Relativo, Assoluto, Totalità

Aperto da viator, 09 Giugno 2018, 10:22:20 AM

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sgiombo

#15
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 16:04:53 PM

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
io dico che invece quel termine
(esistenza-dell'assoluto) vada molto ma molto ben più ponderato e specificato.
Se per "assoluto" non intendiamo semplicemente "autonomo" o "estendibile a tutta la sua casistica pertinente", bisogna chiedersi qual'è il piano di esistenza dell'assoluto (se non è puramente linguistico-concettuale) e, soprattutto, su cosa si fonda l'assoluto (che non sia astrazione concettuale).
Certo, parliamo di assouto per tradizione (indizio: citiamo autori metafisici di secoli passati...), ma ci fidiamo ciecamente del fatto che ci "sia", per passare così direttamente alla questione del "come" sia (prima di chiederci "se" sia)?
Una certa filosofia, più fresca di stampa (quindi con meno ragnatele), ci suggerisce che potrebbe essere un passo falso...
CitazioneFino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".

Noto (forse pleonasticamente; comunque chiarire il proprio pensiero é sempre utile) che il "fidarsi ciecamente del fatto che l' assoluto ci sia" non riguarda me (ed infatti era riferito ad Oaxdeadbeef), dal momento che ho affermato a chiare lettere che
"Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana), o al massimo come di una sorta di limite cui può tendere asintoticamente, non potendolo mai raggiungere pur avvicinandoglisi, la conoscenza (umana)" (intervento #4 nella presente discussione).



Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Soprattutto dissento dalla tesi che nell' ontologia ormai bastino (o comunque "siano meglio") le scienze (in senso stretto o forte ovvero le "scienze naturali"; che ovviamente ritengo comunque necessario conoscere; [...]
E questo principalmente per due motivi.
Il Primo è che ritengo che le scienze naturali si occupino ottimamente della ricerca della conoscenza vera nell' ambito naturale - materiale della realtà (più o meno la cartesiana res extensa), ma anche che la realtà non sia limitata ad essa ma invece comprenda anche la cartesiana res cogitans
Dubito (visto che si parla di Cartesio!) che la filosofia sia la disciplina più adatta a studiare la "res cogitans" (sebbene sia la più incline ad usarla) il cui "campo", non a caso, mi pare si sta riducendo e riconfigurando man mano che avanzano le neuroscienze (ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio); tuttavia non voglio deviare il discorso off topic.

CitazioneIo invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).

Sono convinto che il suo "campo" [della filosofia, N.d.R] non si stia affatto riducendo né riconfigurando man mano che avanzano le neuroscienze, dal momento che il mainstream (o la "quasi unanimità bulgara") delle neuroscienze (spalleggiato dai filosofi scientisti "di complemento") cerca la coscienza dove non può trovarla per semplice fatto che non può trovarvisi, e cioè nel cervello, dal momento che é invece il cervello (i cervelli) ad essere nella coscienza (nelle coscienze di chi li percepisce sensibilmente; e a contenere neuroni e altre cellule, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, ecc., e non affatto le esperienza coscienti che i "titolari" dei cervelli osservati vivono mentre vengono osservati -i loro cervelli- nell' ambito di altre, diverse esperienze coscienti).
Invece una parte decisamente minoritaria delle neuroscienze, decisamente più avveduta in proposito, evita "invasioni di campo" nella filosofia.

"(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.


Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Il secondo é che la verità delle conoscenze scientifiche necessita di una "critica filosofica" che ne analizzi limiti, significato, condizioni; una severa critica razionale che implica anche importanti "considerazioni ed elementi di ontologia"
Concordo con l'istanza della "supervisione filosofica", ma l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave (ad esempio, la "causa formale" dell'uomo, di cui si parlava in filosofia antica. è, banalizzo per ignoranza, nella "programmazione" del Dna: da qui in poi la scienza può indagare sulla "forma" degli uomini, e alla filosofia non resta che osservare i passi della ricerca scientifica...).
CitazioneDa da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?
Fra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).

Il superamento delle cause aristoteliche ulteriori rispetto a quella efficiente data da ben prima della nascita della biologia molecolare; ed é a mio parere un superamento innanzitutto e fondamentalmente filosofico (ovviamente non contraddetto ma per così dire confermato dalle scienze naturali).

Si limiteranno ad osservare i passi della ricerca scientifica... casomai le filosofie irrazionalistiche del positivismo, dello scientismo e affini; ma per fortuna (anche della filosofia stessa, ma non solo...), la filosofia moderna e contemporanea non é affatto limitata a scientismo e/o positivismo e affini!

viator

Salve. Per Oxdeadbeef (tua risposta nr. nove): Anzitutto la frase "La Legge è uguale per tutti" viene da me trovata irrisoria nel confronti del Diritto e della Giustizia, alla luce della situazione di tali Istituzioni nel nostro (e magari non solo nostro) Paese: ne avessi l'autorità, ordinerei la sua cancellazione e sostituzione con una sua assai più realistica variante : "La Legge DEVE essere uguale per tutti".
Comunque nella frase attuale od in quella così modificata non trovo alcun contenuto assolutistico. La Legge potrebbe anche risultare relativamente uguale per tutti (infatti nelle carceri i riccastri ed i mammasantissima vivono meglio dei poveracci).
Noto poi (tua risposta di oggi h.14.21) che, a proposito delle Leggi, tu parli di assolutezza convenzionale. Mi risparmio un commento più esteso.
Convenzionale potrà essere la relatività, certamente non l'assolutezza !
Comunque ti do ragione. Non divaghiamo cercando l'assolutezza dentro relatività piccole e transitorie come quelle delle leggi umane.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
La mia accezione di relativo è quella data dalla definizione "ciò che influisce su altro o è oggetto di influenza da parte di altro".
In fondo, tale definizione appartiene ad ogni concetto, in quanto ogni concetto influisce su altro (su chi lo pensa, sui concetti "imparentati", etc.) o è influenzato da altro (chi lo definisce, i concetti da cui deriva, etc.). Concludiamo dunque che ogni concetto è relativo a, "riconduce a", "(inter)dipende da", chi lo pensa, dal modo e dal contesto teorico in cui viene pensato, etc.? Mi sembra legittimo... così come mi pare conseguente e coerente che anche il concetto di "relativo" non faccia eccezione, fino a prova contraria. (Per la mia definizione di "relativo" mi sono già banalmente appoggiato all'etimologia, e per adesso mi accontento  :) ).

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
Sono d'accordo con te sul fatto che Assoluto e Totalità vadano lasciati dove funzionano meglio.......cioè in filosofia !!.
Tutte le elucubrazioni matematiche che si occupino di nulla, unicità, totalità sono solo forzosi artifici creati per mantenere in vita teorie e convenzioni che dovrebbero reggere baracche utili a dare lustro a qualcuno.
Tuttavia, se mi è concessa la libera parafrasi, direi che anche "Tutte le elucubrazioni matematiche filosofiche che si occupino di nulla, unicità, totalità sono solo forzosi artifici creati per mantenere in vita teorie e convenzioni che dovrebbero reggere baracche utili a dare lustro a qualcuno" mi suona piuttosto familiare  ;) , con la differenza che in matematica si può fare abbastanza anche senza ricorrere ad assoluti ed infiniti, mentre nel tipo di filosofia chiamata "metafisica", tolti questi due mattoni, la torre implode al suolo. In altri tipi di filosofia, invece non è necessario scomodare concetti così audaci e l'impalcatura, per quanto meno "elevata", regge lo stesso.

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
Sempre a proposito di definizioni, vorrei che qualcuno mi spiegasse l'oscurità, la complessità, l'ambiguità della seguente definizione di Assoluto : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".
Tale definizione mi pare vada piuttosto bene anche per "universo", per "memoria", per "eternità" o "infinito", pur essendo parole che rimandano a realtà molto differenti...

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
La "Totalità" poi che sarebbe ? "il contenuto dell'Assoluto".
La definizione di totalità come "tutto ciò che è contenuto in un dato insieme" è di stampo logico-matematico e, non a caso, è poco ambigua.




Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Fino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".
Assolutamente nulla di male, anzi credo che la storia del pensiero vada tutelata anche in ciò che oggi si presenta come un errore; ma il fatto che certi sentieri non siano stati più battuti o non producano sbocchi interessanti (non solo "museali"), o siano un "vicolo cieco" (ci torno dopo), secondo me, può far riflettere.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Noto (forse pleonasticamente; comunque chiarire il proprio pensiero é sempre utile) che il "fidarsi ciecamente del fatto che l' assoluto ci sia" non riguarda me (ed infatti era riferito ad Oaxdeadbeef),
Non mi riferivo nemmeno a lui (lo avrei specificato), parlavo in generale, come possibilità di prospettiva.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Io invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).
Se le scienze naturali sono "le meno adatte" per studiare la res cogitans, intendi che la più adatta è la filosofia o (auspico) c'è un terzo approccio?
Se invece ritieni che sia "instudiabile", mi concederai che non c'è "meno" e "più" adatto...

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.
Lungi da me il voler offendere Cartesio, volevo solo alludere (con un esempio malriuscito, posso dire ora) come all'epoca si potessero formulare ipotesi solo teoriche che oggi invece possono essere anche verificate empiricamente (supponevo che il funzionamento di sinapsi, neuroni ed aree del cervello non fosse adeguatamente noto all'epoca, lasciando spazio anche ad ipotesi fantasiose, seppur all'epoca verosimili; non ho fatto ricerche approfondite in merito poiché voleva essere solo un esempio estemporaneo, non il tema del discorso).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Da da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?
Allora diciamo che l'ontologia filosofica è (quasi) in riflessivo "silenzio stampa" da un paio di secoli? Oppure c'è un fervente dibattito e magari passi avanti significativi (che non siano storiografici) nel campo dell'ontologia? In filosofia, vengono prodotti trattati di ontologia, o teorie ontologiche (che non siano surrogato di riflessioni a posteriori su temi scientifici)?
Sicuramente c'è molto che non so, ma mi sbilancio nel supporre che l'ontologia filosofica, oggi, non stia progredendo molto, e non può progredire perché, per il suo tipo di approccio (filosofico, appunto), è in un vicolo cieco (fare una tesi sull'ontologia di Kant significa fare storia dell'ontologia, non alimentare la ricerca contemporanea sull'ontologia filosofica... se esiste).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Fra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).
Non intendevo "chiave d'accesso" alla coscienza (?!), ma solo che dove si è fermata l'ontologia (vicolo cieco) la scienza può andare avanti (aprire una porta) per proseguire la ricerca volta alla comprensione dell'esistenza materiale (v. varie teorie fisiche) ed evidenzio materiale perché va ricordato che l'ontologia si occupa dell'esistenza (e non in chiave romantico-esistenzialistica, lì la strada è sempre aperta...).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Si limiteranno ad osservare i passi della ricerca scientifica... casomai le filosofie irrazionalistiche del positivismo, dello scientismo e affini; ma per fortuna (anche della filosofia stessa, ma non solo...), la filosofia moderna e contemporanea non é affatto limitata a scientismo e/o positivismo e affini!
Mi riferivo al caso specifico della forma aristotelica e del Dna; è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione).

viator

#18
Salve Phil. Sono d'accordo su larga parte delle tue osservazioni anche se ne trovo alcune non proprio pertinenti. Per quanto riguarda le mie definizioni, guarda che non intendo certo brevettarle. Ovvio che una qualsiasi definizione può riguardare anche una grande quantità di altre cose. La definizione dell'ESSERE (la condizione per la quale le cause producono degli effetti) ad esempio vale proprio per TUTTO.
A livelli più prosaici, poi, la definizione di "amante" (nel caso particolare di colui che ami una persona già coniugata) vale, ad esempio, anche per il Sommo Pontefice il quale ama non solo le persone già coniugate, ma anche celibi, nubili, divorziati, separati, annullati rotali....insomma, l'umanità intera. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

#19
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM


Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Fino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".
Assolutamente nulla di male, anzi credo che la storia del pensiero vada tutelata anche in ciò che oggi si presenta come un errore; ma il fatto che certi sentieri non siano stati più battuti o non producano sbocchi interessanti (non solo "museali"), o siano un "vicolo cieco" (ci torno dopo), secondo me, può far riflettere.
CitazioneIn un vicolo cieco si é cacciata secondo me innanzitutto la filosofia scientista e positivistica (professata oltre che da tanti filosofi anche da tantissimi neuroscienziati) che pretende che le neuroscienze possano risolvere il problema dei rapporti fra cervello e coscienza confondendo le due ben diverse "cose".

O credi forse che il coloratissimo arcobaleno che sto vedendo. il sentimento di amicizia che sto provando, la dimostrazione del teorema di Pitagora cui sto pensando, ecc. mentre tu stai -eventualmente- osservando il mio cervello (o viceversa) sia la stessa cosa di quella roba grigio-rosea gelatinosa e un po' viscida che tu stai vedendo, o magari dei neuroni, degli assoni, delle sinapsi, dei potenziali d' azione di cui quella robaccia  é costituita, o magari del "software" eventualmente implementato sull' "hardaware" costituito da tale robaccia  ? ? ?





Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Io invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).
Se le scienze naturali sono "le meno adatte" per studiare la res cogitans, intendi che la più adatta è la filosofia o (auspico) c'è un terzo approccio?
Se invece ritieni che sia "instudiabile", mi concederai che non c'è "meno" e "più" adatto...
CitazioneNo, intendo proprio che la più adatta é la filosofia (ontologia filosofica).
Anche perché le scienze naturali non troveranno mai la coscienza nella materia (cerebrale) perché non si può trovare ciò che si cerca dove esso non é.
E' infatti la materia (anche cerebrale) a trovarsi nella coscienza (l' esperineza cosciente: "esse est percipi", Berkeley) di chi la percepisca sensibilmente (ed eventualmente la osservi attivamente).
Di terzi approcci purtroppo non ne conosco.



Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.
Lungi da me il voler offendere Cartesio, volevo solo alludere (con un esempio malriuscito, posso dire ora) come all'epoca si potessero formulare ipotesi solo teoriche che oggi invece possono essere anche verificate empiricamente (supponevo che il funzionamento di sinapsi, neuroni ed aree del cervello non fosse adeguatamente noto all'epoca, lasciando spazio anche ad ipotesi fantasiose, seppur all'epoca verosimili; non ho fatto ricerche approfondite in merito poiché voleva essere solo un esempio estemporaneo, non il tema del discorso).
CitazioneMa le sinapsi, gli assoni, i potenziai d' azione, le eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche (rilevabili in un certo cervello nell' ambito di certe esperienze coscienti* di osservatori non sono affatto l' esperienza cosciente** corrispondente a quel cervello osservato e da quelle* dei suoi osservatori ben diversa.
Nei cervelli osservati (i quali si trovano nelle esperienze coscienti*, nelle coscienze* di chi li osserva) non si troveranno mai che neuroni, sinapsi, assoni, ecc. ben diverse cose dalle esperienze coscienti** vissute dai "titolari" dei cervelli osservati stessi (osservati nell' ambito delle coscienze* dei loro osservatori).

L' odierna conoscenza di sinapsi ecc. non basta di certo (anche se serve) a risolvere il problema ontologico dei rapporti cervello/coscienza.
E infatti molti neurologi e filosofi scientisti propongono ipotesi fantasiose  e infondate non meno di quella cartesiana.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Da da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave

Citazioneche termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?

Phil:
Allora diciamo che l'ontologia
filosofica è (quasi) in riflessivo "silenzio stampa" da un paio di secoli?

Sgiombo:
No.

Phil:
Oppure c'è un fervente dibattito e magari passi avanti significativi (che non siano storiografici) nel campo dell'ontologia? In filosofia, vengono prodotti trattati di ontologia, o teorie ontologiche (che non siano surrogato di riflessioni a posteriori su temi scientifici)?

Sgiombo:
Anche se di fatto attualmente sono largamente dominanti (=/= necessariamente corrette e vere!) filosofie scientistiche e positivistiche da una parte e irrazionalistiche idealistiche dall' altra (la filosofia é messa alquanto male di fatto), anche se vi si pubblica ben poco di interessante, questo non dimostra che si sia irrimediabilmente cacciata in un vicolo cieco e men che meno che le chiave per risolvere i problemi filosofici sia in mano alle scienze naturali.

Phil:
Sicuramente c'è molto che non so, ma mi sbilancio nel supporre che l'ontologia filosofica, oggi, non stia progredendo molto, e non può progredire perché, per il suo tipo di approccio (filosofico, appunto), è in un vicolo cieco (fare una tesi sull'ontologia di Kant significa fare storia dell'ontologia, non alimentare la ricerca contemporanea sull'ontologia filosofica... se esiste).

Sgiombo:
Non credo proprio, anche se non sono un seguace di Kant (se non in misura decisamente limitata).
E d' altra parte l' ignorare e trascurare un' analisi filosofica razionale dell' ontologia generale porta tantissimi scienziati a scrivere grandi corbellerie (come il cosiddetto "principio antropico" o le "teorie dei molti mondi"); se avessero studiato Kant probabilmente non ci sarebbero cascati.
Citazione da: sgiombo - 10 Giugno 2018, 14:25:34 pm
CitazioneFra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).

Non intendevo "chiave d'accesso" alla coscienza (?!), ma solo che dove si è fermata l'ontologia (vicolo cieco) la scienza può andare avanti (aprire una porta) per proseguire la ricerca volta alla comprensione dell'esistenza materiale (v. varie teorie fisiche) ed evidenzio materiale perché va ricordato che l'ontologia si occupa dell'esistenza (e non in chiave romantico-esistenzialistica, lì la strada è sempre aperta...).
CitazioneMa l' ontologia é precisamente (fra l' altro) studio dei rapporti materia (cerebrale) / coscienza; e su questo la scienza può offrire importanti informazioni ma di per sé non soluzioni (non soluzioni scientifiche a un problema filosofico cui peraltro può e deve contribuire per quanto le compete ).

La realtà del pensiero e della coscienza** non é affatto "romantico-esistenzialistica" e ritenerla erroneamente tale é il primo passo per compiere grossolani errori in materia ontologica.
Per esempio confondendola con la realtà, non affatto più effettiva e concreta di essa per quanto contrariamente ad essa intersoggettiva, del cervello cui essa corrisponde necessariamente nelle coscienze* di eventuali osservatori (ma col quale non si identifica affatto. Vedi l' esempio di cui sopra di esperienze** coscienti di immagini coloratissime, di vivaci sentimenti o di rigorosi ragionamenti ben diversi dai cervelli di chi compia tali esperienze**; cervelli presenti in ben altre coscienze*, di eventuali osservatori).



0xdeadbeef

#20
Scusate ma cerco di dire ciò che intendo per "assoluto" fin dalla mia prima risposta (l'assoluto, dicevo, è lo "sciolto";
il libero da vincoli - come da etimologia).
Poi, ma solo poi, ho dato una mia interpretazione su ciò di cui questi vincoli potrebbero essere costituiti.
In realtà il termine "assoluto" non ha una storia molto antica (mi pare che una delle prime formulazioni sia stata di
Cusano a proposito di Dio, ma non vorrei ricordare male), e solo con l'Idealismo tedesco perviene al significato
etimologico corrente.
Dicevo anche che con quel termine non mi riferivo tanto ad una derivazione dalla "sostanza" aristotelica, ma al
significato che ad esso diede Kant, e che è appunto esprimibile in termini di "relazione" (assoluto come possibilità
sotto ogni aspetto).
Quindi, dicevo ancora, non capisco perchè ci si ostini ad attribuire a quel termine una valenza solo ed esclusivamente
"ontologica" (o metafisica).
Da questo punto di vista (l'assoluto come il libero da vincoli, costrizioni o impedimenti), con l'assoluto dobbiamo
eccome fare i conti.
Ho fatto l'esempio della legge (e ad essa mi riferivo come non-relativa - se si prescrive che uccidere è un reato tale
prescrizione vale anche per chi così non la pensa); avrei potuto riferirmi in genere alla "forza"; alla "sovranità",
che sempre legittima se stessa sulla base della propria volontà di potenza (che tende a rimuovere qualsiasi limite
che ad essa si opponga).
Ma potrei riferirmi anche a certo "scientismo" oggi dilagante (basti guardare all'economia, dove ci viene imposta una
visione dogmatica - cioè assoluta - che contrasta assai con quel principio di fallibilità che sempre dovrebbe guidare
la scienza autenticamente intesa).
Per finire, appunto, con lo stesso linguaggio (assoluto per "costrizione" - no, non esistono linguaggi che non hanno
una funzione strutturata "assolutamente")
saluti

paul11

La mia personale sistematizzazione è che l'assoluto crea regole non enti.
Sono le condizioni, le regole che formano la sintassi in cui gli enti (relativi) possono sussistere.
Son le forze di interazione nella fisica, nucleare forte, nucleare debole, gravità ed elettromagnetismo, che permettono la 
manifestazione degli enti fisici; sono le regole formali che permettono con la logica predicativa e proposizionale, così come la logica matematica di descrivere razionalmente i fenomeni.Non vedo antitesi fra fisica e metafisica. fra eterno e divenire,
 ma dominio che interagiscono fra loro grazie ai nostri linguaggi formali che anlaogicamente descrivono il concetto formale analogicamente al mondo fisico.
Il mio accento va quindi alle regole che relazionano le ontologie, fenomenologie, epistemologie, e devono convergere verso una unica e sola condizione iniziale, quella prima condizione originale che l'Assoluto creò appunto la regola originaria.
Così come non trovo che l'attuale metodo scientifico permetta l'unificazione , bensì promuove proliferazioni di discipline, di linguaggi, disperdendosi in infiniti concetti veritativi e manfestazioni fenomenologiche degli enti.
Per cui trovo la superiorità della filosofia verso le scienze naturali, come capacità di sintesi dei domini

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 11 Giugno 2018, 15:26:19 PM
La mia personale sistematizzazione è che l'assoluto crea regole non enti.



Con una battuta mi verrebbe da dire: finalmente qualcuno che capisce la differenza fra un aggettivo e un sostantivo
(differenza che solo l'Idealismo abolì)...
Sono in linea di massima d'accordo. Il problema della scienza propriamente detta è che, come dire, "non vede se
stessa", e quindi non può avere nessuna capacità di sintesi (da qui il problema del non vedere l'assoluto come
"relazione").
Un unico appunto: non parlerei di "superiorità" della filosofia sulle scienze come se essa potesse, di diritto,
attribuirsi un potere di guida e di giudizio su di esse.
Di fatto così è, necessariamente; ma. appunto, non lo può essere di diritto.
saluti

Phil

Mi pare inizi a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti:
l'assoluto u-topico di baylham
Citazione di: baylham il 09 Giugno 2018, 14:47:47 PM
Per me l'assoluto, il tutto, non esiste, ciò che esiste è relativo.
l'assoluto contenutistico di viator
Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
definizione di Assoluto : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso"
l'assoluto apofatico di sgiombo
Citazione di: sgiombo il 09 Giugno 2018, 19:17:33 PM
Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana),
l'assoluto incondizionato di Oxdeadbeef
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Giugno 2018, 14:17:11 PM
l'assoluto, dicevo, è lo "sciolto"; il libero da vincoli - come da etimologia) [...] Dicevo anche che con quel termine non mi riferivo tanto ad una derivazione dalla "sostanza" aristotelica, ma al significato che ad esso diede Kant, e che è appunto esprimibile in termini di "relazione" (assoluto come possibilità sotto ogni aspetto)
l'assoluto cosmogonico di paul11
Citazione di: paul11 il 11 Giugno 2018, 15:26:19 PM
l'assoluto crea regole non enti [...] l'Assoluto creò appunto la regola originaria.
Ci sarebbe poi l'assoluto come concetto semantico da "rasoiare", inteso a metà strada fra la ridondanza dell'identità logica (A è assolutamente A) e l'astrazione della sua negazione ("assoluto" come aulico contrario linguistico di "dipendente, connesso, relazionato").

Non sono sicuro che questa schiera di "assoluti insoluti", e persino relativi (ognuno è l'assoluto solo relativamente al suo "habitat interpretativo"), possa trovare adeguato compromesso o... (ass)soluzione  ;D


0xdeadbeef

E come potrebbe non iniziare a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti se esso, l'assoluto, è un aggettivo
(e non un sostantivo)? Cioè se esso "ex-siste" nella sfera della relazione ma non in quella dell'"in sè", della
sostanza?
Ma proviamo a fare un giochino che, a mio parere, potrebbe presentare aspetti interessanti ai fini del nostro
discorso. Proviamo, ad esempio, a definire la "politica"...
Comincio io. Per me la politica E' la distizione fra chi comanda e chi è comandato.
Naturalmente, si noti bene quell'"è" che definisce la politica nel senso "sostanziale" (cioè che la "sostantiva").
Altri, presumo, ne darebbero altre definizioni. Con la stessa (si badi bene) pretesa di sostanzialità.
Ma allora c'è qualcosa che non torna, visto che la "sostanza", aristotelicamente intesa, è una sola...
Questo Nietzsche lo aveva capito bene (nelle parole che ho riportato in altre risposte). E' per questo che, dicevo,
il linguaggio è "assoluto per costrizione" (si esprime necessariamente per sostantivi).
Questo è il motivo per cui sostengo che l'assoluto "esiste", eccome (e somiglia molto a quello descritto dall'amico
Sgiombo...)
saluti

paul11

#25
ciao Mauro (Oxdeadbeef)
la superiorità della filosofia sulle scienze moderne non deve essere vista come un'arroganza semplicemente la filosofia tratta di
ontologie che le scienze, per loro delimitazione e forme sintattiche, non tratta.
Quando lo scienziato esce dai limiti delle discipline e e tratta degli argomenti propri della filosofia, nascono anche grandi filosofi.
E' una "divisione" di argomentazioni e di forme deduttive e induttive.
Il filosofo fa interagire più domini, la particolarità delle scienze è occuparsi  di "sottodomini".
Ma non è che l'uno sia più degno dell'altro,

Phil,
la regola dell'identità non è un principio è una regola formalizzata da Aristotele nella logica predicativa.
E' chiaro che se posta in ambito filosofico( e non solo linguistico in sè e per sè)) può costruire una rappresentazione contraddittoria se da regola diventa principio,come appunto pone Severino. Perchè l'identità posto nella logica dialettica, diventa implicitamente un eterno, mentre l'esistenza diventerebbe il dominio delle molteplicità degli enti(essenti) che appaiono in contraddizione con la regola d'identità, in quanto in divenire.

Forse poco vi entra in questo topic, ma alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Il diritto lo ha ad esempio utilizzato come "arte"-
La "finzione" dei dispositivi culturali ha la proprietà di accettare nuovi contenuti che nella storia si propongono senza "rompere"
la disciplina esistente.Si adattano trasformando il falso in vero

green demetr

Come dice Phil, relativo assoluto e totalità sono parole che hanno un loro canone metafisico.

Non capisco viceversa la sua proposta di intervenire con una rasoiata: va contro tutto quanto ha finora detto sul forum riguarda la semantica.
Evidentemente la civiltà dei robot lo ha convinto che la scienza non sia una semantica.

Temo che il concetto di utilità sia come al solito assolutizzato, dimenticando che lìuomo NON è un robot.

Ciò che è utile è semplicemente utile.

Non destinale.

Per il destinale esiste invece il canone occidentale.

Nessun rasoio di occam dunque.  ;D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Giugno 2018, 19:39:46 PM
E come potrebbe non iniziare a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti se esso, l'assoluto, è un aggettivo
(e non un sostantivo)? Cioè se esso "ex-siste" nella sfera della relazione ma non in quella dell'"in sè", della
sostanza?
Questo estemporaneo "esperimento sociale" in forma di topic (oltre a spiegare bene come nasca il relativismo  ;D ) ha portato a connotare assoluti che sono aggettivi, ma anche che non esistono (baylham), che sono un espediente narrativo della Storia (paul11), che sono indicibili (sgiombo), etc.
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.


Citazione di: paul11 il 12 Giugno 2018, 21:33:17 PM
alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Le scienze naturali moderne non possono permettersi "licenze poetiche" o prospettive estetizzate (come fa invece Severino, su cui ho già spiegato le mie umili perplessità nell'altro topic), quelle umanistiche invece si, e talvolta indugiano nel trastullarsene. Il filosofo spesso dipinge orizzonti di senso credendo di scattare foto, è un artista che si crede scienziato (ben diverso è il caso dello scienziato che decide, consapevolmente, di essere anche artista per hobby).
Secondo me, la questione che intorbida le acque della ricerca filosofica, è che in qualche filosofia circola ancora il vizio residuo di voler usare le categorie forti di "vero" e "falso" come molti secoli fa, anche se è ormai lampante che la pratica della verifica e della falsificazione non è affatto disciplina filosofica (e anche la teoria di tali procedure riguarda solo alcuni ambiti, non tutti quelli della filosofia "classica").
Le riflessioni più "fertili" dei filosofi attuali non sono forse quelle che non trattano della Verità?

Il rischio, come hai notato, è che ci si ritrovi a braccare le tracce di una verità "trasformista", mutevole quando la si vorrebbe invece muta, immobile ed eterna.
Certo, c'è stata un'epoca in cui i sapienti erano sia filosofi (edificatori di strutture di senso) che scienziati (studiosi della cosiddetta "realtà"), ma con il graduale settorializzazione del sapere, il filosofare odierno inizia (faticosamente e a focolai sparsi) a rendersi conto di non essere (più) studioso/studente delle verità ultime (semmai ve ne siano...). Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.


Citazione di: green demetr il 13 Giugno 2018, 10:14:47 AM
Non capisco viceversa la sua proposta di intervenire con una rasoiata: va contro tutto quanto ha finora detto sul forum riguarda la semantica.
Evidentemente la civiltà dei robot lo ha convinto che la scienza non sia una semantica.
Anche la scienza (o meglio ciascuna scienza) è una semantica, come lo è ciascuno degli approcci filosofici; eppure proprio all'interno di ogni semantica, di ogni "vocabolario", di ogni paradigma, conviene (opinione mia) fare adeguata "manutenzione del verde" falciando le piante secche, morte o infestate da parassiti; altrimenti il giardino muore (anche se possiamo sempre provare a imbalsamarlo con la fede...).
La dimensione semantica è forse, per me, il "marchio di fabbrica" dell'uomo, tuttavia ciò non significa che debbano esserci solo semantiche chiuse, (sovr)astoriche, "lingue morte"; personalmente prediligo quelle pulsanti, vive e... con la barba ben curata a rasoiate  ;)

Non è dunque leggendo il vocabolario scientifico che mi pare lecito rasoiare l'assoluto; invece è proprio sfogliando quello filosofico: finché si resta (consenzienti) in ostaggio della semantica metafisica (seppur soavemente, come da sindrome di Stoccolma o persino di Munchausen), si continuano ad usare arnesi teoretici che hanno pagato dazio al tempo e pongono (falsi) problemi, oppure sono stati sostituiti da altri più funzionali (altrimenti si ricade in quella filosofia narcisistica che cerca solo la propria bellezza estetica, a discapito della capacità di ricambiare il "philein" del filosofo con qualcosa di fruibile...).
Non è certo un reato dedicarsi all'enigmistica filosofica, speculando sull'Essere, l'Assoluto, la Verità, etc. ma adesso c'è anche il pensiero post-metafisico che ci propone giochi (linguistici) differenti e, forse, più contestualizzabili (non dico "pragmatici"). Basti pensare alla differenza (azzardo, perché li conosco ben poco) fra il pensiero di Severino e quello di Vattimo (non voglio impostare un duello/confronto, è solo un esempio fra due nomi noti... so già che me ne pentirò ;D ): quale dei due ci può dare strumenti di metodo (non contenuti!) per riflettere su ciò che ci circonda? Un'ontologia di essenti eterni che sostengono il cammino della Gloria oppure il pensiero debole che si crogiola disorientato sotto l'ombra lunga del nichilismo?
Come si dice nei casinò, "fate il vostro gioco!"... e attenzione a quanto puntate!  ;)

paul11

#28
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM


Citazione di: paul11 il 12 Giugno 2018, 21:33:17 PM
alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Le scienze naturali moderne non possono permettersi "licenze poetiche" o prospettive estetizzate (come fa invece Severino, su cui ho già spiegato le mie umili perplessità nell'altro topic), quelle umanistiche invece si, e talvolta indugiano nel trastullarsene. Il filosofo spesso dipinge orizzonti di senso credendo di scattare foto, è un artista che si crede scienziato (ben diverso è il caso dello scienziato che decide, consapevolmente, di essere anche artista per hobby).
Secondo me, la questione che intorbida le acque della ricerca filosofica, è che in qualche filosofia circola ancora il vizio residuo di voler usare le categorie forti di "vero" e "falso" come molti secoli fa, anche se è ormai lampante che la pratica della verifica e della falsificazione non è affatto disciplina filosofica (e anche la teoria di tali procedure riguarda solo alcuni ambiti, non tutti quelli della filosofia "classica").
Le riflessioni più "fertili" dei filosofi attuali non sono forse quelle che non trattano della Verità?

Il rischio, come hai notato, è che ci si ritrovi a braccare le tracce di una verità "trasformista", mutevole quando la si vorrebbe invece muta, immobile ed eterna.
Certo, c'è stata un'epoca in cui i sapienti erano sia filosofi (edificatori di strutture di senso) che scienziati (studiosi della cosiddetta "realtà"), ma con il graduale settorializzazione del sapere, il filosofare odierno inizia (faticosamente e a focolai sparsi) a rendersi conto di non essere (più) studioso/studente delle verità ultime (semmai ve ne siano...). Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.
Durante la mia vita lavorativa in cui il mio ruolo è molto matematico, ho conosciuto parecchi ingegneri, dottori specialsti, capi del personale, formatori, dirigenti, che più che fare istogrammi, problem solving con un grafico di Pareto o un diagrrmma causa effetto, non sanno fare.Io li definisco i cretini intelligenti, perchè fuori dal loro ambito sono incapaci di "licenze poetiche" e di filosofeggiare.La scienza e l'industria, o se vogliamo l'industrializzazione della scienza sono dentro lo stesso dispositivo culturale chiamato tecnica.
Se si pensa come scrive il titolo del forum di argomentare in termini scientifici moderni il relativo con l'assoluto e la totalità, purtroppo mancano "prove" fisiche il risultato comprova i metodi.Peccato che è stata la filosofia a costruire postulati, enunciati, logica, matematica(nella scuola di Platone si entrava solo se si conosceva la matematica).Oggi gli ignoranti intelligenti che capiscono meno di un'alfabeta di una generazione fa come va il mondo e come va gestita la vita e l'economia famigliare, sono quelli che pretendono di fare conoscenza.
Ma va bene così..........andiamo pure avanti, nella relativa falsificazione, nella assoluta ignoranza  e nella totale ipocrisia.
Scusate ma io sono diretto e odio i giri di parole e sono abituato a dichiarare ciò che penso.Ma l'onestà ormai è un lusso.

viator

Salve Paul11. Ma per vivere e "progredire" a livello collettivo e pratico non occorre essere consapevoli di Assoluto e Totalità.

La superfluità di questi concetti discende dalla loro immodificabilità, dalla certezza che essi esisteranno sempre qualsiasi cosa avvenga. Se uno ha la granitica certezza che godrà sempre di tre pasti sicuri al giorno, anche se il nutrirsi è bisogno essenziale, egli se ne sbatterà di ciò fino a dimenticarsene o perfino a giungere a negare l'indispensabilità del cibo, visto che non ha mai conosciuto la fame.

Se un altro crede graniticamente in Dio, perché mai dovrebbe mettersi a meditare su ciò che per lui è un dato di fatto indiscutibile ?

Questi ora descritti sono gli l'aspetti opposti dell'effetto che genera la lamentata indifferenza dei tecnici per la speculazione filosofica.

Nella realtà poi sarà proprio invece chi non ha problemi di sopravvivenza a potersi dedicare - a livello però individuale ed esistenziale - a riflessioni così improduttive come quelle su Assoluto e Totalità.

La riflessione filosofica è solo una specie di ginnastica che serve a mantenere ben toniche le funzioni mentali una volta che queste non risultino "spremute" da circostanze esteriori troppo avverse. Serve a mantenere ben oliata la capacità di astrazione, la quale è la madre delle utopie, 999.999 delle quali non serviranno ad un fico secco mentre la milionesima cambierà il mondo.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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