Se la realtà fosse indistinta

Aperto da iano, 21 Settembre 2019, 14:17:06 PM

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Apeiron

Citazione di: Apeiron il 11 Ottobre 2019, 21:58:38 PMCosì come lo era un 'realista', Erwin Schroedinger:[/size]
Citazionethe scientist subconsciously, almost inadvertently, simplifies his problem of understanding Nature by disregarding or cutting out of the picture to be constructed himself, his own personality, the subject of cognizance. Traduzione: Lo scienziato subconsciamente, quasi inavvertitamente, semplifica il suo problema della comprensione della Natura tralasciando e lasciando fuori dal quadro che dev'essere costruito sé stesso, la sua personalità, il soggetto della cognizione.
(citato nell'articolo 'Why a quantum state does not represent an element of physical reality', articolo dei 'QBist' Christopher A. Fuchs e Ruediger Schack: https://arxiv.org/abs/1412.4211)

Una piccola nota sul titolo dell'articolo. Il titolo completo è 'QBism and the Greeks: why a quantum state does not represent an element of physical reality' (traduzione: 'QBism e I Greci: perché uno stato quantistico non rappresenta un elemento della realtà fisica'). Il titolo si basa su un'opera di Schroedinger, 'La Natura e i Greci'. Un estratto dell'articolo:

Citazione
Schro ̈dinger writes: "Gomperz says [...] that our whole modern way of thinking is based on Greek thinking; it is therefore something special, something that has grown historically over many centuries, not the general, the only possible way of thinking about Nature. He sets much store on our becoming aware of this, of recognising the peculiarities as such, possibly freeing us from their well-nigh irresistible spell."
Schro ̈dinger singles out two fundamental features of modern science that are influenced by Greek thinking in this way. One is "the assumption that the world can be understood." The other is "the simplifying provisional device of excluding the person of the 'understander' (the subject of cognizance) from the rational world-picture that is to be constructed."

Traduzione:
Schroedinger scrive: "Gompez dice [...] che tutto il nostro moderno modo di pensare è basato sul pensiero Greco: è perciò qualcosa di speciale, qualcosa che è cresciuto storicamente durante molti secoli, non il generale, ma l'unico possibile modo di pensare riguardo la Natura. Ripone molta fiducia nel nostro divenirne consapevoli, di riconoscere le peculiarità che così facendo, possibilmente ci liberiamo dal pressoché irresistibile incantesimo. "
Schroedinger individua le due fondamentali caratteristiche della scienza moderna che sono state influenzate dal pensiero Greco in questo modo. Una è 'l'assunzione che il mondo può essere compreso'. L'altra è 'lo strumento semplificatorio provvisorio di escludere la persona del 'conoscitore' (il soggetto della conoscenza) dal quadro razionale del mondo che dev'essere costruito'.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

#31
@Apeiron
Grazie per le tue risposte.
Possiamo chiederci cosa succederebbe se tutti ci convincessimo che il mondo non può essere compreso?
Entreremmo in depressione? Butteremmo la spugna?
La coscienza , cosa in se' non necessaria, necessita di un motivo? Come ad esempio della ricerca della conoscenza in se'.
Cosa succede se glielo togliamo?
Noi possiamo aspirare a saltare da questo nostro stato ad un altro ,diciamo così superiore, se la conoscenza in se' è possibile.
Ma se la conoscenza in se' include l'osservatore allora non possiamo sperare nel cambio di stato , perché inquinata da uno stato inferiore che si ritrova nel prodotto finale.
La semplificazione di escludere l'osservatore quindi viene da se' , e non nasce da una semplificazione, ma da un autoesaltazione delle nostre potenzialità ,essendo comunque non una scelta semplificativa , ma un dato di fatto ineliminabile.
Tutto ciò a me sembra una scoria del buon lavoro che fa' la coscienza, quando il suo apporto è utile.

La coscienza deve essere motivata come un dipendente che si voglia far rendere al massimo.
Sappiamo che l'evoluzione della scienza contempla storicamente un cambio di paradigma , complicato , se non doloroso.
Complicato perché coinvolge tutti , seppur a diverso livello.
Sincronizzare tutte le coscienze non è cosa da poco , ma cosa necessaria , se la scienza non ha un senso ontologico ne' epistemologico , ma altro.
Altro che non ha a che fare con l'uomo , ma con l'umanita' Così per la scienza come per la percezione, dove la scienza può spiegarci il mistero di una percezione che se non si può dimostrare essere comune , ancor più non si riesce a dimostrare il contrario.
Non so' se in ciò la coscienza possa trovare buoni motivi per il suo lavoro in alternativa alla conoscenza in se'.
Quello che è certo secondo me è che , se la coscienza non avesse bisogno di essere motivata , la scienza ne uscirebbe potenziata , e potremmo meglio concentrarsi su come fanno le percezioni soggettive a sincronizzarsi fino al punto da dare l'illusione dell'oggettivita.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Se la realtà fosse indistinta si cadrebbe inevitabilmente nella contraddizione che il conoscitore é incluso in ció che cerca di conoscere. Ma, per nostra fortuna, caso o intelligenza, abbiamo sezionato la realtà in sottorealtà che possiamo conoscere e determinare da fuori e questo ci salva dal nichilismo e dal caos.

Entro certi umanissimi limiti, ma al cui interno ci si può divertire assai, sperimentando e inventando.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#33
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 21:55:58 PM
Se la realtà fosse indistinta si cadrebbe inevitabilmente nella contraddizione che il conoscitore é incluso in ció che cerca di conoscere. Ma, per nostra fortuna, caso o intelligenza, abbiamo sezionato la realtà in sottorealtà che possiamo conoscere e determinare da fuori e questo ci salva dal nichilismo e dal caos.

Entro certi umanissimi limiti, ma al cui interno ci si può divertire assai, sperimentando e inventando.
Proprio il divertimento , il gioco per il gioco , mi auguro sia un valido succedaneo motivazionale alla più pomposa pretesa della conoscenza in se'.
Ma se siamo stati noi a sezionare la realtà ciò non equivale a dire che la realtà sia fatta di sezioni.
La sezione è il prodotto della nostra interazione con la realtà , ma non la realtà.
Dalla conoscenza del risultato di una operazione matematica non posso risalire al calcolo che lo ha generato , ma se il risultato è utile posso indurre che dietro ci sia un algoritmo che non equivalga al caos totale.
Laddove il caos  non equivale a una mancanza di ordine  , ma a un ordine difficile da controllare fino ad apparire il suo contrario.
Noi non siamo neanche in grado di concepire la mancanza di ordine , il caso puro.
Non abbiamo una vera definizione per esso.
Il nichilismo è un rischio  un rischio da correre.
Se tutti ci convinciamo che la conoscenza in se' non è possibile rischiamo il nichilismo.
Per evitare il nichilismo dobbiamo credere nelle favole?
Possibile non trovare una spinta motivazionale diversa?
Il gioco per il gioco a me piace e non chiedo di meglio che divertirmi.
Però voglio un gioco le cui regole non siano fatte per farmi vincere a tavolino.
Non un gioco in cui si fa' vincere il bambino perché sennò va' in depressione.
Ammettere la possibilità della conoscenza in se' equivale a dire che la partita potrebbe essere lunga, ma che la nostra vittoria è gia' scritta nelle regole del gioco.
Non abbiamo neanche il coraggio di dire che la conoscenza in se' è un concetto che suona vuoto , come vuoto suona ad esempio quello di puro caso.
Parliamo di puro caso quando , avendo perso la partita, accusiamo la realtà di barare.
Possiamo indurre il concetto di puro caso da una situazione che casuale non è, ma che tale appare per la nostra difficoltà a gestirla.
Allo stesso modo induciamo una conoscenza in se' possibile dalla constatazione che è possibile una utile interazione con la realtà.
Non esiste alcuna conoscenza in se' , come non esiste il puro caso per il motivo che se ne dovessimo dare una definizione assoluta non saremmo in grado di farlo.
Possiamo parlare di caso solo a partire da una situazione confusa, ma non disordinata.
Possiamo parlare di conoscenza in se' solo a partire da una conoscenza pratica e relativa.
E non viceversa.


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iano

#34
In effetti quando la meccanica quantistica ammette il puro caso , sta di fatto dicendo che la partita della conoscenza in se' è stata persa , e questo è tanto più vero quanto è vero che la MQ si mostra mostruosamente utile nell'interagire con la realtà .
Giocoforza quindi i fisici si rassegnano a concentrarsi esclusivamente sulla sua applicazione , e se continuano a farlo senza cadere nel nichilismo magari è perché lo considerano come quello un bel gioco.
La vera rivoluzione della MQ è un altra.
Non sembra essere un gioco per tutti.
Non sembra permettere una percezione comune diversamente da come è successo finora.
La percezione comune non è più una priorità?
O forse semplicemente qualcosa di altro sta sostituendosi ad essa , o meglio si stanno esplicitando i suoi meccanismi.
Ma qualcosa che al pari della percezione funziona fuori dal nostro controllo cosciente.
Qualcosa che somiglia all'intelligenza artificiale?
Spero si capisca che sto andando a ruota libera per provocare.
A malapena in effetti so' di cosa parlo.🙏
P.S.
Ma riflettiamoci bene.
La MQ ammette il puro caso senza saperci dire cosa sia.
Vi pare logico?
Non sarà che vuole dirci altro , ma non ha le parole per dirlo ?

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bobmax

@Iano

Non penso che la MQ ammetta la realtà del caso. 
Prevede invece che la realtà sia indeterminabile.

L'uso necessario della probabilità ha indotto a credere che allora vi fosse il caso.
Ma è una conclusione indebita.

Seppur siamo soliti dire, di fronte a un evento che non sappiamo determinare, che è avvenuto per caso, questo è solo un modo di dire.

Perché il caso, il puro caso, è manifestazione del Caos!

E caos non è semplicemente "disordine". Perché il disordine è pur sempre disordine di qualcosa. Mentre il caos è l'annichilimento di ogni possibile qualcosa!

Il Caos è l'abisso dove il Cosmo può annullarsi in qualsiasi momento.

Di modo che, nessun pensiero può anche solo considerare la realtà effettiva del caso.

Anche se non può mai escluderla del tutto: non siamo qui forse per caso?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Apeiron

Citazione di: iano il 14 Ottobre 2019, 18:21:35 PM
@Apeiron
Grazie per le tue risposte.
Possiamo chiederci cosa succederebbe se tutti ci convincessimo che il mondo non può essere compreso?
Entreremmo in depressione? Butteremmo la spugna?
Ciao @iano,

Non credo che ci siano molti che iniziano una carriera scientifica senza la convinzione che si possa comprendere (almeno parzialmente) il mondo. 

Se veramente si dimostrasse che il mondo non può essere compreso tramite la conoscenza scientifica, allora sarebbe certamente un 'colpo duro'. Però, non ci dovrebbe deprimere. Il sapere che non si può sapere è comunque un sapere. Si potrebbe anzi contemplare questa impossibilità di 'afferrare' la realtà 'così come è' (e quindi anche contemplare il mistero se c'è o meno...). 

D'altra parte, però, sembra difficile sostenere che non si può 'parzialmente afferrare' la realtà. Che dire, per esempio, di tutto il nostro sapere scientifico? Davvero non ci dice nulla sulla 'realtà così come è'? Davvero tutta la conoscenza che abbiamo accumulato nei secoli non ci ha fatto comprendere in modo parziale 'la realtà così come è'?

Posto che sia vero che l'osservazione scientifica è simile alla percezione e che, quindi, 'a rigore' il contenuto delle nostre osservazioni sono apparenze (che, a priori, potrebbero non fornirci informazioni sulla 'realtà così come è') è davvero accettabile dire che (i) la 'realtà così come è' c'è ma è totalmente inconoscibile, o che (ii) non c'è alcuna 'realtà così come è' o che (iii) non si può dire nulla, ovvero è oltre l'ambito di validità della ragione?

Delle tre alternative, la (iii) sembra quella più rigorosa. Però, è davvero così? O ci stiamo limitando troppo e, in realtà, una conoscenza parziale riusciamo ad averla?  ::)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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