Se sia filosoficamente sensato coltivare la speranza.

Aperto da Koba II, 25 Dicembre 2023, 09:08:41 AM

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niko

Non esiste la felicita' individuale, perche' non esistono individui.

Sperare "in grande", nel senso di sperare in una rivoluzione sociale, e' l'unica soeranza "sensata", cioe' l'unica speranza che tenga conto dell'inesistenza di fondo degli "individui" atomizzati e pensati come entita' reali, e della realta' della produzione sociale, e quindi trasindividuale, dell'identita'.

Il problema del cristianesimo, a prescindere da come sia nato, e' che si e' evoluto in un sistema di pensiero in cui le anime, e le persone, esistono e si salvano individualmente (si arriva ad affermare che perfino Dio, e' persona) e quindi in un "si salvi chi puo' " individualistico ed egoistico, alla faccia della religione che sarebbe dovuta essere in teoria della carita'.

Io in paradiso, se ci andassi,  ci vorrei trovare le persone reali e concrete che piu' ho amato in vita, non l'amico immagginario Dio padre/Gesu'.

Invece si arriva al paradosso che io dovrei essere felice di essere in paradiso e darmi quello di arrivarci, individualmente, come obbiettivo anche se la mia persona amata fosse all'inferno, e quindi se essa fosse per sempre separata da me e infelice. Perche' ovviamente per essere un buon cristiano dovrei amare il mio amico immagginario Gesu' Cristo sopra ogni cosa, anche sopra le reali e concrete persone che ho amato e conosciuto in vita (lasciate che i morti seppelliscano i morti...).

La Divina commedia funziona, perche' Beatrice e' in paradiso.
In paradiso, i due amanti si ricongiungono nella finzione letteraria, e, auspicabilmente, si ricongiungeranno anche nella realta'.
Ma se Beatrice fosse all'inferno? Dante dovrebbe darsi come obbiettivo di andare, o restare, all'inferno, per restare con lei? O dovrebbe scegliere tra cristo e il cristianesimo e Beatrice? E che cosa, dovrebbe scegliere?

Il peccato di Dante, la selva oscura, e' quello di aver perso la fede in conseguenza della morte della persona amata, Beatrice.

A distanza di secoli, questo "peccato", che tale e' nella logica del cristianesimo, ritorna come dato di fatto innocente, e inevitabilmente necessitato, in a Silvia, di Leopardi.

Anche Leopardi, come Dante ha perso la fede, cioe' la speranza, in conseguenza della morte della persona amata, solo che Leopardi, a differenza di Dante, non vive tale perdita come un peccato, tanto meno redimibile; del fatto, ricorrente e ricorsivo, di aver perso la fede in conseguenza della morte della persona amata, Leopardi, a differenza di Dante, e' completamente innocente. Emancipato da ogni senso di colpa personale, e falsamente individuale, per la veritativita' e la tragicita' di fondo della condizione umana.

Ahi come, come passata sei...

E quindi, resta il fatto che Beatrice se ne e' andata per indicare la verita', e la veritativita', della fede e del paradiso, Silvia per indicare quella della morte stessa.

Entrambe, se ne sono andate per essere seguite, ma in due sensi molto diversi.

Il bene, e' conseguenza del male, ed e' contenuto in esso e viceversa. Molto piu' di quanto il futuro, sia conseguenza, e contenuto necessitato o intrinseco, del passato.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Citazione di: Koba II il 25 Dicembre 2023, 17:49:01 PMTu scrivi che la speranza è fede nella Verità. E questa Verità è il rovescio di ciò che pensiamo sia reale. Ne è la prova il fatto che tale presunta realtà sia inaccettabile.

Dovremmo pure approfondire quel "inaccettabile".
Donde nasce questo rifiuto della realtà? Perché così com'è non è accettabile?

Perché è male?
Tra l'altro, un male di cui magari prima non ero così consapevole, come lo sono invece ora.

E soprattutto, chi è che dice "No" al male?

Sì sono io, ma io chi?
Non sono io forse proprio questo rifiuto del male?

Difatti non sono forse sempre io a condannarmi all'inferno?
E mi ci condanno per la semplice ragione che così è giusto.
Ma perché è "giusto"?

Chi è che stabilisce cosa è giusto e cosa non lo è?
Non sono forse, in definitiva, sempre io?

Lo scopo di questa vita sembra consistere nel continuare a cibarci del frutto del bene e del male.
E che la crescente consapevolezza del male faccia emergere man mano chi davvero siamo.

Una metamorfosi, dal non essere all'essere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

green demetr

Citazione di: Koba II il 25 Dicembre 2023, 09:08:41 AMVorrei capire, e quindi vi chiedo:
1. se sia preferibile conservare l'attitudine a sperare in grande, nonostante tutto;
2. se invece, nel caso si decida per una rinuncia ad essa, tale rinuncia possa essere intesa come saggezza filosofica, o invece piuttosto come l'effetto definitivo di una manipolazione sociale e politica per rendere l'essere umano sempre più simile ad una macchina che produce e consuma.

Domanda enorme.
Perdonate se vado dentro e fuori tema.

Stavo facendo delle ricerche su Platone, mi sono avventurosamente imbattuto in questi due estratti da Gadamer, in cui, forse per la prima volta qualcuno (e non poteva essere che Gadamer, visto gli elogi con cui lo si cura) mi ha saputo dire qualcosa sul perchè Hegel abbia come orizzonte il cristianesimo.
Naturalmente è un cristianesimo gnostico.
Caro Koba la parola speranza forse ricomincia ad avere un senso solo dall'orizzonte della ferita e dall'apertura dell'attimo.
Mi scuso se ancora mi attardo sul misticismo ebraico, vedrai che ora che ho  trovato una "Etica della lettura", non manca molto perchè la usi per dialogare su tematiche religiose e non solo filosofiche.
Mi pare che questo dialogo con Dio, nasca dalla teologia negativa, così noi filosofi lo trattiamo.
Dici molto bene quando parli di Ratzinger, noi non parliamo con Dio, ma riguardo a Dio.
Naturalmente mi pare subito evidente il solco tra religione e filosofia.

https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Gadamer-lesperienza-dellamore-e-della-morte-25ec57f9-4e5a-4bfc-9f04-c02d31bd36c7.html

Gadamer si sofferma su una frase di Hegel, che attribuisce alla rappresentazione un potere taumaturgico.
Essa lo può fare solo tramite l'esempio del Cristo e della sua lotta col Dio.
Non è la stessa lotta di Giobbe, è come se il cristianesimo sia una religione delle sfere inferiori.
Ho appena letto le 2 torri : Apologia e Critone di Platone.
Il messaggio gadameriano di una lotta DEMONOLOGICA per rimanere vivi, in Platone si tinge nel genio letterario e di una riflessione superiore.
Mi pare Gadamer riesca a leggere Platone, il demone non è il dio, come da manueletto di filosofia.
Sono ancora scosso dalla lettura di Apologia e Critone, è come se fossi stato investito da una sapienza superiore che riguarda lo psicologico.
Sopratutto il Critone mi ha messo a dura prova, pensavo di averlo capito, ma avevo ancora dubbi, quando poi ho letto lo Ione, questi dubbi sono spariti.
Platone è su un altro livello.
Ho sempre pensato che la filosofia si dovesse confrontare con la psicologia, ma forse è la psicologia che si deve confrontare con Platone.
E la filosofia si deve svegliare al più presto, per ora dopo la lettura dello Ione mi si sono posti problemi di ordine di lettura.
Sono rimasto di pietra nello scoprire che solo Leo Strauss ha capito Platone. Nel senso che ha cominciato a capirlo.
Detto fatto: Leo Strauss è un nazista...etc...etc...etc...Adorno, i minima moralia l'industri culturale etc..etc...
Tu domandavi della speranza in termini filosofici.
Ecco senza questa base, e cioè che quello che è in ballo è la psiche e non l'individuo, il seguito è facile: la grande speranza è la cosa giusta.
Ma non è giusta in senso meccanico, ma in senso di libertà.
Di cui ancora Gadamer nel terzo e ot link che metterò a fine pagina.


https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Hans-Georg-Gadamer-il-Parmenide-di-Platone-fef03ade-d9ae-4586-be0e-2ea0f4e3ed04.html

"Fu Kierkegaard a mostrare che l'essenza dell'attimo è il mistero della nostra presenza psichica e spirituale che racchiude in sé tutte le differenze" cit Gadamer.

Se il cristianesimo di Hegel è un cristianesimo della speranza teleologica, quello di Kierkegaard è quello di un platonismo rielaborato.
Laddove l'attimo parmenideo coincide con quello cristiano.

Ora non ho idea quale sia la tua visione di Agostino-Kierkegaard, ma è chiaro che il cristianesimo deve ragionare insieme al platonismo.

Se noi lasciamo la nostra psiche in questi tempi buj al suo destino, finiremo anche noi in cose oscure, che purtroppo stanno colpendo con mia somma disperazione gente vicina a me.

Il capitalismo e la sua riproduzione dell'uomo consumista, a paragone è solo una sciocchezza.

La controdomanda mia sarebbe però come faccio a recuperare questo dialogo con Dio, con me stesso, se me stesso è il prodotto di quell'individualità, che è l'origine stessa del male.
La mia psiche si deve confrontare non solo contro l'oscurità che lei stessa contribuisce a creare, ma anche con il risultato imbarazzante di chi sono in quanto individuo.
Tu rimproveri alla filosofia di consolidare, invece che abbattere finanche, la soggettività, lo chiamavi giustamente psicologismo della filosofia.
Ovvio, è quello che capisce Hegel, è quello che capisce Nietzche e francamente la lista finisce qui.
Ma la religione e non dico il culto, ma proprio la sapienza dietro le parole evangeliche (di cui mi cospargo il capo di cenere, ancora ritardo), o anche ebraiche, che tanto sto ammirando in questo ultimi mesi sopratutto.
Non contribuiscono ANCORA UNA VOLTA a rafforzare quello psicologismo?
Ovviamente domanda retorica, almeno per quanto riguarda l'ebraismo è la sgradevolissima sensazione che sto provando in questo momento.
Grandi prove ci attendono se fossimo all'altezza di rispondere a Platone.

https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Gadamer-la-libert224-delluomo-ed39cdd6-6645-4367-b1a2-6da4c513b73e.html

La libertà è altrove. Lezione magnifica, che si coniuga benissimo a quello che penso del pensiero, il pensiero è già da sempre libero.
E questa libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio.
Ma in sè l'io, l'anima, l'adam o come cavolo vogliamo chiamarlo è LIBERO.

Libero anche di sperare, sopratutto libero di sperare (non sono interessato all'individuo ma al desiderio).
E' il desiderio contro cui si arrocca il demonismo.

E dunque il demonismo che resiste a Dio, e che resiste al desiderio.
Non è che per caso, come credo da molto tempo, che il desiderio è lo stesso Dio?

E nell'Eutifrone Platone non potrebbe essere più chiaro: io rispondo solo al DIO dentro di me. (Giammai fuori!)

L'esito di questa guerra è la lotta col Dio fuori di me, ossia la lotta agli DEI, alla politica, al tiranno, al messia etc...etc...infinite sono le gerarchie del potere, infiniti sono gli angeli dell'inferno.
Mi ricordo Inferno di Strindberg, all'epoca non ero pronto: quanti angeli-demoni ha evocato.
La religione, la filosofia, combattono questa demonologia.
La cosa che mi fa impressione è come se Platone avesse già conosciuto e in qualche maniera vinto questa guerra infernale.
Non vedo il momento di leggere il Parmenide, se Kierkegaard ha trovato una risposta che va oltre l'abisso, la troverò anche io.
ciao!!buone feste.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 28 Dicembre 2023, 10:23:26 AMDovremmo pure approfondire quel "inaccettabile".
Donde nasce questo rifiuto della realtà? Perché così com'è non è accettabile?

Perché è male?
Tra l'altro, un male di cui magari prima non ero così consapevole, come lo sono invece ora.

E soprattutto, chi è che dice "No" al male?

Sì sono io, ma io chi?
Non sono io forse proprio questo rifiuto del male?

Difatti non sono forse sempre io a condannarmi all'inferno?
E mi ci condanno per la semplice ragione che così è giusto.
Ma perché è "giusto"?

Chi è che stabilisce cosa è giusto e cosa non lo è?
Non sono forse, in definitiva, sempre io?

Lo scopo di questa vita sembra consistere nel continuare a cibarci del frutto del bene e del male.
E che la crescente consapevolezza del male faccia emergere man mano chi davvero siamo.

Una metamorfosi, dal non essere all'essere.
Se ragioni insieme a Gadamer terzo link post precedente, converrai che tu parli del male dell'io, ossia l'individuo, nella posizione classica di Hegel.
La filosofia non può balbettare, deve sapere di cosa parla.
Il fatto che esista un male dell'anima, non esclude che esista anche un male esterno!
Lo stesso male che Gadamer link 1 parla che noi possiamo ancora curare.
Più che una critica voleva essere una aggiunta, visto la risposta che ho dato a koba prima, attenzione allo psicologismo, la lingua ci fotte direbbe il buon Carmelo Bene.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Koba II

Citazione di: green demetr il 28 Dicembre 2023, 12:00:16 PMhttps://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Gadamer-la-libert224-delluomo-ed39cdd6-6645-4367-b1a2-6da4c513b73e.html

La libertà è altrove. Lezione magnifica, che si coniuga benissimo a quello che penso del pensiero, il pensiero è già da sempre libero.
E questa libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio.
Ma in sè l'io, l'anima, l'adam o come cavolo vogliamo chiamarlo è LIBERO.

Libero anche di sperare, sopratutto libero di sperare (non sono interessato all'individuo ma al desiderio).
E' il desiderio contro cui si arrocca il demonismo.

E dunque il demonismo che resiste a Dio, e che resiste al desiderio.
Non è che per caso, come credo da molto tempo, che il desiderio è lo stesso Dio?

E nell'Eutifrone Platone non potrebbe essere più chiaro: io rispondo solo al DIO dentro di me. (Giammai fuori!)

L'esito di questa guerra è la lotta col Dio fuori di me, ossia la lotta agli DEI, alla politica, al tiranno, al messia etc...etc...infinite sono le gerarchie del potere, infiniti sono gli angeli dell'inferno.


Tu scrivi che la libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio. Purtroppo prima ancora di essere assoggettati da desideri estranei, la libertà si perde banalmente a causa di forze economico-sociali (il lavoro per esempio, nelle tipiche espressioni di questi tempi come super performance misurabile e rigorosamente controllata).
E poi essere liberi dal desiderio cosa significa? Essere in una specie di condizione di vuoto melanconico, senza vita.
Il problema semmai è sognare i propri sogni. Non regredire nei sogni prodotti su scala globale dall'industria dell'intrattenimento, ma sforzarsi di desiderare e di sognare ad occhi aperti ciò cui ci sentiamo affini.

La religione cristiana è piena di contraddizioni. Mentre la si è combattuta (e la si deve continuare a combattere) per la propria libertà quando assume la forma di potenze che ci vogliono soffocare, appare anche, nei suoi racconti notturni, come l'esatto opposto, ovvero liberazione radicale. Mostrare nelle storie di ascetismo che la fame è l'unico ostacolo che ci incatena a questo mondo, che una volta trovato il modo di conservarsi in vita il resto lo decido io, decido io se ha più valore vivere in una catapecchia con persone spezzate raccattate dalla strada o in una villetta a schiera con una famiglia tradizionale, significa iniziare a sognare in grande, o almeno preparare le condizioni interiori per un auspicabile mondo alla rovescia.

Nietzsche vedeva nell'ascetismo cristiano, nella rinuncia, nella sublimazione del desiderio sessuale, solo una strategia sotterranea della volontà di potenza. Come si sa, dopo il suo periodo illuminista, anche lui, nonostante la sua martellante critica alla metafisica si è fatto sedurre dal pensiero dell'Uno: così tutto è volontà di potenza, desiderio di dominare gli altri, di schiacciare gli altri. E così il debole si deve inventare forme alternative per arrivare in alto.
Non è sempre così, evidentemente.

green demetr

Citazione di: Koba II il 31 Dicembre 2023, 09:37:26 AMTu scrivi che la libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio. Purtroppo prima ancora di essere assoggettati da desideri estranei, la libertà si perde banalmente a causa di forze economico-sociali (il lavoro per esempio, nelle tipiche espressioni di questi tempi come super performance misurabile e rigorosamente controllata).
E poi essere liberi dal desiderio cosa significa? Essere in una specie di condizione di vuoto melanconico, senza vita.
Il problema semmai è sognare i propri sogni. Non regredire nei sogni prodotti su scala globale dall'industria dell'intrattenimento, ma sforzarsi di desiderare e di sognare ad occhi aperti ciò cui ci sentiamo affini.

La religione cristiana è piena di contraddizioni. Mentre la si è combattuta (e la si deve continuare a combattere) per la propria libertà quando assume la forma di potenze che ci vogliono soffocare, appare anche, nei suoi racconti notturni, come l'esatto opposto, ovvero liberazione radicale. Mostrare nelle storie di ascetismo che la fame è l'unico ostacolo che ci incatena a questo mondo, che una volta trovato il modo di conservarsi in vita il resto lo decido io, decido io se ha più valore vivere in una catapecchia con persone spezzate raccattate dalla strada o in una villetta a schiera con una famiglia tradizionale, significa iniziare a sognare in grande, o almeno preparare le condizioni interiori per un auspicabile mondo alla rovescia.

Nietzsche vedeva nell'ascetismo cristiano, nella rinuncia, nella sublimazione del desiderio sessuale, solo una strategia sotterranea della volontà di potenza. Come si sa, dopo il suo periodo illuminista, anche lui, nonostante la sua martellante critica alla metafisica si è fatto sedurre dal pensiero dell'Uno: così tutto è volontà di potenza, desiderio di dominare gli altri, di schiacciare gli altri. E così il debole si deve inventare forme alternative per arrivare in alto.
Non è sempre così, evidentemente.
Si ho sbagliato a scrivere "schiacciato".
Intendevo dire che la libertà deve decidere se essere individuo assoggettato (al desiderio sadico altrui) o libero in quanto assoggettato al proprio desiderio.
Il problema non ancora affrontato dall'intellettualità.
Se non i forme mitiche.
Demetra o Persefone? Zeus o Urano?
A chi dobbiamo la nostra lealtà?
Io feci già la mia scelta.
Ma oggi che ogni fonte del sapere mi si presenta corrotta fin dentro la radice?
Nietzche la ebbe questa forma di coraggio che chiede? O invece come in una forma classica paranoica la assume a qualcun altro? (io sono una goccia che cade che presagisce...etc...etc...)
Il merito sommo di Nietzche, di Freud e ora con somma sopresa anche di Platone è quello di non assumere l'altro fin tanto che la FOBIA sia sconfitta.
Anzi le FOBIE.
Sono già un paio di mesi che cerco di assimilare il CRITONE di Platone.
Sono esausto è evidente che mi surclassa.
Laddove viaggio leggero e mi soprendo della facilità di comprensione con cui attingo finalmente da Freud (nietzche è inevitabilmente sospeso per ora, cmq riesce difficile che nietzche pensi all'uno, vedremo) o da Nietzche negli anni in cui leggevo solo nietzche.
Vedi come i discorsi che diventano torrenziali, perchè hanno una storia torrenziale dietro, si aprono su inferni (le gehenna ebraica, il kav iarod ebraico, la luce oscura dentro l'oscurità ancora ebraica...ma che sottende chissà quali pensieri antichi) terreni e inferni celestiali (cosa vuole il Dio di Platone?).
Come negli scritti di dostoevsky o kafka, la realtà si apre sull'incubo.
E solo dall'incubo si cominciano a vedere i fiumi e le sorgenti che dalla gehenna scendono all'ADAM, all'uomo.
La mistica esclude tutto questo, non capisco proprio perchè continui a non parlarne.
La mistica è il suo contrario.
Se la gehenna, se l'inferno e l'incubo sono solo proiezioni sataniche, non rimane che la preghiera.
La preghiera si apre direttamente sui paradisi, che significa esattamente l'uscita dai mondi rappresentativi.
Come ti ho già detto io credo sia impossibile uscire dalla rappresentazione.
E la mia lettura della mistica è quella della rappresentazione della mistica.
Che finisce come dice Nietzche nell'accettazione del dolore.
Queste visioni irenaiche (come le attribuirono a caso a Montale), non sono mie caro amico.
Il mio mondo è abitato da demoni, e quel diavolo di Platone ne ha evocati di sconosciuti.
Ecco cosa mi fa paura.
Ecco cosa vuol dire assoggettati?
Certo che è ridicolo voler comprimere la filosofia e la sua saggezza a una mera frase mal scritta, non ci riescono nemmeno i poeti, che ne fanno una questione.
Non sappiamo nemmeno da cosa siamo assoggettati, questo dico!
E' questo lo scopo ultimo della cosidetta filosofia.

A futuri discorsi, risi, melanconie.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#36
Citazione di: Koba II il 25 Dicembre 2023, 09:08:41 AMUn noto manuale di teologia giustifica l'esistenza della teologia fondamentale come la riflessione necessaria per "dare risposta a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi", citando la nota la frase della prima lettera di Pietro.

Anche senza essere teologi, e senza teologia, si può tentare una risposta.
Io ho speranza che il continuo processo di presa di coscienza di se, che è la strada evolutiva che stiamo percorrendo, sia la strada giusta.
I condizionamenti a cui siamo sottoposti ci dicono molto di noi se siamo curiosi di conoscerli, ma non possiamo conoscerli a fondo senza sperimentarli.
Si pongono quindi due alternative individuali:
1. Superarli.
2. Restare ''felicemente'' invischiati.
Perchè in fondo felicità è essere se stessi, senza però commettere l'errore che di quel che siamo tutto è stato sviscerato. Osserviamoci mentre agiamo, come osservassimo altro da noi. Facciamo tesoro di questo indagarci, senza sottovalutarci ne sopravvalutarci.
siamo solo un essere vivente fra tanti, ma allo stesso tempo siamo esempio di vita non secondo a nessuno.

Io spero di superarli questi condizionamenti , ma non è possibile superarli senza viverli. Quindi viviamoli per quanto possibile con serenità.

il fatto stesso che l'uomo cattivo, il bau bau, o il capitalismo, per i più di questo forum, ci sottoponga a questi condizionamenti in modo così pesante, è segno che la nostra natura entra sempre più nel dominio della coscienza umana.
La tecnologia ci mette alla frusta, ma questo è un problema solo per chi non ha fiducia nell'uomo, per chi non ha fiducia in se stesso, per chi ha dimenticato quanta in sè ne ha già inglobata di tecnologia, e alla quale non rinuncerebbe senza sentirsi snaturato.
Siamo leone e gazzella in un corpo solo.
E' nel nostro interesse quindi cercare di capire le ragioni dell'uno e dell'altra, opposte, ma complementari.
Siamo una contraddizione con cui convivere in pace.
Non c'è bisogno di isolarsi in una vita contemplativa, ma il trucco è vecchio come il cucco: prendersi ogni tanto una pausa per pensare, per osservarsi.
Smettere di lagnarsi dell'uomo cattivo e del bau bau, del capitalismo, come fossero altro da noi.
Correggere l'uomo cattivo che è in noi, non perchè ciò è giusto, ma perchè ciò ci dà felicità.

In parole povere:
ascoltare tutte le sirene legandosi a un palo, e poi sciogliersi e decidere cosa fare.
Io ho speranza che chi ha fiducia in sè farà la scelta giusta, e potrà criticare le scelte altrui, ma comprendendole per averle prima vagliate.
Chi non ne ha di fiducia in sè, potrà solo lamentarsi delle scelte altrui.

 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pensarbene

Permettetemi una domanda: voi vi considerate ,sentite e vivete liberi o no?
Se si,perché invece di citare filosofi e quindi esperienze altrui, non vi riferite alle vostre dando loro una sistemazione filosofica?
 

green demetr

Citazione di: Pensarbene il 11 Gennaio 2024, 06:40:02 AMPermettetemi una domanda: voi vi considerate ,sentite e vivete liberi o no?
Se si,perché invece di citare filosofi e quindi esperienze altrui, non vi riferite alle vostre dando loro una sistemazione filosofica?
 
La mia libertà è solo nel mio pensiero caro Pensarbene.
Per quale motivo voi che non volete leggere i classici volete che sistematizzi il mio pensiero?
Per renderlo finalmente inquadrabile, e come un bel oggetto di collezione, li mummificato ad eterna gloria dei fact checkers e di tutta quella fauna che disprezzo in quanto NEMESI proprio della libertà.
E invece la vita scorre via, come una schioppettata nel cervello degli zombies.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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