Siamo responsabili delle nostre azioni?

Aperto da Socrate78, 18 Novembre 2017, 20:28:36 PM

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acquario69

Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
 Conoscere, ovvero essere consapevoli di un impulso, non ci rende meno determinati dall'impulso, ma ovviamente il fatto di essere consapevoli (quindi coscienti) almeno ci fa agire con consapevolezza e quindi responsabilità. Io però immagino che la consapevolezza sia anche una specie di forza contraria all'impulso. Se l'impulso è molto forte la forza di volontà per respingere l'impulso deve essere altrettanto forte. Ammettiamo che esista questa forza di volontà. Io mi chiedo, se non fossi stato consapevole, avrei questa forza di volontà che per lo meno tenta di sconfiggere l'impulso? Questa consapevolezza quindi serve per il nostro agire responsabile. Siccome però la scienza non sa come nasce questa consapevolezza, non può nemmeno dire che io non sia libero solo perche loro vedono solo impulsi. Per questo motivo io dico si siamo responsabili, lo dico perche do alla consapevolezza un valore che non possiamo registrare tramite le nostre osservazioni scientifiche dove esistono solo impulsi. La coscienza non è un impulso. Magari scatta per un impulso, ma una volta che diventa consapevolezza agisce in modo alle volte anche autoritario, reagendo contro gli impulsi. Chi gliela da questa autorità? Glila da non un impulso, ma solo perchè è diventata coscienza o consapevolezza.

In aggiunta a questa tua corretta osservazione aggiungerei pure un altra riflessione in analogia a come il potere costituito fa di tutto,e attualmente in maniera sempre più feroce,per alimentare i nostri impulsi =(quindi per renderci sudditi e alla fine pure consenzienti in maniera inconsapevole) e contemporaneamente, ed anche come sua stessa diretta conseguenza, all'eliminazione di ogni possibile consapevolezza = (libertà)

Dunque da questo punto di vista siamo responsabili della nostre azioni e della nostra stessa libertà.
fra parentesi, coloro che agiscono per dominare gli altri non sono altrettanto liberi ma sono anch'essi condizionati da altrettanti impulsi, diciamo rovesciati, ma pur sempre tali da cui sono anch'essi dominati.

La liberta e' appunto una totale presa di coscienza o consapevolezza, che si svicola da qualsiasi presa di posizione e che risiede nella nostra più intima natura e che non può dunque essere, per le ragioni sopra,di origine "inferiore", come pure una certa moderna psicologia vuole farci credere, come se dovesse esistere soltanto questa

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
La conclusione è secondo me giusta, ed infatti non possiamo recriminare una responsabilità ove non ci fosse una libertà.

Questa conclusione non ci rende però meno liberi nel cercare una alternativa o un pertugio ove infilarci la libertà. Siamo liberi di cercarla o no?
Forse una domanda collaterale è "vogliamo cercarla, o no?" e, soprattutto, se lo vogliamo, "perché?" (vedi considerazioni all'ultimo paragrafo).

Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
Conoscere, ovvero essere consapevoli di un impulso, non ci rende meno determinati dall'impulso, ma ovviamente il fatto di essere consapevoli (quindi coscienti) almeno ci fa agire con consapevolezza e quindi responsabilità. Io però immagino che la consapevolezza sia anche una specie di forza contraria all'impulso. Se l'impulso è molto forte la forza di volontà per respingere l'impulso deve essere altrettanto forte.
Magari ci saranno impulsi contrari, ma pur sempre impulsi/pulsioni/motiv-azioni (che rimandano ad un motivo/causa)  ;)  L'impulso alla ricerca della consapevolezza può essere tanto "istintivo" o con "movente inconscio" quanto altri impulsi. Abbiamo deciso liberamente di innescare tale impulso o esso si innesca nella nostra volontà, non per nostra volontà?

Su questo:
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Dicembre 2017, 10:15:16 AM
cercare di rendere conscio ciò che è inconscio in una certo senso ci rende piu liberi, o per lo meno saremmo "consapevoli" (per cui responsabili) che i nostri atti siano dovuti a un tale impulso
che trova riflessi in questo:
Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Tuttavia quando sono consapevole sono "libero" di fare qualcosa o qualcos'altro.
ho le mie perplessità. Ad esempio, quante persone sono ben consapevoli di un loro vizio/difetto ma non riescono ad affrancarsene (voi direte "liberarsene")? Oppure, scendendo banalmente nel fisico, sapere perché ho gli occhi blu (non è vero! ;D ) non me ne rende responsabile e nemmeno mi consente di cambiarli.
Secondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.


Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
La scienza secondo me non può dimostrare l'esistenza del "libero arbitrio" perchè non è possibile definire un esperimento che riesca a "rilevarlo".
Il che pone il libero arbitrio su un piano non epistemologico, non scientifico. D'altronde la tradizione che ci tramanda il libero arbitrio è metafisica (che non è sempre sinonimo di teologica ;) ), trascendentale.


Citazione di: Apeiron il 02 Dicembre 2017, 12:45:39 PM
Secondo me è essenziale la libertà per la morale, per l'etica. Se tutto fosse fuori dal nostro controllo allora meriti, ricompense ecc sono concetti completamente privi di senso.
Questa mi pare un'osservazione molto profonda e da approfondire.
Deve essere il libero arbitrio a fondare l'etica, oppure l'etica a rendere inconfutabile, presupponendolo, il libero arbitrio?

La spontanea necessità di tutelare la libertà che spesso avvertiamo e il connesso rifiuto/disagio nel contemplare la sola possibilità che essa non ci sia; questa necessità e questo rifiuto sono su un piano ontologico, culturale o psicologico?
Quando ci ritroviamo ad ammettere candidamente che vogliamo/desideriamo salvaguardare a priori la libertà (che "altrimenti l'etica si sfalderebbe" può essere anche solo un'argomentazione surrettizia), non pecchiamo, seppur in buona fede, di una certa "fragilità di paradigma" che innesca meccanismi di spaventata e caparbia difesa dei propri fondamenti?
Ci hanno/siamo cresciuti considerando la libertà come una condizione essenziale, un valore da difendere, qualcosa di bello e potente, per cui è normale che (un po' come quando abbiamo scoperto che non c'era un Padre, ma solo padri, nonni, bisnonni, australopitechi, etc. ;D ) la sola ipotesi che la libertà non esista possa causare vertigine esistenziale. Eppure, sul piano epistemologico, tale spaesamento è un sintomo che va affrontato per proseguire, non dovrebbe essere inteso come un inibitore del ragionamento.

Un'ulteriore domanda sulla questione potrebbe dunque essere: se la libertà non fosse possibile, saremmo davvero disposti ad ammetterlo, e a "rimappare" il nostro mondo di conseguenza?
In un'ottica deterministica la domanda sembra perdere di senso, poiché la riposta sarebbe deterministicamente causata; tuttavia, anche meccanismi come la resilienza, il dubbio, il cambio paradigmatico, etc. mantengono comunque una pulsante tonalità esistenziale, proprio in quanto vissuti, al di là del fatto che non potesse andare diversamente (considerata la catena causale da cui scaturiscono).

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PM
Magari ci saranno impulsi contrari, ma pur sempre impulsi/pulsioni/motiv-azioni (che rimandano ad un motivo/causa)  ;)  L'impulso alla ricerca della consapevolezza può essere tanto "istintivo" o con "movente inconscio" quanto altri impulsi. Abbiamo deciso liberamente di innescare tale impulso o esso si innesca nella nostra volontà, non per nostra volontà?

ho le mie perplessità. Ad esempio, quante persone sono ben consapevoli di un loro vizio/difetto ma non riescono ad affrancarsene (voi direte "liberarsene")? Oppure, scendendo banalmente nel fisico, sapere perché ho gli occhi blu (non è vero! ;D ) non me ne rende responsabile e nemmeno mi consente di cambiarli.
Secondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.


Al momento non è molto interessante la domanda: come nasce la coscienza. Ti ho già risposto infatti (se leggi meglio) "magari essa stessa nascerà da un impulso" ma quando diviene coscienza le cose cambiano ed essa diventa autoritaria.  Con questo ti ho risposto alla prima frase.

Per quanto riguarda la tua perplessità, se fosse solo quella sarebbe facile rispondere.
Se noi non fossimo consapevoli delle malattie potremmo mai cercarne una cura? E' chiaro che non tutti riusciranno ad ottenere una cura, ma il fatto di cercarne una lo si deve alla coscienza della malattia. Ancora oggi ci sono malattie incurabili (purtroppo) ma ci sono anche tale malattie che ieri non erano curabili oggi ti basta prendere un'aspirina (tanto per esagerare) per curarle. Qualcosa serve la coscienza..o no? Fai caso di ritrovarti in un mondo dove nessuno è cosciente di nulla, esisterebbero le malattie? O per giunta una loro cura? In un mondo deterministico cos'è una malattia da curare? L'azione prevista (cioè curare) non è un'azione impulsiva ma riflessiva. Prima di ogni cosa va preso coscienza della malattia poi si tenta di trovarne una cura. Ma la ricerca di una cura non è determinata dalla malattia, poiche alla natura non gliene frega niente che esista una malattia da curare.

Phil

Non a caso, avevo specificato che (corsivo mio):
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PMSecondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.
il che non significa che non lo sia mai, ma che, restando in tema, essere consapevoli di una catena causale (determinismo), o di una singola causa che ci determina (esempio del colore degli occhi), o che determina le nostre scelte (esempio del carattere), non comporta, per me, poter agire retroattivamente sulla stessa causa o essere più liberi da essa, uscendo dai paletti che tali condizionamenti pongono.
Ad esempio, la consapevolezza che ci sia un inconscio in generale, non mia aiuta ad individuare il ruolo del mio inconscio; se riuscirò a metterlo un po' a fuoco sarà a causa del fatto che il mio inconscio non è particolarmente "chiuso e imperscrutabile", oppure a causa dell'aiuto di un buon terapeuta, oppure a causa di ore di meditazione yoga, oppure... ma mai solamente a causa della consapevolezza che, in generale, ho un inconscio.
Per questo dicevo che la sola consapevolezza del nostro determinismo non implica un aumento di libertà, né può emanciparci da esso (a meno che esso stesso non predetermini le cause di tale emancipazione, il che sarebbe apparentemente contraddittorio...).

Ovvero, se sono consapevole che la mia educazione, il mio contesto di crescita e quello attuale, il mio Dna, etc. mi condizionano, questa consapevolezza, da sola, non mi consente di modificare il loro influsso sulla mia attuale visione del mondo. Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 22:22:34 PM
Non a caso, avevo specificato che (corsivo mio):
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 18:53:35 PMSecondo me, non sempre la conoscenza/consapevolezza è autentica possibilità di controllo.
il che non significa che non lo sia mai, ma che, restando in tema, essere consapevoli di una catena causale (determinismo), o di una singola causa che ci determina (esempio del colore degli occhi), o che determina le nostre scelte (esempio del carattere), non comporta, per me, poter agire retroattivamente sulla stessa causa o essere più liberi da essa, uscendo dai paletti che tali condizionamenti pongono.
Ad esempio, la consapevolezza che ci sia un inconscio in generale, non mia aiuta ad individuare il ruolo del mio inconscio; se riuscirò a metterlo un po' a fuoco sarà a causa del fatto che il mio inconscio non è particolarmente "chiuso e imperscrutabile", oppure a causa dell'aiuto di un buon terapeuta, oppure a causa di ore di meditazione yoga, oppure... ma mai solamente a causa della consapevolezza che, in generale, ho un inconscio.
Per questo dicevo che la sola consapevolezza del nostro determinismo non implica un aumento di libertà, né può emanciparci da esso (a meno che esso stesso non predetermini le cause di tale emancipazione, il che sarebbe apparentemente contraddittorio...).

Ovvero, se sono consapevole che la mia educazione, il mio contesto di crescita e quello attuale, il mio Dna, etc. mi condizionano, questa consapevolezza, da sola, non mi consente di modificare il loro influsso sulla mia attuale visione del mondo. Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)


Non direi. Il fatto che tu hai stabilito di avere un inconscio e dopo aver preso coscienza che l'incoscio ti porta a fare alcune azioni che magari non vorresti fare, ti porta ad esempio a farti seguire da un terapeuta. L'azione conseguente: mi faccio seguire da un terapeuta, rompe la sequenza causale deterministica del tuo inconscio. Senza l'aiuto del terapeuta il tuo inconscio avrebbe continuato a determinare le tue azioni. Mentre con l'aiuto di un buon terapeuta, queste azioni sono limitate o addirittura eliminate. 
Il fatto, invece, di non essere liberi di aver un inconscio diverso da quello che abbiamo non è rilevante. Non possiamo aver avuto una famiglia diversa, non possiamo essere nati in un dato luogo ecc. Ma nel momento in cui prendiamo coscienza di quello che siamo in parte possiamo (e dobbiamo) accettarlo, in parte possiamo modificarlo. La domanda secondo me piu interessante è: la modifica (eventuale) è deterministica o libera?
Sicuramente la coscienza ci permette di prendere atto di uno stato. In fisica lo stato di una particella è dato ad esempio dalla conoscenza della posizione e della sua quantità di moto. Se non vi sono altre forze in gioco la particella continuerà nella sua evoluzione deterministica. Per quanto ci riguarda lo stato della nostra individualità è data dalla conoscenza (presa atto) di una storia. Questa storia in caso non ci fossero altre forze in gioco, evoleverà in modo determinato dallo stato di partenza. Sta di fatto però che una volta che noi abbiamo stabilito il nostro stato (ad esempio una malattia o un focolaio di insofferenza dovuto al nostro inconscio) non rimaniamo inermi difronte a questa situazione. Se siamo ammalati andremo dal medico curante, se abbiamo un problema psicologico andremo da un terapeuta.
Questa forma di cambiamento dello stato di partenza è dovuto alla coscienza. Forse non riusciremo a curarci dalla malattia o il terapeuta non riuscirà ad aiutarci per il nostro problema psicologico, ma gioco forza alcuni ci riusciranno altri no. Ma il sol fatto di avere acquisito una libertà in piu (vado dal medico una volta che ho capito di essere ammalato, oppure vado dal terapeuta se ho un problema psicologico) ci rende piu liberi. Il problema, come dicevo ad inzio periodo, è stabilire se anche andare dal medico o dal terapeuta è una forma di determinismo. Sicuramente con la coscienza si aprono strade nuove e quindi il linea di principio queste strade sono sintomo di libertà (un conto è dover andare per forza dritto, un conto e trovare sulla strada maestra un bivio).

Il_Dubbio

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AMSicuramente la coscienza ci permette di prendere atto di uno stato. In fisica lo stato di una particella è dato ad esempio dalla conoscenza della posizione e della sua quantità di moto. Se non vi sono altre forze in gioco la particella continuerà nella sua evoluzione deterministica. Per quanto ci riguarda lo stato della nostra individualità è data dalla conoscenza (presa atto) di una storia. Questa storia in caso non ci fossero altre forze in gioco, evoleverà in modo determinato dallo stato di partenza.

Volevo approfondire un momento questo punto perchè forse è quello cruciale.

Partiamo da un particella. Ammettiamo di conoscere il suo stato (posizione e quantità di moto). Se la particella è in posizione A evoleverà in B secondo una traiettoria prestabilita dalla nostra conoscenza del suo stato.

Immaginiamo di essere noi una particella. Se noi in quanto particella potessimo stabilire il nostro stato di partenza, le leggi della fisica non ci permetterebbero di deviare dal nostro percorso determinato dalla conoscenza del nostro stato.

Ciò che invece succede a noi è che una volta preso atto di uno stato possiamo modificare il nostro percorso, quasi fregandocene delle leggi che gli osservatori esterni pensavano ci governassero. Spero che l'esempio sia preso con le dovute molle...

Un conto è dire che la particella devia dal suo percorso perche si scontra con un'altra particella, un conto è dire che all'interno della particella succede qualcosa che la fa deviare dal suo percorso. Ed infondo io credo che questo è ciò che ci succede ed è per questo che le leggi deterministiche a noi non vanno piu bene.

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
Il fatto che tu hai stabilito di avere un inconscio e dopo aver preso coscienza che l'incoscio ti porta a fare alcune azioni che magari non vorresti fare, ti porta ad esempio a farti seguire da un terapeuta. L'azione conseguente: mi faccio seguire da un terapeuta, rompe la sequenza causale deterministica del tuo inconscio. Senza l'aiuto del terapeuta il tuo inconscio avrebbe continuato a determinare le tue azioni.
Siamo proprio sicuri che la catena causale si rompa così facilmente? Se avessi un'avversione inconscia per la medicina e le terapie, ciò sarebbe la causa della mia scelta coerente di non andare dal terapeuta  ;)  Se invece decido di andarci è magari perché sono (ma non ho scelto di esserlo!) una persona che si fida delle terapie, o del consiglio di un amico, o a causa di altri fattori... dov'è la rottura della catena causale? :)

Il determinismo dell'inconscio (o di altri fattori) non comporta che siano disabilitate le possibilità di cambiamento (la vita è mutamento  :) ), ma che tali cambiamenti non siano totalmente liberi, in quanto sempre vincolati al contesto da cui si originano (appunto, deterministicamente). Probabilmente è impossibile conoscere tutti i fattori (neurologici, psicologici, etc.) che determinano una nostra scelta, e anche conoscendoli, come accennavo, non significa poterli disinnescare liberamente (ovvero in qualunque modo si voglia... e già ciò significherebbe che non si è liberi dalla propria volontà, che non è libera dai soliti fattori, etc.  ;) ).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
La domanda secondo me piu interessante è: la modifica (eventuale) è deterministica o libera?
Credo anch'io che la questione centrale sia questa, anche se la ponevo in altri termini:
Citazione di: Phil il 02 Dicembre 2017, 22:22:34 PM
Questa stessa consapevolezza e la possibilità di applicarla causando modifiche, non è a sua volta causata da limiti intrinseci e parametri predeterminati proprio da ciò che essa stessa vuole cambiare?  ;)
Per considerazioni, vedi in seguito.

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
il sol fatto di avere acquisito una libertà in piu [...] ci rende piu liberi.
Tautologia che non ci aiuta però a dimostrare l'eventuale influsso di una fantomatica libertà sul determinismo...

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 10:19:28 AM
Sicuramente con la coscienza si aprono strade nuove e quindi il linea di principio queste strade sono sintomo di libertà (un conto è dover andare per forza dritto, un conto e trovare sulla strada maestra un bivio).
Questa ipotetica libertà è proprio il problema della domanda di cui sopra, e ancor più il nodo della meta-domanda che ponevo a te e ad Apeiron: "se la libertà non fosse possibile, saremmo davvero disposti ad ammetterlo, e a "rimappare" il nostro mondo di conseguenza?" (autocit.).
Ma restiamo sulla domanda principale: possiamo certo convogliare la nostra "nostalgia di libertà e trascendenza" sulla coscienza, ma si tratterebbe poi di darle uno statuto valido epistemologicamente, e (ne discutevo con sgiombo) è una velleità molto impegnativa che rischia di approdare ad un dogmatismo "circolare".

Quando ci troviamo ad un bivio, la libertà della scelta è, secondo me, solo apparente: nel momento in cui scegliamo (scusa se mi ripeto) la nostra scelta di quale strada prendere è comunque deterministicamente causata da fattori da cui non siamo liberi: la nostra volontà anzitutto, poi le condizioni psico-fisiche del momento, l'eredità dei vissuti in situazioni simili o pertinenti, etc. tutti fattori che convergono in ciò che chiamiamo individuo (una risultante dinamica di interazioni fisiologiche, ambientali-culturali, etc.).
Si ritorna dunque alla domanda "riflessiva":
Citazione di: Phil il 01 Dicembre 2017, 22:48:26 PM
anche in questo mio post, dov'è la libertà?!
la cui risposta (so che ami le "risposte secche" ;D ), secondo me (se intendiamo "libertà assoluta"), è: "non c'è".

Apeiron

@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca.

@Phil, ti rispondo solo a questa domanda: "Deve essere il libero arbitrio a fondare l'etica, oppure l'etica a rendere inconfutabile, presupponendolo, il libero arbitrio?"

Sì perchè per sua natura il "dovere" etico necessita anche la "libertà" di "non seguirlo". Più precisamente se non potessimo "scegliere" il male allora la distinzione tra male e bene sarebbe meramente convenzionale secondo me. In sostanza è un "dovere" qualitativamente diverso rispetto al fatto che "il sasso deve cadere" oppure al fatto che "l'elettrone deve seguire una legge probabilistica" o altre forme di indeterminismo. C'è una differenza qualitativa che rende l'etica, per così dire, "superiore" ad altre discipline. Questa almeno è la mia opinione e il motivo per cui tengo a precisare che l'etica si riferisce a qualcosa di "reale" e non qualcosa di esclusivamente soggettivo anche se chiaramente l'etica vera e più alta secondo me non è formata da "leggi esterne", bensì è qualcosa di "interiore" e "sentito da dentro" (e mi si permetta di dire che l'osservazione emprica pur non "giustificando" l'etica è importantissima. Visto che in fin dei conti è empiricamente che vediamo che, per esempio, gli assetati soffrono per mancanza d'acqua e quindi "dobbiamo" dare loro da bere...).


Mi spiace ma ora sono piuttosto esausto e non continuo la discussione (almeno per un po'). Leggerò con piacere il dibattito tra di voi  ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#158
Mi sembra evidente che molti trovino inoddisfacente, frustrante il determinismo.
Come se ci rendesse qualcosa di simile a marionette o automi.

Ma credo che la realtà nella misura in cui non può che essere quella che é vada accettata per quello che é.
E nella misura in cui é cambiabile possa essere il caso di agire per cambiarla; ma in questo il credere nel determinismo non é assolutamente un ostacolo per nessuna plausibile ragione: il credere nel determinismo non comporta affatto necessariamente la passività di fronte al mondo, ma semplicemente significa pensare che tanto se si é rassegnati e passivi, quanto se si agisce anche vigorosissimamente e fortissimamente per cambiare il mondo, ciò che si fa e/o non si fa lo si fa e/o non lo si fa non per caso o contingentemente o eventualmente, ma invece necessariamente, in forza del determinismo del divenire reale di cui facciamo parte: tutto qui!

D' altra parte la logica ci impone necessariamente che:
o facciamo quel che facciamo a casaccio (il che non credo si particolarmente gratificante) per l' indeterminismo casuale del divenire della realtà di cui facciamo parte,
oppure che lo facciamo perché il determinismo causale del divenire della realtà di cui facciamo parte lo impone,
per le stesse ineludibili ragioni (logiche) per le quali qualcosa é oppure non é.

Se una particella devia dal suo percorso perché si scontra con un'altra particella o se all'interno della particella succede qualcosa che la fa deviare dal suo percorso, si tratta sempre di eventi deterministici e non casuali.
Perché noi o agiamo deterministicamente come una particella o come una marionetta o un automa, solo particolarmente complicati (tali che i fattori comunque deterministici in gioco nel nostro comportamento sono talmente tanti e talmente complessi che di fatto non é possibile prevederlo, oppure ci comportiamo indeterministicamente, casualmente, liberoarbitrariamente, senza alcun criterio costante, senza ragione, in maniera imprevedibile anche in linea teorica, di principio, cioè come banderuole.

Il fatto é che o si é marionette (sia pure molto complesse) o si é banderuole, e non esiste alcun mondo possibile (= pensabile sensatamente, coerentemente, non contraddittoriamente, in modo logicamente corretto e dunque sensato) che non cada necessariamente, inevitabilmente in uno di questi due casi reciprocamente alternativi (o in una qualche commistione o sintesi di queste due alternative):

Necessariamente non può darsi altro che:

o siamo marionette, o siamo banderuole (oppure, al limite, siamo in qualche misura, per qualche aspetto, "per ceti versi" marionette e in qualche complementare misura, per qualche altro aspetto, "per ceti altri versi" banderuole.


Infatti per eludere questo dilemma, dovremmo essere delle sorta di divinità (causae sui; o si dice eiusdem? Insomma cause di noi stessi; che peraltro, oltre ad essere comunque palesemente falso se sensato, mi sembrerebbe esso stesso un concetto autocontraddittorio).

Possono esistere solo marionette e banderuole: nient' altro!

E tutto sommato sono ben contento di essere una marionetta, la marionetta che sono, con i miei pregi e i miei difetti, con le mie rassegnazioni, debolezze, passività e con i miei sforzi per cambiare in meglio la realtà.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM
@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca.


Per Aepiron.
Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio.
Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Apeiron

Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca. Per Aepiron. Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio. Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Tranquillo :) non ho avvertito una particolare polemica da parte tua. Solo che adesso non sono molto in "vena" di discutere  ;) 

Anicca/impermanenza in azione  :(
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 03 Dicembre 2017, 13:51:19 PM
Siamo proprio sicuri che la catena causale si rompa così facilmente? Se avessi un'avversione inconscia per la medicina e le terapie, ciò sarebbe la causa della mia scelta coerente di non andare dal terapeuta  ;)  Se invece decido di andarci è magari perché sono (ma non ho scelto di esserlo!) una persona che si fida delle terapie, o del consiglio di un amico, o a causa di altri fattori... dov'è la rottura della catena causale? :)


Bisogna cercare di tenere la barra dritta (è un modo di dire perchè si eviti di mescolare tutto e non capire piu nulla).

Eravamo arrivati ad essere concordi sul fatto che la libertà e per conseguenza la responsabilità, secondo le attuali conoscenze scientifiche, è solo una mera dicitura astratta e senza senso che serve per incolpare qualcuno (perche qualuno deve pur pagare almeno il dolo)?
Questa oramai l'abbiamo già discussa. Non voglio tornare su quel punto.

Io ho tenuto la barra dritta ed ho detto, ok ammettiamo invece che sia la scienza che non riesca a vedere dove si annida la libertà e quindi la responsabilità, vediamo cosa succede.
Per farlo ti ho parlato della coscienza che potrebbe pure essere una trasformazione di un impulso, ma che nel momento in cui diventa coscienza apre nuove strade che in precedenza non c'erano. Non è l'impulso che crea direttamente una strada (come se fosse un trapano che fa un buco su un muro) l'impulso in questo caso (sempre ammesso che sia un impulso, ma quello è un discorso a parte) rende la realtà vissuta in prima persona per cui rende i concetti come se fossero un oggetti manipolabili. Mi sembrava che l'esempio fosse gia di per se sufficiente a giustificare questa mia supposizione. Ho detto infatti che se hai una malattia ora che sei cosciente della malattia oltre a subirla, come farebbe qualsiasi essere (animato o meno), puoi anche combatterla in modo alternativo o anche parallelo ai vari automatismi gia presenti. Tu questa strada non ce l'avevi prima. La coscienza quindi interrompe la sequenza deterministica dovuta all''evoluzione da uno stato precedente e può anche andare a modificarlo, modificando quindi anche la sua evoluzione nel futuro. 

Il fatto che questa nuova scelta possa essere intesa anch'essa in modo deterministico è un'affare che possiamo vedere dopo. Secondo me comunque con risposta secca (come piace a me  :P ) nn lo è piu per una ragione relativa alla conoscenza che ne avrebbe un osservatore che deve stabilire quali sono le strade che può seguire un essere cosciente in alternativa a quelle tracciate dallo studio esclusivo degli oggetti che in esso si muovono. In altre parole la coscienza aumenta le variabili in gioco in modo che tali variabili siano nascoste dall'osservazione esterna. Questo è il terzo livello della discussione. Nel quarto dovremmo afforntare se queste alternative siano o meno libere in senso assoluto. Al momento io sto dicendo che essere sembrano libere relativamente all'osservazione esterna (di un neurologo tanto per fare un nome di uno specialista). E' un po come la discussione epistemica sulla meccanica quantistica, per chi ne mastica un pochino, le particelle sembrano scegliere a caso il loro stato durante la misura oppure sono costrette a trovarsi con quello stato per delle variabili classiche? Se esistono queste variabili esse comunque non potremmo vederle, per questo vengono nominate "nascoste". Ed è un po' forse ciò succede qui da noi nel nostro cervello... la coscienza a mio modo di vedere apre delle strade alternative che in precedenza non c'erano. Ora se queste alternative siano o meno scelte per qualche ragione o meno, queste sembrano essere nascoste. Siccome però per me questo è gia il quarto livello della discussione io mi concentrei prima sul terzo cosi da tenere la barra dritta.  ;)

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Ho detto infatti che se hai una malattia ora che sei cosciente della malattia oltre a subirla, come farebbe qualsiasi essere (animato o meno), puoi anche combatterla in modo alternativo o anche parallelo ai vari automatismi gia presenti. Tu questa strada non ce l'avevi prima. La coscienza quindi interrompe la sequenza deterministica dovuta all''evoluzione da uno stato precedente e può anche andare a modificarlo, modificando quindi anche la sua evoluzione nel futuro.  

Il fatto che questa nuova scelta possa essere intesa anch'essa in modo deterministico è un'affare che possiamo vedere dopo.
Secondo me è invece un'istanza da valutare proprio a questo punto, altrimenti si spezza il determinismo fra esterno all'uomo (supponiamo, l'agente patogeno che ci attacca) e interno all'uomo (i meccanismi di scelta che, plausibilmente, non agiscono a caso). Non credo sia infatti corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna: il determinismo, se lo consideriamo tale, è interazione di molteplici cause, passaggio da "in potenza" a "in atto", indifferentemente dalla nostra discriminazione fra il piano umano e quello non-umano.
Altrimenti ci ritroviamo imbrigliati in infinite sotto-catene deterministiche: quella della malattia, quella delle difese immunitarie, quella del dottore, quella del traffico mentre andiamo in farmacia, quella dello spiffero che ci fa starnutire, quella che ha portato i fazzoletti di carta nelle nostre tasche, etc. l'interazione fra loro è casuale o deterministica? Sono un'unica catena o mille catene "rizomatiche"?

La consapevolezza umana di una malattia, non è necessariamente estranea al determinismo: le cause di tale consapevolezza possono ben essere deterministiche, così come le conseguenze di tale consapevolezza (reazioni, scelte, etc.). Non intenderei (come ci consiglia anche sgiombo) il determinismo solo come una forma di rassegnata passività rispetto agli eventi, per cui se arriva una malattia il determinismo comporta subirla fino a morire perché un fattore (l'agente patogeno) spinge in quella direzione. La difficoltà insormontabile sta proprio nel districarsi fra le interazioni di tutti i fattori coinvolti dal determinismo, anche quelli contrastanti (come nel calcolo della risultante dell'interazione fra forze): l'agente patogeno, il sistema immunitario (che reagisce deterministicamente), le decisioni del soggetto coinvolto (causate deterministicamente dalla sua volontà, esperienze pregresse, etc.) e così via...


Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Secondo me comunque con risposta secca (come piace a me  :P ) nn lo è piu per una ragione relativa alla conoscenza che ne avrebbe un osservatore che deve stabilire quali sono le strade che può seguire un essere cosciente in alternativa a quelle tracciate dallo studio esclusivo degli oggetti che in esso si muovono.
Quindi il determinismo è tale solo se osservabile adeguatamente da un'agente esterno? Concettualmente mi pare un requisito non confutatorio: se qualcosa non può essere osservato da terzi non è forse plausibile?
Se sono da solo nel bosco, le tonalità emotivo-esistenziali dei miei vissuti non sono osservabili da un osservatore esterno, eppure non ne dubito, essi "accadono" in me...

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
In altre parole la coscienza aumenta le variabili in gioco in modo che tali variabili siano nascoste dall'osservazione esterna. Questo è il terzo livello della discussione.
Senza scomodare la coscienza, direi che le variabili in gioco sono sempre eccedenti le concrete possibilità di calcolo, sia dell'osservatore esterno che del diretto interessato: si può approssimare, intuire, supporre, ma la certezza assoluta del determinismo che guida le azioni di una persona non credo sia mai ottenibile (basta ciò per confutare l'ipotesi del determinismo radicale? Io voto "no" :) ).
Se conosco davvero bene una persona, potrò intuire che in una determinata situazione reagirà in un determinato modo, e magari indovino, ma un minimo margine di errore di valutazione è ineludibile; e ciò può accadere anche con me stesso, ovvero l'essere di cui sono più cosciente (non ti è mai capitato di stupirti per come hai reagito ad una situazione, pur conoscendoti dalla nascita? ;D ).

Citazione di: Il_Dubbio il 03 Dicembre 2017, 16:44:46 PM
Nel quarto dovremmo afforntare se queste alternative siano o meno libere in senso assoluto. Al momento io sto dicendo che essere sembrano libere relativamente all'osservazione esterna (di un neurologo tanto per fare un nome di uno specialista).
Non per "bruciare le tappe", ma circa la libertà assoluta di tali alternative ho già motivato le mie perplessità nei post precedenti  :)  Sulla libertà relativa dall'osservazione altrui, mi sembra poco rilevante ai fini del discorso puramente teorico sul determinismo, anche se rende decisamente problematico restare in binari epistemologici  :)

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 03 Dicembre 2017, 20:09:23 PM
Secondo me è invece un'istanza da valutare proprio a questo punto, altrimenti si spezza il determinismo fra esterno all'uomo (supponiamo, l'agente patogeno che ci attacca) e interno all'uomo (i meccanismi di scelta che, plausibilmente, non agiscono a caso). Non credo sia infatti corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna: il determinismo, se lo consideriamo tale, è interazione di molteplici cause, passaggio da "in potenza" a "in atto", indifferentemente dalla nostra discriminazione fra il piano umano e quello non-umano.

ok, io ci ho provato a mantenere la barra dritta. Se tu credi che sia in questo punto che vada affrontato il problema di quarto livello evidentemente il problema che ho sollevato come anticamera a questo, non lo hai valutato attentamente. Per cui per me è difficile proseguire il dibattito.
Il fatto che dica che non sia corretto dividere la catena deterministica in esterna e interna è una tua decisione. Io la vedo diversamente. L'ho spiegata ed ero pronto a dibatterla... però devo trovare un interlocutore che sia disposto a seguire passo passo il ragionamento. Avevamo gia dibattutto tanto sul fatto che noi non siamo responsabili secondo la scienza e che per esserlo avremmo bisogno di essere liberi e credo che siamo arrivati ad un accordo..ora che stavamo entrando nel problema profondo non posso ritornare indietro e nemmeno è pensabile arrivare gia a delle conclusioni senza passare attraverso dei passaggi chiave come quello della coscienza e del suo ruolo. Non so chi in precedenza aveva detto addirittura che la coscienza non serve a nulla... se partiamo da questo presupposto e non siamo disposti a seguire un certo ragionamento tesa a conferire alla coscienza invece un ruolo strategico, è inutile continuare. Ognuno rimane nella sua posizione e la finiamo qua.  :)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 16:16:40 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca. Per Aepiron. Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio. Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Tranquillo :) non ho avvertito una particolare polemica da parte tua. Solo che adesso non sono molto in "vena" di discutere  ;)  

Anicca/impermanenza in azione  :(
CitazioneGrazie.

Vorrei però scusarmi anche con tutti gli altri.

Ultimamente perdo facilmente la pazienza. 

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