Se Dio non esiste, allora tutto è lecito

Aperto da 0xdeadbeef, 25 Gennaio 2019, 18:12:20 PM

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davintro

#300
Oxdeadbeef scrive:

"Ciao Ipazia
Per dirla con la semiotica, è necessario "risalire la catena segnica" dei significati e dei
significanti; perchè altrimenti basta un nonnulla; un diverso significato che diamo ad un
particolare ed ecco che non ci si capisce più nemmeno sul senso generale...
Allora: per me la "morale" è la condotta individuale rivolta al Bene (o "bene", se preferisci
- ma la maiuscola è solo per sottolinearne l'importanza filosofica). Mentre l'"etica" è la
condotta collettiva verso il Bene (come nella nota distinzione di Hegel, insomma).
Dunque è di un agire che stiamo parlando; di un "mezzo"; non di una finalità (che è il "Bene",
che almeno per il momento non ci interessa).
La filosofia anglosassone, che come noto trova molti dei suoi fondamenti nell'empirismo, nello
scetticismo e nel naturalismo (a differenza di quella continentale, più orientata alla metafisica),
dice che la morale è il perseguimento dell'utile, o desiderio, o impulso individuale.
Senonchè, a causa di un evidentissimo influsso francescano (G.d'Ockham) in campo religioso, essa
arriva a teorizzare che la somma degli utili individuali coincidono con l'utile collettivo (è
la celebre "mano invisibile", base fondante di ogni tipo di liberalismo).
La filosofia continentale invece, a causa della sua centrale considerazione dell'"ambivalenza"
dell'essere umano (come in Apeiron), non crede affatto che la morale sia il perseguimento
dell'utile individuale; ma che sia il perseguimento di un "Bene" inteso come "in sè", come
dato una volta e per tutte, quindi come "oggettivo" (non legato all'utile soggettivo).
Ora, non stiamo ad indagare i motivi che hanno portato i due "sguardi filosofici" a queste
differenti visioni (qualcosina ho accennato): diamo insomma per buono che così è (e che non
è quel che io penso, ma quel che queste filosofie pensano...).
Quindi Ipazia, se tu affermi un "bene comune di tutti i viventi" come "vita", e precisamente come
vita individuale, hai a parer mio un problema di non facile soluzione, che ti è mostrato proprio
dal nostro amico cuculo (scusa il mio tornare su quest'esempio ma lo ritengo significativo), per
il quale il proprio utile, o desiderio, o impulso individuale (e anche ovviamente di specie),
non è certo il "bene comune di tutti i viventi"; perchè altrimenti non getterebbe giù dal nido
le uova dell'altra specie per deporvi il proprio (che sarà poi addirittura covato e nutrito dalla
"matrigna inconsapevole"...).
Il cuculo, cioè, è nella medesima condizione cui la filosofia anglosassone si sarebbe trovata senza
la "genialata" di considerare l'uomo come "parte di Dio" (l'"homo, homini deus" di Spinoza, il cui
utile, o desiderio o impulso NON PUO' essere maligno - come invece PUO' nell'ambivalenza della visione
della filosofia continenatale).
In altre parole, il cuculo è un perfetto "nietzschiano", e la sola cosa che per lui conta nel mondo
e nella vita è l'impulso NON alla "vita comune di tutti i viventi", ma alla propria.
La sua è ovvero una vera e purissima "volontà di potenza"...
saluti"



Vorrei ritornare su questo punto della discussione perché credo possa essere  in parte chiarificatore dell'ambito di cui ci stiamo occupando. Se ho ben inteso Oxdeadbeef (che ovviamente può smentire se l'ho involontariamente frainteso) pone un'associazione molto stringente fra le due diverse concezioni morali, quella individualista utilitarista anglosassone e quella continentale, e le due diverse impostazioni teoretiche (empirista quella anglosassone, metafisica quella continentale). Mi pare che questo schema implichi una concezione della morale come determinata dalla concezione teoretica che si ha nei confronti della realtà oggettiva, che è ciò su cui dissento, quantomeno in parte. Personalmente sono, a livello teoretico, convinto della validità di un discorso metafisico, e anche ispirato a dei filoni continentali come il platonismo, l'interiorismo agostiniano ecc,, mentre dal punto di vista etico-politico considero qualunque entità collettiva, intesa come slegata concettualmente dai singoli individui che la costituiscono come un'astrazione che non tiene conto di come il bene collettivo consista nell'insieme dei beni degli individui, che aventi delle personalità tutte diverse l'un dall'altra, con diverse esigenze, inclinazioni caratteriali, non possono essere omologati sulla base di un concetto di "bene" dei governanti politici che presume di dover essere imposto a tutti gli altri; insomma una visione certamente legata nello schema al fronte dell' "individualismo anglosassone". Non trovo questi due aspetti tra loro in contraddizione. Teoreticamente, il mio "antiempirismo" mi porta a pensare che nessun giudizio morale, e conseguentemente, nessuna azione, sarebbe concepibile in assenza di un ideale di "Bene in sé" la cui universalità è da intendersi nel senso formale, cioè criterio trascendentale di Bene in base a cui raffrontare i particolari eventi oggetti dei miei specifici giudizi morali. Tale necessità di assunzione di questa categoria è un dato strutturale di ogni coscienza umana, indipendentemente dalle differenze di contenuto in base a cui ciascuna persona attribuisce un significato "materiale" di tale "Bene", quindi compresi anche chi aderisce alla visione liberale e individualista: l'individualista che vede il bene comune come puro insieme dei beni dei singoli utilizza la categoria di Bene in sè non meno di come la utilizzi il "collettivista" fautore di uno stato etico interventista a livello economico/sociale: cambia il contenuto, ma non la forma, e fintanto che la forma, cioè il fatto di porre tale idea di Bene in sé, al di là del contenuto con cui la definiamo, come criterio valido in ogni circostanza ci troviamo ad agire, non ha alcun senso pensare che chi "riempie" tale idea sulla base di un certo contenuto anziché un altro sia più disposto a lasciar andare la coerenza nella condotta, sulla base del "tutto è permesso". In questo senso non trovo un nesso consequienziale tra teoria politica liberale individualista, ed empirismo: qualunque persona si preoccupi di fondare a livello di princìpi primi la sua scala di valori non potrà, proprio per necessità logica, non riferire i suoi giudizi morali a un ideale di "Bene in sé" trascendentale e non empirico. Nel caso dell'individualista il "Bene in sé" coinciderà con il valore della libertà individuale, il valore per il rispetto verso ogni persona di scegliere liberamente il suo percorso di vita sulla base delle proprie peculiari inclinazioni personali: ovviamente è legittimo discutere e criticare i presupposti teorici della concezione, antropologica e sociologica, che esprima il suo pensiero, ma non la sua onestà intellettuale nell'essere coerente con tale principio, non più che discutere la coerenza morale del collettivista che invece riempie la sua soggettiva (ma trascendentale nell'applicazione formale) idea di "Bene in sé", con l'idea di società o Stato organico. Perché si dia un etica degna di questa nome (ovviamente, non necessariamente condivisa) è sufficiente l'atteggiamento formale con cui la si utilizza come parametro ultimo e universale del nostro agire particolare, al di là dei contenuti. Ritengo questa distinzione tra forma e contenuto delle asserzioni morali come fondamentale per evitare di incappare in un pericoloso equivoco, cioè quello di considerare come arbitrio e puro relativismo infondato ogni concezione etica da cui dissentiamo sulla base dei differenti contenuti, non considerando che tali differenze non precludono per ciascuno la coerenza con la forma universale del valore che ciascuno pone come incondizionato e più importante degli altri

viator

Salve. Vedo ribadito che Hegel (onore a lui) ha sostenuto che la morale è d'ambito indivuduale mentre l'etica sarebbe d'ambito collettivo, sociale.
Che dire ? forse i significati delle parole si sono ribaltati durante le epoche........forse in tedesco morale si dice "ethik! ed etica si dice "moral".

Io ho sempre sentito parlare di "morale pubblica", "morale della favola" (le favole fanno parte della cultura condivisa, non di quella privata),"reati contro la morale" (privatamente, intimamente, è abbastanza difficile commettere un reato), "morale sessuale" (masturbarsi od avere fantasie lascive non viola alcuna morale) e via con un sacco di altre espressioni sempre riferite AD ATTI E SCELTE CHE COINVOLGANO PORZIONI MAGARI MINIME (il minimo è due persone) DI UNA SOCIETA'.

Persino la "morale religiosa" non riguarda le autonome scelte di coscienza e di comportamento dei singoli. Essa ha solo lo scopo di indicare la via del presunto bene all'interno di una PRECISA DOTTRINA COLLETTIVA. Questa è anche la ragione per la quale alle Chiese non interessa l'ETICA dei fedeli (ciò ciò che essi fanno in privato), bensì solo il rispetto della MORALE (pubblica) di quella data confessione religiosa.

Si potrebbe obiettare che esistano anche etiche collettive. Vengono così chiamati gli insieme delle scelte identiche operate INDIVIDUALMENTE all'interno di un gruppo.

L'etica collettiva di un branco di lupi in predazione risulta appunto coincidente nello scegliere come uccidere la preda. Ciò semplicemente perchè la loro non è etica umana deliberabile, ma unicamente manifestazione istintuale "automatica".

Altro caso è quello delle cosiddette "etiche professionali" (oggi anche gli operatori ecologici possiedono un'etica professionale - per questo le classi più colte preferiscono citare la "deontologia professionale" - fa assai più "chic").
L'etica professionale, in questi casi, è solo un concetto creato culturalmente a livello emblematico per poter permettere ad una categoria di vantare antiche e comuni origini valoriali.

Insomma, gli animali sono in grado di prendere delle decisioni comportamentali (ethos=insieme dei comportamenti) pur senza possedere la scrittura, l'oratoria, la filosofia. Possiedono quindi un'etica.
Gli umani, vivendo in società, oltre a possedere le loro singole etiche individuali (generatesi sia istintualmente che coscenzialmente che culturalmente) sono pure chiamati a risponderne moralmente alla società stessa.
L'ETICA è l'insieme delle scelte comportamentali individuali ed interiori. La MORALE è quanto - sinceramente o menzogneramente - i nostri comportamente vengono mostrati alla società. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#302
Te l'avevo detto Viator, citando anche la voce di wp. Come spesso accade in semantica, dal greco si prende la teoria e dal latino la pratica. Ma sono le due facce della stessa medaglia e tanto vale considerarle sinonimi. Sempre riferite a comportamenti collettivi, perché i precetti etico-morali richiedono, per avere senso, almeno due soggetti riconosciuti tali. Il bene astratto non esiste, se non nella fantasia. Ma anche in quel caso deve prefigurare un ambiente (ethos) plurimo.

Molto opportunamente Davintro richiama al rispetto dei piani del discorso logico. La dimensione formale-astratta dell'etica/morale presenta le stesse caratteristiche universali antropologiche della pulsione istintuale che ai suoi antipodi ne ha generato l'evoluzione e sviluppo. Aggiungo solo che anche sul piano teorico non ha senso l'eurocentrismo della premessa postulata da Ox.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Si, ricordo le tue precedenti osservazioni. E' proprio vero che le parole, che per gli ingenui potrebbero anche essere pietre, sono soltanto aria fritta. Se nella presente sede si devono accettare simili confusioni, figurati cosa ne può venir fuori non dico al tavolino del Bar dello Sport, ma all'interno dei consessi internazionali o nelle aule dei tribunali. Si chiama sfascio della logica, la quale ormai è stata confinata all'interno dell'informatica. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

0xdeadbeef

Ciao Davintro
Saprai senz'altro che, anche a livello teologico, il nord-europa protestante non è tanto incline a
credere al libero arbitrio quanto piuttosto alla "provvidenza".
Perchè il problema non è tanto il "bene in sé" quanto, dicevo, l'"ambivalenza", cioè la possibilità
per l'essere umano di scegliere il Bene o il Male.
La teologia protestante è su questo punto molto chiara: l'uomo non può salvarsi sulla base delle
proprie azioni, ma tutto è "predestinato" fin dall'inizio.
Ora, non è che teologia protestante determini in tutto e per tutto quella che è la visione filosofica
e culturale di quel mondo, ma certo ne rappresenta uno dei fondamenti più importanti.
Se l'uomo non è "ambivalente", cioè non è dotato di libero arbitrio ma è guidato dalla provvidenza, allora
non avrà bisogno di nessuna indicazione circa il "bene in sè", perchè egli stesso sarà il "bene in sè".
Naturalmente non che la teologia protestante o la filosofia anglosassone non riconoscano, ove presenti,
le opere malvagie dell'uomo. Ma queste saranno intese NON come connaturate all'uomo stesso (come possibilità
intrinseca che fa di ogni uomo un "peccatore"), ma saranno piuttosto intese come "deviazioni" dall'ordine
costituito e naturale delle cose.
Dunque, laddove non deviato (o, nella modernità, "malato"), l'uomo che tende a perseguire il proprio utile
particolare tenderà "provvidenzialmente" a perseguire anche l'utile della collettività.
Quanto all'associazione ("molto stringente"...) fra le concezioni teoretica e morale dell'empirismo della
filosofia anglosassone e della metafisica di quella continentale, mi limito a segnalare il basilare
apporto della teologia francescana, che con la sua netta distinzione fra "ratio" e "fides" ha permesso
alla filosofia anglosassone di sviluppare il proprio peculiare empirismo senza, diciamo, troppo
preoccuparsi delle implicazioni di questo con l'aspetto religioso...
saluti

tersite

----> La teologia protestante
--->credere al libero arbitrio quanto piuttosto alla "provvidenza".
--->La teologia protestante è su questo punto molto chiara
--->cioè non è dotato di libero arbitrio ma è guidato dalla provvidenza
--->l'uomo che tende a perseguire il proprio utile
particolare tenderà "provvidenzialmente" a perseguire anche l'utile della collettività.

non possedendo io un concetto di "provvidenza" utilizzabile in una discussione logica quale concetto o parola potrei sostituire ad esso ?

---> saranno piuttosto intese come "deviazioni" dall'ordine
costituito e naturale delle cose.

ordine costituito e naturale delle cose il quale non è stato ancora definito.
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

Lou

Citazione di: tersite il 26 Febbraio 2019, 19:35:03 PM
-------> Poi se intendi sostenere che ——> Gli apriori sono già risultanti di imprinting "in(-)segnati", spiegami.
O ancora ——> in generale gli apriori, vuoi dire, seguano una sorta di evoluzione? Magico->Mana->Sacro? Intendi questo?
È una obiezione, lo capisco, ma puoi disbrogliarmela?, grazie.

No no...io ti indicavo solo un ottimo testo unanimamente riconosciuto come fondativo per queste questioni dove potevi trovare le risposte alle tue domande ed anche a quelle che ponevi a me ,a cui non so nemmeno da che parte incominciare per rispondere.
Ti ringrazio per l'indicazione.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

0xdeadbeef

Citazione di: tersite il 27 Febbraio 2019, 16:05:30 PM
----> La teologia protestante
--->credere al libero arbitrio quanto piuttosto alla "provvidenza".
--->La teologia protestante è su questo punto molto chiara
--->cioè non è dotato di libero arbitrio ma è guidato dalla provvidenza
--->l'uomo che tende a perseguire il proprio utile
particolare tenderà "provvidenzialmente" a perseguire anche l'utile della collettività.

non possedendo io un concetto di "provvidenza" utilizzabile in una discussione logica quale concetto o parola potrei sostituire ad esso ?

---> saranno piuttosto intese come "deviazioni" dall'ordine
costituito e naturale delle cose.

ordine costituito e naturale delle cose il quale non è stato ancora definito.


Ciao Tersite
Ovviamente il "destino" degli Stoici (che ispira S.Paolo il quale, a sua volta, ispirerà Lutero).
L'ordine costituito e naturale delle cose è, ancora, un concetto evidentemente stoico.
saluti
PS
Ti pregherei, nelle citazioni, di usare il "bottone" apposito (in alto a destra del riquadro della
risposta in questione.

tersite

E mutando da provvidenza a destino stoico acquista maggiore validità esplicativa il concetto ?
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

0xdeadbeef

Citazione di: viator il 26 Febbraio 2019, 22:39:55 PM
Salve. Vedo ribadito che Hegel (onore a lui) ha sostenuto che la morale è d'ambito indivuduale mentre l'etica sarebbe d'ambito collettivo, sociale.
Che dire ? forse i significati delle parole si sono ribaltati durante le epoche........forse in tedesco morale si dice "ethik! ed etica si dice "moral".

Io ho sempre sentito parlare di "morale pubblica", "morale della favola" (le favole fanno parte della cultura condivisa, non di quella privata),"reati contro la morale" (privatamente, intimamente, è abbastanza difficile commettere un reato), "morale sessuale" (masturbarsi od avere fantasie lascive non viola alcuna morale) e via con un sacco di altre espressioni sempre riferite AD ATTI E SCELTE CHE COINVOLGANO PORZIONI MAGARI MINIME (il minimo è due persone) DI UNA SOCIETA'.

Persino la "morale religiosa" non riguarda le autonome scelte di coscienza e di comportamento dei singoli. Essa ha solo lo scopo di indicare la via del presunto bene all'interno di una PRECISA DOTTRINA COLLETTIVA. Questa è anche la ragione per la quale alle Chiese non interessa l'ETICA dei fedeli (ciò ciò che essi fanno in privato), bensì solo il rispetto della MORALE (pubblica) di quella data confessione religiosa.

Si potrebbe obiettare che esistano anche etiche collettive. Vengono così chiamati gli insieme delle scelte identiche operate INDIVIDUALMENTE all'interno di un gruppo.

L'etica collettiva di un branco di lupi in predazione risulta appunto coincidente nello scegliere come uccidere la preda. Ciò semplicemente perchè la loro non è etica umana deliberabile, ma unicamente manifestazione istintuale "automatica".

Altro caso è quello delle cosiddette "etiche professionali" (oggi anche gli operatori ecologici possiedono un'etica professionale - per questo le classi più colte preferiscono citare la "deontologia professionale" - fa assai più "chic").
L'etica professionale, in questi casi, è solo un concetto creato culturalmente a livello emblematico per poter permettere ad una categoria di vantare antiche e comuni origini valoriali.

Insomma, gli animali sono in grado di prendere delle decisioni comportamentali (ethos=insieme dei comportamenti) pur senza possedere la scrittura, l'oratoria, la filosofia. Possiedono quindi un'etica.
Gli umani, vivendo in società, oltre a possedere le loro singole etiche individuali (generatesi sia istintualmente che coscenzialmente che culturalmente) sono pure chiamati a risponderne moralmente alla società stessa.
L'ETICA è l'insieme delle scelte comportamentali individuali ed interiori. La MORALE è quanto - sinceramente o menzogneramente - i nostri comportamente vengono mostrati alla società. Saluti.


Ciao Viator
Francamente non capisco questo tuo incaponirti sul significato di "etica" e/o di "morale".
Va bene che il filosofo nietzschiano è colui che dice: "così dev'essere" ma, insomma...
Ti avevo già postato la prima voce che dà come risultato digitando su Google "etica": "Dottrina o
indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene
e del male".
Ora vi aggiungo questa della celebre "Treccani" ("http://www.treccani.it/vocabolario/etica/")
sperando che basti a placare il tuo, diciamo, "furore semantico"...
In ogni caso, se proprio non dovesse bastare, sostituisci pure nei miei scritti il termine "etica"
con "morale" (non ne avrò a male...).
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: tersite il 27 Febbraio 2019, 19:51:15 PM
E mutando da provvidenza a destino stoico acquista maggiore validità esplicativa il concetto ?


Ciao Tersite
Chiedevi: "non possedendo io un concetto di "provvidenza" utilizzabile in una discussione logica
quale concetto o parola potrei sostituire ad esso?"
E io ti ho risposto. Ma ho proprio l'impressione che dovresti argomentare un attimino meglio per
farci capire qualcosa...
saluti

tersite

Non posso ulteriormente argomentare perché se al concetto di "provvidenza" viene sostituito quello di "destino" la questione non cambia di nulla.
Cosa posso farmene del destino e della provvidenza se sono termini che variano da scuola a scuola da corrente a corrente e che sono contenitori per qualsiasi volo di fantasia.
Qualsiasi ulteriore argomentazione sarebbe un accanirsi sul discredito da assegnare a termini come destino e provvidenza ed accanirsi è solo uno sfoggio di retorica inutile.
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2019, 07:02:37 AM
. Aggiungo solo che anche sul piano teorico non ha senso l'eurocentrismo della premessa postulata da Ox.
.


Ciao Ipazia
Per un sovranista come me è piuttosto imbarazzante essere definito "eurocentrico", ma pazienza...
E, in cosa consisterebbe questa insostenibilità (anche) sul piano teorico dell'eurocentrismo
della premessa da me postulata?
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: tersite il 27 Febbraio 2019, 20:17:02 PM
Non posso ulteriormente argomentare perché se al concetto di "provvidenza" viene sostituito quello di "destino" la questione non cambia di nulla.
Cosa posso farmene del destino e della provvidenza se sono termini che variano da scuola a scuola da corrente a corrente e che sono contenitori per qualsiasi volo di fantasia.
Qualsiasi ulteriore argomentazione sarebbe un accanirsi sul discredito da assegnare a termini come destino e provvidenza ed accanirsi è solo uno sfoggio di retorica inutile.
Ciao Tersite
Mah guarda, pur mettendoci tutta la buona volontà non riesco a capire quale sia il problema...
saluti

tersite

Citazione di: 0xdeadbeef il 27 Febbraio 2019, 15:37:48 PM
Ciao Davintro
Saprai senz'altro che, anche a livello teologico, il nord-europa protestante non è tanto incline a
credere al libero arbitrio quanto piuttosto alla "provvidenza".
Perchè il problema non è tanto il "bene in sé" quanto, dicevo, l'"ambivalenza", cioè la possibilità
per l'essere umano di scegliere il Bene o il Male.
La teologia protestante è su questo punto molto chiara: l'uomo non può salvarsi sulla base delle
proprie azioni, ma tutto è "predestinato" fin dall'inizio.
Ora, non è che teologia protestante determini in tutto e per tutto quella che è la visione filosofica
e culturale di quel mondo, ma certo ne rappresenta uno dei fondamenti più importanti.
Se l'uomo non è "ambivalente", cioè non è dotato di libero arbitrio ma è guidato dalla provvidenza, allora
non avrà bisogno di nessuna indicazione circa il "bene in sè", perchè egli stesso sarà il "bene in sè".
Naturalmente non che la teologia protestante o la filosofia anglosassone non riconoscano, ove presenti,
le opere malvagie dell'uomo.----------> Ma queste saranno intese NON come connaturate all'uomo stesso (come possibilità
intrinseca che fa di ogni uomo un "peccatore"), ma saranno piuttosto intese come "deviazioni" dall'ordine
costituito e naturale delle cose.
Dunque, laddove non deviato (o, nella modernità, "malato"), l'uomo che tende a perseguire il proprio utile
particolare tenderà "provvidenzialmente" a perseguire anche l'utile della collettività.
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Quanto all'associazione ("molto stringente"...) fra le concezioni teoretica e morale dell'empirismo della
filosofia anglosassone e della metafisica di quella continentale, mi limito a segnalare il basilare
apporto della teologia francescana, che con la sua netta distinzione fra "ratio" e "fides" ha permesso
alla filosofia anglosassone di sviluppare il proprio peculiare empirismo senza, diciamo, troppo
preoccuparsi delle implicazioni di questo con l'aspetto religioso...
saluti

Sono conclusioni immotivate, o meglio motivate da categorie quali provvidenza o destino che non han fondamento alcuno.
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

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