Se l'umanità si estinguesse prima dell'uomo

Aperto da cvc, 20 Maggio 2017, 12:08:17 PM

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cvc

Se qualcuno un po' mi conosce in questo forum, saprà che la speculazione non è il mio forte. Ma tant'è che a volte capita pure a me....
Riflettevo anzitutto su come la scienza si possa considerare in ultima analisi come una forma di adattamento, anzi la sublimazione dell'adattamento stesso. Gli organismi viventi non possono prescindere dalle problematiche fondamentali dell'organizzazione e dell'adattamento, che si possono considerare come fasi complementari dello stesso ciclo vitale. Organizzandosi ci di adatta all'ambiente, adattandosi all'ambiente ci si organizza ed in questo meccanismo di assimilazione del mondo esterno, l'individuo sopravvive.
Ora mi pare chiaro l'uomo sia l'essere vivente meglio adattato di tutto il pianeta, lo dimostrano le infrastrutture con cui è stato in grado di mutare la conformazione stessa dell'ambiente secondo le proprie esigenze. Altrettanto chiaro mi appare che se ciò è stato possibile, è per via di quella facoltà che chiamiamo autocoscienza e grazie alla quale l'uomo ha potuto creare rappresentazioni sempre più efficaci della natura (individuo  + ambiente qui intendo), modelli e linguaggi sempre più utili fino ad arrivare al risultato finale: la scienza.
Ciò che ora mi domando è se non sia possibile che, così come ora consideriamo l'autocoscienza come un carattere proprio dell'uomo, non si possa arrivare a considerare in tal modo anche la scienza? Ossia non più un mondo di uomini fra cui alcuni sono scienziati, ma l'uomo stesso che racchiuda la scienza come facoltà acquisita, tramandata e assimilata profondamente nella propria natura. Quando ci si chiederà quindi in che cosa l'uomo si differenzi dal resto delle cose, la risposta non sarà più l'intelligenza o la ragione o il linguaggio o la cultura o l'autocoscienza, ma semplicemente la scienza. L'uomo si identificherà sin dalla nascita in questo suo attributo oramai costitutivo, e le moltitudini di generazioni che seguiranno questa oramai definitiva acquisizione, avranno solo un lontano ricordo di quando gli antenati parlavano di religione, filosofia e altri strumenti antropologici arcaici tali quali sono oggi per noi gli utensili del neolitico.
Quindi l'uomo sopravvivrà indefinitamente, ma non ciò che noi intendiamo per umanità.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Quesito interessante e più che mai attuale.

Io pero come risultato finale anziché la scienza ci vedrei la tecnologia.

ma cosa e' o sarebbe un uomo privo della sua umanità? Non credo si potrà più definire tale, piuttosto una cosa, un oggetto, inserito anch'esso nell'ingranaggio meccanico, come lo sarebbe un bullone di una megamacchina o per usare un altro paragone forse ancora più attinente ad un chip su un megacomputer.

A me comunque, ( e perdona la sincerità ) mi viene proprio difficile pensare che un tal "uomo" possa continuare a sopravvivere (e in effetti la parola sopravvivere gli si addice tutta) o se non sia già destinato alla sua imminente estinzione....ma non farci caso la mia e' una considerazione che fortunatamente non conta piu niente, poiche faccio già parte di quel "neolitico" che si e' estinto ancora prima.  :)  

https://www.youtube.com/watch?v=mK9M_faVE0I   ;)

Angelo Cannata

Citazione di: cvc il 20 Maggio 2017, 12:08:17 PM
Quindi l'uomo sopravvivrà indefinitamente, ma non ciò che noi intendiamo per umanità.
Mi sembra che la tua riflessione abbia un punto debole: segue il punto di vista di ciò che alla fine afferma. Questo è il vizio di molti discorsi in cui mi sono imbattuto. Si parla di carità ed ecco che essa viene presentata come il massimo, il meglio, l'intramontabile, l'irrinunciabile; salvo passare in un'altra stanza in cui si parla, per esempio, di gioco, in cui invece si conclude che tutto è gioco, il gioco è imprescindibile, nulla lo potrà mai eliminare dalla nostra vita. Tu ti sei basato sull'utile, sul sopravvivere, e alla fine concludi che sopravviverà ciò che serve di più a sopravvivere, cioè la scienza; ma questo è avvenuto perché ti sei mantenuto dentro il punto di vista del sopravvivere.

Io vorrei che la scienza mi spiegasse come mai continuano a sopravvivere la musica, la scultura, la spiritualità, le religioni, ciò che insomma definiamo come attività più "umanistiche". Quando si tratta di dare spiegazioni, è chiaro che chiunque sa dare le proprie, a somiglianza di come, per esempio, un testimone di Geova ha risposte pronte per qualsiasi domanda. Ma questo, cioè praticare il proprio punto di vista, sappiamo farlo tutti. Ciò che è più difficile, ma anche più interessante, è far dialogare i punti di vista, muoversi tra di essi, provare ad indossarli, farli propri, almeno temporaneamente, cercando di capire le ragioni serie dell'altro, e non limitarsi quindi a mantenersi dentro il punto di vista proprio.

Se proviamo ad entrare nel punto di vista, per esempio, di un poeta, viene fuori che il discorso sul sopravvivere è un discorso limitatissimo, perché fa perdere di vista tutto l'universo che io posso vivere nell'attimo presente, lasciando perdere la preoccupazione di sopravvivere. E il problema è che una poesia o una religione possono anche indurre certuni a marginalizzare il problema della sopravvivenza, fino a scegliere di morire per un ideale. Anche per il poeta e l'uomo di fede, tuttavia, la morte ha una sua consistenza, essi non sono certo degli stupidi.

Ecco il problema: possiamo pensare alla sopravvivenza, ma il cuore ci ricorda che c'è ben altro di meraviglioso che merita di essere pensato e cercato; possiamo pensare al sublime, ma la fame ci ricorda che ci sono delle necessità materialissime con cui dobbiamo pur fare i conti. È possibile mettere in contatto questi mondi, questi vestiti, oppure possiamo solo limitarci ad indossare ora l'uno ora l'altro?

green demetr

Ciao cvc

A mio parere l'autocoscienza non esiste.
Esiste la coscienza, che scomposto nella sua radice è cum-scienza.
Dunque qualcosa accompagna sempre la scienza. Ed è proprio l'uomo.
In qualche modo il carattere ereditario della scienza è dunque già nel carattere ereditario della zoe, del corpo nudo (non politico).
L'umanità ha anch'essa un carattere ereditario ed è quello del tribale.
Dell'uomo che si raduna in cerchio attorno al fuoco.
Fin qui siamo d'accordo dunque. (per strade diverse)

Non siamo d'accordo invece sulla predonominanza della scienza sulle altre arti.
A mio parere è invece il linguaggio a essere predominante.
E lo è stato fin dall'inizio, prima ancora della scrittura.
Perchè lo scibile umano può esistere solo all'interno del linguaggio.
Il linguaggio viene sostanzialmente prima dell'uomo stesso.
(ma questo sarà il tema di altri approfondimenti futuri, forse)


Ciao Acquario

Sono d'accordo, se sostituiamo la scibile con il tecnico, le cose cambiano drammaticamente per l'uomo.
Perchè la tecnica tende a ridurre qualsiasi cosa ad una unità originaria (presupposta).
Che corrisponde per l'esattezza all'implosione stessa del pianeta.

Differiamo nell'opinione solo sul fatto che non lo vedo necessariamente come uno scontro uomo - tecnica, quanto proprio delle caratteristiche intrinseche della tecnica.

Non sono necessariamente un catastrofista, in quanto il vivente tende sempre ad adattarsi al mondo circostante. (ma questo è un altro topic)

ciao Angelo

A mio parere la questione non è della fame in sè, o della morte in sè.
E' quanto in quali circostanze avvengono tali "fenomeni".

Se fosse una questione di calcolo, di mero interesse personale?

Conterebbe di più la nostra maschera quotidiana oppure che qualcuno, qualcosa ci obbliga ad indossarla?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

cvc

Acquario, secondo me un uomo privo di umanità è un uomo che si esprime esclusivamente nel linguaggio tecnico, la cui essenza dal punto di vista tecnologico è "0 or 1". Oramai il mondo si sta riducendo ad un linguaggio binario che dimentica che fra lo 0 e l'1 c'è di mezzo un infinito (forse si dovrebbe dire un intervallo di infinitesimali contenuto fra i limiti 0 e 1).
L'umanita manca perchè l'umanità è nel linguaggio (Green demetr), per capire l'uomo (almeno per me è così) serve più la letteratura che le funzioni

Angelo Cannata, guarda che la mia frase finale non era un'affermazione apodittica, era il riassunto della antecedente tesi speculativa, un'ipotesi. E nemmeno io auspico che la scienza spazzi via tutte le espressioni umanistiche, volevo solo rilevare che se si continua così è probabile che in un domani più o meno prossimo l'uomo possa soppiantarle del tutto a scapito di ciò che è più pragmatico: la scienza.

Dimentichi che non accade solo che una poesia o una religione o una filosofia possono marginalizzare il problema della sopravvivenza, ma può essere anche che alcuno scelga deliberatamente di marginalizzare il problema, magari quando è troppo ampio per poter essere affrontato o per poter avere un senso nella nostra magari piccola anima.


Green demetr, non sei d'accordo sulla ipotesi del mio post ma sei d'accordo con me (o io lo sono con te) sulla predominanza del linguaggio. Predominanza che però si perde.... non dico qui dove, anzi, la struttura del forum permette di scambiare idee in un modo che difficilmente sarebbe possibile senza l'apparato tecnologico. Quando però comunichiamo con le persone vicine più con whatsapp che con le parole, forse qualcosa si perde. Ma ancor più si perde col crescente disinteresse verso la letteratura, si smarrisce la capacità di esprimere i propri sentimenti. Perciò si esauriscono presto le parole e si finisce contro ad un muro
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Angelo Cannata

Citazione di: cvc il 20 Maggio 2017, 17:14:45 PM
Angelo Cannata, guarda che la mia frase finale non era un'affermazione apodittica
Più che come apodittica, l'ho presa come un'affermazione che purtroppo contiene molta verità, cioè mi sembra che effettivamente aumenti sempre di più nel mondo una massa di persone sensibili soltanto a ciò che può essere dimostrato, tipico delle affermazioni scientifiche, delle necessità economiche.

Se a predominare è il linguaggio, vedo anche questa cosa come un fatto purtroppo molto vero, cioè significa che il linguaggio ci va stringendo progressivamente ad occuparci soltanto di ciò che esso può esprimere; dimentichiamo che il linguaggio può anche essere usato per far riferimento a ciò che esso non è capace di descrivere; ma per fare questo il linguaggio dovrebbe fare un po' di marcia indietro e funzionare come un dito indice puntato verso altro, verso ciò che esso fa fatica a descrivere.

A un certo punto mi sembra che risulti un lottare della forza contro la debolezza, l'esprimibile e dimostrabile contro l'ineffabile, il lontanamente intravisto.

D'altra parte scienza e linguaggio possono, al contrario, diventare preziosi alleati contro gli inganni, perché spesso gli impostori approfittano di ineffabilità e indimostrabilità per spacciare i loro strumenti di potere. Alla fine, non è che poi gli scienziati siano persone insensibili alle arti; il problema in questo senso non è la scienza, né il linguaggio, ma sono le masse, che di ogni cosa traggono solo il peggio. Credo che la contrapposizione tra masse ed elite sia sempre esistita, ma gli strumenti di oggi si rivelano di una potenza inaudita nel rendere le masse sempre più soggetti coltivatori del peggio di ogni cosa.

green demetr

Citazione di: cvc il 20 Maggio 2017, 17:14:45 PM

Green demetr, non sei d'accordo sulla ipotesi del mio post ma sei d'accordo con me (o io lo sono con te) sulla predominanza del linguaggio. Predominanza che però si perde.... non dico qui dove, anzi, la struttura del forum permette di scambiare idee in un modo che difficilmente sarebbe possibile senza l'apparato tecnologico. Quando però comunichiamo con le persone vicine più con whatsapp che con le parole, forse qualcosa si perde. Ma ancor più si perde col crescente disinteresse verso la letteratura, si smarrisce la capacità di esprimere i propri sentimenti. Perciò si esauriscono presto le parole e si finisce contro ad un muro

Capisco quello che vuoi dire. Sono d'accordo.

Ma non bisogna altresì dimenticare che pure i sentimenti hanno un loro linguaggio.

A mio parere ci deve essere stata una circuitazione tra la capacità di leggere i sentimenti altrui, con la necessità vincolante di comunicare tramite forme omologanti di massa come sono i dispotivi mobili.

E' l'omologazione che abbassa la capacità di relazione, e quindi impoverisce il sentimento: le letture dei sentimenti altrui allora diventano sempre meno importanti, diventano invece sempre più importanti le forme, i riti e le loro regole preconcette.

C'era anche prima, il passaggio al virtuale di queste consegne che prima erano locali è il grande problema che le nuove generazioni si trovano ad affrontare.

(un conto affrontare 30 persone, un conto affrontarne 100 se non mille!!!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Citazione di: cvc il 20 Maggio 2017, 12:08:17 PM
Se qualcuno un po' mi conosce in questo forum, saprà che la speculazione non è il mio forte. Ma tant'è che a volte capita pure a me....
Riflettevo anzitutto su come la scienza si possa considerare in ultima analisi come una forma di adattamento, anzi la sublimazione dell'adattamento stesso. Gli organismi viventi non possono prescindere dalle problematiche fondamentali dell'organizzazione e dell'adattamento, che si possono considerare come fasi complementari dello stesso ciclo vitale. Organizzandosi ci di adatta all'ambiente, adattandosi all'ambiente ci si organizza ed in questo meccanismo di assimilazione del mondo esterno, l'individuo sopravvive.
Ora mi pare chiaro l'uomo sia l'essere vivente meglio adattato di tutto il pianeta, lo dimostrano le infrastrutture con cui è stato in grado di mutare la conformazione stessa dell'ambiente secondo le proprie esigenze. Altrettanto chiaro mi appare che se ciò è stato possibile, è per via di quella facoltà che chiamiamo autocoscienza e grazie alla quale l'uomo ha potuto creare rappresentazioni sempre più efficaci della natura (individuo  + ambiente qui intendo), modelli e linguaggi sempre più utili fino ad arrivare al risultato finale: la scienza.
Ciò che ora mi domando è se non sia possibile che, così come ora consideriamo l'autocoscienza come un carattere proprio dell'uomo, non si possa arrivare a considerare in tal modo anche la scienza? Ossia non più un mondo di uomini fra cui alcuni sono scienziati, ma l'uomo stesso che racchiuda la scienza come facoltà acquisita, tramandata e assimilata profondamente nella propria natura. Quando ci si chiederà quindi in che cosa l'uomo si differenzi dal resto delle cose, la risposta non sarà più l'intelligenza o la ragione o il linguaggio o la cultura o l'autocoscienza, ma semplicemente la scienza. L'uomo si identificherà sin dalla nascita in questo suo attributo oramai costitutivo, e le moltitudini di generazioni che seguiranno questa oramai definitiva acquisizione, avranno solo un lontano ricordo di quando gli antenati parlavano di religione, filosofia e altri strumenti antropologici arcaici tali quali sono oggi per noi gli utensili del neolitico.
Quindi l'uomo sopravvivrà indefinitamente, ma non ciò che noi intendiamo per umanità.
Ciao cvc,
cosa intendiamo per umanità? Nell etica nicomachea Aristotele distingue la physis (la natura) dalla technè.
Qual è la natura umana e cosa è la cultura? Può la technè umana alterare la physis umana così tanto da perdere la caratteristica che definisce l'uomo.Possono la praxis e la poiesis costruire una teoretica che non sia più umanità, ma pur essendo il prodotto stesso dell'uomo?
Ci sono paradossi..........

acquario69

Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2017, 15:44:52 PM
Differiamo nell'opinione solo sul fatto che non lo vedo necessariamente come uno scontro uomo - tecnica, quanto proprio delle caratteristiche intrinseche della tecnica.

Non sono necessariamente un catastrofista, in quanto il vivente tende sempre ad adattarsi al mondo circostante. (ma questo è un altro topic)

io credo che va fatta la distinzione tra tecnica e tecnologia...se tu intendi che tra uomo e tecnica non vi e' mai stato scontro allora sono d'accordo anch'io perché la tecnica mi sembra sia stata da sempre parte integrante all'uomo (ma non solo per l'uomo) le cose pero cambiano radicalmente quando al posto della tecnica e' subentrata la tecnologia e che tra uomo e tecnologia non vi e' secondo me nemmeno uno scontro (penso che se vi fosse stato uno scontro, questo avrebbe comunque permesso prima o poi di rendercene veramente conto...perché lo scontro arriva a farti male :) )
Ma la tecnologia al contrario della tecnica e' qualcosa che ci separa e aliena dalla realtà rendendoci perciò anche insensibili.
ad esempio..Il paragone può sembrare esagerato ma se ci pensiamo e' un bel po strano che pur riconoscendo che affidarsi alla tecnologia comporta la distruzione sistematica della natura, eppure si continua come se fosse qualcosa che non ci riguarda!

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