Siamo responsabili delle nostre azioni?

Aperto da Socrate78, 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

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sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 22:42:52 PM


A me sembra che usiamo termini differenti per dire la stessa cosa... però poi sostituendo i termini di vengono fuori cose assurde. Quindi dovremmo accordarci su come usarli.
nel particolare:
Il determismo ontologico è pari all'indeterminismo epistemico ( Io uso scrivere indeterminismo epistemico, come ho scritto sopra).
Il tuo indeterminismo gnoseologico è invece pari all'indeterminismo epistemico (io non uso mai il termine gnoseologico).
Quindi sostituendo i termini vien fuori che l'indetermismo epistemico non si impone all'indeterminismo epistemico?
La frase cosi è priva di senso. Poi non capisco cosa vuoi dire con il "non si impone". Se il concetto espresso è quello comune, allora in un duello fra due litiganti se uno non si impone vuol dire che alle volte finisco alla pari. Il problema è che determinismo ontologico e indeterminismo gnoseologico nascevano gia alla pari... espressi entrambi con indeterminismo epistemico...quindi che vuoi dire?
CitazioneSi, personalmente preferisco usare il termine "indeterminismo gnoseologico" con lo stesso significato del correntemente usato "indeterminismo epistemico" (legato ai limiti soggettivi della conoscenza di fatto: un "determinismo gnoseologico ovvero metafisico" essendo rilevabile e scientificamente conoscibile soltanto in relativamente pochi casi molto particolari del divenire naturale, con non troppi e non troppo complicati fattori in gioco, dei quali si possa avere una conoscenza sufficientemente completa e precisa); e lo stesso per quanto riguarda "determinismo (oppure indeterminismo) ontologico" e "determinismo (oppure indeterminismo) metafisico" (indipendente dai limiti soggettivi della conoscenza che se ne può di fatto avere, ma invece proprio della realtà naturale materiale nella sua oggettività).

Usando i termini correnti viene fuori che un determinismo metafisico (ovvero ontologico) per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico; con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), il quale di per sé potrebbe anche coesistere senza necessariamente cadere in contraddizione con un indeterminismo (pure) metafisico (ovvero ontologico), ma invece a un indeterminismo epistemico (ovvero) gnoseologico che si accompagni con (assunto in aggiunta a-) la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera; sia pure in parte maggiore o minore di fatto relativamente indeterministica, probabilistica): é infatti la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) che, anche in caso di soggettivo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico) conseguente i limiti soggettivi della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo metafisico (ovvero ontologico).
Infatti senza la conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) del divenire naturale oggettivamente ordinato secondo modalità o regole generali astratte universali e costanti (= il determinismo metafisico ovvero ontologico; e non invece con l' indeterminismo metafisico ovvero ontologico) la conoscenza scientifica (= per l' appunto la conoscenza delle leggi universali e costanti del divenire naturale) non sarebbe possibile per un' impossibilità logica (contraddizione).



Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2017, 16:43:38 PM
Esatto; se non accertiamo l'effettiva presenza di un morto, che senso ha cercarne l'assassino?
Ovvero, prima di dibattere sul come e dove si "attiva" una forma di libertà, bisognerebbe essere certi, epistemologicamente (non "romanticamente"  ;) ), che essa ci sia davvero...


Il tuo è un processo alle intenzioni. Il morto effettivamente è l'intenzione di trovare il morto. Infatti i morti non ne vediamo in giro, ma è appunto l'intenzione di trovarne uno che ci fa sospettare che ci sia il morto. In un sistema perfettamente deterministico dove non ci sono morti, perche esiste l'intenzione di troverne uno? Non è spiegabile epistemologicamente come vorresti che sia il punto di partenza per una eventuale ricerca. Non può essere romantica poiche l'intenzione esiste, o meglio è un dato di fatto. Tu potrai obiettare che l'intenzione di trovare un morto anche se non sembra esserci nessun morto in giro è stato attivato in modo deterministico.
Io non ho detto che questo non sia possibile, ho detto però che nel momento in cui si attiva l'intenzione di trovare un morto viene aperta una strada in piu che prima non c'era, ovvero cercare un morto che non si vede. In un mondo senza la coscienza, quindi senza alcun tipo di "intenzione" di cercare strade alternative, ci ritroveremmo in un mondo deterministico. L'intenzione di... scardina invece questo processo freddo e senza fini di concatenazioni di causa ed effetti direi assolutamente banali (per non usare il termine di casuali). 
In un mondo deterministico non ci sono intenzioni. Anche voler presumere che l'attivazione di una intenzione sia dovuta ad una fase di causazione deterministica, una volta attivata l'intenzione il processo deterministico si interrompe. Si interrompe perche aumentano i gradi di libertà imposti dal processo sottostante.
Perchè aumentano i gradi di libertà? L'ho gia spiegato con un esempio che ripropongo:
In una situazione deterministica un essere vivente si ritrova ad essere tale per delle ragioni determinate da una successione finita di processi che possiamo chiamare casuali (per intendeci senza alcun fine). Per cui se quel essere si ammala (viene colpito da un virus) il suo corpo in modo deterministico e programmato, tenterà di uscirne vivo. L'essere è animato solo ed esclusivamente da processi deterministici. Quindi se il suo corpo guarirà sarà dovuto alla sua determinata forma di auto-medicazione. Se i suoi poteri auto-medicativi falliscono perirà. Noi invece essendo esseri coscienti siamo in grado di concepire la malattia. Sappiamo che la malattia è stata attivata in modo deterministico, ma proprio perche conosciamo il suo processo evolutivo, possiamo intervenire per cambiare il suo processo futuro. Quindi avere intenzione di guarire non è un processo deterrministico, perche avere intenzione di guarire vuol dire prendere coscienza di un processo anche fino al suo compimento ed intervenire prima che esso sia compiuto. E questa tu non la chiami una forma di libertà?

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Anche voler presumere che l'attivazione di una intenzione sia dovuta ad una fase di causazione deterministica, una volta attivata l'intenzione il processo deterministico si interrompe. Si interrompe perche aumentano i gradi di libertà imposti dal processo sottostante.
Attivare un'intenzione deterministicamente causata e deterministicamente causante (le conseguenze di tale attivazione), non credo interrompa il determinismo... sempre se ammettiamo che il determinismo possa comprendere anche l'interiorità dell'uomo (inconscio, sinapsi, etc.) e non limitarsi solo l'esteriorità degli oggetti inanimati e del mondo esterno.
Il "morto" viene fuori se rileviamo oggettivamente della libertà (e allora iniziano le indagini); se invece la presupponiamo, allora dobbiamo coerentemente tracciarle un'area estranea al rapporto causa/effetto (e mi sembra difficile pensare, magari per limite mio, a qualcosa che non sia ritenuto causato da altro).

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Dicembre 2017, 10:47:43 AM
Quindi avere intenzione di guarire non è un processo deterrministico, perche avere intenzione di guarire vuol dire prendere coscienza di un processo anche fino al suo compimento ed intervenire prima che esso sia compiuto. E questa tu non la chiami una forma di libertà?
Come accennavo, il determinismo non è pensabile solo come esterno all'uomo: l'inconscio, la volontà, etc. potrebbero essere deterministicamente causate (anche se non è facile individuare esattamente da cosa, essendo molti, e dinamici, i fattori coinvolti), così come le decisioni che a loro volta causano.
Se decido di curarmi, è una scelta libera dalla mia volontà, dalle mie credenze, della mia fiducia nella scienza, dalla mia voglia di restare vivo, etc.? Se è libera, libera da quale determinismo pertinente?

P.s.
Non voglio "fuorviarti" dalla spiegazione della tua prospettiva; se poni domande interessanti sulla mia, mi viene spontaneo ragionarci e rispondere (pur prendendo atto che abbiamo presupposti differenti  :)  ).

Il_Dubbio

#183
Citazione di: Phil il 08 Dicembre 2017, 16:21:22 PM
Attivare un'intenzione deterministicamente causata e deterministicamente causante (le conseguenze di tale attivazione), non credo interrompa il determinismo... sempre se ammettiamo che il determinismo possa comprendere anche l'interiorità dell'uomo (inconscio, sinapsi, etc.) e non limitarsi solo l'esteriorità degli oggetti inanimati e del mondo esterno.

Secondo me sono su piani differenti.
Ammettiamo che il concetto di malattia sia un imput, quindi P (imput) deve dare necessariamente M (malattia).
Io non credo a questa forma di uguaglianza. Non credo si possa trasformare un tipo di informazione deterministica fino a quel punto.
Prendiamo il concetto di infinito. E' possibile immaginare qualcosa a cui può essere aggiunto qualcos'altro e poi ancora qualcosa ecc. Ma come è possibile che ci sia un qualcosa di definito e determinato che ti faccia immaginare una successione infinita? Che tipo di imput può essere mai? Tu hai neuroni sinapsi ecc. Il sistema dovrebbe essere binario o giu di li. Nessuna macchina con quegli ingredienti, potrà avere il senso di infinito poichè ci vorrebbero infiniti imput per dargli un senso di infinito in senso compiuto.
Per cui immaginare la compiutezza di una malattia ed anche il senso temporale nel quale esso si svolge, non è una cosa che può fare un imput di tipo deterministico. Deterministico vuol appunto descrivere la compiutezza di uno stimolo nel determinare il suo effetto. Ma tra gli stimoli noti e la compiutezza (l'effetto) ricavato (malattia, infinito ecc.)  c'è un'abisso.
I nostri scienziati lavorano in modo deterministico, sono come quei topolini che imparando dall'esperienza, scoprono i meccanismi per trovare il cibo. Questi meccanismi entrano nelle nostre teorie fisiche e se fossimo tutti topolini sapremmo come trovare il cibo senza sbagliare un colpo.
Ma i topolini reali anche se hanno qualcosa a che fare con la maggior parte degli scienziati, per il modo come scoprono le proprie teorie, non potrebbero diventare dei matematici.
C'è una barzelletta (o forse un fatto vero) che lessi da qualche parte, dove si raccontava che uno studente universitario andò alla lavagna e il professore gli chiese di tracciare una retta (o meglio semi retta  ;D ) . Lo studente forse emozionato, si dimenticò di tracciare i tre puntini. Il professore non si scompose e chiese allo studente di completare la retta. Lo studente si ricordò forse dei puntini mancanti e li tracciò. Ma il professore gli chiese di costruirgli una retta, quindi gli chiese di continuare a mettere puntini, fino a che lo studente non arrivò nei pressi della porta d'uscita dove lo attendeva il professore che cosi potè dargli un bel calcetto mandandolo fuori dall'aula. Lo studente è ancora fuori a tracciare la retta che chiese inizialmente il professore.  ???  ::)

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ammettiamo che il concetto di malattia sia un imput, quindi P (imput) deve dare necessariamente M (malattia).
Io non credo a questa forma di uguaglianza. Non credo si possa trasformare un tipo di informazione deterministica fino a quel punto.
Il determinismo, o il semplice rapporto causa/effetto, pongono necessità potenziali, ma non fattuali: se piove mentre cammino in strada dovrei bagnarmi; se apro l'ombrello, la sua interferenza con la pioggia non sconfessa il determinismo potenziale che lega il piovere al bagnarsi... semplicemente c'è un determinismo contrastante (se proprio vogliamo declinare il determinismo al plurale, scomponendolo) che è quello dell'aprire l'ombrello, che modifica l'attuarsi della catena deterministica (parziale) del piovere, almeno in quel metro quadro in cui mi riparo.

Come mai ho deciso di aprire l'ombrello? C'è un perché... e perché ho preso l'ombrello prima di uscire? C'è un perché... e così via...  ripeto: secondo me, la ragione umana stenta a pensare fuori dalla catena causale.
Credo infatti che la domanda:
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Prendiamo il concetto di infinito. E' possibile immaginare qualcosa a cui può essere aggiunto qualcos'altro e poi ancora qualcosa ecc. Ma come è possibile che ci sia un qualcosa di definito e determinato che ti faccia immaginare una successione infinita?
non tenga presente che noi non pensiamo davvero a una successione infinita (poiché occorrerebbe un tempo infinito per pensarla come tale  ;) ), semmai pensiamo al concetto di infinito, ma senza identificarlo estensivamente o "visivamente". Per cui si tratta comunque di un concetto (de)finito, per quanto vago e aleatorio.
I puntini alla fine di una semiretta sono un segno finito che simboleggia convenzionalmente l'infinito, ma non è l'infinito (la cui esistenza è, non a caso, un'esigenza concettuale più che pratica).
Quando pensi all'infinito (o ad una successione infinita) a cosa pensi? Al simbolo di infinito? A un punto di fuga prospettico minuscolo? Qualunque cosa sia, non sarà mai infinito (né l'infinito in quanto tale), ma solo una sua immagine finita (altrimenti non potresti pensarla): un ente finito non può fare esperienza (nemmeno mentale) dell'infinito, può solo concettualizzarlo con un concetto finito.

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Dicembre 2017, 18:07:47 PM
Ma tra gli stimoli noti e la compiutezza (l'effetto) ricavato (malattia, infinito ecc.)  c'è un'abisso.
Più che un abisso, ci sono sicuramente molteplici fattori, anche contrastanti (come l'ombrello) che interagiscono fra loro; tuttavia, la nostra incapacità di considerarli tutti in tempo reale, non inficia teoreticamente la categoria gnoseologica di causa/effetto: in fondo, puoi pensare razionalmente qualcosa che non sia causato da altro? Io non ce la faccio  :)

Il_Dubbio

#185
Citazione di: Phil il 09 Dicembre 2017, 23:54:35 PM
Il determinismo, o il semplice rapporto causa/effetto, pongono necessità potenziali, ma non fattuali

L'esempio dell'ombrello che ti ripara dalla pioggia ti fa pensare solo alla mancata registrazione di un effetto. Non sei tu a bagnarti ma l'ombrello.
Nel caso del mio esempio non c'è una mancata registrazione. Per cui basta dire che la pioggia bagna l'ombrello o in sua mancanza te, che ne sei sprovvisto.
Qui invece un pensiero registrato dalla nostra mente (malattia, infinito ecc.) deve essere prodotto in modo conseguenziale da una serie di cause. Per cui la causa potenzialmente determina il pensiero. Per tornare in pieno nell'argomento, il pensiero causato da una causa materiale fatta di neuroni sinapsi ecc, causa direttamente la mia azione. Per cui se piove allora il pensiero automaticamente mi fa tornare in mente l'ombrello da aprire. Tutto diventa automatico, determinato e senza alcuna libertà di scelta. Ma se torniamo all'origine del problema, gia lo stesso pensiero deve essere insito nella sua causa. E se ci pensi un attimo (utilizzando appunto il tuo pensiero) che motivo ci sarebbe di avere un pensiero se bastarebbe l'automatismo? Non mi sembra utile pensare di aprire l'ombrello se vedo piovere. Basterebbe l'automatismo, in caso di pioggia automaticamente apro l'ombrello. Un po' quello che succede ai meccanismi ormai indispensabili che si utilizzano nelle automobili tipo airbag. In caso di urti dovuti ad incidenti stradali, l'aumobile (senza pensarci) meccanicamente estrae un cuscino salvavita.
Il mondo determinato, freddo, senza scopi o fini, me lo immagino cosi, senza pensieri...
Perchè avere invece il pensiero dell'infinito?
Tu dici che è un pensiero finito. Mi sa che sbagli. In modo automatico e deterministico sarebbe un pensiero finito (utilizzando comunque il pensiero che in se non avrebbe ragione di esistere) mentre noi lo chiamiamo infinito...per quale motivo lo chiamiamo in modo differente? Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito? Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. Ma se non ci fosse il pensiero l'azione potrebbe avvenire comunque (come se fossimo tanti airbag) poiche non è il pensiero che scatena l'azione ma l'automatismo o per lo meno questo è quello che dici tu (ma non sei da solo). Per cui il pensiero è inutile. Ma anche a volerlo utilizzare per farci aprire l'ombrello in caso di pioggia, non c'è ragione alcuna di farci venire pensieri ancora piu inutili come quello dell'infinito. Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.

Magari almeno una potremmo verificare: io credo invece che sia utile anche se non razionalmente descrivibile. L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito? Ma non solo, a cosa serve il concetto di punto (che è il contrario del concetto di infinitamente grande)? Se l'infinito è utilizzato in matematica, il punto è utilizzato in fisica, come infatti una particella la si intende come un punto. Ma come, mi dirai, la particella è un punto? Si, per i fisici tale è (almeno fino a prova contraria). Ma come si fa a costruire teorie su concetti impossibili da determinare in modo causale? Come fai a costruire un pensiero dove si dice che un punto è una particella? Quali ingredienti servono? Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?

sgiombo

#186
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM


Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito? Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. Ma se non ci fosse il pensiero l'azione potrebbe avvenire comunque (come se fossimo tanti airbag) poiche non è il pensiero che scatena l'azione ma l'automatismo o per lo meno questo è quello che dici tu (ma non sei da solo). Per cui il pensiero è inutile. Ma anche a volerlo utilizzare per farci aprire l'ombrello in caso di pioggia, non c'è ragione alcuna di farci venire pensieri ancora piu inutili come quello dell'infinito. Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.

CitazioneMa infatti il pensiero cosciente (e in generale la coscienza) é effettivamente inutile per il comportamento (umano in particolare), il quale é determinato unicamente, interamente, solo ed esclusivamente da determinati eventi neurofisiologici cerebrali ed accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade se per assurdo non vi coesistesse (senza punto interferire punto con il mondo fisico) la coscienza: potrebbe benissimo darsi (non v' é modo di dimostrare che sia impossibile) che qualcuno degli altri uomini oltre a ciascuno di noi non siano che delle specie di zombi privi di coscienza che si comportano esattamente come se fossero coscienti  ma senza esserlo; nulla cambierebbe al di fuori della loro "privata", soggettiva coscienza (che verrebbe meno), nel mondo materiale "pubblico", intersoggettivamente valutabile e nel suo determinismo (indimostrabile: Hume! E necessario per non cadere in contraddizione se si crede che se la conoscenza scientifica di esso é possibile).

E' inutile trovare una spiegazione razionale del fatto che il pensiero sarebbe un effetto di una causa materiale per il semplice fatto che non può esserlo: cause materiali determinano unicamente affetti materiali.

Comunque non é detto che debbano esistere solo cose utili.
Per esempio il sublime piacere della musica é perfettamente inutile (anzi, leggermente dannoso in termini di fitness: mentre un antico nostro progenitore si distraeva godendo dei suoni emessi dal suo rudimentale tam tam o zufolo, era molto più esposto al pericolo di cadere vittima di un predatore che se non avesse avuto il desiderio di godere della musica), ma ciononostante per nostra grande fortuna esiste!

Magari almeno una potremmo verificare: io credo invece che sia utile anche se non razionalmente descrivibile. L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito? Ma non solo, a cosa serve il concetto di punto (che è il contrario del concetto di infinitamente grande)? Se l'infinito è utilizzato in matematica, il punto è utilizzato in fisica, come infatti una particella la si intende come un punto. Ma come, mi dirai, la particella è un punto? Si, per i fisici tale è (almeno fino a prova contraria). Ma come si fa a costruire teorie su concetti impossibili da determinare in modo causale? Come fai a costruire un pensiero dove si dice che un punto è una particella? Quali ingredienti servono? Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
CitazioneA mio parere "ingredienti palpabilissimi" come i neuroni non potrebbero nemmeno causare fenomeni coscienti palpabilissimi come (la visione e la palpazione di) una roccia o un blocco di acciaio.

Ma credo (indimostrabilmente) che alla visione o alla palpazione di una roccia o di un blocco di acciaio, così come a qualsiasi pensiero, anche il più astratto (nell' ambito di una coscienza*) coesistano necessariamente certi determinati eventi neurofisiologici (e nessun altro) a tali altre sensazioni o fenomeni biunivocamente corrispondenti (attualmente o almeno potenzialmente nelle ben altre, diverse coscienze** di chi osservasse un certo determinato cervello e nessun altro).

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Per cui se piove allora il pensiero automaticamente mi fa tornare in mente l'ombrello da aprire. Tutto diventa automatico, determinato e senza alcuna libertà di scelta. Ma se torniamo all'origine del problema, gia lo stesso pensiero deve essere insito nella sua causa. E se ci pensi un attimo (utilizzando appunto il tuo pensiero) che motivo ci sarebbe di avere un pensiero se bastarebbe l'automatismo?
Il determinismo (che è un'ipotesi interpretativa, non una certezza) sostiene proprio che il pensiero è automatismo... seppur inconsapevole (perché ho pensato proprio questo? è un caso? Parafrasando qualcuno che conoscerai: il mio cervello gioca a dadi? ;) ).
Dare un "motivo" ai fatti e alla realtà in generale, non credo dovrebbe farci concludere che il motivo sia ontologicamente radicato nei fatti e nella realtà; è la nostra visione antropocentrica a proiettarlo nel mondo (proprio come accade con il "senso": è una nostra esigenza rintracciarlo, ma ontologicamente... non ha senso ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Perchè avere invece il pensiero dell'infinito?
Tu dici che è un pensiero finito. Mi sa che sbagli. In modo automatico e deterministico sarebbe un pensiero finito (utilizzando comunque il pensiero che in se non avrebbe ragione di esistere) mentre noi lo chiamiamo infinito...per quale motivo lo chiamiamo in modo differente? Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito?
Immaginiamo l'infinito o solo il concetto di infinito? Per immaginare l'infinito serve un tempo infinito; per immaginare il concetto di infinito basta un simbolo finito... dopo aver concettualmente pensato la negazione logica di finito.
Come facciamo ad immaginare ciò che non esiste? Capacità d'astrazione e rielaborazione di idee e immagini: altrimenti come faccio ad immaginarmi alto come un grattacielo che prendo a calci nel sedere un tirannosauro? ;D

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. [...] Per cui il pensiero è inutile.
Secondo me, l'utilitarismo è un'altra concettualizzazione umana proiettata sulla realtà: utile per chi/cosa? In fondo, cosa è davvero utile in (o per la) natura? Se l'utile è una opinabile categoria umana, ovvero soggettiva, non oggettiva, allora è "fuori tema" se ci poniamo questioni epistemologiche o gnoseologiche che vogliano andare oltre al "prospettivismo antropologico" (per indagare "ciò che è", non "come ci sembra").

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.
Appurato che possono esistere anche "cose" che noi valutiamo (non che "sono") inutili agli occhi di qualcuno, distinguerei il "razionalmente descrivibile" dal "razionalmente descritto;)  D'altronde, se non erro, il progresso della scienza consiste proprio nel passare dall'uno all'altro...

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito?
Scommetto che serve a (im)porre una fine all'omonimo "regresso ad infinitum" (Zenone docet!) postulando una "fine" definita concettualmente ma infinita estensivamente.
Come lo abbiamo pensato? Negando concettualmente il finito. E il fatto che non riusciamo a pensarlo quantitativamente ci rincuora che sia davvero infinito  :)

Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM
Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
Le allucinazioni, i ricordi, i sogni, il concetto di negazione, sono tutti decisamente impalpabili... ma davvero non sono causati da qualcosa di palpabile? Senza cervelli (vivi), tali entità impalpabili esisterebbero lo stesso? Chissà...

P.s.
Per me, è più probabile che siamo tutti cervelli in vasca, piuttosto che esistano fantasmi, anime e altre entità immateriali che ci "possiedono" pilotandoci ;D

Il_Dubbio

Tutte le mie argomentazione non sono bastate a quanto pare nemmeno a suscitare perplessità sulle vostre tesi.
Al dire il vero se credo di aver capito la tesi di Phil non ho ancora compreso quella di sgiombo.
Suppongo che sia praticamente la stessa tesi con diverse sfumature.

Faccio un ultimo tentativo. Vediamo un po'. Il pensiero del tempo che scorre. Solitamente io propendo a credere che deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento. Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo. Questi salti temporali (progammo oggi cosa mangiare domani, o dove andare a Natale ecc.) non sarebbero possibili senza un programma che stabilisca il concetto di tempo. Ma il programma che stabilisce il concetto di tempo è comunque un'azione causata nel tempo e nello spazio, e non si comprende come invece il pensiero possa superare il freddo determinismo sottostante ed agire superando in altezza la loro concatenazione. Guardare dall'alto una concatenazione di eventi che mi porterà a decidere cosa mangiare domani o dove andare a Natale, non è identica alla concatenazione temporale di causa ed effetto che provoca un'azione istantanea. Qui parliamo invece di un'azione comandata per stabilire un ordine temporale degli eventi che si vuole mettere uno dietro l'altro per compiere un'azione lontana nel tempo. Tutto questo senza la coscienza, e la coscienza del pensiero del tempo non si potrebbe fare. Mi fermo qua... pensateci un attimo prima di rispondere e se ne avete voglia ;)

sgiombo

Citazione di: Il_Dubbio il 11 Dicembre 2017, 12:15:47 PM
 Il pensiero del tempo che scorre. Solitamente io propendo a credere che deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento. Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo. Questi salti temporali (progammo oggi cosa mangiare domani, o dove andare a Natale ecc.) non sarebbero possibili senza un programma che stabilisca il concetto di tempo. Ma il programma che stabilisce il concetto di tempo è comunque un'azione causata nel tempo e nello spazio, e non si comprende come invece il pensiero possa superare il freddo determinismo sottostante ed agire superando in altezza la loro concatenazione. Guardare dall'alto una concatenazione di eventi che mi porterà a decidere cosa mangiare domani o dove andare a Natale, non è identica alla concatenazione temporale di causa ed effetto che provoca un'azione istantanea. Qui parliamo invece di un'azione comandata per stabilire un ordine temporale degli eventi che si vuole mettere uno dietro l'altro per compiere un'azione lontana nel tempo. Tutto questo senza la coscienza, e la coscienza del pensiero del tempo non si potrebbe fare. Mi fermo qua... pensateci un attimo prima di rispondere e se ne avete voglia ;)
Non vedo proprio come, se si crede che "deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento", si possa in maniera logicamente coerente, non contraddicendosi, sostenete anche che " Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo".

Perché mai la previsione del tempo futuro e la programmazione delle proprie azioni remote nel tempo non dovrebbero essere deterministiche (o meglio: non avere un correlato materiale deterministico, che effettivamente causa quelle azioni) se deterministico é complessivamente il mondo nell' ambito del quale tali azioni accadono?
Pretendere che non lo siano significa né più né meno che contraddire la immediatamente precedente affermazione circa l' automatica concatenazione deterministica delle azioni.

Se la conoscenza scientifica (vera) del mondo materiale naturale é possibile, allora non é la tua coscienza che nell' ambito del mondo fisico stesso determina quello che farai a Natale: tutto nel mondo fisico accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade ("fra l' altro" deterministicamente, se ne é possibile la conoscenza scientifica) se per assurdo il tuo cervello non fosse "accompagnato" dalla tua coscienza (senza interferirvi ma solo divenendo con essa in reciproca, biunivoca corrispondenza; un solo certo determinato stato cerebrale per ogni certo determinato stato di coscienza e nessun altro e viceversa).
E se la conoscenza scientifica del mondo fisico é possibile, allora ciò che il tuo cervello farà fare al tuo corpo (che del mondo fisico fanno parte), anche in un remoto futuro programmato con largo anticipo (nell' ambito della tua coscienza a determinati eventi neurofisiologici propri del tuo cervello biunivocamente corrispondente), non può che rientrare nel generale, ineccepito e ineccepibile determinismo del mondo fisico.

Il_Dubbio

Citazione di: sgiombo il 11 Dicembre 2017, 17:11:49 PMNon vedo proprio come, se si crede che "deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento", si possa in maniera logicamente coerente, non contraddicendosi, sostenete anche che "Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo".

Non mi sono spiegato bene. Se io volessi programmare una vacanza a Natale devo ripercorrere una serie di azioni da compiere nel tempo. Eè giustificata l'idea che il fatto che io compia un'azione ora, essa sia dovuta ad una causa  precisa di questo momento. Ma non è giustificato ritenere che tutte le azioni che io devo compiere fino a Natale (ad esempio preparare le valige, fare i biglietti aereo, pernottare una camaera d'albergo ecc.) abbiano una connotazione deterministica che non abbia bisogno del supporto della coscienza. La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini. Se la natura fa un programma questo programma viene mutato milioni di volte in modo casuale e magari ci vogliono milioni di anni perche sia funzionale. Non sarebbe invece possibile programma in modo deterministico un viaggio a Natale cioè fra 10 giorni. 10 giorni sono un tempo troppo breve perche la natura riesca a programmare un viaggio visto che la natura non si chiede cosa farò a Natale. Il determinismo non si sposa per nulla con le finalità. La natura determina la tua azione in un dato momento in modo casuale. Se hai un desiderio di un viaggio a Natale non è detto che tu sappia come programmare il viaggio. E visto che hai poco tempo per farlo la natura non ti aiuta. Non puoi pensare che una volta che il tuo desiderio sia diventato un imperativo tu abbia sappia anche come organizzarlo. La natura forse ce la farebbe, in modo deterministico. ad organizzarti un viaggio ma forse dovrai aspettare qualche milione di anni o forse piu, il tempo che ci vorrà ad una scimmia per scrivere la Divina Commedia battendo a caso i tasti delle lettere.

sgiombo

X Il Dubbio
 
 
Credo che si stiano chiarendo i dissensi.
 
A me sembra perfettamente giustificato ritenere che tutte le azioni che io devo compiere fino a Natale (ad esempio preparare le valige, fare i biglietti aereo, pernottare una camera d'albergo ecc.) abbiano una connotazione deterministica che non abbiano alcun bisogno del supporto-interferenza causale della coscienza.
 
Anche se concordo che La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini.
Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione, dal momento che é una conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) della conoscenza scientifica stessa il divenire regolare secondo modalità universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai fatti particolari concreti.
 
Pe me l' afinalistico determinismo naturale (limitatamente a determinati eventi neurofisiologici accadenti nei cervelli umani e animali) é "accompagnato" su un diverso, incomunicante, trascendente "piano ontologico" da coscienza, con la quale é appunto in rapporti di trascendenza-corrispondenza biunivoca.
Per esempio allorché nella mia coscienza accade che faccia programmi per realizzare scopi, senza alcuna loro interferenza causale, impossibile, se é possibile la conoscenza scientifica del mondo materiale naturale, nell' ambito di quest' ultimo accadono certi determinati eventi neurofisiologici (proprio quelli e non affatto altri) nel mio cervello (proprio quello e non un altro), che a tali miei eventi di coscienza corrispondono biunivocamente.
La natura non si pone scopi e non fa programmi, ma nel suo ambito accadono determinati eventi cerebrali che coesistono e corrispondono biunivocamente al porsi scopi e fare programmi nell' ambito di determinate coscienze; eventi neurofisiologici cerebrali perfettamente deterministici che deterministicamente causano i preparativi delle azioni finalizzate e programmate e le azioni stesse (senza nessun impossibile "cortocircuito temporale" fra eventi cerebrali corrispondenti a finalità coscienti e programmazioni coscienti ed eventi naturali: per la semplicissima concatenazione causale deterministica degli eventi cerebrali stessi e fra questi e i muscoli corporei).
 
Il cervello di Dante era ben diverso da quello di una scimmia, e aveva corrispondenze coscienti (nella coscienza di Dante) ben diverse da quelle di una scimmia (nella rispettiva coscienza).

E in corrispondenza biunivoca-non interferenza causale-trascendenza coi pensieri della creazione-elaborazione mentale dantesca della Divina Commedia il cervello di Dante del tutto deterministicamente e senza nulla di soprannaturale o misterioso ha prodotto (causato) le azioni del corpo di Dante consistenti nello scrivere (ed eventualmente nel sussurrare a tratti a se stesso o ad altri) il testo della Divina Commedia.

Jacopus

Su un punto Sgiombo ha ragione. Il metodo della scienza moderna necessariamente presuppone il determinismo. E nel mondo naturale questo principio ha funzionato e funziona benissimo. La causa produce degli effetti, che sono riproducibili sperimentalmente e si possono misurare. A sua volta altre cause potranno produrre altri effetti, fino a creare il nostro mondo "artificiale" e "scientifico".
Mi inchino a questa potenza che mi permette di dormire al caldo, circondato da gadget elettronici e con la pancia piena.
Tuttavia sempre in nome della conoscenza (che è pur sempre un "desiderata" della scienza) credo che questo metodo se portato, come oggi accade, a paradigma esclusivo non può che far danni, poichè l'uomo è indivisibilmente, in questa diatriba fra libera volontà e determinismo, sia il soggetto che vuole conoscere che l'oggetto da conoscere. Una situazione piuttosto incresciosa e ben poco scientifica.
Inoltre gli esseri umani sono curiosi. Se un signore di Amburgo si irrigidisce nella convinzione che le sue azioni sono deterministicamente calibrate si comporterà di conseguenza, riuscendo ad essere determinato e un pò noioso. Invece un signore di Parigi, nella convinzione di essere un libero sognatore si comporterà in modo astruso e irrazionale proprio per conformarsi al suo anticonformismo.
L'obiezione che comunque entrambi sono determinati dalla loro costituzione e dalle loro ideologie non mi convince, o meglio mi rende ancora più convinto della necessità di lasciare uno spazio alle ideologie che sono benevole rispetto al libero arbitrio, visto che in questo modo possiamo potenziare un certo grado di libertà "costruito socialmente" agli individui.
Sulla scia della tradizione del "sospetto" che accomuna pensatori eterogenei come Marx e Nietzsche, a costo di ripetermi, ritengo che l'espansione del metodo scientifico all'azione umana non debba e non possa colonizzarla del tutto, poichè questa espansione è soltanto il frutto di un pensiero unidirezionale e classificatorio, che nasce in modo potente a partire dall'Illuminismo, splendida creatura bifronte ed ambigua come poche.
Il determinismo in fondo è lo strumento ideale per un potere che voglia creare il suo giardino, potenziare certe capacità, assorbirne altre, organizzare il mondo sociale, come se fosse una grande fabbrica dove ognuno risponde ad una esigenza deterministicamente creata. L'idea di progresso è un'idea deterministica, come quella del comunismo, come quella del nazismo, come quella della eugenetica.
Il determinismo mi sembra facilmente associabile a tutti i tentativi politici di uniformare e di assolutizzare il conflitto e la dialettica fra i gruppi di esseri umani, mentre il libero arbitrio lo collego inevitabilmente alla fenomenologia, all'esistenzialismo, alla scoperta dell'essere umano, singolo individuo, indeterminabile, indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone.
Il determinismo scientifico estremo, quello incompatibilista, è il braccio teorico dell'autoritarismo se applicato all'azione umana.
Chiudo la pappardella citando Hans Jonas: "A suscitare in noi un senso di dovere è la semplice verità, nè esaltante, nè sconfortante, che l'uomo autentico è già sempre esistito in tutti i suoi estremi, nella grandezza e nella meschinità, nella felicità e nel tormento, nell'innocenza e nella colpa; in breve in tutta l'ambiguità che gli è connaturata. Volerla eliminare significa voler eliminare l'uomo e la sua incommensurabile libertà".
A voi la parola.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Il_Dubbio

Citazione di: sgiombo il 12 Dicembre 2017, 12:15:23 PM


Anche se concordo che La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini.
Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione, dal momento che é una conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) della conoscenza scientifica stessa il divenire regolare secondo modalità universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai fatti particolari concreti.

Anche se vagamente credo di aver capito mi farebbe piacere che tu fossi piu chiaro.

Come ho gia detto la conoscenza scientifica in rari casi è precisa, molto piu spesso è indeterminata e si affronta questa indeterminatezza attraverso  calcoli probabilistici.

Se poi dovessi rispondere come se avessi compreso appieno la tua riflessione, direi che è alquanto improbabile che noi si possa comprendere la natura  se non fossimo dotati di coscienza indeterminata. Nessuna legge deterministica impone la comprensione dell'infinito o degli enti geometrici come il punto o la retta poichè essi non sono dimostrabili scientificamente ma sono soltanto intuibili (tramite la coscienza). Per cui nessuna scienza sarebbe possibile senza la possibilità di intuire qualcosa che non è dimostrabile. Tutte le nostre conoscenze si basano su assiomi che si ritengono vere ma non dimostrabili. Nessun ente non cosciente potrebbe fare una operazione del genere. Determinare quindi la verità di un'assiona non può essere di natura deterministica se poi si verifica che almeno una parte delle teorie che su quelle si basano, risultano vere o per lo meno verificate scientificamente.

sgiombo

X Jacopus:

Concordo che la realtà non si esaurisce nell' universo naturale - materiale intersoggettivamente constatabile e scientificamente conoscibile, e dunque che la conoscenza (possibile ed auspicabile) non é limitata alla conoscenza scientifica (propriamente detta, o "in senso stretto", quella delle scienze naturali). 

Ribadisco invece il mio totale dissenso dall' affermazione che la credenza nel determinismo (la convinzione deterministica dell' "uomo di Amburgo") implichi (o "determini": sic!) la conseguenza di un comportamento necessariamente "noioso" (e men che meno fatalisticamente abulico e passivo), mentre la credenza nell' indeterminismo (la convinzione indeterministica dell' "uomo di Parigi") implichi necessariamente la conseguenza di un comportamento estroso e creativo.

E questo indipendentemente dal fatto che l' eventuale determinismo sia condizionato da un' ideologia o da qualsiasi altra "cosa" e dall' eventuale uso di ideologie deterministiche da parte del "potere" a scopo di dominio (nonché dal fatto che per me sia l' idea generica di progresso sia quella di comunismo possono essere coniugate tanto col determinismo quanto con l' indeterminismo: su un piano gnoseologico o epistemologico progresso e/o comunismo possono essere considerati solo possibili o anche necessariamente certi (cioé di fatto prevedibili come inevitabili o meno); e si può credere che il futuro sia progressivo e/o comunistico sia se si é deterministi (come necessità), sia se si é indeterministi (come possibilità.

Credo che un essere umano, individuale (e anche collettivamente l' umanità), epistemicamente per lo meno possa essere in qualche misura indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone in perfetta compatibilità con un determinismo metafisico e anche con convinzioni da parte sua deterministiche: perché non dovrebbe essere possibile (ipoteticamente) che deterministicamente uno abbia pulsioni contraddittorie, ami i suoi cani e stermini una pretesa razza umana? Non vedo nessuna contraddizione in questa ipotesi!.

Pur apprezzando Jonas, ritengo che l' ambiguità umana (a mio parere limitata, anche se ovviamente non quantitativamente misurabile) é perfettamente compatibile con il determinismo (oggettivo) e con convinzioni (soggettive) deterministiche, così come il sentire un forte senso del dovere.


X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.

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