" (in termini di sua possibile verità o falsità, se non addirittura di sua effettiva comprensibilità o sensatezza), mi sembrerebbe più ragionevole che il pampsichismo; soprattutto per la inevitabile "arbitrarietà mereologica" per la quale la "realtà indistinta o grezza considerata in toto" può essere "ritagliata" fra diversi enti ad libitum, in "un' infinità" di maniere anche reciprocamente alternative (oltre che complementari): in che senso un' atomo del mio cervello potrebbe essere soggetto di una pur effimera esperienza cosciente, ma anche la molecola di cui fa parte potrebbe essere essere soggetto di un' altra esperienza cosciente, e così pure la cellula che contiene la molecola, e anche il tessuto di cui fa parte la cellula, ecc.?





Su Schopenhuer è famosa la sua "citazione" attribuitagli da Einstein (non credo che sia "letterale" ma comunque non è una descrizione errata del suo pensiero). "Noi siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma non siamo liberi di volere ciò che vogliamo". Secondo me invece in parte siamo sia liberi di volere ciò che vogliamo che liberi di fare ciò che vogliamo ;)
CitazioneQui invece concordo con Schopenhauer (e credo di poter dire con Spinoza, oltre che probabilmente  con Einstein, se la sua dubbia citazione era accompagnata da consenso da parte sua, come sarei propenso a credere: "Dio non gioca a dadi"!).
 
 
Ma lascia che a mia volta mi compiaccia nuovamente con te per il tuo dialogare correttamente e costruttivamente, senza "svicolare" o "menare il can per l' aia" o "cambiare le carte in tavola", essendo anche disposto a cambiare opinione se razionalmente convinto (ovviamente cerco di fare così anch' io, per quanto mi é possibile).
Discutere con te é un vero piacere!

sgiombo

Citazione di: Phil il 25 Novembre 2017, 17:29:57 PM


Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
E come mai, di grazia, l' "altra prospettiva" riuscirebbe (N.B.: non pretenderebbe! Senza riuscirci) a coniugare libero arbitrio e determinismo?
(E che ci sia chi lo pretende -erroneamente!- lo so già, grazie: non é una risposta a questa domanda, e non ho alcun bisogno che me lo dica un' ennesima volta ancora).
Sono incline al determinismo materialista (senza nostalgia della trascendenza); se quindi mi chiedi spiegazioni sull'"altra prospettiva", non posso che rimandarti a chi la "abita" dall'interno  :) 
CitazioneQuindi "stavolta" sembrerebbe (ma non si sa mai...) che concordi con me, per quanto un po' poco convintamente (sei "incline" a farlo).





Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo (peraltro questo é un periodo ipotetico dell' irrealtà)
Perdona la pedanteria, ma mi pare sia un periodo ipotetico della possibilità (e questo è un assist per le logiche polivalenti  ;) ).
CitazioneDissento: ribadisco che per me é assolutamente "dell' impossibilità", per le considerazioni di logica (bivalente) da me più volte esposte.
Ma se per te é possibile gradirei che argomentassi come.



Comunque, dicevi:
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
Io invece mi stupirei tantissimo [...] se in un cervello (che é nella coscienza* di chi lo osserva), anziché o in aggiunta a neuroni, assoni, sinapsi ecc., si trovasse qualche elemento della coscienza**  del "titolare" di tale cervello (che assurdamente dovrebbe autocontraddittoriamente essere parte della diversa, altra coscienza* dell' osservatore del cervello stesso).
Personalmente non riscontro nessuna contraddizione/assurdità nell'ipotesi che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): se osservo qualcuno soffrire, osservo il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma è chiaro che io non senta "in prima persona" il suo dolore.
CitazioneAppunto, questo non é affatto il fatto che elementi di una coscienza siano percepiti da altre coscienze esterne (con il dovuto slittamento di vissuto): tu osservi dall' esterno, intersoggettivamente, "in terza persona" non il suo vissuto doloroso, il suo essere cosciente del dolore, ma lui, col suo cervello e il suo comportamento (non provi il suo dolore, ma casomai un tuo dolore, suscitato empaticamente dal suo di cui hai notizia ma che non senti in prima persona: sarebbe "tuo" e non "suo"); infatti, come dici bene, è chiaro che tu non senta "in prima persona" dall' interno, soggettivamente il suo dolore, ché altrimenti assurdamente la sua coscienza sarebbe nella tua coscienza, senza soluzione di continuità con la tua, mentre logicamente (bivalentemente) non può che esserne fuori", ben distinta, in discontinuità, in trascendenza.



Nella mia "coscienza" (uso il tuo linguaggio, sospendendo la richiesta di definizioni linguistiche ;) ) entra anche il dolore che lui prova nella sua coscienza, sebbene, ovviamente, per me risulta "in terza persona".

Quindi l'elemento "dolore" della sua coscienza non è inaccessibile alla mia, è solo localizzato (inevitabilmente) fuori dal mio corpo, "in terza persona".
CitazioneQuindi l'elemento "dolore" della sua coscienza è inaccessibile alla tua, è solo la tua conoscenza del fatto che esista (per la sua mimica e il suo comportamento e/o le sue parole, senza le quali non ne sapresti nulla: infatti non lo provi!) che é localizzata (inevitabilmente) fuori dalla sua coscienza, "in terza persona".




Oppure penso alla già citata memoria: nessuno dall'esterno può "sfogliare" la mia memoria (almeno credo! ;D ), ma ciò non toglie che (azzardo) la mia memoria sia localizzata materialmente da qualche parte nel mio cervello, nell'"area x" che può entrare nelle coscienze altrui; anche se, ovviamente, non la vivranno "in prima persona" dall'interno come faccio io, bensì dall'esterno, in "terza".
CitazioneE' ivi localizzata nel senso che se non ci fossero determinate esperienze acquisite per esperienza dal tuo cervello (in altre coscienze**) nella tua coscienza* non potrebbero esserci i ricordi che vi possono essere evocati parallelamente a determinati eventi neurofisiologici accadenti nel tuo cervello (in altre coscienze**).



Se invece intendi semplicemente dire che i vissuti personali non possono essere vissuti "in prima persona" anche dagli altri, non capisco come ciò falsifichi l'ipotesi che il software "coscienza" sia installato fisicamente nel nostro cervello.
CitazionePer il semplice fatto che il software "comportamento impropriamente detto cosciente", installato fisicamente nel cervello di chi tu osservi nella tua esperienza cosciente** non é affatto la coscienza* del "titolare" di tale cervello che stai osservando, ma ben altra, diversa cosa con essa necessariamente coesistente e biunivocamente corrispondente.



Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 10:59:00 AM
La trascendenza é relativa, non monadica: é il rapporto fra cervello (neurologia) ed esperienza.
"Strumentalizzare" una trascendenza è sempre una mossa "vincente" (è una constatazione, non una critica  :) ) perché non può essere falsificata: l'agire di una trascendenza è solo ipotizzabile, consente quindi di passare dall'osservazione di un evento ad una sua spiegazione "fideistica". Oppure si può dire che è possibile studiare la trascendenza come l'immanenza?  ;)
Come dimostrare che in ogni questione irrisolta, la risposta non sia in fondo il portentoso "passepartout della trascendenza"?  ;D
CitazioneNon capisco proprio la faccenda della "strumentalizzazione".
Che le mie ipotesi sul noumeno e sulle altre esperienze fenomeniche coscienti non siano dimostrabili né falsificabili) l' ho sempre sostenuto chiarissimamente per primo io stesso.
Quel che é certamente falso (credo di aver dimostrato) é che le esperienze coscienti siano nei cervelli, mentre in realtà sono i cervelli ad essere nelle esperienze coscienti.
 
La trascendenza della coscienza rispetto alla materia, nelle mie argomentazioni, non é un portentoso "passepartout", ma una condizione necessaria, indispensabile per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico (in alternativa a logicamente -secondo la logica bivalente- assurde identificazioni di coscienza e cervello o pretese di trovare coscienze in cervelli o eliminazioni della coscienza,).

Il_Dubbio

per sgiombo

scusa mi dispiace ripertelo, ma il modo in cui usi il forum non è adeguato alla facilità di lettura.

Sto facendo uno sforzo, ma leggendo anche solo quello che scrivi appena sopra questo mio intervento non si capisce a cosa stai rispondendo e quali sono i tuoi interventi. Non mi sembra molto complicato usare il forum in modo adeguato...basta mettere la barra della tua risposta al di sotto della citazione. Rendere la tua risposta essa stessa una citazione è errato e comporta un aumento di confusione. Spero tu comprenda che questa procedura è necessaria per rendere fluida e allo stesso tempo comprensibile la lettura.

sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 25 Novembre 2017, 18:43:18 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 11:37:53 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 18:42:37 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:38:08 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Novembre 2017, 15:52:18 PM
Nell' ambito dell' esperienza cosciente del neurologo é il neurone (i neuroni) che determina (-no) le contrazioni muscolari atte a fare agire il piede sul pedale del freno.
Invece nell' ambito della mia esperienza cosciente accade la sensazione del rosso del semaforo e conseguentemente la decisione di schiacciare il pedale del freno; ma questo non ha alcun effetto sul mio piede, che si muove unicamente in conseguenza degli eventi neurofisiologici del mio cervello (ai quali la mia visione del semaforo rosso e la mia decisione di frenare corrispondono separatamente, senza interagirvi casualmente ma per così dire "accadendo in parallelo" ad essi, nella mia coscienza).



Il dubbio:
Ma questa è una tua interpretazione.
CitazioneSgiombo:
MI sembra l' unica compatibile con la chiusura causale del mondo fisico, e dunque con la sua conoscibilità scientifica.

Il Dubbio:
Facciamo il caso che i tempi di visualizzazione non siano sfasati (come negli esperimenti Libet) ma in parallelo, come dici tu (evidentemente hai sotto mano altri esperimenti che dicono che vanno in parallelo). Cerchiamo di capire e di visualizzare i nostri punti di vista.

Abbiamo due neuroni (per semplicità faccio finta che ce ne siano solo due) uno è il neurone del rosso uno è il neurone che parte per schiacciare il piede sul freno.

Ora secondo te il neurone del rosso è conseguente al neurone del "freno" o va in parallelo? Se va in parallelo come fa ad attivarsi il neurone del freno se non è ancora visibile (in modo cosciente) il rosso? Tu sei su una strada in lontananza vedi un semaforo verde. Il neurone del freno si attiva quando il semaforo è rosso oppure quando è ancora verde?
CitazioneSgiombo:
Infatti, parallelamente (contemporaneamente) alla visione nella mia coscienza* del rosso e poi alla decisione di frenare, in coscienze** di osservatori del mio cervello prima "si attiva il neurone della visione del rosso" che "attiva (poi) quello della decisione di frenare".

Il Dubbio:
Si possono trovare varie possibilità:
1) il neurone del freno si attiva prima del neurone del rosso, ma evidentemente se si attiva prima vuol dire che il neurone del freno ha visto gia l'attivazione del rosso. Ovvero il neurone del freno ha una visione cieca. Ammetiamo che la sequenza temporale fra verde e rosso sia oggettiva, avremmo una risposta soggettiva diretta (ovvero in parallelo) a cui manca la visione del rosso. E' questo che vuoi dire? Questo è quello che dice Libet che tu dici essere superato.
CitazioneSgiombo:
Assurdo!

Il Dubbio:
2) il neurone del freno e del rosso si attivano contemporaneamente e istantaneamente al cambiamento del segnale luminoso. Se tutto fosse istantaneo e in parallelo, come mi sembra tu abbia detto, il neurone del freno si comporterebbe in modo simile al primo caso, in quanto il neurone del rosso non ha il tempo per segnalare al neurone del freno di attivarsi. Quindi il neurone del freno ha una visione cieca del segnale rosso.
CitazioneSgiombo:
Assurdo (e non l'ho detto)!

Come prima vedo il rosso e poi freno (tutto ciò nella mia coscienza*), così nel mio cervello prima é attivo "il neurone del vedere rosso" e poi ("attivato da questo") é attivo il neurone del frenare (tutto ciò nelle coscienze** di chi osservasse il mio cervello)
r frenare l'automobile. 
IL Dubbio:
3) Al cambiamento del segnale luminoso esiste una frazione di secondo (come mi sembra anche giusto che sia) che passa fino a che il segnale luminoso arrivi dalle parti della nostra retina. E' possibile quindi che il segnale, dovuto ad un certo meccanismo che abbiamo imparato a gestire in modo automatico, vada prima a colpire il neurone del freno e poi di rimando anche a quello della nostra sensazione del rosso.

Un volta che il neurone del freno è gia partito, deve fare un certo tragitto prima che dia l'effettivo movimento al piede, nel frattempo si attiva anche quello della sensazione cosciente. A questo punto due sono le cose a) la sensazione del rosso può disattivare il neurone del freno (ad esempio perche si pensa che le condizioni a contorno permettono di passare anche con il rosso e qui torniamo alla questione della responsabilità responsabilità) per cui ha comunque un ruolo attivo alla decisione finale b) il neurone del rosso arriva in ritardo, cioè dopo che il neurone del freno ha gia fatto quello per cui è predisposto a fare, cioè spingere il piede sul freno per frenare l'automobile. 
CitazioneSgiombo:
Fisiologicamente molto improbabile.
Non é che prima freniamo e dopo vediamo il semaforo rosso!

Il Dubbio:

I seguito a queste tre differenti considerazioni, torniamo invece al secondo parallelismo per guardare le varie possibilità.
Il secondo parallelismo (quello che mi sembra tu abbia voluto ricordare in modo piu preciso) riguarda invece la sostanza dell'informazione partendo dallo stesso oggetto. Ovvero il neurone del rosso è un oggetto che si muove nel cervello per il neuroscienziato, ma è anche (in parallelo) l'esperienza cosciente del rosso.
CitazioneSgiombo:
Nemmeno per sogno!

La mia esperienza del vedere rosso (nella mia coscienza*) é tutt' altra cosa del contemporaneo "movimento del neurone del rosso" (in coscienze** di osservatori del mio cervello, altre, diverse dalla mia*)


Il Dubbio:
Tu stabilisci una certa parità tra le due  informazione poiche presumi che l'oggetto sia lo stesso. Io invece concludo dicendo che il neurone del rosso che attiva l'esperienza del rosso, ha una informazione diversa e piu dettagliata della sostanza che trasporta.
CitazioneSgiombo:
? ?  ?

Il Dubbio
Quindi finisco dicendo che la stessa sostanza (il neurone) comporta per il neurologo un certo quantitativo di informazione ma non tutta l'informazione che vi è contenuta, la quale è elaborata con precisione dall'esperienza del rosso.
Questa esperienza può, anzi deve essere determinante per un cambiamento dell'esito finale (o per lo meno questa è la mia tesi). 

CitazioneSgiombo:
L' esperienza del rosso accade in una coscienza* (la mia), quella del neurone in un' altra coscienza** (quella del neurologo): sono due eventi diversi!

IL Dubbio:
Dove infatti il neurologo vede soltanto un neurone esso non è solo un neurone, per cui non può avere l'intera informazione che gli serve per prevedere in modo deterministico il risultato.
CitazioneSgiombo:
Il neurologo in linea di principio (e di fatto le neuroscienze ne hanno dato spettacolari conferme) può avere (nella sua coscienza**) tutta l' informazione che vuole sul mio cervello, ma la mia esperienza cosciente* del rosso e della decisione di frenare é un' altra, ben diversa "cosa" (ben diversi fatti, in ben diverse coscienze, seppur necessariamente coesistenti)!

Il Dubbio:
Attenzione che io non sostengo che il risultato finale sia un risultato indeterministico in senso ontologico, in quanto l'informazione contenuta all'interno del neurone che attiva l'esperienza del rosso, è essa stessa oggettiva, solo che trattasi di una variabile con incognita.
CitazioneSgiombo:
Nessun neurone (nella coscienza** di chi osservi il mio cervello) attiva (ma casomai vi coesiste e biunivocamente corrisponde) l' esperienza del rosso nella mia coscienza*: l' unica cosa che attiva il "neurone del rosso" é "il neurone" motore che determina lo schiacciamento del pedale del freno (nel mio cervello, presente in coscienze** che lo osservino).

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