Siamo responsabili delle nostre azioni?

Aperto da Socrate78, 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

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Jacopus

#15
Per il momento rispondo solo ad Aquario. La tradizione del buon selvaggio e' ancora ben salda ma poco reale. Gli indiani d'america ancor prima dell'arrivo dell'uomo bianco si massacravano allegramente, e lo stesso accadeva in sudamerica dove erano frequenti sacrifici umani rituali che interessavano centinaia di supplizziandi, tanto per fare i primi due esempi a braccio.  Per completare il quadro, esistono recenti studi che hanno osservato branchi di scimpanze' uccidere senza esitazioni branchi nemici.
Se vogliamo restare entro i confini della storia occidentale, se fossi uscito di casa nel 1400 le possibilita' di morire ammazzato erano notevolmente piu' alte di quelle attuali: di quasi cento volte, tanto per capirci.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

#16
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Novembre 2017, 23:14:58 PM
Ci sono diversi tipi di critiche, su diversi livelli, che è possibile tener presente in merito alla libertà.

Partiamo dal livello più basso.

Distinguere tra libertà e determinismo implica il ricorso al concetto di causa. Questo concetto però non ha nulla di chiaro, tant'è vero che, se proviamo a cercare in un vocabolario le parole "causa" e "determinare", scopriamo che il vocabolario non riesce a fare altro che usarli in circolo vizioso: per spiegare cosa significa "determinare" fa ricorso alla parola "causa", ma se andiamo a cercare "causa", il vocabolario usa il verbo "determinare". Possiamo arrivare alla stessa conclusione riflettendo su come nasca nel nostro pensiero il concetto di causa: semplicemente osserviamo degli eventi e notiamo che certuni sono sempre collegati nel tempo in successione, cioè, quando c'è il primo c'è sempre anche il secondo; ad esempio, osservo che tutte le volte che do un calcio ad un pallone il pallone parte verso una certa direzione. Il calcio è stato la causa del movimento del pallone. Ma, se ci riflettiamo, in questo caso la parola "causa" significa solo che abbiamo sperimentato i due fenomeni sempre in stretta connessione temporale. Ma perché il pallone parte a muoversi dopo il mio calcio? È inutile rispondere a questa domanda, perché per ogni risposta ci si potrà ancora chiedere il perché, scoprendo quello che ho detto sopra: il concetto di "causa" non ha niente di chiaro. Lo sentiamo familiare solo perché vi facciamo riferimento tutti i giorni e tutti i momenti, senza accorgerci che non è per niente scontato. È un po' come usare la lingua con cui parliamo: a noi sembra chiara, naturalissima, perfino bella, ovvia, scontata, ma basta provare ad usarla con uno straniero per accorgerci che non ha niente di chiaro, niente di scontato.

Dunque dobbiamo abituarci a quest'idea critica: la nostra mente ci inganna in continuazione riguardo a cose che ci sembrano chiare e ovvie: appena cominciamo a rifletterci un poco ci accorgiamo subito che non hanno niente di chiaro o di ovvio. Questo significa che tutto il nostro riflettere è sempre un pensare "obscura per obscuriora", cioè, quando tentiamo di spiegare concetti oscuri, spesso, anzi direi sempre, non ci accorgiamo che i concetti elementari che stiamo usando per spiegarli sono in realtà ancora più oscuri di ciò che dovrebbero spiegare.

Una volta accertato criticamente che in realtà non abbiamo nessuna idea di cosa significhi la parola "causa", ne consegue che i concetti di libertà e di determinismo, che ad essa fanno riferimento, sono creazioni nostre per parlare tra di noi delle nostre esperienze, ma in realtà non hanno nulla di chiaro, di definito, di ovvio.
CitazioneA me il concetto di "divenire naturale ordinato secondo modalità o regole immutabili universali e costanti" generali astratte (astraibili nel pensiero dalle diverse e mutevoli caratteristiche particolari concrete parimenti naturali) pare chiarissimo; anche se ciò é indimostrabile logicamente né empiricamente constatabile: Hume!.


In ultima analisi, si tratta di mettere in pratica un criterio di base a cui mi sembra che la filosofia sia ormai pervenuta: piuttosto che chiederci, riguardo a qualsiasi cosa, "che cos'è", si profila più fruttuoso chiederci "cosa possiamo farci".


Addirittura si potrà magari scoprire che è vero il contrario: era la vecchia mentalità di conoscere tutto, illudersi di sapere la costituzione, le cause e i meccanismi basilari di ogni elemento dell'essere, ad impoverire la nostra esistenza.
CitazioneSarò vittima della "vecchia mentalità" di cercare di conoscere, ma secondo me in generale il sapere può solo arricchire la nostra esistenza (a partire dal socratico sapere di non sapere tantissime cose).




In merito alle conseguenze giuridiche a cui ha fatto riferimento Phil, mi sembra che tutto ciò che ho detto abbia una conseguenza utile, in realtà già presente nella giurisprudenza, ma ancora poco valorizzata: ogni pena non può avere di mira il pagamento di un prezzo, perché questo concetto è insensato: per nulla esiste un prezzo in grado di sostituire o riparare il male compiuto; quel che è fatto è fatto, il passato non può essere né cancellato, né modificato. L'unico scopo sensato di qualsiasi pena è la rieducazione. Questo scopo è sensato perché risponde a tutto il discorso che ho fatto, cioè abbandona la ricerca della cause ultime per dedicarsi invece all'arricchimento dell'esistenza, la cui essenza può essere individuata proprio nell'educazione, educarsi, o autoeducarsi, che poi in altre parole è crescere, camminare, divenire.
CitazioneSenza pretendere di convincere nessuno (in particolare te), esprimo il mio netto dissenso: la mia propria etica, il mio proprio sentimento di giustizia mi impongono liberamente (da coercizioni estrinseche) di darmi da fare perché chi abbia fatto del male sia adeguatamente punito con "proporzionate" pene (e credo che chi sia veramente pentito del male fatto, possa dimostrare il suo pentimento solo e unicamente richiedendo un inasprimento delle pene eventualmente comminategli, e non affatto furbescamente pretendendone un alleggerimento, o magari di farla del tutto franca).

Anche se ciascuno agisce conseguentemente a come é, ed é come é, in ultima analisi, non per sua libera scelta.

Dal determinismo non sorge necessariamente il fatalismo inerte e passivo: si può ben credere nel determinismo ed essere determinati ad agire con energia anche fortissima!

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 12:50:17 PM
Per il momento rispondo solo ad Aquario. La tradizione del buon selvaggio e' ancora ben salda ma poco reale. Gli indiani d'america ancor prima dell'arrivo dell'uomo bianco si massacravano allegramente, e lo stesso accadeva in sudamerica dove erano frequenti sacrifici umani rituali che interessavano centinaia di supplizziandi, tanto per fare i primi due esempi a braccio.  Per completare il quadro, esistono recenti studi che hanno osservato branchi di scimpanze' uccidere senza esitazioni branchi nemici.
Se vogliamo restare entro i confini della storia occidentale, se fossi uscito di casa nel 1400 le possibilita' di morire ammazzato erano notevolmente piu' alte di quelle attuali: di quasi cento volte, tanto per capirci.
CitazionePenso che non pretenda di sostenere che poiché anche prima che vi arrivassero gli Europei gli Americani si ammazzavano a volte fra loro (come gli Europei, e gli appartenenti a qualunque altra etnia), questo giustifichi in qualche modo i genocidi perpetrati dagli Europei ai danni di vari popoli americani!

O no?

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 10:32:14 AM
Per questo ho risposto nel modo come ho risposto a Phil. E' una scusa bella e buona, prima mi dici che sono una macchina e dentro di me agiscono solo forze conseguenti a delle azioni che non posso controllare, poi mi dici che comunque sei responsabile?
Non a caso avevo preventivamente precisato
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2017, 22:34:35 PM
non mi può esonerare dall'esserne pubblicamente responsabile (standone le condizioni previste dalla legge)
"pubblicamente", ovvero è un'esigenza sociale che sia possibile imputare una responsabilità individuale delle proprie azioni (sempre secondo le differenti norme vigenti), altrimenti si gode di una "immunità" socialmente destabilizzante, garantita dall'"alibi neurologico". Il che non toglie che ci possa essere un forte determinismo a monte delle nostre scelte e azioni, ma la vita sociale (da cui si può anche fuggire ;) ) esige, per la sua auto-tutela, che vengano disinnescati i soggetti che possano ledere alla comunità (e sulle modalità di tale disinnesco si apre il problematico scenario "bioeticopolitico" a cui accennavo).
Ovviamente "regole e sanzioni non bastano"(cit.), ma senza di esse è davvero possibile una società popolosa organizzata? La causa del mio infrangere una legge è il fatto che ci sia una legge da poter infrangere (?!) oppure è una mia scelta di cui la legge non può che ritenermi responsabile (altrimenti siamo tutti innocenti di default)?
Anche se la mia scelta non è libera dai meccanismi che la determinano (mi sono dilungato altrove sul libero arbitrio: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/siamo-liberi-di-pensare-cio-che-vogliamo/30/ post #37 e seguenti, anche quelli degli altri utenti meritano la lettura  :) ), la comunità, per il suo "bene", non può darmi una pacca sulla spalla e dirmi "briccone, stavolta l'hai fatta grossa, ma in fondo se ti comporti come un virus rispetto all'ambiente sociale che ti circonda, è solo perché (e)segui il software di conflitto che hai in testa... non ti riteniamo responsabile, continua pure a far danni, è così che deve andare!" ;D .
Secondo me, in una società (ribadisco: privatamente, neurologicamente, religiosamente, la questione cambia molto) non ci può essere dualismo pubblico fra il nostro "sistema operativo" (causa del comportamento) e noi in quanto individui membri della società (che attuiamo il comportamento-causato, causando conseguenze sociali).

paul11

Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche (dopamina, serotonina, glutammato, per citarne alcune....) che a loro volta provocano precisi comportamenti attraverso la connessione tra i neuroni. Quindi è come se l'intero cervello obbedisca ad un codice come il software di un computer, per cui ad una certa concentrazione di un neurotrasmettitore corrisponde un sentimento o un atteggiamento.
Ora, un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale, sarebbe veramente colpevole dei danni che causa? La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui potrebbe essere data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore.


Se le cose stanno così, io deduco che la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta. Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
Nel vecchio forum avevo postato, su una discussione simile a questa ,una sentenza di un Tribunale italiano, che addirittura prendeva a pretesto gli alleli.
La neuroscienza sta prendendo il posto dei giudici? I giudici sono talmente confusi  che le perizie delle due parti (difesa ed accusa) con uno pseudo criterio di scientificità, visto che nella filosofia della mente dove si combinano neuroscienze ,cognitivismo, filosofia e direi persino biologia molecolare,non si è ancora in grado di capire cosa sia il rapporto mente/ cervello,cosa è d dove sta la coscienza, fino a che punto esistono condizioni biochimiche che sottraggono gradi di volontà e quindi di libertà di scelte, quanto incide sulle attitudini, motivazioni, comportamenti.
Alla fine la scelta di un comportamento poco socievole se non addirittura anti sociale e pericoloso è di confinarlo in una prigione psichiatrica.E quì viene la contraddizione finale: lo scarcerano per buona condotta quegli stessi periti scientifici che non si capisce bene su quale oggettività hanno parametrato il rapporto di interdizione mentale, con il grado di libertà e volizione.

Io manderei in galera gli scienziati che stanno contribuendo a  incarcerare prima e scarcerare dopo, non si capisce bene su quali criteri, persone che poi finiscono nei notiziari.
Grazie a questa pseudoscienza si è riusciti a confondere ulteriormente i criteri di valori, etici, morali, comportamentali.
Hanno contribuito a togliere il giudizio ai giudici, che da buon Ponzio Pilato si rimettono nelle mani di pseudo critieri di una pseudoscienza, che incarcera magari sani di mente, ma che grazie ad un buon avvocato e sentenze ridicole che fanno giurisprudenza, ottiene attenuanti e si scarcerano malati di mente giudicati sani, che come escono uccidono consorte e figli.

....e nessuno paga......come in politica.

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PMovvero è un'esigenza sociale che sia possibile imputare una responsabilità individuale delle proprie azioni (sempre secondo le differenti norme vigenti), altrimenti si gode di una "immunità" socialmente destabilizzante, garantita dall'"alibi neurologico". Il che non toglie che ci possa essere un forte determinismo a monte delle nostre scelte e azioni

La risposta che darei è piu o meno quella che ha dato Paul11

Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2017, 16:40:54 PMI giudici sono talmente confusi che le perizie delle due parti (difesa ed accusa) con uno pseudo criterio di scientificità, visto che nella filosofia della mente dove si combinano neuroscienze ,cognitivismo, filosofia e direi persino biologia molecolare,non si è ancora in grado di capire cosa sia il rapporto mente/ cervello,cosa è d dove sta la coscienza, fino a che punto esistono condizioni biochimiche che sottraggono gradi di volontà e quindi di libertà di scelte, quanto incide sulle attitudini, motivazioni, comportamenti.

Il tema è: ma è vero che la scienza stabilisce che il cervello/mente altro non è che una serie di imput-output? Dov'è la responsabilità?

La risposta che ha dato Paul11 è quella che avrei dato io in modo piu diretto.

Indirettamente però ti ho dimostrato che se fosse vero ciò che dice la scienza allora non vi è responsabilità. Tu mi rispondi che le pene corrisposte sono necessarie per un fatto sociale. Ovvero la tua risposta secondo me è simile alla risposta a questa domanda: perchè il cielo di sera è buio? La risposta che daresti tu è perchè abbiamo bisogno socialmente del buio per andare a dormire.  :-*

Non so chi vorrà aprire un altro argomento, ma c'è una domanda conseguenziale. A che servono le pene? Si va in carcere perchè? Se io sto alla tua soluzione si va in carcere non per "scontare" una pena, ma per allontanare, per un po' di tempo, gente che socialmente non è pronta per stare in società. Ma il tempo che questo individuo è lontano dalla società dovrebbe passarlo per "modificare" il suo comportamento per il successivo inserimento. Ma non si fa nulla del genere. Un pedofilo che prende un tot anni di carcere, una volta uscito è sempre un pedofilo. A che serve la proporzionalità di una pena? La propozionalità della pena servirebbe se tu (Stato) fossi in grado di stabilire che il criminale è stato modificato per non commettere altri atti. Per cui se uno ruba appena esce dal carcere, vuol dire che il carcere non è servito a un bel niente. Tanto vale cambiare le regole sulla proporzionalità rispetto al reato commesso. Se uno non riesce proprio a fare a meno di rubare non lo fai piu uscire dal carcere. Per lo meno mi sembra molto meglio questa procedura se fosse vero che far scontare una pena serve per una questione sociale.

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 17:52:21 PM
Indirettamente però ti ho dimostrato che se fosse vero ciò che dice la scienza allora non vi è responsabilità. Tu mi rispondi che le pene corrisposte sono necessarie per un fatto sociale. Ovvero la tua risposta secondo me è simile alla risposta a questa domanda: perchè il cielo di sera è buio? La risposta che daresti tu è perchè abbiamo bisogno socialmente del buio per andare a dormire.  :-*
Il cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  ;)

Non fraintendermi, ho sottolineato l'imprescindibilità della responsabilità individuale di fronte alla legge (a prescindere dal contributo che può dare la neuroscienza), ma non ho affermato che le leggi vigenti siano funzionali alla correzione o reinserimento dei colpevoli in società, anzi, quello è proprio il problema cruciale della giustizia:
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PM
la vita sociale (da cui si può anche fuggire ;) ) esige, per la sua auto-tutela, che vengano disinnescati i soggetti che possano ledere alla comunità (e sulle modalità di tale disinnesco si apre il problematico scenario "bioeticopolitico" a cui accennavo).
Ovviamente "regole e sanzioni non bastano"(cit.), ma senza di esse è davvero possibile una società popolosa organizzata?

Apeiron

La nostra libertà non è completa in quanto il nostro inconscio, la nostra biologia, i condizionamenti sociali ecc condizionano le nostre scelte. Però è allo stesso modo "evidente" che abbiamo la facoltà di scegliere ossia abbiamo il libero arbitrio.

Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PMIl cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  

Invece questa affermazione è sbagliata considerando proprio la scienza stessa. Il "giusto" e lo "sbagliato" hanno anche fondamenti "biologici" ed evoluzionistici. Il fatto stesso che creiamo convenzioni sociali la dice lunga sul fatto che il "giusto" e lo "sbagliato" derivano dalla nostra natura. Quindi anche considerando la scienza non è possibile affermare che l'etica sia qualcosa di totalmente convenzionale. A meno che non si consideri anche il nostro DNA, il nostro cervello ecc come qualcosa di "convenzionale". Motivo per cui la moralità non è completamente "soggettiva" come afferma il relativismo  ;) non pretendo di convertire nessun "relativista" al mio "fallibilismo" ma affermare così senza problemi che il giusto e lo sbagliato sono convenzioni secondo me è completamente erroneo anche se si considera solo ciò che conosciamo dalla scienza. Nuovamente comunque non capisco questa convinzione per cui l'etica sia totalmente arbitraria.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Socrate78

Il giusto e lo sbagliato derivano innazitutto dalla natura, infatti fondano la loro ragion d'essere nell'istinto di conservazione, che fa sì che ogni persona (o anche animale in maniera più primitiva...) voglia e desideri ciò che la conserva in vita e rifiuti ciò che può danneggiarla, ucciderla o anche solo privarla di beni importanti.
Ovviamente se quest'istinto non ci fosse, non ci sarebbe nemmeno l'etica, che deriva solo dall'intervento della ragione su qualcosa che è già innato, connaturato alla persona.

Phil

Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PMIl cielo di sera non è buio per convenzione sociale, mentre il giusto e lo sbagliato lo sono  
Invece questa affermazione è sbagliata considerando proprio la scienza stessa. Il "giusto" e lo "sbagliato" hanno anche fondamenti "biologici" ed evoluzionistici.
Per quel poco che so in merito, la biologia e l'evoluzionismo, non hanno una morale intrinseca (semmai siamo noi a vedercela, "antropomorfizzandole" ;) ), ovvero non possono fare il bene o il male, piuttosto hanno regole che tendono ad escludere/sopprimere il disfunzionale in favore del funzionale. Non è una questione meramente linguistica (funzionale/giusto vs disfunzionale/sbagliato): il sistema immunitario non prova ad uccidere i virus perché lo ritiene "giusto", ma solo perché è nella sua natura farlo, natura orientata a ciò che è più funzionale (non "giusto") per l'organismo di cui è parte. Il globuli bianchi possono avere dubbi morali/etici? ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Il fatto stesso che creiamo convenzioni sociali la dice lunga sul fatto che il "giusto" e lo "sbagliato" derivano dalla nostra natura.
Secondo me, le convenzioni sociali si sono storicamente affermate poiché funzionali alle rispettive società (funzionali e artificiali/convenzionali, non funzionali e innate come il comportamento reattivo del sistema immunitario ;) ), non in quanto giuste o sbagliate in sé: è infatti proprio ogni convenzione a rendere possibile a posteriori tale discrimine... in fondo, se ci fosse un'etica fondata ontologicamente sulla natura e sulla scienza, avremmo quasi risolto i diverbi etici di tutto il mondo. Se tutte le tradizioni morali ritengono sbagliato uccidere a caso, rubare a chiunque e mentire all'autorità, non è perché sono oggettivamente azioni immorali, ma perché, se consentite e legittimate, destabilizzerebbero qualunque società umana. Provare per credere  ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Novembre 2017, 19:29:15 PM
Quindi anche considerando la scienza non è possibile affermare che l'etica sia qualcosa di totalmente convenzionale. A meno che non si consideri anche il nostro DNA, il nostro cervello ecc come qualcosa di "convenzionale".
D'altronde, il DNA funziona secondo giustizia divina, secondo una sua "morale desossiribonucleica", o secondo regole biologiche? Se, in un matrimonio "misto", i tratti somatici "scuri" prevalgono su quelli "chiari" del nascituro (se non ricordo male), non è perché "è moralmente giusto sia così", ma perché così è "programmato" dal codice genetico, che non è certo gen-etico in quanto operi sul piano morale (le genetica non è in sé etica, è il nostro manipolarla a porrci quesiti di quel tipo... quesiti che hanno risposte a seconda delle differenti prospettive, etc. non farmi ricominciare con la predica sulla "debolezza" e il pluralismo prospettico ;D ).

Citazione di: Socrate78 il 19 Novembre 2017, 20:45:31 PM
Il giusto e lo sbagliato derivano innazitutto dalla natura, infatti fondano la loro ragion d'essere nell'istinto di conservazione, che fa sì che ogni persona (o anche animale in maniera più primitiva...) voglia e desideri ciò che la conserva in vita e rifiuti ciò che può danneggiarla, ucciderla o anche solo privarla di beni importanti.
Ovviamente se quest'istinto non ci fosse, non ci sarebbe nemmeno l'etica, che deriva solo dall'intervento della ragione su qualcosa che è già innato, connaturato alla persona.
Non fonderei l'etica sull'istinto biologico, altrimenti picchiare selvaggiamente chi mi guarda in modo minaccioso o mi dà una spinta, sarebbe moralmente giusto in quanto rivolto all'auto-difesa  ;D 
D'altronde l'uomo può anche ritenere etico scegliere di suicidarsi, con buona pace dell'autoconservazione  ;)

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PM
Non fraintendermi, ho sottolineato l'imprescindibilità della responsabilità individuale di fronte alla legge (a prescindere dal contributo che può dare la neuroscienza), ma non ho affermato che le leggi vigenti siano funzionali alla correzione o reinserimento dei colpevoli in società, anzi, quello è proprio il problema cruciale della giustizia:

Ritorniamo al punto di partenza, la responsabilità individuale di fronte alla legge si basa su cosa? Se tu mi dici che tale responsabilità è necessaria per un fattore sociale non mi stai dicendo che vuoi sostenere che esista una responsabilità individuale. Stai solo sostenendo che la responsabilità individuale viene inserita solo perchè qualcuno deve pagare. Ma quella è solo una regola e questa regola non si basa su nulla.
La giustizia su cosa si basa? Sul dolo o sulla responsabilità? Se io commetto un reato ma nessuno ne subisce un danno sono imputabile o no? Secondo la giustizia si, perche la giustizia si basa sulla responsabilità. Quindi tutto quello che stiamo dicendo va in fumo. Non è il dolo che viene punito ma l'azione arbitraria ed irresponsabile. Il dolo viene punito magari con una pena risarcitoria, ma è un'altra storia.

Phil

Non sono sicuro di aver colto appieno il senso delle tue considerazioni, per cui chiedo chiarimenti:
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Se tu mi dici che tale responsabilità è necessaria per un fattore sociale non mi stai dicendo che vuoi sostenere che esista una responsabilità individuale. Stai solo sostenendo che la responsabilità individuale viene inserita solo perchè qualcuno deve pagare.
Nel momento in cui viene "inserita", non inizia dunque ad esistere socialmente, di fatto e di diritto, dando adito a conseguenze sociali ed individuali piuttosto rilevanti?

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Se io commetto un reato ma nessuno ne subisce un danno sono imputabile o no? Secondo la giustizia si, perche la giustizia si basa sulla responsabilità.
La giustizia ti punisce se riscontra la tua volontà-dolo di compiere il reato, e se non sei in grado di intendere e di volere o il danno eccede le tue intenzioni, prende comunque provvedimenti, in virtù della tua "responsabilità materiale" nel causare danni... o no?

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Novembre 2017, 22:22:09 PM
Non è il dolo che viene punito ma l'azione arbitraria ed irresponsabile. Il dolo viene punito magari con una pena risarcitoria, ma è un'altra storia.
Il dolo non viene considerato anche in caso di omicidio, non limitandosi a causare una mera pena risarcitoria?

P.s.
Credo resti importante distinguere l'ambito legale-giuridico, quello filosofico e quello neurologico; sicuramente ci sono delle influenze reciproche, ma anche differenti campi di applicazione (la filosofia può prescindere dalla giurisdizione, che può prescindere dalla neurologia, che può prescindere dalla filosofia, etc.).

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 22:49:51 PM
P.s.
Credo resti importante distinguere l'ambito legale-giuridico, quello filosofico e quello neurologico; sicuramente ci sono delle influenze reciproche, ma anche differenti campi di applicazione (la filosofia può prescindere dalla giurisdizione, che può prescindere dalla neurologia, che può prescindere dalla filosofia, etc.).

Stiamo cambiando argomento. L'autore del topic fa una consederazione: la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta.

Questa considerazione è vera o no? Tu hai inserito una clausola per cui la responsabilità individuale viene inserita perche altrimenti la società non funzionarebbe. Ma questa risposta non è pertinente. Un giudice ti chiederebbe: risponda alla domanda! Io sto rispondendo alla domanda e dico che se devo seguire alla lettera quello che suggerisce la scienza non abbiamo responsabilità individuali. Ovvero, sempre secondo quel che parrebbe dire la scienza, io non avrei alcuna possibilità di scegliere se compiere un reato o meno. Per cui io non sono responsabile del reato perche la responsabilità non è solo indice di consapevolezza. La consapevolezza di compiere un reato e la libertà di compierlo fanno di me un uomo responsabile.
Quel che fa l'ordinamento giuridico è un altro paio di maniche e possiamo anche discuterlo a parte. Ma la domanda è diretta...

iano

#28
Citazione di: Socrate78 il 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM
Secondo voi si può parlare veramente e pienamente di responsabilità dell'uomo per le azioni che compie? In una parola, siamo liberi almeno in qualche misura? Mettendo tra parentesi le situazioni estreme in cui si configura un'incapacità di intendere e volere, ormai sembra che le neuroscienze stiano sempre più andando nella direzione di individuare dietro pensieri e sentimenti determinate sostanze chimiche (dopamina, serotonina, glutammato, per citarne alcune....) che a loro volta provocano precisi comportamenti attraverso la connessione tra i neuroni. Quindi è come se l'intero cervello obbedisca ad un codice come il software di un computer, per cui ad una certa concentrazione di un neurotrasmettitore corrisponde un sentimento o un atteggiamento.
Ora, un individuo con comportamento violento, antisociale, refrattario alla morale, sarebbe veramente colpevole dei danni che causa? La sua tendenza a non rispettare le esigenze altrui potrebbe essere data ad esempio da un mancato collegamento tra alcuni tipi di neuroni (quelli dell'empatia, per esempio o dei lobi frontali...) oppure da una concentrazione carente o eccessiva di un certo ormone o neurotrasmettitore.
Se le cose stanno così, io deduco che la responsabilità individuale sia molto meno forte di quanto si pensi e prevalga un notevole condizionamento genetico e biologico nella nostra condotta. Quali sono le vostre opinioni sul rapporto tra struttura genetica/chimica e libertà?
Credo che nel trovarsi al di là o al di qua delle sbarre di una cella giochi un grande ruolo il caso.
Dovrebbe bastare questo ,per quanto possiamo essere cinici , a farci considerare con preoccupazione lo stato delle nostre carceri .
Il sistema giudiziario di fatto serve a proteggere in modo approssimativo ,secondo giudizi probabilistici , la società , più che a giudicare la reale colpevolezza di un cittadino.
Sapere quale ruolo giochi realmente il libero arbitrio ,e in che misura questo sussista , dal punto di vista di una giustizia pratica conta poco.
Dal punto di vista personale invece conta molto.
Chiunque oggi venga considerato un cittadino onesto dovrebbe considerare , alla luce della sua esperienza , quanto sia stato fortunato , a meno che l'esperienza non sia acqua.
Quando sento individui che si considerano integerrimi come fosse un fatto naturale , penso che si siano persi qualcosa per strada , o che l'abbiano rimosso e questo me li fa apparire come poco affidabili .
La coscienza che il male è potenzialmente in noi , qualunque ne possa essere la causa , ultima e non ultima la nostra chimica , è fondamentale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve. Il problema sarebbe la causa prima. Mia moglie stasera mi ha spaccato una sedia in testa. Vediamo perché. Ha preso la sedia perché era arrabbiata. Era arrabbiata perché non la pensava come me. Non la pensava come me perché ha avuto delle esperienze che hanno indotto il lei convinzioni diverse dalle mie. Le sue esperienze sono state diverse dalle mie perchè è nata in luogo diverso, in un momento diverso, ha fatto studi diversi, possiede una sensibilità diversa, è di sesso diverso dal mio, ha frequentato persone diverse................retrocedendo in questo modo attraverso tutte le cause e tutti gli effetti in cui ha inciampato la sua vita (o la mia o quella di ciascuno) dovremmo giungere alla causa prima.


Anzitutto non si capisce perché noi si consideri che le cause vengano prima degli effetti. Dal momento che ogni evento consiste in una causa che, producendosi, genera simultaneamente il proprio effetto, non ha senso concepire una sequenza temporale di tali due elementi. Si tratta di due sinonimi. Infatti la definizione di "causa" è identica a quella di "effetto" e consiste in "la metà di un'evento".

Comunque noi consideriamo le cause come frutti del passato e gli effetti come frutti del futuro. E' per via dell'andamento del tempo, cioè dell'entropia, ma questo è un discorso molto intrigante che però ora farebbe solo divergere dall'argomento.

Ma esiste una causa prima? In caso positivo avremmo risolto ogni problema filosofico relativo al "libero arbitrio" ed alla responsabilità intrinseca dell'essere umano. Se tutto risale ad una causa priva di effetti a lei precedenti......è lei l'origine del bene, del male, del bello, del brutto....!

Per i credenti la causa prima certo esiste poiché uno degli attributi e delle definizioni di Dio è appunto "Causa Prima". Come dire: prima di Dio c'era il nulla. Come faccia poi ad esserci un nulla, che consisterebbe nel non esserci, fa parte dei misteri della Fede.

Per i non credenti invece non rimane che "attaccarsi" al verbo essere la cui definizione consiste in "la condizione per la quale le cause producono degli effetti" (e gli effetti divengono a loro volta cause).

Quindi la dimensione fondamentale ed "originaria" del Mondo sarebbe semplicemente l'essere delle cose. Un'unicità che noi - inestricabilmente legati alla nostra duplicità esistenziale composta da "noi" e "fuori di noi" - non possiamo percepire nella sua intierezza dovendoci limitare ad assaggiarne ogni volta solamente una delle metà [causa-effetto] [materia-energia] [spazio-tempo] [anima-corpo] [bene-male] etc. etc. etc...........................

Poiché, all'interno di una simile monade, risultano inclusi indistinguibilmente anche i concetti di "prima" e di "dopo", in essa non può esistere il concetto di "causa PRIMA", ma solo un infinito rincorrersi di cause ed effetti fuori da ogni tempo.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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