Riflessione sulle implicazioni della frase "L'esistenza precede l'essenza".

Aperto da Socrate78, 22 Settembre 2020, 20:55:55 PM

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Ipazia

Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2020, 00:09:24 AM

L'aspetto sartriano è ego-centrico, narcisista, ma non in termini denigratori, necessariamente e logicamente così si finalizza, si avvita su se stessa. Perchè tutte le manifestazioni sono riflessive, prendono senso nel pensiero individuale senza un confronto, sono prive di ontologia. Significa che la libertà ,sempre sartrariamente, può caricarsi di responsabilità, ma diventa un atto e una scelta individuale e individualistica: una aleatorietà, in quanto la morale è priva di fondamento (per quale motivo un uomo dovrebbe essere responsabile? )


Per quale motivo un uomo dovrebbe essere responsabile di fronte a numi palesemente inesistenti e frutto dell'immaginazione umana ? Eppure l'ethos umano si è evoluto malgrado tutte le assenze e vuoti di potere che sono venuti via via emergendo con sempre maggiore chiarezza fino alla morte dei numi e resurrezione zombica in forma di shahid.

Bastava meditare sul mio link per trovare la risposta al quesito e magari andarsi a leggere tutto l'intervento in originale per avere qualche elemento di critica e discussione sensato in più:

Citazione...Il testo della conferenza si chiude con la definizione dei concetti compresi nel titolo. «Umanismo, perché noi ricordiamo all'uomo che non c'è altro legislatore che lui, perché noi mostriamo che l'uomo si realizzarà precisamente come umano». Mentre «l'esistenzialismo non è altro che uno sforzo per dedurre tutte le conseguenze da una posizione atea coerente [...] è un ottimismo, una dottrina d'azione, e solo per malafede – confondendo la loro disperazione con la nostra – i cristiani possono chiamarci "disperati"».

La disperazione di cui parla Sartre è quella di chi si accorge di avere passato millenni a costruire ethos su statue di cera, scioltesi al sole già di fronte ai primi remoti illuminismi, fin dall'antica Grecia. Malgrado le persecuzioni cui sono stati sottoposti dai postulanti, finalmente orfani, di un Essere Assoluto che non dà mostra di sè da nessuna parte (e quando la dà sarebbe meglio per lui che non ci fosse). Qui sì vi è la tautologia di un mondo illusorio chiuso in se stesso, non nel transeunte Dasein che fluisce impetuosamente da una generazione all'altra "sempre uguale e sempre diverso" (cit). E soprattutto sempre aperto, perchè la risposta al quesito esistenziale "Sein und Zeit" è "Sein in Zeiten". Essere nel Tempo, Essere in divenire, ovvero Esserci. Essere qui (Da-) ed ora. Dasein con tutta la cura che consegue, fondativa di un ethos responsabile perchè non può rimandare ad alcuna entità aliena la responsabilità della giustizia, Dike. Deve assumersi in proprio il delitto è il castigo, toccando i Caino e salvando gli Abele.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

CitazioneL'aspetto sartriano è ego-centrico, narcisista, ma non in termini denigratori, necessariamente e logicamente così si finalizza, si avvita su se stessa. Perchè tutte le manifestazioni sono riflessive, prendono senso nel pensiero individuale senza un confronto, sono prive di ontologia. Significa che la libertà ,sempre sartrariamente, può caricarsi di responsabilità, ma diventa un atto e una scelta individuale e individualistica: una aleatorietà, in quanto la morale è priva di fondamento (per quale motivo un uomo dovrebbe essere responsabile? )[/size]


Il pensiero sartriano è tutto, fuorché egocentrico e narcisista. In realtà è uno dei primi tentativi,  dai tempi di Socrate, di fuoriuscire da narrazioni "dominanti e deresponsabilizzanti", facendo carico all'uomo, alla sua nudità di organismo vivente, la necessità di domandarsi e agire in un mondo senza dei, né celesti né terreni. L'esistenzialismo espone un corpo e dice questo è un corpo con la sua storia, la sua sofferenza, la sua felicità,  abbine cura, sforzati di comprenderlo nella sua unicità, e comprendi anche la sua malvagità, la sua incomprensibilitá, la sua follia, la sua irriconoscenza, la sua debolezza. E fa questo senza chiedere in cambio alcuna conversione. È questo il tratto distintivo fondamentale, che riconduce ovviamente al nichilismo ma anche al principio responsabilità di Jonas. Non siamo più soggetti morali perché ubbidienti ad un dogma, ma dobbiamo noi responsabilmente, darci il dogma da seguire. E a questo dogma si deve rispondere. Ma non potrà mai essere un dogma qualunque. Un esistenzialista non potrà mai essere uno sterminatore alla "Dio riconoscerà i suoi", proprio perché ogni vita deve essere riconosciuta come unica, preziosa, irripetibile.
Scoomodando Kohlberg e i suoi stadi dell'agire morale, l'esistenzialismo si pone nella fascia dell'agire morale post-convenzionale, fondato su principi universali che scaturiscono dal singolo ma che, proprio attraverso il rispetto di ogni singolarità, trova il senso in un umanesimo che connette il pensiero greco con l'illuminismo, negando però l'ingresso ai mostri della ragione (scientismo, marxismo, fascismo) figli degeneri dell'illuminismo stesso.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

L'umanesimo esistenzialista deve molto all'umanesimo marxista (... il bestiale e l'umano ... la critica radicale dell'inumanesimo capitalista che prende il posto dell'inumanesimo dogmatico religioso ...)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

Citazione di: Jacopus il 25 Settembre 2020, 14:53:34 PM
CitazioneL'aspetto sartriano è ego-centrico, narcisista, ma non in termini denigratori, necessariamente e logicamente così si finalizza, si avvita su se stessa. Perchè tutte le manifestazioni sono riflessive, prendono senso nel pensiero individuale senza un confronto, sono prive di ontologia. Significa che la libertà ,sempre sartrariamente, può caricarsi di responsabilità, ma diventa un atto e una scelta individuale e individualistica: una aleatorietà, in quanto la morale è priva di fondamento (per quale motivo un uomo dovrebbe essere responsabile? )[/size]


Il pensiero sartriano è tutto, fuorché egocentrico e narcisista. In realtà è uno dei primi tentativi,  dai tempi di Socrate, di fuoriuscire da narrazioni "dominanti e deresponsabilizzanti", facendo carico all'uomo, alla sua nudità di organismo vivente, la necessità di domandarsi e agire in un mondo senza dei, né celesti né terreni. L'esistenzialismo espone un corpo e dice questo è un corpo con la sua storia, la sua sofferenza, la sua felicità,  abbine cura, sforzati di comprenderlo nella sua unicità, e comprendi anche la sua malvagità, la sua incomprensibilitá, la sua follia, la sua irriconoscenza, la sua debolezza. E fa questo senza chiedere in cambio alcuna conversione. È questo il tratto distintivo fondamentale, che riconduce ovviamente al nichilismo ma anche al principio responsabilità di Jonas. Non siamo più soggetti morali perché ubbidienti ad un dogma, ma dobbiamo noi responsabilmente, darci il dogma da seguire. E a questo dogma si deve rispondere. Ma non potrà mai essere un dogma qualunque. Un esistenzialista non potrà mai essere uno sterminatore alla "Dio riconoscerà i suoi", proprio perché ogni vita deve essere riconosciuta come unica, preziosa, irripetibile.
Scoomodando Kohlberg e i suoi stadi dell'agire morale, l'esistenzialismo si pone nella fascia dell'agire morale post-convenzionale, fondato su principi universali che scaturiscono dal singolo ma che, proprio attraverso il rispetto di ogni singolarità, trova il senso in un umanesimo che connette il pensiero greco con l'illuminismo, negando però l'ingresso ai mostri della ragione (scientismo, marxismo, fascismo) figli degeneri dell'illuminismo stesso.


la responsabilità presuppone l'autonomia e l'autonomia richiede l'ammissione di una dimensione di interiorità, autonoma, per l'appunto, dai condizionamenti esteriori al soggetto, indicante un'idea di personalità autenticamente "propria" a partire da cui trarre i criteri delle proprie scelte libere. Ovviamente non penso a una chiusura a compartimenti stagni interno-esterno, ciò che da questa dimensione interiore deriva è sempre mescolata, nel complesso della storia delle azioni, con le influenze esterne, ma andando per analisi, considerandola di per sé, essa indica comunque una tendenza originaria in atto sin dal primo istante della storia dell'ente, che Aristotele aveva genialmente colto nel concetto di "entelechia", divenire come dispiegamento di un senso predefinito, dall'uovo di gallina  procede una spinta alla nascita della gallina e non di un fagiano. Ora, la posteriorizzazione dell'essenza rispetto all'esistenza è proprio ciò che cancella questa dimensione interiore, in quanto l'esistenza, cioè il determinarsi all'interno delle contingenze ambientali, le relazioni con il mondo esterno. è ciò che in quest'ottica produce l'essenza, cioè l'identità interiore, la spinta a realizzare una certa idea di sé al di là di ciò che è altro da sè. Insomma, l'esteriorità precede e produce l'interiorità, le relazioni producono l'identità. Ed ecco che parlare di autonomia e responsabilità non ha più senso, non c'è più nulla di "auto", privata dell'essenza, l'esistenza resta il prodotto fortuito di circostanze e fattori esterni al proprio essere, se fossi vissuto in tempi e luoghi diversi avrei compiuto scelte diverse, e per questo non c'è alcuna responsabilità, perché non c'è alcuna identità originaria, alcuna "davintrità" da considerare e giudicare a prescindere da ciò con cui mi è capitato di imbattermi. In questo senso l'assunto esistenzialistico della precedenza dell'esistenza sull'essenza mi pare stare di fatto nella stessa linea antropologica dell'empirismo moderno, anche se utilizzando categorie e terminologia ben diverse: senza un'essenza autonoma dalle esperienze del mondo esterno, l'uomo nasce tabula rasa su cui si accumulano progressivamente le conseguenze di queste esperienze, che l'esistenza può solo subire, ma non affrontare attivamente, dato che privata di un'essenza originaria, non sarebbe più caratterizzata da alcuna tendenza intrinseca a partire da cui poter selezionare e rielaborare in modo libero e soggettivo i contenuti dell'esperienza esterna. Che libertà ci può essere in un vaso vuoto da riempire successivamente al suo essere reale (o "imbuto" direbbe la Azzolina...)?




Per Lou


bisognerebbe capire se queste rielaborazioni delle categorie ontologiche tradizionali che l'esistenzialismo opera debbano essere intese più su di un piano strettamente terminologico, oppure più come implicante una prospettiva teorica ben distinta, non solo linguisticamente, ma anche nel suo contenuto generale di immagine della realtà, rispetto alla metafisica classica. Nel primo caso basterebbe chiarire le nuove definizioni, intendere i significati che l'esistenzialismo attribuisce a "essenza" o a "esistenza" e a partire da ciò rivedere i giudizi circa la sostenibilità logica delle sue posizioni. Nel secondo caso, mi pare che questo diverso complesso di premesse teoriche andrebbe ricercato in una concezione di tipo indeterministico e irrazionalistico della realtà, in cui il caso invece di esser visto, come lo vedrei io per il nulla che conta la mia opinione, come ignoranza, relativa ai limiti soggettivi della nostra conoscenza, assurge a corretta risposta ai quesiti ontologici e metafisici sul perché delle cose, senza alcuna causalità ad imprimere delle tendenze, per l'appunto, essenziali, nelle loro correlazioni agli effetti, ai vari aspetti della realtà che si cerca di spiegare. Concezione a cui si unisce una definizione in chiave anticompatibilista della libertà, libertà come assoluta e generale assenza di necessità, che sarebbe reale proprio in quanto espressione dell'indeterminismo che caratterizza, per l'appunto, la realtà. In favore di questa seconda ipotesi si potrebbe considerare un, per quanto minimale e grossolano, inquadramento storico, per il quale l'esistenzialismo, a partire dall'inizio degli studi su Kierkegaard, si sviluppa nei primi del 'Novecento sulla spinta di un clima culturale di reazione ai sistemi idealistici e positivisti ottocenteschi, alle loro pretese di vedere la storia come progresso lineare e razionale governato da una logica necessità. Questo clima di reazione si caratterizza appunto per certi toni irrazionalisti e vitalisti di cui possiamo trovare espressione in un Nietzsche o anche, per certi aspetti, a un Bergson

Ipazia

Volendo usare il concetto metafisico di essenza, nel modo in cui lo declina davintro, esso nella migliore ipotesi coincide con l'esistenza fisica di un individuo umano e non la può anticipare.

La responsabilità é epifenomenica dell'esistenza e si manifesta nel mettere in gioco la propria esistenza individuale aldilà (e aldiqua) di ogni ipotetica, idealisticamente platonica, postulazione di essenza umana.
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pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 Ipazia e Jacopus


L'esistenzialismo, come tutte le correnti di pensiero moderne e contemporanee salvo rarità, sono soggettiviste ed esperienziali , quindi ritengono che l'esistenza (soprattutto la propria esistenza) possa raccogliere significazioni, senso ed essenza nel proprio sistema autoreferenziale, i quanto  l'esistenza è fine a se stessa, in-sè.


E' ovvio quindi che sia auto contemplativo, che qualunque declinazione culturale ne maturi internamente sia rispondente all' uso e consumo umano. Il soggetto conoscitivo diventa dirimente su qualunque altro aspetto, per cui la natura e l'universo diventano luogo sì di conoscenza, ma autoreferenziale, funzionale al soggetto umano, alla sua potenza.


In un ottica così ristretta, la responsabilità è un moto , un impulso passionale individuale e del tutto soggettivo, come la "presa di coscienza". E' ovvio l'individualismo come derivazione del soggettivismo, ma questo significa anche che gli impulsi non certo positivi e benevoli sono di identico livello in un sistema autoreferenziale. Perchè i principi, non hanno fondamenta se non per esigenza di tenere unita una comunità.Così diventa importante la legislazione, in quanto limita l'azione e sanziona. Ma cosa costruisce la legislazione?  La storia, il punto di vista sulla natura umana, dal buon selvaggio all'uomo lupo. Tanto che dal giusnaturalismo al positivismo giuridico, diventano derivazioni della filosofia generale moderna. I principi sono fondati sulle relazioni umane e nulla altro.
E' inutile trovare una morale che fonda i principi dei valori come la giustizia. L'idea di giustizia è  potere dei vincitori sui vinti, potere di determinare le legislazioni, gli scambi economici, le relazioni formali, informali e reali umane.


L'esistenzialismo di Sartre è una delle tante correnti culturali, non è una vera e propria filosofia per quanto ne abusi i termini. Sartre fa  soprattutto estetica, come tutto l'esistenzialismo compreso Heidegger, (anche se quest'ultimo è di ben altro spessore filosoficamente parlando e meriterebbe una discussione a sè) Ma è normale che filosoficamente una tale banale struttura  cancelli la morale in quanto inconsistente in un tale  sistema .l'etica diventa spontaneismo e legge e primeggi l'estetica.
L'esistenzialismo francese è musica, cinema, narrativa, poesia, insomma arte, appunto estetica. E' un atteggiamento per quanto possa essere simpatico, ma velleitario filosoficamente .

Ipazia

L'ottica immanente sarà pure ristretta ed autoreferenziale, ma rimane la migliore in termini di corrispondenza tra intenzioni e fatti non essendo contaminata da fantasie  illusionali che, alla prova dei fatti, hanno dato e stanno dando (anche ieri in Francia) pessima prova di sè. (...non capisco proprio dove, al di fuori dell'umano, si dovrebbe trovare una misura dell'umano...)

Il percorso etico immanente non si fonda su verità trovate sotto i funghi o nelle stravaganze di cervelli individuali ma sui bisogni e beni comuni, oggettivamente scalabili e razionalmente confrontabili e contrattabili. O, come dicono antichi saggi, storicamente (e naturalmente) determinati.

Va poi aggiunto che l'essenza umana, metafisicamente anteposta, è andata a farfalle relativiste mica poco: Aristotele non avrebbe mai scambiato la sua essenza umana con quella di uno schiavo, essenzialmente diversa e più prossima all'animale da soma. Platone la collocava nell'iperuranio a priori. E, come Nietzsche, pensava riguardasse una infima minoranza di privilegiati a metà strada tra guerrieri e filosofi. Rousseau diceva: tutti nascono uguali. Ma forse aveva le idee poco chiare sulla differenza essenziale tra nascere in una baracca o in una reggia. Anche oggi è difficile trovare una comunanza essenziale tra un padrone e un salariato durante la timbratura del cartellino. Se andiamo in oriente l'essenza umana proprio non esiste, dissolta com'è nel ciclo delle reincarnazioni e illuminazioni.

Alla fine della licenza non rimane di riscontrabile concretamente null'altro che un'essenza umana variabile, faticosamente conseguita per via storico-evolutiva, il che rende il concetto "essenza (umana)" superato e, come piace a phil, meglio sostituibile da concetti antropologici più adeguati.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve. Vedete (Vedi, Ipazia ?) quanta fatica e quante parole occorrano per cercare (vanamente) di charire ciò che si mostra complesso, incompleto, relativo e contradditorio................mentre è in realtà evidente, ovvio, naturale ?

Quanto sopra riguarda - ad esempio - la qui sottostante citazione "Rousseau diceva: tutti nascono uguali. Ma forse aveva le idee poco chiare sulla differenza essenziale tra nascere in una baracca o in una reggia. Anche oggi è difficile trovare una comunanza essenziale tra un padrone e un salariato durante la timbratura del cartellino. Se andiamo in oriente l'essenza umana proprio non esiste, dissolta com'è nel ciclo delle reincarnazioni e illuminazioni.

Alla fine della licenza non rimane di riscontrabile concretamente null'altro che un'essenza umana variabile, faticosamente conseguita per via storico-evolutiva, il che rende il concetto "essenza (umana)" superato e, come piace a phil, meglio sostituibile da concetti antropologici più adeguati"
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Forse meglio riscriverla così  : Rousseau diceva: tutti nascono in pari in dignità (non in eguaglianza ! Vedete che anche i Grandi sbagliano ?) benchè notevolmente diversi in opportunità e circostanze. Non scrisse in quest'ultimo modo poichè stava pensando solamente a come si viene concepiti e non a agli eventuali sviluppi esistenziali del concepimento, anche se alcuni, secondo me sbagliando, gli hanno poi attribuito idee poco chiare sulla differenza essenziale tra nascere in una baracca o in una reggia.

Anche oggi è difficile trovare una comunanza essenziale tra un padrone e un salariato durante la timbratura del cartellino. Ciò viene affermato da Ipazia la quale finge di considerare l'obbligo di timbratura del castellino una discrepanza essenziale tra padrone e salariato, mentre invece basterebbe una volgarissina rivoluzione marxista planetaria (evento in sè trascurabile all'interno  delle specificità ed essenzialità umane) per sovvertire tale pretesa essenzialità.

Se andiamo in oriente l'essenza umana proprio non esiste, dissolta com'è nel ciclo delle reincarnazioni e illuminazioni. (Afferma secondo me giustamente Ipazia). Infatti nelle società, culture, filosofie orientali l'essenzialità e la specificità umane sono sempe state poco valutate dal momento anche che il protocapitalismo di quelle civiltà mai si è occupato di discerne tra risorse , energie e disponibilità umane ed animali (vista anche la mancanza del'annuncio monoteistico occidentale nel quale un Dio stranamente umaneggiante proclamò l'essenza umana come superiore a quella animale)..

"Alla fine della licenza non rimane di riscontrabile concretamente null'altro che un'essenza umana variabile, faticosamente conseguita per via storico-evolutiva (che viator chiama coscienza, ma.....)  che phil non riconosce, considerando comunque egli il concetto "essenza (umana)" superato e meglio sostituibile da concetti antropologici più adeguati benchè non definiti anche se vagamente descritti. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: viator il 27 Settembre 2020, 13:57:47 PM
Salve. Vedete (Vedi, Ipazia ?) quanta fatica e quante parole occorrano per cercare (vanamente) di charire ciò che si mostra complesso, incompleto, relativo e contradditorio................mentre è in realtà evidente, ovvio, naturale ?

Riscrivere i testi altrui non è quasi mai una buona idea perchè si rischia di aggiungere agli altrui errori i propri:

CitazioneForse meglio riscriverla così  : Rousseau diceva: tutti nascono in pari in dignità (non in eguaglianza ! Vedete che anche i Grandi sbagliano ?) benchè notevolmente diversi in opportunità e circostanze. Non scrisse in quest'ultimo modo poichè stava pensando solamente a come si viene concepiti e non a agli eventuali sviluppi esistenziali del concepimento, anche se alcuni, secondo me sbagliando, gli hanno poi attribuito idee poco chiare sulla differenza essenziale tra nascere in una baracca o in una reggia.

Rousseau avrebbe dovuto anticipare di 9 mesi la sua affermazione limitandosi all'aspetto naturale del concepimento, perchè l'aspetto sociale di esso avrebbe comunque ribadito la essenziale differenza tra l'ingravidamento di una regina e di una contadina.

Chiamare in causa la dignità ci allontana ancor più da una pretesa essenza umana universale, tant'è che da sempre i dignitari sono una elite poco rappresentativa dell'intera società. Anche se il termine è desueto, continua a funzionare ancor meglio per i cortigiani ammessi alla Versailles dell'attuale re Sole, il Capitale. Con poche parole il concetto è espresso nella magistrale interpretazione di Sordi del marchese del Grillo, che pone una pietra tombale su ogni illusione di essenza umana.

CitazioneAnche oggi è difficile trovare una comunanza essenziale tra un padrone e un salariato durante la timbratura del cartellino. Ciò viene affermato da Ipazia la quale finge di considerare l'obbligo di timbratura del castellino una discrepanza essenziale tra padrone e salariato, mentre invece basterebbe una volgarissina rivoluzione marxista planetaria (evento in sè trascurabile all'interno  delle specificità ed essenzialità umane) per sovvertire tale pretesa essenzialità.

Essenzialità che rimane tale negli aspetti contrattuali del lavoro salariato nel modo di produzione capitalistico.

CitazioneSe andiamo in oriente l'essenza umana proprio non esiste, dissolta com'è nel ciclo delle reincarnazioni e illuminazioni. (Afferma secondo me giustamente Ipazia). Infatti nelle società, culture, filosofie orientali l'essenzialità e la specificità umane sono sempe state poco valutate dal momento anche che il protocapitalismo di quelle civiltà mai si è occupato di discerne tra risorse , energie e disponibilità umane ed animali (vista anche la mancanza del'annuncio monoteistico occidentale nel quale un Dio stranamente umaneggiante proclamò l'essenza umana come superiore a quella animale)..

Mi pare che, al contrario, il punto di vista fisico e metafisico orientale sia post, piuttosto che pre, rispetto alle pacchianate antropomorfiche e utilitaristiche della koinè occidentale.

Citazione"Alla fine della licenza non rimane di riscontrabile concretamente null'altro che un'essenza umana variabile, faticosamente conseguita per via storico-evolutiva (che viator chiama coscienza, ma.....)  che phil non riconosce, considerando comunque egli il concetto "essenza (umana)" superato e meglio sostituibile da concetti antropologici più adeguati benchè non definiti anche se vagamente descritti. Saluti.

Ci vuole poco per descrivere l'inadeguatezza di concetti (reificati) universalistici come essenza (umana). Sconfessati dalla loro stessa storia semantica.

Mi auguro di aver rispettato l'invito alla concisione  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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