Scienza, psicologia, sogni, archetipi.

Aperto da Carlo Pierini, 13 Maggio 2019, 15:20:39 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Carlo Pierini

Copio-incollo lo stralcio di uno scambio di idee che ebbi tempo fa con un interlocutore (che, per la privacy, chiamo "Franco) in un altro forum di discussione. Per ragioni di spazio lo divido in due post.

N. 1
=============

FRANCO
Posso perfino sospendere il giudizio, in nome di un principio di tolleranza estremamente liberale, sulla scientificita' della teoria junghiana degli archetipi, ma non posso evitarti la domanda che piu'  volte ho fatto, circa il *che cosa* sarebbe dimostrato.
 
CARLO
"Dimostrare" ha due significati ben diversi a seconda che lo riferiamo a teorie riguardanti domini di studio che si prestino - oppure che non si prestino - al metodo matematico sperimentale. Se si intraprende il cammino del "conosci te stesso", dobbiamo essere ragionevolmente e fermamente disposti a rifiutare i metodi - assolutamente inadeguati e inutili - del cammino del "conosci il mondo fisico".
 
FRANCO
Infatti il "conosci te stesso" e' un cammino solitario, che dall'inizio alla fine riguarda solo te stesso.
 
CARLO
"Conosci te stesso" è una metafora per dire "conosci l'uomo", costruisci una scienza dell'uomo. E la psicologia è il primo passo di questa scienza, sebbene i suoi metodi non possano e NON DEBBANO coincidere con i metodi delle scienze del mondo fisico. La psiche e i suoi contenuti non hanno proprietà fisiche. Ma questo non significa certo che essa sia un territorio senza ordine né leggi, un Far-West senza sceriffo.
 
FRANCO
La "scienza dell'uomo" e' una "scienza" non solo incompleta, ma in se stessa incongruente; perche' scienza *dell'* uomo pretende il senso *oggettivo* del genitivo (l'uomo come *oggetto* di un sapere scientifico), mentre e' ineliminabile il senso *soggettivo* del genitivo (l'uomo come *soggetto* attivo, produttivo di tale sapere).
 
CARLO
Anche il soggettivo può avere una sua oggettività, sebbene di natura diversa dall'oggettività matematicamente ponderabile. Se tu hai sognato Brigitte Bardot e invece dici di aver sognato Napoleone a Waterloo, la prima versione è oggettiva, la seconda è soggettiva; o, comunque, non si può parlare di un medesimo grado di soggettività. Come dice Jung:
 
"La psiche è inizio e fine di ogni conoscenza. Anzi, essa non è soltanto l'oggetto della sua scienza, ma ne è anche il soggetto. Questa situazione eccezionale tra tutte le scienze implica da un lato un dubbio costante sulla sua possibilità in generale, dall'altro assicura alla psicologia un privilegio e una problematica che appartiene ai compiti più ardui di una futura filosofia". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.143]
 
E questo compito della filosofia consisterà certamente nel dover rielaborare il pdnc (e dico "rielaborare", non "abolire").
 
>> CARLO
>> Io ho proposto delle esperienze concrete (le famose "visioni"); e ho dato delle risposte alle tue domande sulla base di quelle, proprio come fanno (mutatis mutandis) gli scienziati: ho interpretato dei fatti. Quindi dovresti partire anche tu da quelle esperienze (o da altre, se ne hai) e fornire una tua interpretazione. Poi metteremo a confronto la tua interpretazione con la mia, che, guardacaso, coincide in linea di massima con quella di Jung. Questo è il modo più sicuro per non finire col parlarci addosso in interminabili disquisizioni astratte. Scientia docet: prima i fatti, poi l'interpretazione dei fatti.
 
> FRANCO
> Nel corso degli anni abbiamo esaurito tutta la gamma di altezza, intensita', timbro e durata della polemica > e dell'eristica, riguardo al merito del contenzioso.

CARLO
No, nel corso degli anni, non c'è stata una sola persona che abbia commentato nel merito, nel dettaglio e nel contenuto quelle esperienze e che abbia minimamente tentato un'interpretazione materialista alternativa a quella junghiana. Quei pochi ed evasivi giudizi che ho letto sono solo giudizi a-priori, ben alla larga dai fatti. Esattamente come i giudizi dei preti sulle osservazioni di Galileo: lo stesso identico timore del confronto in nome del Santissimo Metodo Matematico-Sperimentale!
Ma tutto questo imbarazzo lo capisco molto meglio di te e di chiunque altro, perché io stesso, da teorico del materialismo qual ero, ho dovuto arrendermi di fronte all'impossibilità di dar loro un'interpretazione diversa da quella junghiana. E la resa è difficile per chi non pone al primo posto la verità.
 
FRANCO
Quale verita'?
 
CARLO
Se hai sognato Brigitte Bardot, *non è vero* che hai sognato Napoleone a Waterloo, sebbene entrambe le versioni siano "soggettive" ed entrambe popperianamente "inverificabili e infalsificabili".
 
FRANCO
Il simbolo, il mito, l'idea di dio... sono di certo *significati*, prodotti della facolta' immaginativa della mente
umana e che come tali possono interessare la psicologia; ma sono anche  *significanti*, cioe' denotanti realta' indipendenti dalla mente umana?
 
CARLO
Nessuna conoscenza è assolutamente indipendente dalla mente umana, nemmeno la Fisica, essendo ogni sapere una concordanza dia-lettica tra  <<ordo et connexio idearum>> e <<ordo et connexio rerum >>.
Come ci ricordano Heisenberg e Bohr, in accordo con Jung:
 
"Dobbiamo ricordare che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa, ma *la natura esposta ai nostri metodi d'indagine*. Nella fisica il nostro lavoro scientifico consiste nel porre delle domande alla natura *nel linguaggio che noi possediamo* e nel cercare di ottenere una risposta dall'esperimento con i mezzi che sono a nostra disposizione. In tal modo la teoria dei quanta ci ricorda, come ha detto Bohr, la vecchia saggezza per cui, nella ricerca dell'armonia nella vita, non dobbiamo dimenticarci che nel dramma dell'esistenza siamo insieme attori e spettatori".  [W. HEISENBERG: Fisica e filosofia - pg. 73]
 
"L'empirista cerca, con maggiore o minore successo, di dimenticare o rimuovere, in favore della «obiettività scientifica», i suoi principi esplicativi, ossia le premesse psichiche indispensabili al processo della conoscenza. Il filosofo ermetico, viceversa, considera proprio queste premesse psichiche, ossia gli archetipi, come le componenti indispensabili dell'immagine del mondo empirica. Egli non è ancora così dominato dall'oggetto da poter trascurare la palpabile presenza delle premesse psichiche nella forma di quelle idee eterne da lui sentite come realtà. [...] Il nominalista empirico spera di riuscire a produrre un'immagine del mondo indipendente sotto ogni aspetto dall'osservatore. Questa speranza si è realizzata solo parzialmente, come hanno dimostrato i risultati della fisica moderna: l'osservatore non può essere definitivamente escluso; le premesse psichiche continuano ad operare".   [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.311/12]


La risposta è nel post seguente.

Carlo Pierini

#1
N. 2
===========

> CARLO
> Anche il soggettivo può avere una sua oggettività, sebbene di natura diversa dall'oggettività matematicamente ponderabile. Se tu hai sognato Brigitte Bardot e invece dici di aver sognato Napoleone a Waterloo, la prima versione è oggettiva, la seconda è soggettiva; o, comunque, non si può parlare di un medesimo grado di soggettività. Come dice Jung:

"La psiche è inizio e fine di ogni conoscenza. Anzi, essa non è soltanto l'oggetto della sua scienza, ma ne è anche il soggetto. Questa situazione eccezionale tra tutte le scienze implica da un lato un dubbio costante sulla sua possibilità in generale, dall'altro assicura alla psicologia un privilegio e una problematica che appartiene ai compiti più ardui di una futura filosofia". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.143]

FRANCO
Ti pareva che Jung nello scrivere non ci infilasse una sciocchezza: se  la psiche e' soggetto ed oggetto della conoscenza di se stessa, essa e',  eventualmente, inizio e fine della conoscenza della psiche, *non* di *ogni* conoscenza.

CARLO
TUTTA la conoscenza inizia nel momento in cui c'è un soggetto che vuole conoscere; e il fine di ogni conoscenza è soddisfare il bisogno soggettivo di conoscere. Jung ha detto una cosa stra-ovvia.

> FRANCO
> Che sia oggetto e soggetto al tempo stesso e' una castroneria logica galattica, per vari motivi; ma va bene, vorra' dire che conoscere un albero significhera' essere un albero   :-)

CARLO
In un certo senso è proprio così (con i dovuti "distinguo"). Tommaso, per esempio, afferma che nella conoscenza "l'oggetto conosciuto è nel conoscente secondo la natura del conoscente stesso"; e la chiama conoscenza "per unionem" o "per assimilationem" dell'oggetto nel soggetto. La sua non è altro che una variante della spinoziana concordanza-unità-complementarità tra "ordo et connexio idearum" e "ordo et connexio rerum".
Pertanto nel conoscere se stessi, cioè, nel conoscere la dinamica dei sogni, delle idee, dei sentimenti, ecc. non c'è nulla di illogico, sempre che per logica si intenda una logica dialettica capace di distinguere le contraddizioni dalle opposizioni complementari, e non la logica puerile e indiscriminante di cui fanno uso alcuni logici di nostra conoscenza.

> CARLO
> E questo compito della filosofia consisterà certamente nel dover rielaborare il pdnc (e dico "rielaborare", non "abolire").

FRANCO
Cioe' a spese della logica. Auguri...

CARLO
No, a vantaggio della conoscenza del soggetto da parte del soggetto. Dovremo distinguere l'oggettività delle cose fisiche dall'oggettività degli eventi soggettivi (sogni, sentimenti, idee, patologie psichiche, proiezioni, ecc.) e tenere conto di questo sdoppiamento di significato allorché applichiamo il pdnc. Cioè, dovremo distinguere i casi in cui soggetto e oggetto costituiscono una contraddizione, dai casi in cui costituiscono una complementarità di opposti.

> > CARLO
> > Nessuna conoscenza è assolutamente indipendente dalla mente umana, nemmeno la Fisica, essendo ogni sapere una concordanza dia-lettica tra  <<ordo et connexio idearum>> e <<ordo et connexio rerum >>.
> > Come ci ricordano Heisenberg e Bohr, in accordo con Jung:
> >
> > "Dobbiamo ricordare che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa, ma *la natura esposta ai nostri metodi d'indagine*. Nella fisica il nostro lavoro scientifico consiste nel porre delle domande alla natura *nel linguaggio che noi possediamo* e nel cercare di ottenere una risposta dall'esperimento con i mezzi che sono a nostra disposizione. In tal modo la teoria dei quanta ci ricorda, come ha detto Bohr, la vecchia saggezza per cui, nella ricerca dell'armonia nella vita, non dobbiamo dimenticarci che nel dramma dell'esistenza siamo insieme attori e spettatori". [W. HEISENBERG: Fisica e filosofia - pg. 73]

FRANCO
Molto bene. E in che cosa si distingue l'attore dallo spettatore? Si e'  attori oppure spettatori dei propri sogni?

CARLO
Da un ben preciso punto di vista siamo spettatori dei nostri sogni, perché non sono prodotti volontari della coscienza, ma ci sono imposti dall'inconscio. Ma da un altro preciso punto di vista - specialmente in riferimento ai sogni archetipici - ci sono buone ragioni per credere che ciò che l'inconscio impone non siano immagini "preconfezionate", ma forme astratte, strutture vuote (gli archetipi) che poi la coscienza riempie con immagini simbolicamente corrispondenti tratte dalla propria esperienza personale. Ecco secondo questo aspetto, noi siamo ATT-ORI perché la coscienza (sebbene dormiente) contribuisce ATT-IVAMENTE alla formazione del sogno (o della visione, o dell'ispirazione), in modo analogo a come Tommaso concepisce la conoscenza.
Scrive Jung:

<<Mi accade continuamente di imbattermi nell'equivoco secondo cui gli archetipi sarebbero contenutisticamente determinati, sarebbero cioè una sorta di "rappresentazioni" inconsce. Devo perciò ancora una volta sottolineare che essi non sono determinati dal punto di vista del contenuto, bensì soltanto in ciò che concerne la forma, e anche questo in misura assai limitata. Che un'immagine primordiale sia contenutisticamente determinata lo si può dimostrare solo quand'è divenuta cosciente e si è perciò arricchita del materiale dell'esperienza cosciente. La sua forma è piuttosto paragonabile, come ho spiegato altrove, al sistema assiale di un cristallo il quale per così dire preforma la struttura del cristallo stesso nell'acqua madre, senza possedere un'esistenza materiale sua propria. Questa si esprime soltanto nel modo in cui si cristallizzano ioni e molecole.
L'archetipo è in sé un elemento vuoto, formale, nient'altro che una facultas praeformandi, una possibilità data a priori della forma di rappresentazione. (...) Difficilmente si può dimostrare la presenza in sé degli archetipi, così come degli istinti, fintantoché essi non si manifestano concretamente. Quanto alla determinatezza della forma, il paragone con la formazione del cristallo è illuminante, giacché il sistema assiale determina unicamente la struttura stereometrica, non Ia forma concreta dell'individuo cristallino. Questo può essere piccolo o grande, oppure variare a seconda della diversa conformazione delle sue superfici o del reciproco concrescimento. Costante è solo il sistema assiale nelle sue proporzioni per principio invariabili. Lo stesso vale per l'archetipo: esso può essere in linea di principio denominato e possiede un nucleo di significato invariabile: questo però determina il suo modo di manifestarsi solo in teoria, mai in concreto. Così, per esempio, il "modo" in cui l'archetipo materno si manifesta volta per volta sul piano empirico non può essere dedotto unicamente dall'archetipo stesso, ma poggia anche su fattori personali>>.  [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pp. 80/82]

FRANCO
E le allucinazioni?

CARLO
Le allucinazioni sono irruzioni di "contenuti" inconsci talmente intense e "oggettive" che vengono percepite come ESTERNE all'Io, cioè vengono proiettate nello spazio esterno e oggettivizzate. Quando non sono proiettate all'esterno, ma sono percepite come interiori, si hanno le cosiddette visioni interiori, o ispirazioni.

> > CARLO (cit. Jung)
> > "L'empirista cerca, con maggiore o minore successo, di dimenticare o rimuovere, in favore della «obiettività scientifica», i suoi principi esplicativi, ossia le premesse psichiche indispensabili al processo della conoscenza. Il filosofo ermetico, viceversa, considera proprio queste premesse psichiche, ossia gli archetipi, come le componenti indispensabili dell'immagine del mondo empirica. Egli non è ancora così dominato dall'oggetto da poter trascurare la palpabile presenza delle premesse psichiche nella forma di quelle idee eterne da lui sentite come realtà. [...] Il nominalista empirico spera di riuscire a produrre un'immagine del mondo indipendente sotto ogni aspetto dall'osservatore. Questa speranza si è realizzata solo parzialmente, come hanno dimostrato i risultati della fisica moderna: l'osservatore non può essere definitivamente escluso; le premesse psichiche continuano ad operare".   [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.311/12]

FRANCO
Cos'e' che farebbe l'empirista?? Ma questo signor Jung aveva un'idea di cosa sia l'epistemologia? Oppure si diverte a ribattezzare con nomi diversi, come "archetipi", quelle che sono le funzioni cognitive basilari per l'organizzazione concettuale dei dati empirici? E si' che Kant l'aveva letto!

CARLO
Nelle scienze, come ben sai, si parla solo degli oggetti osservati, non del soggetto osservatore. Questa si chiama <<oggettività scientifica>>.
Tuttavia, le formule matematiche (gli archetipi dell'ordine quantitativo) o i paradigmi di interpretazione dei fatti sono "fornite" dal soggetto, dalle sue funzioni cognitive, e sono le componenti soggettive della conoscenza (le premesse psichiche a cui allude Jung).
Come dice Frege, le verità logico-matematiche sono atemporali (eterne) e hanno una loro realtà propria; e Jung conferma questo concetto Jung quando parla della <<palpabile presenza delle premesse psichiche nella forma di quelle idee eterne sentite come realtà>>.

Discussioni simili (5)