SCOMMETTERE ANCORA, CONTRO IL NULLA

Aperto da PhyroSphera, 05 Agosto 2021, 13:22:53 PM

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PhyroSphera

SCOMMETTERE ANCORA, CONTRO IL NULLA

Senza dubbio la tesi della eternità dell'essente è un'astrazione la quale — per quanto nobile sia — non aggiunge nulla di veramente nuovo ai risultati raggiunti durante l'Evo Antico dalla Scuola di Elea. Difatti sarebbe una novità se essa fosse concretizzabile entro una prospettiva realista ma la coincidenza di essere e pensiero vieta proprio di estenderne l'astrazione alla intuizione concreta della realtà. In tal senso Parmenide ed Eraclito non furono mai in conflitto perché il primo restò entro l'ambito della intellezione ed il secondo entro l'ambito della intuizione.
A che si deve, dunque, il costante tentativo — lo stesso attuato ossessivamente dal suo autore E. Severino — di applicare quella tesi alla interpretazione diretta della realtà, se non a una forzatura intellettuale, insomma a quella prepotenza ontologica abilmente identificata da Levinas quale prevalere e far prevalere il pensiero della totalità sulla intuizione dell'infinito? In tal senso il postmodernismo si mostra superiore al modernismo, cioè quest'ultimo se ne dimostra giudicato secondo parametri storici, oltre che intellettuali, superiori.
È proprio così: nella intuizione dell'infinito non è l'essente dicibile eterno ma lo è il suo divenire. Il divenire è un termine di riferimento più originario dell'essere; e ha senso l'eternità dell'essere per l'esistere sospesi tra due nullità, nel nascere per dover morire ma nel divenire sempre, anche morendo, qualcos'altro, da anima e corpo ad anima (e — lo dico per chi vi ponesse mente — di nuovo al corpo pure, nelle rinascite).
Si perde la scommessa contro il nulla se vi si attribuisce un potere cui contrapporre concretamente un intero sistema filosofico.



MAURO PASTORE

viator

Salve PhyroSphera. Ti chiedo, se vorrai e se potrai, di fornirmi un semplice chiarimento lessicale che - augurabilmente - mi permetta di meglio "penetrare" il tuo pensiero : quale è la differenza di significato da te attribuita (se ne attribuisci) tra il termine "ESSENTE" ed il termine "ENTE" ?.


Ti ringrazio e ti saluto.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

PhyroSphera

Citazione di: viator il 05 Agosto 2021, 16:37:16 PM
Salve PhyroSphera. Ti chiedo, se vorrai e se potrai, di fornirmi un semplice chiarimento lessicale che - augurabilmente - mi permetta di meglio "penetrare" il tuo pensiero : quale è la differenza di significato da te attribuita (se ne attribuisci) tra il termine "ESSENTE" ed il termine "ENTE" ?.


Ti ringrazio e ti saluto.


Essente: "che è".
Ente: "ciò che è".


MAURO PASTORE

viator

Citazione di: PhyroSphera il 05 Agosto 2021, 19:18:04 PM
Citazione di: viator il 05 Agosto 2021, 16:37:16 PM
Salve PhyroSphera. Ti chiedo, se vorrai e se potrai, di fornirmi un semplice chiarimento lessicale che - augurabilmente - mi permetta di meglio "penetrare" il tuo pensiero : quale è la differenza di significato da te attribuita (se ne attribuisci) tra il termine "ESSENTE" ed il termine "ENTE" ?.


Ti ringrazio e ti saluto.


Essente: "che è".
Ente: "ciò che è".


MAURO PASTORE


Salve PhyroSphera. Grazie. Tempestivo ed incisivo.


Purtroppo non ci capiremo, credo, anche se la cosa non sarà molto importante.


Dal mio punto di vista conosco solamente gli ENTI (ciò che è in modo specificabile e riconoscibile) oppure le ENTITA' (ciò che è in modo non specificabile e non riconoscibile). Cordialissimi saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: PhyroSphera il 05 Agosto 2021, 13:22:53 PM
SCOMMETTERE ANCORA, CONTRO IL NULLA

Senza dubbio la tesi della eternità dell'essente è un'astrazione la quale — per quanto nobile sia — non aggiunge nulla di veramente nuovo ai risultati raggiunti durante l'Evo Antico dalla Scuola di Elea. Difatti sarebbe una novità se essa fosse concretizzabile entro una prospettiva realista ma la coincidenza di essere e pensiero vieta proprio di estenderne l'astrazione alla intuizione concreta della realtà. In tal senso Parmenide ed Eraclito non furono mai in conflitto perché il primo restò entro l'ambito della intellezione ed il secondo entro l'ambito della intuizione.
A che si deve, dunque, il costante tentativo — lo stesso attuato ossessivamente dal suo autore E. Severino — di applicare quella tesi alla interpretazione diretta della realtà, se non a una forzatura intellettuale, insomma a quella prepotenza ontologica abilmente identificata da Levinas quale prevalere e far prevalere il pensiero della totalità sulla intuizione dell'infinito? In tal senso il postmodernismo si mostra superiore al modernismo, cioè quest'ultimo se ne dimostra giudicato secondo parametri storici, oltre che intellettuali, superiori.
È proprio così: nella intuizione dell'infinito non è l'essente dicibile eterno ma lo è il suo divenire. Il divenire è un termine di riferimento più originario dell'essere; e ha senso l'eternità dell'essere per l'esistere sospesi tra due nullità, nel nascere per dover morire ma nel divenire sempre, anche morendo, qualcos'altro, da anima e corpo ad anima (e — lo dico per chi vi ponesse mente — di nuovo al corpo pure, nelle rinascite).
Si perde la scommessa contro il nulla se vi si attribuisce un potere cui contrapporre concretamente un intero sistema filosofico.

MAURO PASTORE

Bisogna pur dar lavoro ai metafisici, costruttori di interi sistemi filosofici.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#5
@phyrosphera
Alquanto ermetici i concetti oltre ad esservene troppi.
Allora per costruire la discussione:


1) Gli essenti di Severino sono "enti viventi" quindi in divenire. Questa manifesta aporia, però apparente, supera il ragionamento ontologico di Parmenide, in quanto ogni essente essendo in divenire è eterno. In sintesi significa che ogni essente essendo eterno nel movimento diveniente si comprende come una sequenza di fotogrammi eterni e affinché fra eternità e divenire vi sia una relazione, Severino istituisce una paralogica dialettica negativa.
2)Parmenide è ragione, non intellezione, Eraclito è fra ragione e intellezione.
3) potrei sbagliarmi, dovrei approfondire, ma non esiste una "intuizione dell'infinito", direi dell'incommensurabile.  Già Aristotele nei primi passi di "Fisica" dice che   l'infinito è una quantità ,non una qualità Il pensiero di Severino vi rimane aderente, a mio parere sono altri i suoi limiti di pensiero. Semmai ,questo è il mio parziale giudizio sul pensiero di  Severino, è "sterile", dice poco del mondo.
4) non so cosa si voglia esprimere con il giudizio il postmoderno è meglio del moderno: in che che cosa?
5) Il divenire viene dopo l'Essere. Semmai l'esistenza che è diveniente è significativa nel momento in cui "cerca" l'Essere.
6) non so se esista la metempsicosi, la reincarnazione. Se c'è, non trovo che abbia senso all'interno di un nirvana buddhista. La reincarnazione deve trovare senso con l'Essere


I commenti sono più nel senso di cercare chiarezze e aprire al dialogo.

iano

#6
@Paul 11.
Lodevole il tuo tentativo di rendere meno ermetico il nocciolo di questa discussione.
L'infinito è una molteplicità.
Non è un numero perché alla molteplicità non corrisponde alcun numero preciso.
Perché quando si chiama in causa la molteplicità è implicito che ci si sta astenendo volutamente dal contare.
Tuttavia, se l'infinito è una molteplicità che bisogno abbiamo di chiamarlo in causa, come cosa nuova?
Per capirlo occorre sgombrare il campo da un malinteso.
Per conoscere una quantità non è necessario contare.
Non sempre , quantomeno.
Insiemi fino a 4,5 elementi li percepiamo, nella loro quantità, senza contarli.
Da qui nasce il concetto di molteplicità .
È là quantità che non riusciamo a percepire, ma che possiamo solo contare.
Ma nel momento in cui generalizziamo il contare per qualunque insieme, allora si divarica la storia della molteplicità da quella di infinito.
Infatti la molteplicità non è più indefinita, ma solo in attesa di essere contata, mentre l'infinito eredità solo la indefinitezza.
Questa non è una storia rigorosa dell'infinito, ma solo una mia invenzione che spero stimolante per voi, sperando di non essere stato ermetico a mia volta.
In effetti l'ermetismo, al di là' della sua origine storica, inteso nell'accezione corrente, credo abbia molto a che fare con storie inventate che non si vuole ammettere come tali.
Ma, quando ammesso come tale, direi essere lodevole e stimolante esercizio.
Illuminante comunque la tua critica su Severino. Grazie.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paul11

#7
 @iano


Ci sono state alcune discussioni sull'infinito....infinita discussione ;D 


Se si dice molteplice e UNO, se si dice finito e infinito, se si dice intero e parte bisogna fare attenzione a cosa ci si riferisce e parecchi filosofi anche arci noti ,ci sono caduti.
Se vi sono due domini del tempo, l'eterno e il divenire, si porranno attribuzioni, appellativi, essenze, numeri ,in funzione del dominio. Se Parmenide dice che ogni ente è eterno , significa che non accetta l'evidenza del divenire. Gli altri filosofi che accettano sia l'eterno o il divenire, oppure non li distinguono ma pongono l'Essere, o Dio, o l'UNO. ecc come fondamento generatore della molteplicità, devono fare attenzione alle relazioni.
Questa problematica è il nocciolo della metafisica ed è la differenza fra i filosofi "naturalisti", la scuola di Elea di Parmenide, Platone e Aristotele; ognuno lo svolge a suo modo.
Quando Severino si riferisce all'"aporia del fondamento", indica le posizioni di Platone ed Aristotele, che a suo parere commettono l'errore contraddittorio , l'aporia, di accettare il divenire.


L'infinito è soprattutto un simbolo numerico, c'è la matematica degli infinitesimali, che guarda caso tocca i concetti di continuo e di limite, gli stessi concetti analizzati da Aristotele.
Quando Cantor inventa l'insiemistica , ad ogni gruppo di numeri: naturali, reali, razionali, irrazionali, ecc. corrisponde un infinito, L'infinito è una quantità, che metaforicamente nei vari linguaggi si fa diventare un nome, un appellativo, un attributo, ma la sua natura originaria è quella quantitativa che la matematica ha incluso come operazionale., come calcolo numerico.
Se non fosse così: qual è la sostanza dell'infinito, del molteplice?
Nella fisica attuale si cerca il gravitone: esiste la particella dello spazio e del tempo?
Quando la teoria scientifica cosmologica dice che tutto l'universo era così addensato da stare al tempo zero dentro una capocchia di fiammifero e poi avvengono in tempi infinitesimali le prime "reazioni " dove appare il bagliore di luce,  dei fotoni e poi si espande velocissimo......che cosa è allora lo spazio e il tempo se non una derivata, un effetto delle prime reazioni fisiche ,sempre se questa teoria fosse corretta, di dilatazione dell'energia che costituirà come appare la forza gravitazionale che concentra e condensa l'energia in materia ? E' una domanda che non ha ancora risposte, ma fa riflettere.


Il molteplice nasce dalla moltiplicazione di enti i cui riferimenti primari non sono nel divenire sono nell'eternità. Ma ci sono limiti, come già scritto , come quando cerchiamo soluzioni a 0/1 e 1/0:impossible e indeterminato dice la matematica.

Per me metafisica, linguaggi, conoscenze delle scienze moderne......è tutto relazionato ed è necessario che lo siano, diversamente nascono aporie, antinomie, contraddizoni......ma allo stesso tempo è bene che vi siano, poiché ad esempio le matematiche e la logica sono "cresciute" grazie ai paradossi . Quando Hilbert stilò nel famoso congresso dei matematici nel 1900,  i 23  problemi allora insolubili della matematica, ha spinto i ricercatori a trovare le soluzioni

iano

#8
Interessante la critica che Cantor fa' dell'infinito potenziale di Aristotele: "... l'infinito potenziale ha solo una realtà presa a prestito, dato che un concetto di infinito potenziale rimanda sempre a un concetto di infinito attuale che lo precede logicamente e ne garantisce l'esistenza."
Con l'ipotesi dell'infinito potenziale Aristotele cercava di esorcizzare l'infinito attuale, per riportare ordine nel mondo.
L'infinito per i greci era infatti Apeiron , nel significato di caos, compreso quello originale da cui si genera il mondo, che invece è ordinato e non ammette residui di Apeiron, cosa che  l'infinito attuale minacciava di essere.
Parafrasando Cantor, come si fa' a concepire che il mondo ordinato derivi dal caos se non perché esso è attuale?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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