Relativo, Assoluto, Totalità

Aperto da viator, 09 Giugno 2018, 10:22:20 AM

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Sariputra

@Phil

Il problema dell'assoluto come limite si presenta quando lo si intende e lo si cristallizza in un particolare concetto o forma. Un'assoluto inteso invece come assoluta potenzialità è esattamente il contrario di una posizione fissa, che pone limiti invalicabili, che osteggia il 'vagabondaggio' filosofico, come l'hai definito.
Credo che sia un errore il contrapporre questi termini, assoluto e relativo, e lo si vede storicamente nell'affermarsi di culture 'chiuse' quando si dà il prevalere di uno sull'altro. Nel presente, in una cultura di fatto dominata dal relativismo, troviamo lo sviluppo di una società individualistica che, ponendo i moti e i desideri del proprio io al centro di ogni cosa, crea individui dall'ego ipertrofico.
Una tensione interiore verso un assoluto che sempre si deve cercare, che è sempre al di là del mio misero orticello di pulsioni e desideri, oltre che porci in una giusta prospettiva, a parer mio, di relazioni autentiche con l'altro, con ciò che è al di fuori del mio ego relativo, non minate dall'utilitarismo, combatte il  continuo creare questi mondi 'grigi' , parzializzati  dall'assunzione come 'assoluto'  del momento interiore fuggevole, dall'eccessiva importanza, poco relativa, che si viene a costruire artificiosamente  sulla propria 'personalità'. Così , mentre ciò che ci circonda è relativo, non sappiamo assumere anche il nostro ego nello stesso modo ( qui direi soprattutto il nostro desiderio egoistico...) che di fatto diventa il nostro nuovo assoluto.
Se potessimo usare il termine 'relazione' anzichè la coppia assoluto-relativo, ci troveremmo a risolvere molti dei limiti  dei due concetti.  E' giocoforza una danza di relazioni e di interdipendenza reciproca , quella in cui ci troviamo ad esistere. La spinta interiore verso qualcosa che esca dal recinto angusto del proprio ego, diventa quindi relazione verso l'assoluto. La spinta esteriore verso tutto il relativo dei fenomeni che ci circondano e ci costituiscono diventa relazione verso l'altro, ma relativa relazione autentica, non un'ipocrita maschera che mettiamo per nascondere il nostro nuovo dio, il nostro ego smisurato.
Se c'è un abisso interiore che ci tormenta dentro di noi, lo dobbiamo investigare ed entrarci in relazione. E se c'è un tormento esteriore dato dal continuo cozzare gli uni contro gli altri...anche con questo dobbiamo entrare in relazione e, se ci riusciamo, fare pace.  :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 08:58:30 AM
Il problema dell'assoluto come limite si presenta quando lo si intende e lo si cristallizza in un particolare concetto o forma. Un'assoluto inteso invece come assoluta potenzialità è esattamente il contrario di una posizione fissa, che pone limiti invalicabili,
Eppure, anche intenderlo come "assoluta potenzialità" significa comunque cristallizzarlo in un concetto utile, contenitivo e "invalicabile" (chi può andare oltre l'"assoluta potenzialità"?), demarcante un certo orizzonte (e proprio come l'orizzonte, per definizione, l'assoluto è sempre lontano...).
Proponevo di "rasoiarlo" (con rispettosa delicatezza) proprio per evitare di fare fallimentarmente i conti con qualcosa che non può essere dentro la nostra pratica, il nostro vivere, ma solo ai confini, inaccessibile, con il ruolo di frontiera dell'ignoto, o meglio, lato dell'ignoto rivolto verso il nostro sguardo.
Se dico che, al di là di metafore poetiche e slanci mistici, il concetto di assoluto è assolutamente infingardo, non è perché "tutto è relativo", piuttosto perché, secondo me, lasciando l'assoluto ai libri (di vario tipo), scopriremo che non ne abbiamo bisogno per (e qui ti faccio eco) relazionarci a ciò che è "al di qua" del presunto assoluto.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 08:58:30 AM
La spinta interiore verso qualcosa che esca dal recinto angusto del proprio ego, diventa quindi relazione verso l'assoluto.
Perché dare un nome (sia predeterminato che vago) alla mèta? Perché indirizzarci dove (suppongo) non si può arrivare? E se fosse banalmente una "spinta alla relazione verso altro-da-sé"?

Sariputra

#77
cit.Phil
Eppure, anche intenderlo come "assoluta potenzialità" significa comunque cristallizzarlo in un concetto utile, contenitivo e "invalicabile" (chi può andare oltre l'"assoluta potenzialità"?), demarcante un certo orizzonte .

Beh!...è sicuramente un concetto utile per parlarne, né più né meno che il concetto di "relativo", a parer mio. Nel momento stesso che ne devi parlare, lo cristallizzi inevitabilmente. Si tratta sempre di non confondere la definizione con la dinamica che ne soggiace...
Una dinamica potenzialità è per definizione 'valicabile'.

Proponevo di "rasoiarlo" (con rispettosa delicatezza) proprio per evitare di fare fallimentarmente i conti con qualcosa che non può essere dentro la nostra pratica.

Qui il problema è per come lo intendi. Se tu lo vedi come esterno a te, come qualcosa che devi raggiungere, ma di cui non sei parte, allora sei destinato al fallimento della pratica. Ma se la pratica è essa stessa una dinamica dell' assoluto , di cui sei parte, le cose cambiano. In realtà non c'è nulla da raggiungere. Altrimenti crei la solita dualità di assoluto e relativo, che è solo concettuale...è inutile "rasoiare" il vuoto, oltre che ridicolo alla fin fine... :) ( forse serve a mitigare qualche forma di antipatia "ideologica" verso il termine, che io invece sento come 'neutro', come del resto sento il termine 'relativo'...e diciamo che alla fin fine possono servirci ambedue, almeno per discuterne amabilmente e ampliare le possibilità...).

Perché indirizzarci dove (suppongo) non si può arrivare? E se fosse banalmente una "spinta alla relazione verso altro-da-sé"?

E ti sembra una cosa banale una "spinta alla relazione verso altro da sè"? Io la vedo proprio come una freccia scagliata verso l'assoluto, se è autentica questa spinta.
Il concetto di relativo rischia di 'rinchiuderti' nella tua gabbia mentale e ritenere che i muri siano la sola realtà ( da qui l'individualismo sfrenato dei tempi che viviamo...). Di più, che i tuoi muri personali, siano i muri di tutti e di tutto. Ossia fare della propria vita relativa un metro assoluto di misurazione.
E infatti affermi che è inutile indirizzarci verso dove non si può arrivare. Così hai già deciso che il muro della tua gabbia è il confine della tua esperienza.  E come fai ad esser sicuro che sia il confine di tutti e di tutto? Questo diventa contraddittorio con la necessità della libertà nel "vagabondare" per i campi della filosofia, di cui parlavi sopra, mi sembra...

Perché dare un nome (sia predeterminato che vago) alla mèta?

Infatti non c'è alcuna meta ( sia predeterminata che vaga) da nominare o da raggiungere. Perciò...

non ne abbiamo bisogno per (e qui ti faccio eco) relazionarci a ciò che è "al di qua" del presunto assoluto.

Questa frase rivela che tu intendi l'assoluto come trascendenza e non come qualcosa che è tuo, di cui sei parte e che manifesti nel tuo agire. Lo vedi esterno e ritieni di non aver bisogno del concetto perché tu "stai al di qua". Ma che vuol dire al di qua o al di là. Di che cosa? Non ha senso...

Per superare questa dualità allora, per par condicio, "rasoiamo" ambedue i termini...così da non stare al di qua o al di là, ma semplicemente stare qua... ;D  ;D
Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Una dinamica potenzialità è per definizione 'valicabile'.
Avevo letto "assoluta potenzialità", se è dinamica, concordo!

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Qui il problema è per come lo intendi. Se tu lo vedi come esterno a te, come qualcosa che devi raggiungere, ma di cui non sei parte, allora sei destinato al fallimento della pratica.
Come dicevo, pensavo all'assoluto come all'orizzonte: lontano, estraneo e... una sorta di illusione ottico-prospettica (che dunque secondo me non ha "contenuto").
Se lo consideriamo come "qualcosa di cui siamo parte", ovviamente cambia tutto!

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
E ti sembra una cosa banale una "spinta alla relazione verso altro da sè"? Io la vedo proprio come una freccia scagliata verso l'assoluto, se è autentica questa spinta.
Intendevo "banale" perchè è rivolta verso l'alterità, che suona meno "epica" di "verso l'assoluto" e che può consistere anche in traguardi meno "nobili" (non voglio fare il giudice delle "spinte" altrui  ;) ).

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Il concetto di relativo rischia di 'rinchiuderti' nella tua gabbia mentale e ritenere che i muri siano la sola realtà ( da qui l'individualismo sfrenato dei tempi che viviamo...). Di più, che i tuoi muri personali, siano i muri di tutti e di tutto. [/font][/size][/color]Ossia fare della propria vita relativa un metro assoluto di misurazione.
E infatti affermi che è inutile indirizzarci verso dove non si può arrivare. Così hai già deciso che il muro della tua gabbia è il confine della tua esperienza.  E come fai ad esser sicuro che sia il confine di tutti e di tutto? Questo diventa contraddittorio con la necessità della libertà nel "vagabondare" per i campi della filosofia, di cui parlavi sopra, mi sembra...
Qui l'apparente dissonanza è dovuta a come intendo l'assoluto (vedi sopra): per definizione irraggiungibile ed extra-umano.
Mi concederai che il relativo è la gabbia più sgangherata e debole che ci sia, i suoi muri sono al massimo di "cemento disarmato", ma non voglio deviare il discorso sul relativo (già fatto altrove, come ricorderai :) ), qui mi interessa di più l'assoluto.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Questa frase rivela che tu intendi l'assoluto come trascendenza e non come qualcosa che è tuo
Si, lo concepisco come da etimologia, "sciolto (anche da me)", e come da tradizione filosofica (occidentale), ovvero trascendente, etc.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Ma che vuol dire al di qua o al di là. Di che cosa? Non ha senso...
Intendevo "al di qua" della trascendenza dell'assoluto (che infatti definivo "invalicabile"), che è forse più un "al di giù" (immanente) rispetto a un "al di su" (trascendente).

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Per superare questa dualità allora, per par condicio, "rasoiamo" ambedue i termini...così da non stare al di qua o al di là, ma semplicemente stare qua... ;D  ;D
Ciao
Credo anch'io che sarebbe un bel passo avanti (sebbene, per alcuni, in fondo, un passo non è mai assolutamente né avanti né indietro  ;) ).

sgiombo

Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM

L'uso del linguaggio in filosofia, secondo me, non è mai così pacifico da richiedere "manutenzione" solo in caso di ambiguità; quella è la situazione critica più palese, ma il linguaggio che usiamo è sempre molto vincolante e, soprattutto, non è uguale per tutti (la lingua, quella si spera di si ;D ). Una riflessione in corso d'opera sul linguaggio in uso sarebbe sempre una buona prassi (certamente poco adatta al forum, più adatta alla stesura di un libro!).
CitazioneSe é per questo il linguaggio presenta sempre, inevitabilmente qualche ineliminabile "residuo di ambiguità", non solo allorché usato in filosofia.
Ma ciononostante, in filosofia e non, solitamente ci si intende egregiamente, e la necessità di esaminare e criticare il linguaggio "parola per parola" per potersi intendere é di fatto alquanto rara, infrequente, per fortuna, che altrimenti si riuscirebbe a ragionare con gli altri e a discutere di ben poco.



Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
CitazioneAd essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma.

Che una filosofia non sia in toto falsa o vera per l' imperfezione umana (anche "in negativo") che non lo consente non implica certo che una filosofia (in particolare monistica materialistica e dunque negatrice della realtà di qualsiasi cosa che ecceda la fisicità materiale, secondo le mie convinzioni) non sia falsa (imperfettamente tale, nel senso che anche qualcosa di vero quasi certamente dirà, malgrado la sua falsità complessiva, come é ovvio per l' insuperabile perfezione umana, anche in negativo: anche Hitler avrà fatto prima o poi qualche buone azione, se non altro per isbaglio...).

Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !




Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
l' esistenza reale del pensiero (non riducibile, ecc.: vedi sopra, alla materia; cerebrale) non é che non sia dimostrabile non esistere: é invece immediatamente constatabile empiricamente esistere (esattamente, precisamente altrettanto della materia).
Accarezzo l'off topic (che qui è radicale): per esistenza non-materiale non mi riferivo esplicitamente al pensiero o alla mente o alla coscienza, tuttavia nel loro caso, suppongo (parafraso, adeguatamente spero) che con "constatare empiricamente l'esistenza del pensiero" tu ti riferisca all'esperirlo in prima persona, come già discutemmo tempo fa, e questo sentirlo, anche secondo me, è "materiale". Tuttavia, e qui credo inizino le divergenze, scommetto (quindi è solo una opinione da ignorante in materia) il pensiero sia tutto materialmente cerebrale: in qualche modo ascolto il mio pensare in forma sonora, per cui è comunque una percezione, quindi devono esserci degli input sonori (vibrazioni o simili) che il mio cervello decodifica (anche se dall'esterno non sono percepibili); se è un suono deve essere, a suo modo, "materia che vibra" (non ne so di più  :) ) o viene comunque elaborata come tale. Uso "materia" con le virgolette perché non ho idea di che tipo di materia sia (anche gli elettroni e protoni che costituiscono l'elettricità li chiamerei, nella mia ignoranza, "materia", eppure magari è un'inesattezza clamorosa...). Così come non ho idea di quali siano i meccanismi, materiali e cerebrali, che generino il pensiero... per questo ho parlato di "scommessa"!
Mi dirai che pensare non è solo sentire la voce del "soliloquio interiore"; tuttavia, per le altre operazioni associate al pensiero (il ricordare, il ragionare, etc.) il classico parallelismo con un calcolatore materiale (che risolve problemi matematici, ovvero quelli a lui "congeniali", reperisce informazioni, etc.) credo renda più plausibile una dimensione tutta materiale di tali "operazioni mentali".

Dunque l'esperienza in prima persona che ho (di questi "movimenti materiali" e della "materiale elaborazione" del cervello) la vivo come ciò che chiamo "pensiero"; proprio come l'insieme di eventi fisici e materiali che coinvolgono l'apparato visivo e il cervello, li vivo in prima persona come "vista" (anche se qui l'input è esterno, la luce riflessa, mentre nel caso cerebrale è tutto interno, ad esempio quando penso ad occhi chiusi); vista che viene riconosciuta, ma potrei sbagliarmi, come fenomeno tutto materiale (sembra sia qualcosa di immateriale finché non si aprono i libri di scienze, e come avrai capito è attività a cui mi sono dedicato poco  ;D ).

Se invece pensiamo il pensiero come esterno alla materialità del cervello (sinora non ho affermato che coincida con esso, ma solo che venga elaborato e localizzato lì o che emerga lì o che sia prodotto da esso), credo ci poniamo in una prospettiva più "animistica", su cui non mi sento di scommettere, oppure su una diplomaticamente "apofatica".
CitazioneQui (fuori tema rispetto al titolo della discussione: chiedo venia al Webmaster, ma spesso i ragionamenti prendono strade impreviste e non calcolate ma interessantissime) sta il nocciolo della questione (che di fatto ci si é posta discutendo).

Esperire coscientemente** "in prima persona" il pensiero (ma anche il mondo materiale) é altra, ben diversa cosa (anche se necessariamente coesistente con essi e biunivocamente corrispondente nel suo divenire ad essi; i quali comunque accadono in altre, diverse esperienze coscienti*) dai processi neurofisiologici cerebrali che altri, nell' ambito delle loro esperienze coscienti* necessariamente percepiscono allorché il pensiero "in prima persona" realmente accade coscientemente**.
E, contrariamente al cervello al cui funzionamento corrisponde biunivocamente, il pensiero non é niente di materiale.
Puoi cercare fin che vuoi in un cervello, ma non vi troverai mai altro che neuroni, sinapsi, potenziali d' azione, ecc. (a loro volta costituiti da molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.); o magari "software" (o qualcosa di analogo a software) implementato su (o emergente da, o sopravveniente a, se é questo che significano questi concetti) un hardware (o qualcosa di analogo ad hardware) costituito da materia cerebrale (neuroni, membrane, assoni, sinapsi, ecc.).
Ma invece non vi troverai mai quelle ben altre, diversissime cose che sono i pensieri o i sentimenti (o anche le sensazioni materiali) che a tali processi neurofisiologici (i quali accadono nell' ambito della tua coscienza*) biunivocamente corrispondono nell' ambito della coscienza** del "titolare" del cervello che tu, nell' ambio della tua* coscienza stai osservando).
Infatti non é la coscienza** a trovarsi nel cervello (ove invece non c' é altro che materia biologica, eventualmente funzionante "a mo' di hardware su cui sia implementato qualcosa di analogo a un software: tutti enti ed eventi materiali ben diversi dai pensieri -ma anche dalle sensazioni fenomeniche materiali- accadenti nella coscienza** del "titolare" di tale cervello); ma invece é il cervello (le sensazioni materiali che unicamente lo costituiscono, analizzabili come costituite da neuroni, sinapsi, ecc., a loro volta analizzabili come -ovvero perfettamente riducibili a- particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) a trovarsi nella coscienza* di chi lo osservi.

Nessun meccanismo materiale cerebrale può generare alcun pensiero (ovvero sensazione mentale; ma nemmeno alcuna sensazione materiale) per il semplice fatto che tutto ciò che i meccanismi neurofisiologici materiali nei cervelli possono "generare" (causare) non é altro che: contrazioni muscolari, cioè azioni corporee, comportamenti (o al limite, eccezionalmente, secrezioni ghiandolari), oppure altri meccanismi neurofisiologici ("memorizzazioni") che non determinano, almeno immediatamente, a breve termine temporale, movimenti muscolari cioè azioni corporee, comportamenti (bensì nell' immediato "astensioni" da azioni e comportamenti attivi), e probabilmente più o meno a lungo termine, potenzialmente, anche future azioni e comportamenti attivi o modificazioni di potenziali azioni e comportamenti attivi.

Solo metaforicamente e non letteralmente si può parlare di "altre operazioni associate al pensiero (il ricordare, il ragionare, etc.) il classico parallelismo con un calcolatore materiale (che risolve problemi matematici, ovvero quelli a lui "congeniali", reperisce informazioni, etc.)" dal momento che, contrariamente ai cervelli (i quali ultimi non contengono "omini" o "fantasmi nella macchina" che li usino, pongano loro imput e leggano i loro  output ! ! !), i calcolatori materiali sono strumenti usati da persone che pongono loro imput e leggono i loro output; e dunque non si può sostenere in alcun senso che ciò (l' esistenza dei calcolatori elettronici) <<renda più plausibile una dimensione tutta materiale di tali "operazioni mentali" [letteralmente, senza virgolette, N.d.R.]>> ...a meno che (cosa ipotizzabile ma non dimostrabile né confutabile, alquanto inverosimile, almeno per le macchine attualmente realizzate, "fantascientifica") agli elaboratori elettronici (presenti nelle coscienze* di chi li osservi) corrispondano biunivocamente esperienze coscienti** costituite da sensazioni materiali e mentali (pensieri): cose completamente diverse dai chip di silicio, semiconduttori e circuiti costituenti gli hardware dei computer stessi e dai software su di essi implementati ! ! !

Dunque l'esperienza** in prima persona che hai non é ' esperienza* che altri potrebbero avere "in terza persona" osservando il tuo cervello (di questi "movimenti materiali" e della "materiale elaborazione" del cervello); Il quale si trova in altre, diverse dalla tua**, esperienze coscienti* e tu non lo vivi come ciò che chiami "pensiero"; proprio come l'insieme di eventi fisici e materiali che coinvolgono l'apparato visivo e il cervelli; viviinvece i tuoi pensieri in prima persona come esperienza** mentale (o anche materiale) "interna" alla (facente parte della) tua coscienza fenomenica** e non affatto "interna" al (facente parte del) tuo cervello (il quale é invece interno alle, fa a sua volta parte delle coscienze fenomeniche* di chi lo osservasse (mentre tu pensi* o hai altre esperienze fenomeniche**).

Dunque il pensiero va pensato come esterno alla materialità del cervello.
Ma in ciò non c'é proprio nulla di animistico (nel senso dell' "anima immortale": la vita cosciente inizia quando iniziano determinate funzioni neurofisiologiche cerebrali -con le quali non si identifica affatto, non vi é affatto riducibile, non vi sopravviene né ne emerge affatto; invece vi corrisponde biunivocamente- e finisce allorché tali determinate funzioni neurofisiologiche cerebrali vengono meno).



Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
dissento nettamente sul fatto che lo studio del concetto di sostanza in Spinoza non faccia fare passi avanti al' ontologia.
Nel mio piccolo a me ne ha fatti fare di molto importanti; per dire poco e in breve mi ha fatto comprendere una cosa che ritengo importantissima
Certo, progressi e scoperte individuali: tu hai fatto passi avanti studiando Spinoza nel ventesimo secolo (non mi sbilancio sull'anno), ma con te li ha fatti anche tutta l'ontologia?
Ad esempio, studiare la logica di Aristotele, per il ragazzo che non la conosce ancora, è una scoperta personale tanto utile quanto folgorante; tuttavia in ambito filosofico, e per la comunità filosofica, oggi, difficilmente studiare la logica di Aristotele farà progredire la ricerca logica come disciplina (se non altro per il fatto che il suo studio è stato già approfondito da secoli).
CitazioneMa di solito tutti i filosofi fanno passi avanti individualmente: credo di poter dire che opere di filosofia non "compilative" (o non piuttosto di storia della filosofia che di filosofia) ma tali da contenere autentici sviluppi creativi del pensiero filosofico scritte collettivamente a più mani siano "più uniche che rare".

E se é per questo nemmeno la geometria di Euclide o quelle non euclidee, né la fisica di Newton o quella di Einstein di fatto vengono più studiate sui testi originali "se non altro per il fatto che il loro studio è stato già approfondito da secoli" [al singolare + qualche altro anno nel caso di Einstein].

Ma, per fare un' altro esempio dopo quello relativo a Spinoza, sarebbe utilissimo per tutti, onde superare un inganno del senso comune generalizzatissimo, "quasi universalmente", anche fra i ricercatori scientifici e i filosofi e terribilmente inibente la possibilità di affrontare correttamente le questioni ontologiche, imparare da Berkeley e soprattutto da Hume (che, pur essendovi "arrivato successivamente", non cade nelle arbitrarie e false inferenze teologiche trattene da Bereley) che "esse est percipi".
Ovvero che la realtà che empiricamente attingiamo é costituita da apparenze sensibili, fenomeniche (insiemi e successioni di sensazioni materiali o mentali) reali unicamente in quanto tali e fintanto che sono realmente in atto (che accadono realmente) in quanto tali, e non mentre non le percepiamo. Per esempio il magnifico cedro del Libano nel giardino del mio vicino di casa non esiste allorché non esistono le sensazioni visive, uditive e olfattive di cui (e da nient' altro che dalle quali) é costituito (id est: allorché non lo vedo; sarebbe una plateale contraddizione pretenderlo!); ma invece se qualcosa di reale c' é – accade allorché non lo vedo, onde spiegare come mai nonappena mi colloco e guardo nei modi appropriati puntualmente lo vedo, allora questo "qualcosa di reale" deve essere qualcosa di diverso da tali sensazioni fenomeniche (che altrimenti dovrebbero essere reali – accadere realmente anche quando non fossero reali – non accadessero realmente ! ! !): deve essere invece qualcosa di non fenomenico (non apparente) ma solo congetturabile (noumeno) a tali sensazioni fenomeniche biunivocamente corrispondente.

Lou

#80
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Giugno 2018, 19:41:23 PM
Perdonatemi ma trovo che la vostra posizione (certamente rispettabile e forse, per certi versi, anche condivisibile)
sia, come dire, esageratamente sbrigativa. E che poco faccia i conti proprio con il concetto di "relazione".
Affermare infatti che qualcosa (in questo caso l'assoluto) non "esiste" significa affermarlo in maniera assoluta.
Anche in questo caso mi rifaccio all'etimologia del termine "ex-sistere"; che vuol dire "stare saldamente fuori".
Fuori da che cosa? Naturalmente dall'interpretazione soggettiva; cioè dal relativo.
Trovo superfluo premettere "per me" (l'assoluto non esiste); ognuno di noi è in un certo qual modo "costretto" ad
esprimersi per assoluti (come il genio di Nietzsche ha intuito); essendo il silenzio la sola alternativa possibile.
Trovo perciò inevitabile, necessario, che tra il relativo e l'assoluto (come concetti, non certo come essenti
"concreti") si stabilisca una qualche relazione.
A mio modesto parere, l'identificazione fra assoluto e tutto (come fra relativo e molteplice) confonde e rende tutto
il discorso "distorto", ed appunto perchè troppo individua in questi due termini una esistenza "concreta" (che cioè
ha una posizione spazio-temporale).
saluti

(chiedo scusa all'amico Sgiombo: ho scritto questa risposta senza aver letto la sua)

Ecco si, appunto, carissimo Sgiombo, mi sembra tu abbia ben "inquadrato" il problema.
Dicevo di Nietzsche, il quale nei "Frammenti postumi" dice: "nell'eterno fluire delle cose di nulla potremmo dire
che è".
Cioè non potremmo mai, senza ricorrere all'assoluto, affermare che questa cosa E' questa cosa.
saluti e stima.
mauro
Quasi nulla potremmo dire che è tranne il divenire stesso, forse, che permane. Ciò che non diviene , non muta è il mutare stesso.
Come intravide Eraclito e sulla sua scia Nietzsche, al divenire i caratteri dell'essere...
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: sgiombo il 18 Giugno 2018, 18:19:33 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia che non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
Ad essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma. [...] Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !
Tale differenza mi intriga alquanto, soprattutto per poter redimere il mio volgare sofisma: se dico che la frase "bla, bla, bla" è "falsa", oppure che è "perfettamente o integralmente falsa", qual'è la differenza?
Come valore di verità esiste "F", ma anche il valore "piF" (perfettamente o integralmente Falso)?
Certo, qui non si parla di mere frasi, ma i valori di verità classici, per la logica, restano sempre quelli (possiamo aggiungerne altri con ulteriori tipi di logica, ma "piF" ammetto di non conoscerlo... non sarà mica un valore da "piFferaio"  ;D ).

Comunque, sto volentieri al gioco e riformulo diligentemente la domanda: se scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?
Questo si che sarebbe un passo avanti!

A proposito, esiste anche una valore "perfettamente o integralmente vero"(piV) che ha una "bella differenza" dal "vero"(V)?


P.s.
Sul resto, probabilmente non ho saputo spiegarmi adeguatamente, né con l'esempio della "materialità della vista", né con la differenza fra progresso di una disciplina e progresso di un individuo (mi dispiace, non posso spenderci altre parole... non ne ho di migliori!).

sgiombo

#82
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 19:55:50 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Giugno 2018, 18:19:33 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia che non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
Ad essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma. [...] Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !
Tale differenza mi intriga alquanto, soprattutto per poter redimere il mio volgare sofisma: se dico che la frase "bla, bla, bla" è "falsa", oppure che è "perfettamente o integralmente falsa", qual'è la differenza?
Come valore di verità esiste "F", ma anche il valore "piF" (perfettamente o integralmente Falso)?
Certo, qui non si parla di mere frasi, ma i valori di verità classici, per la logica, restano sempre quelli (possiamo aggiungerne altri con ulteriori tipi di logica, ma "piF" ammetto di non conoscerlo... non sarà mica un valore da "piFferaio"  ;D ).

Comunque, sto volentieri al gioco e riformulo diligentemente la domanda: se scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?
Questo si che sarebbe un passo avanti!

A proposito, esiste anche una valore "perfettamente o integralmente vero"(piV) che ha una "bella differenza" dal "vero"(V)?


P.s.
Sul resto, probabilmente non ho saputo spiegarmi adeguatamente, né con l'esempio della "materialità della vista", né con la differenza fra progresso di una disciplina e progresso di un individuo (mi dispiace, non posso spenderci altre parole... non ne ho di migliori!).
CitazioneVeramente con questi banali sofismi e puerili prese in giro stai mettendo a dura prova la mia pazienza.

Come é inequivocabile da tutto quanto ho scritto finora, intendo dire che anche in un libro di ontologia monistico materialistico (che dunque secondo me propone una ontologia falsa) ci può pure essere qua e là qualche affermazione vera, dal momento che nessuno é perfetto, neanche in negativo, e dunque anche al peggiore monista materialista può "sfuggire" -che ne so?- che nel cervello ci sono neuroni o che a determinate lesioni cerebrali corrispondono necessariamente determinate menomazioni nelle funzioni psichiche.

Per esempio nel celebre ponderoso librone di Dennett sulla mente (a occhio e croce un migliaio di pagine, se ricordo bene!), che espone un' ontologia scientista per me falsa, certamente non il 100% delle proposizioni é falsa; ce ne sono certamente anche di vere, il che non toglie nulla alla falsità della sua ontologia).

E adesso, per favore, basta con le provocazioni ! ! !

Siamo seri, per favore ! ! !

sgiombo

Ho controllato.
Ricordavo male: sono quasi 600 pagine.

Phil

A parte la battuta del "piFferaio" (per scherzare, non certo per provocare  :) ), il resto del messaggio vorrebbe essere serio, soprattutto l'importante domanda (che mi permetto di riproporre, in versione disambiguata dalla tua precisazione "logica"):
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 19:55:50 PMse scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?

viator

#85
Salve. Per Sgiombo (tua risposta nr.60): Io non ho affermato che la FORMA sia costituita da- o sia identica alla coscienza. LA FORMA consente il funzionamento della coscienza. E' la disposizione, l'orientamento delle particelle che compongono una specie di "specchio interiore" semitrasparente attraverso il quale il sé può a volontà specchiarsi (autocoscienza) oppure, cambiando l'orientamento delle particelle, guardare il mondo esterno dietro la parete dello specchio (coscienza dell'alterità). Dall'esterno, invece, è impossibile osservare cosa ci sia dietro tale specchio (impenetrabilità dei nostri contenuti). Questo, secondo me, è il modo in cui FUNZIONA la coscienza.

Il paragone con le costruzioni umane l'ho scelto perché altamente semplificante e quindi comprensibile. Io cerco di scrivere anche per eventuali profani (visto che anch'io lo sono). L'intenzionalità delle motivazioni umane nel costruire non capisco cosa possa invalidare. Il ragionamento su forma, struttura, funzione funziona benissimo anche per termitai ed alveari. Tutto a questo modo ha un'intenzione. Quella di contribuire alla sopravvivenza del mondo. (Non importa se attraverso la propria specie, la propria individualità od i propri disegni architettonici).

Mi autocito : "Esistono quindi i progetti......."; forse avresti capito meglio se io avessi scritto "Il tutto quindi comincia con i progetti......".

Citando invece te : "E' sbagliato invece cercare le coscienze nei cervelli......". Certo, perché non le si troverà mai, visto che la coscienza è una FUNZIONE. Essa FUNZIONE, come ho accennato, è un'ente concettuale che non può coincidere con enti materiali o comunque fisici. La FUNZIONE di Dirigente Scolastico infatti è del tutto slegata dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico. Il Dirigente può cambiare in qualsiasi momento ma la FUNZIONE resterà. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: viator il 18 Giugno 2018, 22:19:54 PM
CitazioneObietto volentieri a Viator, ignorando deliberatamente provocatori e propalatori di penosi sofismi.

Salve. Per Sgiombo (tua risposta nr.60): Io non ho affermato che la FORMA sia costituita da- o sia identica alla coscienza. LA FORMA consente il funzionamento della coscienza. E' la disposizione, l'orientamento delle particelle che compongono una specie di "specchio interiore" semitrasparente attraverso il quale il sé può a volontà specchiarsi (autocoscienza) oppure, cambiando l'orientamento delle particelle, guardare il mondo esterno dietro la parete dello specchio (coscienza dell'alterità). Dall'esterno, invece, è impossibile osservare cosa ci sia dietro tale specchio (impenetrabilità dei nostri contenuti). Questo, secondo me, è il modo in cui FUNZIONA la coscienza.
CitazioneLa disposizione delle particelle materiali in un cervello e gli eventi neurofisiologici che la riguardano (che si trovano nelle coscienze* di coloro che osservano tale cervello: "esse est percipi" – Berkeley) sono tutt' altre cose (enti ed eventi) che "il sé" (cioè l' autocoscienza** in particolare, nell' ambito generale della coscienza**) del "titolare di tale cervello", necessariamente a tali eventi neurofisiologici (reali in altre coscienze*) biunivocamente corrispondente, come dimostrano più che convincentemente le neuroscienze: ad ogni certo determinato evento di coscienza** e a nessun altro corrispondono certi determinati eventi neurofisiologici e nessun altro in un certo determinato cervello e in nessun altro (nell' ambito di altre, diverse coscienze*) e viceversa.
 
Gli eventi neurofisiologici sono eventi materiali che accadono nell' abito di esperienze coscienti* e non comprendono alcun "omuncolo" cosciente che possa guardarsi in alcuno specchio (nemmeno metaforico) oppure guardare altrove e vedere il mondo esterno.
Le particelle del cervello non guardano nulla, semplicemente divengono secondo le leggi della fisiologia (biologia) perfettamente riducibili a quelle della fisica - chimica: partecipano ad eventi fisici (reali nell' ambito delle coscienze* degli osservatori del cervello stesso), e non agli eventi di coscienza** del "titolare di esso" (salvo il caso del tutto particolare e un po' cervellotico -e anche un po' raccapricciante- che costui abbia il cranio aperto e davanti a sé uno specchio, reale e preferibilmente non semitrasparente).
 
Naturalmente dall' esterno di una coscienza** non si può guardare* dentro una coscienza**: si possono solo guardare* eventualmente gli eventi neurofisiologici in un determinato cervello che ad essa** corrispondono.



Il paragone con le costruzioni umane l'ho scelto perché altamente semplificante e quindi comprensibile. Io cerco di scrivere anche per eventuali profani (visto che anch'io lo sono). L'intenzionalità delle motivazioni umane nel costruire non capisco cosa possa invalidare. Il ragionamento su forma, struttura, funzione funziona benissimo anche per termitai ed alveari. Tutto a questo modo ha un'intenzione. Quella di contribuire alla sopravvivenza del mondo. (Non importa se attraverso la propria specie, la propria individualità od i propri disegni architettonici).
CitazioneTralascio la questione della funzione della conservazione del mondo perché mi sembra espressione di una concezione irrazionalistica, mistica della realtà cui sono alieno (lo dico con tutto rispetto, senza intenzioni dispregiative: ognuno la pensi come gli pare insindacabilmente da parte di chichessia). Anche perché non mi pare rilevante per la questione dei rapporti cervello-coscienza.
 
Secondo me il parallelismo fra i cervelli e termitai, alveari, ecc. é invalidato (non tanto dall' intenzionalità delle realizzazioni umane, quanto) dal fatto che a questi ultimi non é ragionevole ammettere che corrisponda alcuna coscienza (non ci raccontano linguisticamente di esperienze coscienti, interiori od esteriori), contrariamente ai primi.



Mi autocito : "Esistono quindi i progetti......."; forse avresti capito meglio se io avessi scritto "Il tutto quindi comincia con i progetti......".

Citando invece te : "E' sbagliato invece cercare le coscienze nei cervelli......". Certo, perché non le si troverà mai, visto che la coscienza è una FUNZIONE. Essa FUNZIONE, come ho accennato, è un'ente concettuale che non può coincidere con enti materiali o comunque fisici. La FUNZIONE di Dirigente Scolastico infatti è del tutto slegata dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico. Il Dirigente può cambiare in qualsiasi momento ma la FUNZIONE resterà. Salutoni.
CitazioneMa se la coscienza fosse una funzione del cervello o delle particelle materiali che lo costituiscono, allora credo che necessariamente, osservando il cervello e le particelle materiali che lo costituiscono, ve la si troverebbe.
Infatti se cerchi in una scuola la funzione di dirigente scolastico (che é bensì distinguibile concettualmente ma non affatto separabile realmente dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico) vi troverai un preside che svolge per l' appunto tale funzione, ovvero vi troverai la funzione di dirigente scolastico svolta dal preside.
Mentre se cerchi in un cervello non vi puoi trovare che funzioni neurofisiologiche perfettamente riducibili ad eventi fisico – chimici ma non alcuna "funzione -  coscienza": in teoria l' uomo o altro animale che comprendesse tale cervello potrebbe anche essere uno zombi del tutto privo di coscienza (le cui funzioni cerebrali perfettamente riducibili a reazioni chimiche – eventi fisici si svolgerebbero del tutto regolarmente) senza che in alcun modo ti fosse possibile accorgertene.
Anche in un cervello in teoria (é un noto esperimento mentale; ovviamente non qualcosa di realizzabile in pratica di fatto!) potresti a poco a poco sostituire con "microprotesi materiali" (in silicio o in altri materiali) tutti i circuiti neurali che lo costituiscono e relative connessioni nervose periferiche afferenti ed efferenti, così persistendone la funzione pur essendo cambiato chi la svolge (ovvero "ne ricopre l' incarico").
Ma né prima il "cervello naturale", né alla fine della graduale sostituzione il "cervello artificiale" (nelle coscienze* di chi li osservi) si identificherebbero affatto con la coscienza** ad essi (per lo meno fino a un qualche certo momento della sostituzione fra strutture naturale e artificiali che svolgessero le funzioni neurofisiologiche) corrispondente, bensì sarebbero tutt' altro che la coscienza** del "titolare delle strutture che le svolgessero".
 
Ricambio cordialmente i saluti.

viator

#87
Salve Sgiombo. A proposito di "omuncoli" e di "titolari", al posto di questi io intendo il "me". Definizione di "me" (o se si preferisce, di "sè") :
"Ciò che resterà di me dopo che io mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me".


  • Ora mi taglio braccia e gambe, sostituendole con protesi perfettamente efficienti. Resto me.
  • Poi mi taglio la testa e la applico su di una protesi corporea artificiale ipertecnologica dotata di tutto il necessario per svolgere le mie attuali FUNZIONI vitali e sensoriali. Resto me.
  • Poi sostituisco tutti i singoli componenti del mio capo, tranne l'encefalo, con altre protesi simili. Resto me.
  • Poi inizio il lavoro (che tu hai già descritto) di sostituzione dei contenuti biologici del mio encefalo con componenti artificiali che svolgono, sia singolarmente che complessivamente le medesime FUNZIONI che il corpo ed il mio encefalo svolgevano quando erano integri.

Alla fine di questi interventi ci ritroveremo un essere artificiale il quale, se si rispetta il presupposto di aver riprodotto la completa FUNZIONALITA' fisiologica di tutti i suoi componenti, si comporterà e vivrà esattamente allo stesso modo di un umano. Salutoni.
Ovvio che, a parte il funzionamento fisiologico, una tale impresa ricostruttivo-sostitutiva riprodurrebbe anche eventuali mie patologie in atto.
Ovvio che riprodurrebbe tutti i miei contenuti genetici che ereditai alla nascita.
Ovvio che riprodurrebbe ogni genere di predisposizione, di capacità, di sensibilità, di individualità.
Ovvio che riprodurrebbe tutti i contenuti della mia memoria oltre a tutte le mie convinzioni.

Perchè dovrebbe cambiare qualcosa ? Abbiamo sostituito della materia (organica) la quale era disposta in una certa FORMA (la disposizione dei suoi componenti) che la rendeva adatta a svolgere un stupefacente quantità di raffinatissime FUNZIONI, e l'abbiamo fatto utilizzando altra materia (tecnologico/artificiale) alla quale abbiamo attribuito una qualsiasi FORMA che risultasse nei fatti adatta a svolgere le identiche FUNZIONI in identico modo. (nella pratica, per poter svolgere le stesse funzioni in modo perfettamente identico, occorre disporre della stessa FORMA).
Ma......alla fine......dov'è finito il "me" ? Credo sia rimasto al suo posto. Il "ME" è l'insieme delle FUNZIONI che mi fanno vivere.

Naturalmente sia la forma che la funzione sono CONCETTI. Ecco perchè possono sopportare benissimo lo scompaginamento della materia che avviene durante la sostituzione dei miei singoli componenti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

#88
Risposta a Viator:

Sì, non cambierà nulla, il robot risultato finale della graduale sostituzione di strutture biologiche con strutture artificiali funzionanti allo stesso modo si comporterà esattamente allo stesso modo di un umano (sul "vivrà" sospenderei il giudizio; dipende da che cosa si intende per "vivere").

Ma ciò non significa che continuerà ad avere una coscienza.
Infatti nemmeno dell' esistenza reale delle altre coscienze di uomini ed animali (oltre alla "propria" immediatamente esperita, vissuta) si può avere certezza assoluta, non potendosene dimostrare l' esistenza né men che meno potendole esperire coscientemente; si ammette comunemente che esistano in corrispondenza biunivoca con ogni sistema nervoso "sufficientemente complesso e sofisticato", ma ammettere che esitano anche in corrispondenza biunivoca con macchine artificiali funzionanti come cervelli umani, in un certo senso che esistano in corrispondenza di qualsiasi "hardware", anche non naturale - biologico, che supporti un "software" simile a quello "implementato sui" cervelli biologici "sufficientemente complessi e sofisticati" é un' ulteriore ammissione indimostrabile, ulteriormente incerta.

Ma anche nel caso (non dimostrabile essere reale né non essere reale) che alla fine della sostituzione completa dei "circuiti" cerebrali con "circuiti" artificiali funzionanti esattamente allo stesso modo ("dalla medesima forma", per dirlo alla tua maniera) continuasse ad esistere (e ad evolversi) l' esperienza cosciente** iniziata in corrispondenza biunivoca col cervello naturale originario, questa non sarebbe affatto identificabile con il funzionamento del meccanismo artificiale, esattamente come precedentemente non era affatto identificabile con il funzionamento naturale del cervello (i quali -prima il cervello naturale e poi, alla fine della sua trasformazione passo a passo in una macchina artificiale, la macchina stessa- esistono comunque in altre, diverse coscienze*, quelle di loro osservatori, ben diverse, tutt' altre cose, dalla coscienza** del "titolare del cervello naturale poi trasformato in macchina artificiale": se anche quest' ultima coscienza** non fosse mai esistita e l' "organismo naturale prima, macchina poi" di cui parliamo fosse sempre stato una specie di zombi (prima biologico poi meccanico o elettronico: un robot senza coscienza) non ci sarebbe alcun modo di accorgersene da parte di chi lo osservasse (nella cui coscienza* si trovasse).


Sia la forma che la funzione sono CONCETTI, ma la coscienza reale e il cervello reale sono cose reali (fra loro biunivocamente corrispondenti -non completamente, solo negli eventi cerebrali che hanno un corrispondente cosciente: non per esempio nel sonno senza sogni- ma diversi, distinti, non identificabili in alcun modo.

Cordialissimi saluti.

viator

#89
Salve Sgiombo. nel mio precedente intervento ho affermato che la "nuova" creatura artificiale possiede - di "mio", anche LA MEMORIA.
La COSCIENZA è fatta di percezione del sé + percezione dell'alterità, IL TUTTO TENUTO ASSIEME E COLLEGATO DALLA MEMORIA.

Ricordi la metafora dello specchio semitrasparente ; Nel suo spessore è ricavato un alloggiamento che contiene una CAPIENTISSIMA SCHEDA DI MEMORIA il cui pregio è soprattutto IL MOTORE DI RICERCA INTERNO IMMENSAMENTE PIU' FLESSIBILE di quelli VIRTUALI  del web. Anch'esso però fornisce dei risultati che tengono conto della mia propria gerarchia di interessi "pubblicitari". Infatti tutte le memorie privilegiano i dati che noi stessi abbiamo in passato selezionato come più favorevoli alla nostra sopravvivenza, Anzitutto fisica ma poi.......infine anche psichica. Noi e la nostra coscienza ci fanno ricordare più a lungo e per prime le nozioni che più "ci piacciono".

Tutto questo poiché, come dovrebbe essere intuitivo, i motori di ricerca e l'intero web e l'intera informatica sono opera degli ORIGINALI corrispondenti, cioè dei nostri cervelli e coscienze ed "anime" intente a riprodurre una rozza copia di sé stesse e del loro funzionamento. Una copia del cervello può sempre far comodo, no? Lo stesso che è accaduto per il MONDO il quale ha creato la VITA come copia "di riserva" di sé stesso.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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