Riflessione sulle implicazioni della frase "L'esistenza precede l'essenza".

Aperto da Socrate78, 22 Settembre 2020, 20:55:55 PM

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Socrate78

Secondo il filosofo Sartre "l'esistenza precede l'essenza". Ciò significherebbe (se interpreto bene, ma credo di sì...) che l'uomo, ogni essere umano, all'inizio non è niente, non ha nessun valore, nessuna dignità, non è definibile in nessun modo, ma acquisisce successivamente valore e dignità in rapporto al suo progetto di vita, a ciò che sceglie di essere.  In base al progetto di vita si delineerebbe quindi il valore, l'essenza appunto, che sarebbe una sovrastruttura successiva all'esistenza.
Ma se si assume come vera la posizione sartriana, ne deriverebbero gravi implicazioni etiche. Infatti siccome l'essere umano non avrebbe alcun valore alla nascita,allora si potrebbe anche decidere, per qualche motivo, di sopprimere un neonato, dal momento che non esisterebbe un valore etico che impedirebbe tale azione. Inoltre l'essenza da che cosa sarebbe data? Non ci sarebbe nessun valore assoluto, nella posizione decisamente atea e relativistica di Sartre,  che determinerebbe in modo chiaro il valore della persona: infatti lo stesso progetto di vita potrebbe essere ritenuto ottimo per alcuni e invece pessimo per altri, quindi non esisterebbe nessuna discriminante per decidere chi veramente è degno di esistere e chi invece non ha valore. Quindi deduco che la concezione di Sartre sia definibile come NICHILISMO ETICO. E' corretta secondo voi la mia interpretazione della visione che aveva Sartre dell'uomo?


Jacopus

C'è una frase di Sartre che mi piace molto: "l'uomo è ciò che fa di quanto lo si è reso". Una frase che riassume il pensiero di Sartre come nessun altra. E attraverso di essa è possibile anche comprendere la superiorità del esistenza rispetto all'essenza. In Sartre vige la necessità di dichiarare la libertà prometeica e quindi in parte tragica dell'uomo. Porre al centro l'esistenza non significa sminuire il valore delle singole vite, perché anzi l'esistenzialismo si pone specularmente nei confronti delle grandi ideologie di massa, secondo le quali il singolo può essere sacrificato per "delle idee".
Sartre vuole sottolineare, un po' pedagogicamente, la necessità di scegliere, di condurre un progetto che abbia senso, e secondo Sartre questo progetto è libero, nel senso di liberamente scelto, ma contemporaneamente votato ad essere anche eticamente volto a "liberare" gli altri. La libertà di agire e la responsabilità verso gli altri, ognuno percepito nella sua alterità irripetibile. Questo è il messaggio di Sartre. Può anche essere che esso sia venato di nichilismo, ma è quello stesso nichilismo nobile che ha in Leopardi un altro massimo rappresentante.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

In questo link si chiarisce la frase e il suo senso antropologico aperto verso un umanesimo della prassi. In natura esistenza ed essenza coincidono deterministicamente. Solo l'uomo ha la capacità di dare un carattere essenziale alla sua esistenza assumendosene tutta la responsabilità. Senza numi o leggi naturali a cavargli le castagne essenziali dal fuoco. La responsabilità di quell'haideggeriano "essere gettato" dicendo niccianamente di sì. 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Affermare che l'esistenza precede l'essenza, comporta un abbandono del senso ontologico di «essenza» in favore di un uso letterario del termine. Se in filosofia l'essenza è ciò che rende tale qualcosa trascendendone l'individuale e (s)oggettiva esistenza, nel momento in cui qualcosa, o meglio, un uomo, già esiste prima della (esistenza della) sua essenza, allora l'essenza diventa un a posteriori dell'esistenza umana; ovvero non è più essenziale (quindi non ne è ontologicamente essenza).
Se l'esistenzialismo è un umanismo, l'essenzialismo è uno "gnoseologismo" (di matrice metafisica, non epistemologica) non compatibile con un progetto soggettivo che si fa liberamente, che si essenzializza strada facendo: un'essenza che muta con il mutare dell'esistenza e dell'esistente di cui è essenza, non è autentica essenza, ma è "accidente per sé" (si direbbe nel vocabolario aristotelico-scolastico).
Per quanto riguarda il pro-gettarsi libero e sociale del soggetto (cercando qui di restare entro gli argini del discorso sartriano), esso sembra assurgere al ruolo di essenza-letteraria dell'umanismo di Sartre; che esso sia anche l'essenza-ontologica dell'uomo, essenza che ne precede l'esistenza? Se, citando ancora Sartre, «siamo condannati ad essere liberi» e progettanti, tale condanna non è forse l'essenza della condizione umana che precede ogni singola esistenza progettante?
La libertà (sartriana) delle scelte esistenziali (umane, ma non necessariamente umanistiche) è (co)stretta nel vincolo dell'essenziale progettabilità dell'esistenza umana, o essa è essenza-fondamento?

Ipazia

Anche esistesse un'essenza umana, in ogni caso si manifesterebbe dopo l'esistenza umana, intesa anche in senso collettivo, di specie, considerando che lo spettro delle libertà si è evoluto nel tempo. E' prima dovuto esistere un animale con certe attitudini perchè tali attitudini acquistassero un carattere essenziale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2020, 12:14:21 PM
Anche esistesse un'essenza umana, in ogni caso si manifesterebbe dopo l'esistenza umana, intesa anche in senso collettivo, di specie, considerando che lo spettro delle libertà si è evoluto nel tempo. E' prima dovuto esistere un animale con certe attitudini perchè tali attitudini acquistassero un carattere essenziale.


Salve Socrate78, Ipazia e Phil. Stiamo navigando nel dubitabilmente esistente. Per capire che ogni intervento qui dentro è facilmente smontabile e capovolgibile, basteranno delle sopportabili digressioni da uno qualsiasi dei termini "essenziali" che qui dentro vengono impiegati.................ad esempio la distinzione tra l'essenza umana e la manifestazione dell'essenza umana.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Esistenza è un dato ontologico/fisico, essenza è un concetto metafisico. Anche a buttarla in semantica, l'esistenza viene prima dell'essenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

La questione della "cornice" diventa a questo punto fondamentale per il discorso: quando parliamo di «essenza» ed «esistenza», stiamo parlando di ciò che è raffigurato nella cornice di Sartre, in quella della filosofia in generale (con annessa definizione settoriale di «essenza») o in quella di ciascun forumista? Ovvero: per la metafisica (da Platone in poi) è anapodittico che l'essenza preceda crono-logicamente l'esistenza, per Sartre (che non parla di essenza ontologica) è vero il contrario; per altri (senza fare nomi) l'essenza non è dimostrabilmente esistente quindi è un falso problema o una questione di metafore.
Se restiamo, seguendo l'impostazione iniziale di Socrate78, nella cornice sartriana, l'essenza non ha dimensione ontologica, ma solo valoriale, per cui non può che fondarsi sulla preesistente esistenza del soggetto, che poi sceglie e progetta tali valori "essenziali".
Al riguardo, le questioni poste da Socrate78 mi sembrano pertinenti:
Citazione di: Socrate78 il 22 Settembre 2020, 20:55:55 PM
l'essenza da che cosa sarebbe data? Non ci sarebbe nessun valore assoluto, nella posizione decisamente atea e relativistica di Sartre,  che determinerebbe in modo chiaro il valore della persona: infatti lo stesso progetto di vita potrebbe essere ritenuto ottimo per alcuni e invece pessimo per altri, quindi non esisterebbe nessuna discriminante per decidere chi veramente è degno di esistere e chi invece non ha valore. Quindi deduco che la concezione di Sartre sia definibile come NICHILISMO ETICO.
A tali osservazioni va aggiunta come "carico" (facendo rientrare dalla finestra il concetto ontologico di essenza) la considerazione che, anche rovesciando l'aforisma sartriano, il connubio fra l'essenziale progettualità dell'uomo e la libertà (da dei, sovrastrutture e dialettiche storicistiche, come lascia intendere Sartre nel testo di riferimento) resta un matrimonio con figli "essenzialmente" e "angosciosamente" relativisti e/o nichilisti (per dirla ancora con Socrate78).

Lou

Citazione di: Socrate78 il 22 Settembre 2020, 20:55:55 PM
Secondo il filosofo Sartre "l'esistenza precede l'essenza". Ciò significherebbe (se interpreto bene, ma credo di sì...) che l'uomo, ogni essere umano, all'inizio non è niente, non ha nessun valore, nessuna dignità, non è definibile in nessun modo, ma acquisisce successivamente valore e dignità in rapporto al suo progetto di vita, a ciò che sceglie di essere.  In base al progetto di vita si delineerebbe quindi il valore, l'essenza appunto, che sarebbe una sovrastruttura successiva all'esistenza.
Ma se si assume come vera la posizione sartriana, ne deriverebbero gravi implicazioni etiche. Infatti siccome l'essere umano non avrebbe alcun valore alla nascita,allora si potrebbe anche decidere, per qualche motivo, di sopprimere un neonato, dal momento che non esisterebbe un valore etico che impedirebbe tale azione. Inoltre l'essenza da che cosa sarebbe data? Non ci sarebbe nessun valore assoluto, nella posizione decisamente atea e relativistica di Sartre,  che determinerebbe in modo chiaro il valore della persona: infatti lo stesso progetto di vita potrebbe essere ritenuto ottimo per alcuni e invece pessimo per altri, quindi non esisterebbe nessuna discriminante per decidere chi veramente è degno di esistere e chi invece non ha valore. Quindi deduco che la concezione di Sartre sia definibile come NICHILISMO ETICO. E' corretta secondo voi la mia interpretazione della visione che aveva Sartre dell'uomo?
Heideggerianamente parlando, più che esser niente, "ha da essere" come modalità essenziale: è possibilità.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

davintro

dal punto di vista etico, direi che non si danno necessarie implicazioni dalla risposta alla questione della precedenza dell'esistenza sull'essenza o viceversa, in quanto, in accordo alla legge di Hume, non c'è alcun nesso di necessaria deduzione logica dall' "essere" al "dover essere". I giudizi morali esprimono sempre preferenze sentimentali arbitrarie, non ricavabili dalle posizioni in sede teoretica o ontologica riguardo la questione del rapporto essenza-esistenza, che inerisce al problema, non di come le cose dovrebbero essere, ma di come oggettivamente sono. Anche ammettendo una precedenza dell'essenza, questo non potrebbe impedire a chiunque di considerare la mia natura essenziale come sgradevole e auspicare di attribuirmene una diversa, squalificandola in questo modo, proprio perché le considerazioni di valore viaggiano su binari paralleli rispetto a quelle di fatto. Resta il fatto che una precedenza dell'esistenza sull'essenza resta un assurdo teoretico. Intendendo per esistenza il carattere di attualità, di dinamicità di un ente, e per essenza il "quid", la natura intrinseca in base a cui è possibile definirlo in un certo modo, allora la precedenza dell'esistenza dovrebbe implicare che io, come esistenza, avrei in un certo tempo del mio esistere, scelto, prodotto a posteriori la mia essenza, il mio essere "uomo", anziché cane, gatto ecc. L'assurdo sta nel fatto che in questo caso il contenuto di questa supposta scelta sarebbe espressione di una libertà che agisce nel vuoto, nell'indeterminato, nella totale assenza di cause, di motivazioni che determinerebbero la direzione della scelta. Sarebbe una libertà frutto del caso, ma considerando che il caso è solo il nome con cui definiamo la nostra ignoranza, ciò che è oltre i limiti della nostra conoscenza (che è sempre sapere di cause), motivare le scelte dell'esistenza riguardo l'assunzione di un'essenza anziché un'altra con il caso, non può essere una risposta fondata sulla realtà oggettiva, ma solo un'ammissione di ignoranza che è un problema della nostra mente soggettiva, non delle realtà. L'essenza non succede, cronologicamente o logicamente, all'esistenza, non ne è prodotto arbitrario, ma è quella tendenza originaria che orienta l'esistenza a realizzarsi in una direzione anziché un'altra. Non c'è mai stato un momento in cui, come esistenza abbia scelto di assumere l'essenza "umanità", anziché "gattità", o "canità" (faccio l'esempio di specie, per chiarire meglio il discorso, ma vale anche per l'essenza individuale come avere un certo tipo di personalità, di carattere, anziché un altro). Fin dal primo istante del mio esistere, dal concepimento, l'umanità, essenza dell'uomo, è ciò che ciò che ha impresso una intrinseca direzione predefinita al mio sviluppo, al netto degli accidenti legati alle influenze esterne, che si inseriscono all'interno della direzione originaria, possono ostacolarla, ma mai annullarla tout court. Né si può dire che l'essenza preceda l'esistenza: per farlo dovrebbe porsi come causa efficiente, motore che concretamente crea un'esistenza dal nulla, per fare questo dovrebbe essere realtà a tutti gli effetti, mentre invece l'essenza è idea (in un senso diverso però dalla pura astrazione a cui la relega l'empirismo, è idea che però incide per altri aspetti sul modo d'essere delle cose). Essenza ed esistenza non si succedono, convivono in contemporanea in ogni realtà rendendo in modi distinti ragione del suo essere. Senza esistenza, solo come essenza, la cosa resterebbe pura possibilità ideale priva di realtà, senza essenza l'esistenza sarebbe solo assurdo caos impossibilitato ad assumere una qualsivoglia determinazione (o qualunque scelta), resterebbe tutto e il contrario di tutto, ciò che la logica intende nei suoi princìpi come impossibile

baylham

"l'esistenza precede l'essenza" potrebbe intendere anche la priorità del corpo sulla mente: senza l'esistenza non c'è il pensiero dell'essenza.



viator

Salve. Ma siamo così sicuri che il grande Sartre non intendesse affermare che sia l'ESSERE (e non l'esistente) a precedere l'essenza ?.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Sartre era un esistenzialista e aveva ben compreso la lezione di Heidegger che superava la metafisica dell'essere nell'esserci; nel Dasein immanente sempre verificabile e libero dai lacci veterometafisici dell'essere.

L'esistenzialismo é metafisica del Dasein, antitetica alla metafisica del Sein.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 La visione per cui l'esistenza in-sé, precede l'essenza è una "nientità". Semplicemente perché è l'universo , è la natura che progettano l'esistenza, poi in secondo luogo, l'individuo umano intelligente ( ma lo è in quanto essenza della determinazione universale e naturale che dettano le condizioni di un'esistenza) a sua volta può progettare il suo orizzonte nell'esistenza, che è significazione, in quanto soggetta all' intelligenza universale.
Quindi correggerei dicendo che il significato esistenziale è un pro-gettarsi dopo essere stato gettato nel mondo .
I significati esistenziali, in questo quadro corretto, sono a loro volta la ricerca dell'essenza della vita, la sua significazione interpretativa in quanto libera, progettar-si. Ma le essenze esistenziali eventualmente cercate e trovate, non possono che a loro volta essere quelle universali= l'essere= la verità; ma proprio perché coerenti con l' universo e natura, ciò che determina l'esistenza sia fisica che meta-fisica.
L'esistenza  se interpretata come "nientità", in quanto solo dopo si definisce come essenza,
quindi la precede il "niente" e finisce nel "niente", diventa narrazione ego-centrica, antropocentrica, come se prima fosse nato l'uomo e la sua interpretazione domina  e precede  sia la natura che l'universo, invertendo il segno significativo dell'essenza . La vita diventa negazione come segno dialettico.


L'aspetto sartriano è ego-centrico, narcisista, ma non in termini denigratori, necessariamente e logicamente così si finalizza, si avvita su se stessa. Perchè tutte le manifestazioni sono riflessive, prendono senso nel pensiero individuale senza un confronto, sono prive di ontologia. Significa che la libertà ,sempre sartrariamente, può caricarsi di responsabilità, ma diventa un atto e una scelta individuale e individualistica: una aleatorietà, in quanto la morale è priva di fondamento (per quale motivo un uomo dovrebbe essere responsabile? )


Mi trovo d'accordo con Davintro.

Lou

Citazione di: davintro il 24 Settembre 2020, 16:27:41 PM
dal punto di vista etico, direi che non si danno necessarie implicazioni dalla risposta alla questione della precedenza dell'esistenza sull'essenza o viceversa, in quanto, in accordo alla legge di Hume, non c'è alcun nesso di necessaria deduzione logica dall' "essere" al "dover essere". I giudizi morali esprimono sempre preferenze sentimentali arbitrarie, non ricavabili dalle posizioni in sede teoretica o ontologica riguardo la questione del rapporto essenza-esistenza, che inerisce al problema, non di come le cose dovrebbero essere, ma di come oggettivamente sono. Anche ammettendo una precedenza dell'essenza, questo non potrebbe impedire a chiunque di considerare la mia natura essenziale come sgradevole e auspicare di attribuirmene una diversa, squalificandola in questo modo, proprio perché le considerazioni di valore viaggiano su binari paralleli rispetto a quelle di fatto. Resta il fatto che una precedenza dell'esistenza sull'essenza resta un assurdo teoretico. Intendendo per esistenza il carattere di attualità, di dinamicità di un ente, e per essenza il "quid", la natura intrinseca in base a cui è possibile definirlo in un certo modo, [...]
ciao davintro, ho grassettato cosa intendi per essenza, in pratica ciò che si intende filosoficamente sino ad Heidegger, però in ambito esistenzialista e a partire da lui e dalle sue analisi esistenziali sull'uomo è appunto che l'essenza dell'uomo è di non avere una essenza intrinseca, tranne l'esistenza: non vi è un quid, una caratteristica tale per cui è distinto una volta per tutta dagli altri enti. Ed è in forza di questo che l'uomo decide "quid" (ha da) essere ed è libero.
Anche come intendi l'esistenza non è come è intesa dagli esistenzialisti, per la realtà umana l'esistenza non ha carattere di attualità, nel senso di datità e presenza, ma essa stessa oltrepassamento dell'attuale è star fuori dalla presenza, è apertura verso la possibilità.
O mi sbaglio?
Sono sostanzialmente d'accordo con la tua analisi che non fa una piega, ma solo se come presupposto assumiamo cosa tradizionalmente di intende con esistenza ed essenza, che vengono, a mio parere , un tantino rielaborati dall'esistenzialismo. In questa prospettiva in cui si colloca la citazione di Sartre, il cui senso direi che sottolinea come il carattere dell'uomo si definisce esistendo, non è dato. Questa visione si distanzia anche dalla prospettiva aperta da Heidegger, portandola ai limiti.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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