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Scienza e scientismo

Aperto da 0xdeadbeef, 04 Settembre 2018, 20:21:23 PM

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0xdeadbeef

In relazione alle ultime discussioni, vorrei soffermarmi un attimo sul rapporto che
intercorre fra la scienza e la sua, chiamiamola, "estensione" (una estensione che è
in ultima analisi filosofica): lo "scientismo".
La miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico
di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o
misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Bah, di definizioni se ne possono trovare tante, ma questa ritengo sia, davvero, la più
generica ed "esatta" nella sua genericità onnicomprensiva (quindi la più adatta ad una
riflessione di tipo filosofico).
Altrettanto direi della definizione di "scientismo", che nell'Abbagnano così recita: "l'
atteggiamento di chi dà importanza preponderante alla scienza dei confronti delle altre
attività umane, o ritiene che non ci siano limiti alla validità e all'estensione della
conoscenza scientifica. In questo senso il termine equivale a "positivismo".
(preciso che questa definizione di "scientismo" è la seconda; quella prevalente nella
cultura non-anglosassone).
Bah, sulla base di quanto appena accennavo sul post "La psicologia e la psichiatria
hanno valore di scienze?" mi sembra di poter rilevare che oggigiorno si è andati ben
oltre la scienza, sconfinando in un vero e proprio feticismo scientista.
E' ritenuta scienza, dicevo, persino la politica (l'ottimo Jacopus vi ha opportunamente
aggiunto l'economia, il diritto, la sociologia e la storia), figuriamoci.
Ora, chiedevo, perchè, come e da dove nasce questo "bisogno di scienza"?
Per rispondere a questa domanda credo interessante andare a vedere meglio cosa dice il
Dizionario di Abbagnano: "la limitazione espressa con le parole: "in modo o misura
qualsiasi" (vedi definizione di "scienza") è qui inclusa per rendere la definizione
applicabile alla scienza moderna, che non ha pretese di assolutezza. Ma il concetto
tradizionale della scienza è quello per il quale la scienza include una garanzia
assoluta di validità".
E allora, io dico, ecco svelato l'arcano...
Quello che va per la maggiore è il concetto tradizionale di scienza. Perchè l'uomo ha
bisogno di certezze, e la divinità "morta" di Nietzsche ci rientra dalla finestra nelle
sembianze di un apparato tecno-scientifico che l'uomo assume come rimedio contro
l'angoscia suscitata dal divenire delle cose (come in Severino).
Ma vi è ben di più che non la sola ripresa del concetto tradizionale di scienza.
"O la cosa è scienza o non è nulla", dicevo.
Un uomo atterrito dal nichilismo e dal relativismo non può accontentarsi di un sapere
dubbio o tutt'al più probabile. Ecco allora che tutto diviene "scienza" (tradizionalmente
intesa, ovviamente), perchè solo la scienza dà certezze...
Un uomo odierno, si diceva, certamente molto meno libero che non quello degli ultimi otto-
nove secoli (che "conosceva" Dio e sapeva anche relegarlo in un ruolo...)
Per certi versi l'attuale situazione mi ricorda infatti quella dell'alto medioevo, allorquando
le uniche "cause" possibili degli effetti e del divenire delle cose erano Dio o il demonio...
Finchè l'uomo, per così dire, "non imparerà a riconoscere questo nuovo dio" non saprà né
assegnargli un ruolo né, all'occorrenza, ignorarlo.
saluti

sgiombo

Personalmente non sono affatto atterrito dal nichilismo e dal relativismo e credo di potermi benissimo realisticamente accontentare di un saperedubbio, essendone consapevole e indagando (filosoficamente; e criticando filosoficamente -anche- la conoscenza scientifica) le ragioni dell' insuperabilità razionale del dubbio scettico stesso, le condizioni alle quali, i limiti entro i quali e il senso in cui può aversi conoscenza vera, in generale e in particolare scientifica.

...Ma si sa, mi sono sempre vantato di essere assai anticonformista.

Mi sembra palese, indubbio che  lo scientismo, così definito -a mio parere correttamente- "a là Abbagnano é una forma di irrazionalismo (e personalmente, con Lucacs, me la spiego con il carattere di grave regresso umano e civile, di "decadenza civile e morale" dell' epoca che purtroppo ci é capitato di vivere).

Dubito peraltro molto che dell' uomo odierno (ma vi sono non pochi diversi e anche contrastanti modi di essere "uomo moderno"; diciamo: della "versione più diffusa", per lo meno in Occidente, di umanità) si possa dire che certamente sia molto meno libero che non quello degli ultimi otto-nove secoli (che "conosceva" Dio); che sapesse anche relegarlo in un ruolo limitato mi sembra falso e contraddittorio rispetto alla natura infinita "da sempre" attribuita a Dio stesso).

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 04 Settembre 2018, 21:04:53 PM
Dubito peraltro molto che dell' uomo odierno (ma vi sono non pochi diversi e anche contrastanti modi di essere "uomo moderno"; diciamo: della "versione più diffusa", per lo meno in Occidente, di umanità) si possa dire che certamente sia molto meno libero che non quello degli ultimi otto-nove secoli (che "conosceva" Dio); che sapesse anche relegarlo in un ruolo limitato mi sembra falso e contraddittorio rispetto alla natura infinita "da sempre" attribuita a Dio stesso).


Beh, diciamo che questa parte della mia riflessione (che, voglio almeno sperare, a questo non
si esaurisce...) è riferita ad un epoca, diciamo, "pre-francescana"...
Con il Francescanesimo (certamente preceduto da importanti movimenti ereticali)
infatti Dio comincia ad essere relegato nella "fides",
perdendo, anche se non certo "di diritto", almeno di fatto la sua "infinità".
Non è certo per un caso che i primi studi sul naturalismo sono fioriti nell'ambiente
francescano (Inghilterra).
saluti

iano

Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 20:21:23 PM
In relazione alle ultime discussioni, vorrei soffermarmi un attimo sul rapporto che
intercorre fra la scienza e la sua, chiamiamola, "estensione" (una estensione che è
in ultima analisi filosofica): lo "scientismo".
La miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico
di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o
misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Bah, di definizioni se ne possono trovare tante, ma questa ritengo sia, davvero, la più
generica ed "esatta" nella sua genericità onnicomprensiva (quindi la più adatta ad una
riflessione di tipo filosofico).
Altrettanto direi della definizione di "scientismo", che nell'Abbagnano così recita: "l'
atteggiamento di chi dà importanza preponderante alla scienza dei confronti delle altre
attività umane, o ritiene che non ci siano limiti alla validità e all'estensione della
conoscenza scientifica. In questo senso il termine equivale a "positivismo".
(preciso che questa definizione di "scientismo" è la seconda; quella prevalente nella
cultura non-anglosassone).
Bah, sulla base di quanto appena accennavo sul post "La psicologia e la psichiatria
hanno valore di scienze?" mi sembra di poter rilevare che oggigiorno si è andati ben
oltre la scienza, sconfinando in un vero e proprio feticismo scientista.
E' ritenuta scienza, dicevo, persino la politica (l'ottimo Jacopus vi ha opportunamente
aggiunto l'economia, il diritto, la sociologia e la storia), figuriamoci.
Ora, chiedevo, perchè, come e da dove nasce questo "bisogno di scienza"?
Per rispondere a questa domanda credo interessante andare a vedere meglio cosa dice il
Dizionario di Abbagnano: "la limitazione espressa con le parole: "in modo o misura
qualsiasi" (vedi definizione di "scienza") è qui inclusa per rendere la definizione
applicabile alla scienza moderna, che non ha pretese di assolutezza. Ma il concetto
tradizionale della scienza è quello per il quale la scienza include una garanzia
assoluta di validità".
E allora, io dico, ecco svelato l'arcano...
Quello che va per la maggiore è il concetto tradizionale di scienza. Perchè l'uomo ha
bisogno di certezze, e la divinità "morta" di Nietzsche ci rientra dalla finestra nelle
sembianze di un apparato tecno-scientifico che l'uomo assume come rimedio contro
l'angoscia suscitata dal divenire delle cose (come in Severino).
Ma vi è ben di più che non la sola ripresa del concetto tradizionale di scienza.
"O la cosa è scienza o non è nulla", dicevo.
Un uomo atterrito dal nichilismo e dal relativismo non può accontentarsi di un sapere
dubbio o tutt'al più probabile. Ecco allora che tutto diviene "scienza" (tradizionalmente
intesa, ovviamente), perchè solo la scienza dà certezze...
Un uomo odierno, si diceva, certamente molto meno libero che non quello degli ultimi otto-
nove secoli (che "conosceva" Dio e sapeva anche relegarlo in un ruolo...)
Per certi versi l'attuale situazione mi ricorda infatti quella dell'alto medioevo, allorquando
le uniche "cause" possibili degli effetti e del divenire delle cose erano Dio o il demonio...
Finchè l'uomo, per così dire, "non imparerà a riconoscere questo nuovo dio" non saprà né
assegnargli un ruolo né, all'occorrenza, ignorarlo.
saluti
Veramente una bella esposizione , la tua , che fa' riflettere.
Si potrebbe riassumere così.
La scienza di oggi si appropria della chiesa come la chiesa di ieri si appropriava della scienza.
Cambiando l'ordine dei fattori,etc...
Beh no , non direi che il risultato non cambia , ma c'è un fil rouge in questa storia, a quanto pare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 21:31:27 PM


Beh, diciamo che questa parte della mia riflessione (che, voglio almeno sperare, a questo non
si esaurisce...) è riferita ad un epoca, diciamo, "pre-francescana"...
Con il Francescanesimo (certamente preceduto da importanti movimenti ereticali)
infatti Dio comincia ad essere relegato nella "fides",
perdendo, anche se non certo "di diritto", almeno di fatto la sua "infinità".
Non è certo per un caso che i primi studi sul naturalismo sono fioriti nell'ambiente
francescano (Inghilterra).
saluti

Trovo che quella del credere in Dio "per fede" o "per ragione" sia diversa questione da quella dell' immanenza (in linea di principio per lo meno difficilmente -ma secondo me per nulla- conciliabile col naturalismo) o trascendenza (conciliabile, anche se non troppo facilmente, col naturalismo).

Comunque ora comprendo che cosa intendevi per "relegamento di Dio" (in una "collocazione ontologica" trascendente che non ne metteva in discussione l ' infinità, come avevo erroneamente inteso).

baylham

"L'atteggiamento di chi dà importanza preponderante alla scienza dei confronti delle altre attività umane". La definizione di Abbagnano mi sembra un buon punto di partenza per definire lo scientismo.

Personalmente definisco scientista ogni posizione che non distingua il piano della morale e della politica da quello della scienza e della tecnica, che non distingua quindi il bene, il giusto dal vero. I recente dibattiti sulle vaccinazioni e sul crollo del ponte Morandi ne sono un esempio. Lo scientismo portato agli estremi sfocia in una sostituzione degli scienziati ai politici: la posizione di Monod espressa ne "il caso e la necessita" costituisce una chiara deriva scientista.

Ritengo inoltre che le scienze umane, dalla biologia alla psicologia, siano scienze alla pari con la fisica o la chimica, la differenza principale consiste nella loro assai superiore complessità: mentre una cosa fisica può essere influenzata direttamente da altre cose fisiche, è impossibile che essa sia influenzata direttamente da una teoria scientifica. Al contrario l'uomo può essere influenzato da una teoria scientifica. Inoltre alcune scienze umane, la psicologia, sono solo agli inizi rispetto alle scienze fisiche.

Non condivido lo scientismo, ma non condivido nemmeno l'atteggiamento contrario di chi sopravvaluta la morale o la politica: il moralismo o politicismo è altrettanto se non più deleterio dello scientismo.

0xdeadbeef

Il punto che a me sembra saliente di tutto il discorso è l'implicazione che esso, il discorso,
ha con la "tecnica" così come essa intesa da Severino (sulla scia, naturalmente, di Heidegger).
Se intendiamo la "tecnica" come quel qualcosa che l'uomo assume come rimedio contro l'angoscia
suscitata dal divenire delle cose, allora non possiamo non vedere chiaramente che mentre ieri
tale rimedio era la divinità, diciamo, classicamente intesa, oggi (nella "morte di Dio") è
l'apparato scientifico e tecnologico.
Per usare la terminologia di Severino, l'Inflessibile (che era stato "flesso") si è ricostituito
come tale; e si è ricostituito appunto nell'apparato scientifico e tecnologico.
Quindi, rispondendo all'amico Iano, non direi che: "la scienza di oggi si appropria della Chiesa".
Direi piuttosto che l'uomo di oggi si appropria della scienza esattamente allo stesso modo in cui,
ieri, si appropriava della Chiesa. Il fine dell'uomo è il medesimo: salvarsi dall'orrore che in
lui suscita il divenire delle cose.
Da questo punto di vista, e per rispondere all'amico Baylam, a me sembra che ci sia ben più che
non una semplice indistinzione dei piani della morale, della politica e della scienza.
Lo scientismo è ben più che l'atteggiamento di chi dà importanza preponderante alla scienza nei
confronti delle altre attività umane. Sì, è anche questo, ma è anche: "l'atteggiamento di chi
ritiene non ci siano limiti alla validità e all'estensione della conoscenza scientifica". Cioè
l'atteggiamento di chi ritiene la scienza "assoluta ed infinita".
Una scienza assoluta ed infinita vuol dire però una scienza "divinizzata" (cioè una falsa scienza,
dal momento che la scienza, per così dire, "autentica" presuppone essa stessa la propria confutabilità).
Vuol dire appunto uno "scientismo", che della scienza rappresenta (oltre che la negazione) un uso
arbitrario che presenta le caratteristiche di una vera e propria psicosi (una psicosi inconscia, che
rimanda, come dicevo, alla definizione severiniana di "tecnica").
saluti

sgiombo

Sarà per il mio (alquanto autocompiaciuto, lo ammetto) anticonformismo, ma non riesco proprio a vedere come la tecnica, che é costituita di mezzi coi quali raggiungere fini realistici (e non fantascientifici; almeno se non é scientisti o tecnomani al limite del patologico; ma per fortuna non ne vedo molti in giro), né la scienza, che strumenti tecnici può contribuire ad inventare, possano essere oggetto di venerazione, o meglio di adorazione, quale era ed é tuttora da chi ci crede (e penso non siano in pochi, nemmeno in Occidente) tributata a Dio.
Dio poteva (e può) consentire di dare un senso alla propria vita (come anche i più svariati ideali, non necessariamente "elevatissimi"; c' é chi lo trova perfino nel gioco d' azzardo!), la tecnica (e la scienza applicata) al massimo possono fornirci veicoli velocissimi e comodissimi e sicuri, ma non ci indicano alcun percorso da seguire.

Carlo Pierini

Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 20:21:23 PMIl concetto tradizionale della scienza è quello per il quale la scienza include una garanzia assoluta di validità".
E allora, io dico, ecco svelato l'arcano...
Quello che va per la maggiore è il concetto tradizionale di scienza. Perchè l'uomo ha
bisogno di certezze, e la divinità "morta" di Nietzsche ci rientra dalla finestra nelle
sembianze di un apparato tecno-scientifico che l'uomo assume come rimedio contro
l'angoscia suscitata dal divenire delle cose (come in Severino).

CARLO
Continui a fare i conti senza l'oste. Non esiste "divenire" che tolga all'affermazione: <<la Terra gira intorno al Sole, non viceversa>> il suo carattere di verità assoluta. 
Con ciò non voglio certo dire che la scienza sia infallibile o che coincida con l'onniscienza, ma che essa PUO' fornire garanzie di verità assoluta.

OXDEADBEEF
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 20:21:23 PMUn uomo atterrito dal nichilismo e dal relativismo non può accontentarsi di un sapere
dubbio o tutt'al più probabile. Ecco allora che tutto diviene "scienza" (tradizionalmente
intesa, ovviamente), perchè solo la scienza dà certezze...
CARLO
Infatti, è proprio grazie a questa naturale avversione per le false prediche nichiliste che è nata la scienza e che è diventata la forma di conoscenza più rivoluzionaria ed efficace che l'uomo abbia mai potuto concepire. E' il nichilismo che è stato sconfitto dalle migliaia di verità assolute prodotte dalla scienza, non viceversa.

Carlo Pierini

#9
Citazione di: sgiombo il 05 Settembre 2018, 20:53:34 PM
Sarà per il mio (alquanto autocompiaciuto, lo ammetto) anticonformismo, ma non riesco proprio a vedere come la tecnica, che é costituita di mezzi coi quali raggiungere fini realistici (e non fantascientifici; almeno se non é scientisti o tecnomani al limite del patologico; ma per fortuna non ne vedo molti in giro), né la scienza, che strumenti tecnici può contribuire ad inventare, possano essere oggetto di venerazione, o meglio di adorazione, quale era ed é tuttora da chi ci crede (e penso non siano in pochi, nemmeno in Occidente) tributata a Dio.
Dio poteva (e può) consentire di dare un senso alla propria vita (come anche i più svariati ideali, non necessariamente "elevatissimi"; c' é chi lo trova perfino nel gioco d' azzardo!), la tecnica (e la scienza applicata) al massimo possono fornirci veicoli velocissimi e comodissimi e sicuri, ma non ci indicano alcun percorso da seguire.


CARLO
Tu non sei anticonformista, ma antifilosofo. Da sempre l'umanità ha considerato sacra la verità e blasfema la menzogna. Si veda, per esempio, la dea Veritas latina, la dea Aletheia greca, la dea Maat egizia, il Cristo-Logos-Verità, la Sophia degli gnostici, il Mercurio degli alchimisti, il Dhamma buddhista, la Sefirot Hokmah ebraica, ecc.). Solo i cosiddetti "filosofi" moderni, rinnegando le proprie radici, l'hanno degradata a "sottoprodotto" del pensiero umano. Come ho detto altre volte, per il filosofo la verità è come Dio per i preti: chi non ci crede, dovrebbe avere la decenza di togliersi l'abito di filosofo e dedicarsi ad altro, invece di "cantare messa" pubblicando scritti di filosofia. Chi non crede nel vero, non può avere niente di vero da dire.

P.S.
Per inciso, "scientista" non è chi coltiva (-> culto) la verità e/o la scienza, ma chi crede che solo attraverso il metodo scientifico (matematico-sperimentale) si possa giungere alla verità.

viator

#10
Salve. Per Carlo Pierini. Scusami, so benissimo che non sempre si può (o conviene alla comprensibilità dell'esposizione) esprimersi rigorosamente, ma il termine "verità assoluta" a me proprio non va giù.

Il suo impiego rappresenterebbe un tentativo di relativizzare l'assoluto, il cui concetto non può venir parzializzato da un qualsiasi attributo che ne confini il significato all'interno di un "subconcetto" o di una categoria esistenziale.

Perciò o la verità (definita come assoluta) è sinonimo di "assoluto" (quindi avremmo una tautologia) o una "verità" qualsiasi risulterà sempre relativa.

Ovviamente quindi la scienza non può aver prodotto una pluralità di verità ASSOLUTE. Anzi, appunto, non ne ha prodotta neppure una (per fortuna), altrimenti si sarebbe ridotta a voler far concorrenza alla fede !!

La scienza opera dubitando sui contenuti relativi dell'assoluto, la fede opera affermando l'origine assoluta di essi. Omaggi e saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Ricorderei che la filosofia può applicarsi alla scienza ("filosofia della scienza", epistemologia o riflessioni filosofiche sulla tecnica), ma non il contrario (la "scienza della filosofia" non mi risulta): la scienza non può matematizzare e sistematizzare tutta la filosofia teoretica... la logica formale è infatti una zona di confine, non strettamente pertinente e applicabile a tutta la speculazione filosofica.
Se adottiamo un approccio filosofico (quindi un po' interdisciplinare per natura), possiamo guardare la scienza e trarne riflessioni del tipo di quelle di Oxdeadbeef; se preferiamo un approccio più settoriale, possiamo concentrarci sulle differenze fra i vari domini e rispettivi campi d'applicazione (come fa sgiombo, che tiene ben separati l'utilitarismo realistico della tecnica e la dimensione di senso esistenziale della religione).

Credo che lo scientismo muti il suo rapporto con la scienza anche a seconda di quale dei due approcci orienta il discorso: se si parte dalla filosofia come approccio verso le altre discipline, lo scientismo vincolerà la speculazione a criteri di metodo ben precisi (mutilando alcune possibilità teoretiche); se invece si parte da un approccio strettamente settoriale, lo scientismo risulterà applicabile solo ad alcuni ambiti, ma avrà un rapporto più forte e diretto con la scienza.

Ad esempio, il citato nichilismo, come ogni approccio filosofico non epistemologico (e non scientista), non è interessato, né pertinente, a verità descrittive o applicative: per un nichilista, o un edonista, o un marxista, o un nietzschiano, o un asceta qualunque, che la terra giri intorno al sole e che ci sia una formula per la velocità della luce, è pressoché irrilevante, ai fini della sua filosofia... per lo scienziato e per lo scientista, invece, si tratta di un'ennesima conferma della capacità della scienza di descrivere (e poi utilizzare) ciò che lo circonda.
Non sempre due discipline possono dialogare e confrontarsi fra loro "per amor di filosofia": se le domande che si pongono sono radicalmente divergenti (per tema o approccio), una non può aiutare o corroborare (né confutare) l'altra (e se ci prova, intorbida solo le acque o, seppur in buona fede, fa un buco nell'acqua).

P.s.
Concordo sulle perplessità di viator riguardo il rapporto fra "verità" e "assoluto", ma è un discorso su cui mi sono già dilungato altrove...

Carlo Pierini

Citazione di: viator il 06 Settembre 2018, 12:54:28 PM
L'impiego di "verità assoluta" rappresenterebbe un tentativo di relativizzare l'assoluto, il cui concetto non può venir parzializzato da un qualsiasi attributo che ne confini il significato all'interno di un "subconcetto" o di una categoria esistenziale.
Perciò o la verità (definita come assoluta) è sinonimo di "assoluto" (quindi avremmo una tautologia) o una "verità" qualsiasi risulterà sempre relativa.


CARLO
L'aggettivo "assoluta" associato a "verità" può essere considerato una ridondanza, una sottolineatura di "verità", ma non un "subconcetto" limitante o relativizzante. "Verità assoluta" significa semplicemente "verità indubitabile o innegabile" in quanto ampiamente dimostrata. Infatti, "ab-soluta" deriva da "ab-solvere", cioè, vuol dire "sciolta da-", "libera da-". Libera da cosa? ...Da condizioni che potrebbero invalidarla o relativizzarla; quindi vuol dire "verità certa e indiscutibile", così come ormai nessuno dubita più del fatto che è la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa.

VIATOR
La scienza opera dubitando sui contenuti relativi dell'assoluto, la fede opera affermando l'origine assoluta di essi. Omaggi e saluti.

CARLO
<<Contenuti relativi dell'assoluto>> equivale a "contenuti di nero nel bianco" o a "contenuti di menzogna nella verità". Cioè, equivale ad una autocontraddizione.

Carlo Pierini

Citazione di: Phil il 06 Settembre 2018, 13:41:30 PMAd esempio, il citato nichilismo, come ogni approccio filosofico non epistemologico (e non scientista), non è interessato, né pertinente, a verità descrittive o applicative: per un nichilista, o un edonista, o un marxista, o un nietzschiano, o un asceta qualunque, che la terra giri intorno al sole e che ci sia una formula per la velocità della luce, è pressoché irrilevante, ai fini della sua filosofia... per lo scienziato e per lo scientista, invece, si tratta di un'ennesima conferma della capacità della scienza di descrivere (e poi utilizzare) ciò che lo circonda.

CARLO
Se così fosse, non ci sarebbe mai stato alcun conflitto tra punti di vista scientifici e punti di vista filosofico-religiosi.
Invece tali conflitti esistono, perché quelle che tu chiami - minimizzandole - verità descrittive o applicative, discendono da (o conducono a-) verità filosofiche di principio; e le verità di principio di una disciplina hanno ricadute logiche e contenutistiche su TUTTE le altre discipline. Per questo si parla delLA Filosofia, delLA Conoscenza, delLA Verità: perché presupponiamo che tutte LE filosofie, LE conoscenze e LE verità - se sono davvero tali e non solo chiacchiere in libertà - saranno reciprocamente complementari, cioè, aspetti particolari di UNA sola Filosofia, UNA sola Conoscenza, UNA sola Verità. Così come, nel loro piccolo, le conoscenze della Chimica, della Fisica, della Biologia, della Medicina, ecc. sono rigorosamente complementari devono esserlo, poiché la mancanza di accordo tra di esse è un sicuro sintomo di errore, di errata interpretazione dei fatti.

davintro

personalmente considero lo scientismo un tentativo di assolutizzazione delle possibilità della scienza, che però al tempo stesso si fonda sul fraintendimento del significato stesso di "scienza". Intendendo come "scienza" ogni discorso che non si limita ad affermare una tesi, ma che si preoccupa anche di portare argomenti e dimostrazioni che mostrino la corrispondenza tra il discorso soggettivo che viene esposto e la realtà oggettiva delle cose che il discorso mira a rispecchiare, si dovrebbe concludere che non esiste alcun argomento razionale che possa dimostrare come il campo della conoscenza umana, avente base sensibile, possa esaurire la realtà come totalità del possibile. Da qui, l'impossibilità di fondare scientificamente la negazione dell'esistenza di un livello della realtà irriducibile alle potenzialità conoscitive umane, un livello a cui riferire l'idea di un sapere puramente spirituale, come quello della metafisica o della religione. Lo scientismo invece consiste proprio nella pretesa di tale fondazione scientifica, ciò che ne deriva è un'ideologia materialistica, nella quale tutto ciò che esiste o potrebbe esistere è visibile sensibile, la realtà coincide con il complesso delle cose fisiche. Come è evidente, ne deriva anche che il modello di scienza posto come unico adeguata alla conoscenza della realtà, è quello delle scienze naturali, fondato sull'esperienza sensibile. La contraddizione sta nel fatto che non è a partire da questo modello che si può legittimare la pretesa di porre la realtà fisica come realtà assoluta, in quanto nessuna sperimentazione sensibile potrebbe usare il concetto di "assoluto", essendo, nel carattere intelligibile e immateriale del suo significato, qualcosa di non sperimentabile, fuori dai limiti di spazio e tempo all'interno dei quali abbiamo un'esperienza sensibile degli oggetti fisici. Quindi lo scientismo è a tutti gli effetti una metafisica, che però, rigettando esplicitamente la validità della metafisica, dovrebbe negare la sua stessa validità, mostra di esaltare la scienza, ma senza aver chiaro in quale accezione definirla: pone la scienza naturale sperimentale come unico modello legittimo di conoscenza della realtà, ma le sue basi epistemologiche rimandano alla scienza filosofica e metafisica,  in quanto il suo è un discorso che considera la realtà come "totalità", "tutto è materia", dunque un discorso chiaramente non fondabile per via empirica. Lo scientismo è metafisica e filosofia camuffata da "scienza", o meglio da un'idea di scienza che non è quella su cui presume di fondarsi. Non a caso l'esempio credo più sistematico ed evidente di "scientismo" nella storia della filosofia, il positivismo comtiano e più in generale ottocentesco, che relegava religione e metafisica a saperi primitivi nella storia dell'umanità, destinati a essere soppiantati dalle scienze positive, induttive e naturali, è correttamente presentata a tutti gli effetti come una corrente filosofica, non certo scientifica nel senso galileiano del termine

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