Relativo, Assoluto, Totalità

Aperto da viator, 09 Giugno 2018, 10:22:20 AM

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paul11

#30
Citazione di: viator il 13 Giugno 2018, 23:30:50 PM
Salve Paul11. Ma per vivere e "progredire" a livello collettivo e pratico non occorre essere consapevoli di Assoluto e Totalità.

La superfluità di questi concetti discende dalla loro immodificabilità, dalla certezza che essi esisteranno sempre qualsiasi cosa avvenga. Se uno ha la granitica certezza che godrà sempre di tre pasti sicuri al giorno, anche se il nutrirsi è bisogno essenziale, egli se ne sbatterà di ciò fino a dimenticarsene o perfino a giungere a negare l'indispensabilità del cibo, visto che non ha mai conosciuto la fame.

Se un altro crede graniticamente in Dio, perché mai dovrebbe mettersi a meditare su ciò che per lui è un dato di fatto indiscutibile ?

Questi ora descritti sono gli l'aspetti opposti dell'effetto che genera la lamentata indifferenza dei tecnici per la speculazione filosofica.

Nella realtà poi sarà proprio invece chi non ha problemi di sopravvivenza a potersi dedicare - a livello però individuale ed esistenziale - a riflessioni così improduttive come quelle su Assoluto e Totalità.

La riflessione filosofica è solo una specie di ginnastica che serve a mantenere ben toniche le funzioni mentali una volta che queste non risultino "spremute" da circostanze esteriori troppo avverse. Serve a mantenere ben oliata la capacità di astrazione, la quale è la madre delle utopie, 999.999 delle quali non serviranno ad un fico secco mentre la milionesima cambierà il mondo.
salve viator,,
sei un paradosso vivente e trovo paradossale cosa sta diventando il forum in generale.
Sei l'anfitrione che nel forum FILOSOFIA  ha posto questo topic e poi scrivi che non vale la pena fare filosofia   o peggio discuterne in termini filosofici perchè sei un "pratico"?
Ma se non ami la filosofia e lo dico in generale a coloro che scrivono nel forum filosofia, perchè non ponete il topic in SCIENZA E TECNOLOGIA?
Pitagora andava a scuola alla Cambridge University la scuola della Stoà degli stoici che hanno costituito la logica proposizionale  era presso la Oxford University e Democrito quello dell'atomos era al Cern di Ginevra.

viator

Salve Paul11. Amare la filosofia non significa certo essere obbligati a sostenerne l'utilità pratica o la supremazia. A questo mondo si amano cose utili, inutili, superflue, divertenti, nocive, inesistenti........Figurati che tanto tempo fa io mi trovai ad amare una donna che non mi era affatto utile e nella quale non trovavo tracce di supremazia. Si trattava di puro sollazzo. Sempre però nel rispetto della sua persona.

Secondo me non esistono termini più squisitamente filosofici dei tre che formano la titolazione di questo argomento. Certo, io sono privo di qualsiasi formazione canonica e qualcuno potrebbe magari dimostrarmi che la filosofia non c'entra nulla né col philos né col sophos ma riguarda solo il masturbos.
Non comprendo il tuo riferimento alla sezione "Scienza e Tecnologia". Saluti sinceri.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

@paul11
Concordo sull'importanza di non confondere (non so se condividerai la tripartizione): competenza (tecnica, esecutiva, settoriale), conoscenza (sapere, più o meno nozionistico e utilitaristico) e sapienza/saggezza (esistenziale, nel senso più ampio del termine, dal "saper stare al mondo" al riflettere sul senso della vita). 
Credo che la filosofia non debba affatto essere "gelosa" dei traguardi empirici che la scienza applicata ha raggiunto nei secoli, magari sottraendo alla filosofia un po' del suo sterminato campo di riflessione. Proprio nel momento in cui una questione può essere risolta esaustivamente da una scienza, significa che la filosofia non ha più motivo di formulare indagini in merito e può passare ad un ruolo di "supervisione" o concentrarsi su altro (i filosofi antichi si occupavano quasi di tutto; oggi non è consuetudine, inevitabilmente, che un filosofo si dedichi "professionalmente" anche all'etologia, all'astronomia o a discipline simili; e non credo ciò vada vissuto come una sconfitta o un depotenziamento della filosofia).

Quando affermo che la filosofia ammicca alla costruzione estetica di orizzonti di senso, non intendo affatto sminuirla come capricciosa o ciarliera o inutile, bensì
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.
D'altronde, se ci interroghiamo sulle verità ultime o sulle metafisiche con le maiuscole, non c'è dubbio che in tale ambito sarà sempre e solo la filosofia ad aver diritto d'opinione, senza temere la "concorrenza sleale" di una qualunque scienza. Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica (il menù delle portate si è arricchito di pietanze più recenti, ma sempre per saziare l'atavica fame... de gustibus!).
Per questo alludo sempre volentieri ad una filosofia "demetafisicizzata", proprio per scongiurare la riduttiva equivalenza "filosofia = metafisica" che porta viator ad osservare che
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 13:04:38 PMnon esistono termini più squisitamente filosofici dei tre che formano la titolazione di questo argomento
Che la filosofia possa essere metafisica, la storia ce lo ha spiegato eloquentemente, ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo in un'epoca in cui alcuni concetti classici (prendo ad esempio ancora viator, non me ne voglia :) ) vengono percepiti (senza tutti i torti, direi) come qualcosa privo di utilità pratica1, gettando nell'ombra l'intera disciplina (foraggiando lo stereotipo della" testa fra le nuvole" e onanismi vari).


1Se dovessi scegliere i tre termini odiernamente più filosofici, mi verrebbe in mente proprio la pratica filosofica e direi: uomo, scelta, interpretazione (tre termini che non tradiscono nemmeno se li usiamo come lente per guardare alla filosofia passata...).
Credo che la mortalità della filosofia sia strettamente connessa a quella della specie umana: finché ci saranno uomini, sarà inevitabile che alcuni si faranno domande "più grandi di loro" (sul come compiere scelte e come interpretare il mondo), a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta, ma le loro filosofie, invece, anche troppe  ;D

paul11

salve Viator.
semplicemente se fingi di piacerti la filosofia e ne tratti gli argomenti in senso pratico potresti chiedere all'operatore in fabbrica
o al migrante sul barcone cosa ne pensa del relativo, assoluto e totalità e ne avrai risposte confacenti al suo uopo.

salve Phil,
 la tua risposta è onesta e anche se non è, ma non è questo il problema, in accordo a quel che penso, dici bene sul "senso comune"
dell'uomo della strada. Ma sbagli.

Il fatto che il sottoscritto sappia muoversi in ambiti apparentemente diversi (perchè lo sono solo apparentemente)fra la filosofia e la scienza, fra la religione, il diritto, la politica e l''economia è perchè esiste un solo dispositivo culturale che fa da cappello a tutta la conoscenza dell'uomo occidentale: è il come(no il cosa) interpreta i domini-
Un problema deriva da come si insegnano a scuola, università le discipline ,fra cui la filosofia: da schifo.
Perchè l'accademismo è autoreferenziale , per cui chiedere come Platone o Kant avrebbero interpretato relativo, assoluto e totalità è rimanere nell'ambito accademico, ma invece un altro conto è dire  ci sono istituti giuridici, economici, modelli scientifici che assumono ancora i concetti di relativo, assoluto e totalità? La VERA filosofia è dinamica, ma i odcenti essendo ignoranti mentalmente, ma bravi nozionisticamente sanno solo definizioni, descrizioni interne alla filoafia e sono quindi fuori dal mondo.
I veri filosfi e pensatori, da Nietzsche, Heidegger ad altri pensatori come Foucoult,  Deleuze, e Benjamin, Agamben, hanno capito che la visione epistemologica in toto, della filosofia, delle scienze, della religioni, sino alle pratiche giuriidche economiche pelitche, hanno alla base ancora visioni millenarie soprattutto nella fase fra l'ellenismo greco e la nascita dell'impero romano, quando interagiscono le forme filosofiche della Grecia con la nascita del diritto romano latino dell'Impero romano e il nascente cristianesimo.Queste tre componenti hanno agito e tutt'ora agiscono senza che i contemporanei ne siano consapevoli sul "come" teorizziamo e pratichiamo qualunque cosa del mondo e nel mondo. Per fortuna ogi ci sono bravi studiosi, anche scienziati, che stanno allargando  il l oro orizzonte, nel momento in cui stanno entrando in crisi tutti i modelli e istituti culturali che sono alla base di tutto il saper pensare e il saper fare.A chi è digiuno di filosfia consiglierei un contemporaneo Giorgio Agamben, non perchè mi piaccia o sia d'accordo con il suo pensiero, ma perchè è quasi sconoscuto in Italia ma chiamato in USA, Germania, e Francia a tenere lezioni sulle dinamiche culturali di cui poc'anzi scrivevo.
La metafisica presa in sè e per sè (se così intendete l' assoluto) e le scienze moderne in sè e per sè(se così intendete il relativo),ci d raccontano parziali verità che non possono essere verità, perchè la metafisica ha necessità dell'esistenza pratica per confermare
le sue tesi e le scienze a loro volta non possono restringere il ruolo cconoscitivo all'esercizio del fine, è giusto solo ciò che è comprovabile,saremmo ancora alla preistoria.il grande scienziato è prima di tutto un visionario che intuisce dal suo sapere esperienziale quale strada percorrere e anticipare ciò che confermerà il tempo storico, lo è in politica lo statista, non il politico di due soldi, sanno pensare "in grande" e non nelle ristrettezze della mera disciplina in cui sono collocati.Ribadisco i grandi matematici e scienziati sono filosofi quasi per necessità, perchè vanno oltre il pensiero a loro contemporaneo.
Infine quindi non sono solo la metafisica o solo la filosofia quando si autoreferenzia, così come non lo è la scienza e le varie discipline contemporanee che daranno risposte alla crisi prima di tutto culturale su come gestire l'intera umanità dai problemi attuali che ci arrivano ai prossimi a venire.Abbiamo necessità, questo è ciò che "sento" di dialettica, di interazione, di interdisciplinarietà, senza che il filosofo o lo scienziato si arroghino superiorità.
Non dimenticherei che è la filosofia che ha voluto questo tipo di scienza nella modernità.Le scienze così come oggi vengono studiate e praticate, le ha volute a appoggiate la filosofia.Quindi, sarà strano, ma se si addita la colpa alle scienze in realtà lo si deve fare al mittente che sono stati  i filosofi che spostarono verso le pratiche verso un antropocentrismo la visione ,mentre gli istituti giuridici ed economici si stavano trasformando dal medioevo all'umanesimo e la futura rivoluzione industriale e tecnologica.

0xdeadbeef

#34
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.




Come possiamo definire "lo" sciolto; "il" senza vincoli (cioè l'assoluto)? Forse contemplando l'"in sè" costituito da
quegli articoli? Forse pensando che quegli articoli nascondano una "sostanza" eterna, immutabile, totale, infinita e
via discorrendo?
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Dunque un sostantivo, come "forza", "sovranità" o "politica", cui si accosta (si "relaziona") un aggettivazione che
rende tale forza o sovranità, o politica, "assoluta", cioè senza vincoli o limiti.
E purtuttavia, a rigor di logica, nemmeno quei sostantivi sono tali. Perchè non poggiano su nessun "in sè", su nessuna
"sostanza" (tant'è che la loro definizione non è mai univoca - e se li nominiamo tali è solo, direbbe Nietzsche, "così,
per vivere").
Quindi non ne farei una questione grammaticale (da quel punto di vista la mia è una specie di provocazione), ma,
appunto, proprio di referenza semiotica.
E questa, come accennavo, ci dice che per nessun termine "esiste" un "in sè", una "sostanza" che lo connoti in maniera
incontrovertibile; sia esso, il termine, nominato come "assoluto", "relativo", "forza", "sovranità", "politica" e
quant'altro (con o senza articolo...).
Il problema filosofico (poi che interessi o meno è un altro discorso) è appunto questo dell'"esistenza" di un qualcosa
al di là del termine che lo connota. Ed è qui, trovo, su questo terreno dell'esistenza che, per così dire, si gioca la
partita.
Trovo, per fare un esempio, francamente troppo semplicistico dire: "l'assoluto non esiste; esiste il relativo".
Beh, che vuol dire "assoluto"; che vuol dire "relativo"; che vuol dire "esistere"?
C.S.Peirce, cui già accennavo, diceva che già il solo pensare ad un qualcosa è inserirlo in una catena segnica
ben determinata (e dunque che quel qualcosa sia, già in origine, null'altro che un interpretato, un fenomeno particolare).
Come del resto anche Whitehead intuiva quando si chiedeva: "ma quest'oggetto su cui sono seduto, è una sedia o una
danza di elettroni?
Allo stesso modo vi chiedo e mi chiedo: è, questo "assoluto", un qualcosa che esiste in sè, che ha sostanza; è
è un aggettivo riferito ad un qualche sostantivo; è qualcos'altro?
La risposta che personalmente mi dò è che l'oggetto di qualsiasi risposta "esiste" solo all'interno di una certa pratica
discorsiva, di una certa catena segnica.
Da questo punto di vista l'assoluto "esiste" anche laddove è negato; come negativo del termine "relativo". "Esiste", certo,
non di una esistenza, come dire, "spaziale"; esiste come concetto; ma chi l'ha detto che i concetti, le idee, non esistono?
E allora ancora: che vuol dire "esistere"?

saluti

green demetr

x Phil

Ah ecco, dunque ritieni la metafisica demodè, superata da non so bene che imprecisata ragione.

Se prendi Vattimo, anche tu....Vattimo è un filosofo che stimo, ma non considerarlo all'interno della crisi della metafisica, che nel suo caso, diventa ideologia pantanata, mi fa solo ridere.
In soldoni Vattimo è un pessimo metafisico.(non ho ancora letto il suo pensiero debole, ma la sua interpretazione totalmente errata di Nietzche mia basta e avanza.)

Severino forse dal tuo (miope) punto di vista fa filosofia artistica, ma le sue analisi sulla tecnica e sulla religione, a me paiono "milioni anni luce" avanti rispetto a quelle fatte dai suoi allievi, che spesso si chiudono in forme che non  posso che percepire come claustrofobiche, benchè li "perdoni", siamo comunque nel pieno del pensiero unico, e cioè paranoico.

Per assurdo ecco di nuovo per l'ennesima millesima volta essere d'accordo con Paul, che dunque nonostante mi abbia tacciato di astrusità, e ovviamente poichè la mia metafisica negativa (di stampo idealistico, topologica, formale, non del formalismo analitico, direi più una sorta di funzionalismo del soggetto) è l'esatto opposto della sua metafisica acosmica (spinoziana, geometrica, naturale e quindi ingenua).
E cioè se non riusciamo ad avere una dimensione globale, media-logica, trans-oggettiva, e perciò stesso meta-fisica, e cioè se non addottiamo punti di vista, come punti di vista sul MONDO...io non so minimamente come  possiamo procedere nel dialogo, che in effetti, ha un gran bisogno del tuo intuito meta-logico.

Insomma mi tocca ammettere che sono più vicino a Paul, pur nella sostanziale differenza, vorrà dire che tu scali al terzo posto.  ;)  (scherzo)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

#36
Salve Oxdeadbeef. Ho letto il tuo ultimo intervento. Alla fine, ancora una volta, ho sperimentato la conferma della mia convinzione interiore di essere un privilegiato. Il mio privilegio consiste nel non aver mai letto di filosofia canonica e quindi dall'aver potuto mantenere una certa qual "verginità" intellettuale che si può anche chiamare ignoranza. Due o tre testi canonici di filosofia moderna mi caddero invero tra le mani (in realtà li cercai deliberatamente), ma li richiusi dopo un paio di pagine, completamente sconvolto dalla loro incomprensibile pallosità autoreferenziale che trovavo aggiungesse solo nebbia all'essenziale.

Cosa per me siano i concetti, le idee, l'essere, l'essenza, l'ente, l'entità, l'esistere, l'insistere, il consistere, il sussistere, il persistere, l'Assoluto, il relativo, il Tutto, la totalità e qualche altra cosa ancora mi è successo di accennarlo qua e la all'interno dei miei ormai non pochi interventi. Ovvio che si tratti della mia personale e limitata visione delle cose. Ovvio che la Verità non solo non sappiamo dove stia ma addirittura non possiamo sapere se sia. L'importante non è conoscere la Verità. L'importante è riuscire a costruire una visione del mondo che ci permetta di vivere in pace con esso.

Circa i numerosi interrogativi da te proposti (ai quali magari tu hai già dato tue risposte, ma che riproponi per indurre alla riflessione chi non vi abbia risposto), prendiamone uno a caso : "essere".

Definizione : "condizione per la quale le cause producono i loro effetti (e viceversa)". Obiezioni ?

Causa. Definizione : la metà di un evento (l'altra metà è l'effetto)". Obiezioni ?

Effetto. Definizione : vedi sopra. Obiezioni ?

Evento. Definizione: "dimensione dinamica dell'essere". Obiezioni ?

Dimensione dinamica. Definizione : "L'equivalente energetico (E=Mc^2) richiesto dallo svolgersi dell'evento". Obiezioni ?

L'essere (totalizzante) non sarebbe quindi che l'insieme di tutti gli equivalenti energetici richiesti dallo svolgersi di tutti gli eventi, mentre l'essere (particolare e locale) sarà l'equivalente energetico richiesto dallo specifico evento.

Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).

A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.

Visto come è facile delirare per i poveri ignoranti come me ? Salutoni a tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

#37
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità. Ma questa prospettiva, seppur logicamente coerente, resta appunto valida ad un livello ancora idealistico e astratto, dato che il concetto di totalità appare come un'universalità ancora astratta e indeterminata, che non tiene conto delle differenze qualitative tra gli enti che concretamente esistono e agiscono all'interno di essa. La "totalità" a mio avviso non può esistere come esistenza a sé stante, ma come solo come concetto, e la sua qualifica come essere assoluto resta su di un piano a sua volta solo concettuale. Possiamo dire che tale visione è quella caratterizzante i modelli ontologici e metafisici di tipi immanentista-panteista, i quali, negando una dualità tra una realtà assoluta e una contingente, vedono l'assoluto solo come insieme delle singole parti, della totalità degli enti, che invece, concepiti ciascuno singolarmente, sarebbero relativi, in quanto costantemente a contatto gli uni con gli altri. In questi modelli, l'Assoluto viene visto come privo di un'esistenza autonoma, finisce di fatto, anche al di là delle esplicite intenzioni di partenza dei loro esponenti,  con l'essere "solo" una forma logica. Ma questa accezione mostra i suoi limiti... perché l'Assoluto sia pienamente e concretamente "sciolto dai legami", autosufficiente, non basta che sia la totalità degli enti, in quanto ogni totalità, per quanto organica e non riducibile a mera somma delle parti, non può nemmeno essere indipendente da esse, dato che queste consisterebbero nella materia che poi la forma universale unificherebbe. Ogni trasformazione, accadimento nei singoli enti componenti ne modificherebbe la natura di quest'ultima, che così non potrebbe davvero porsi come "assoluta" e autosufficiente, in quanto dipendente dalle caratteristiche delle singole parti che le compongono. Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.

green demetr

Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.




Come possiamo definire "lo" sciolto; "il" senza vincoli (cioè l'assoluto)? Forse contemplando l'"in sè" costituito da
quegli articoli? Forse pensando che quegli articoli nascondano una "sostanza" eterna, immutabile, totale, infinita e
via discorrendo?
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Dunque un sostantivo, come "forza", "sovranità" o "politica", cui si accosta (si "relaziona") un aggettivazione che
rende tale forza o sovranità, o politica, "assoluta", cioè senza vincoli o limiti.
E purtuttavia, a rigor di logica, nemmeno quei sostantivi sono tali. Perchè non poggiano su nessun "in sè", su nessuna
"sostanza" (tant'è che la loro definizione non è mai univoca - e se li nominiamo tali è solo, direbbe Nietzsche, "così,
per vivere").
Quindi non ne farei una questione grammaticale (da quel punto di vista la mia è una specie di provocazione), ma,
appunto, proprio di referenza semiotica.
E questa, come accennavo, ci dice che per nessun termine "esiste" un "in sè", una "sostanza" che lo connoti in maniera
incontrovertibile; sia esso, il termine, nominato come "assoluto", "relativo", "forza", "sovranità", "politica" e
quant'altro (con o senza articolo...).
Il problema filosofico (poi che interessi o meno è un altro discorso) è appunto questo dell'"esistenza" di un qualcosa
al di là del termine che lo connota. Ed è qui, trovo, su questo terreno dell'esistenza che, per così dire, si gioca la
partita.
Trovo, per fare un esempio, francamente troppo semplicistico dire: "l'assoluto non esiste; esiste il relativo".
Beh, che vuol dire "assoluto"; che vuol dire "relativo"; che vuol dire "esistere"?
C.S.Peirce, cui già accennavo, diceva che già il solo pensare ad un qualcosa è inserirlo in una catena segnica
ben determinata (e dunque che quel qualcosa sia, già in origine, null'altro che un interpretato, un fenomeno particolare).
Come del resto anche Whitehead intuiva quando si chiedeva: "ma quest'oggetto su cui sono seduto, è una sedia o una
danza di elettroni?
Allo stesso modo vi chiedo e mi chiedo: è, questo "assoluto", un qualcosa che esiste in sè, che ha sostanza; è
è un aggettivo riferito ad un qualche sostantivo; è qualcos'altro?
La risposta che personalmente mi dò è che l'oggetto di qualsiasi risposta "esiste" solo all'interno di una certa pratica
discorsiva, di una certa catena segnica.
Da questo punto di vista l'assoluto "esiste" anche laddove è negato; come negativo del termine "relativo". "Esiste", certo,
non di una esistenza, come dire, "spaziale"; esiste come concetto; ma chi l'ha detto che i concetti, le idee, non esistono?
E allora ancora: che vuol dire "esistere"?

saluti

Per una volta che scrivo on-line....ancora la punizione divina (eh sì che lo so che è luna nuova....grrrr).


Allora ho perso un ora e mezza di analisi.

Per rabbia e per dispetto, allora scrivo solo:


Ma Mauro! è proprio l'ontologia il vecchio problema della metafisica!!!

Ricordiamoci dei limiti del giudizio.

Assoluto è dissoluzione.

La dissoluzione si collega alla paura della morte.

Chi non ha paura diventa metafisico hegeliano.

Che ha paura viene preso in consegna dalla Macchina.

Peirce ti ricordo che vuole rifare una critica della ragione pura, e cioè egli COPIA Kant.

La sua scoperta, per quel poco che ho capito è che mentre esiste la categoria di assoluto, ma non è una base discorsiva, non esiste la categoria di totalità, ma quella di enne potenze.

Ricordandoci che l'uomo crea discorsi matematici ossia segnici solo in base due, e che lui Peirce ha scoperto quelli di base tre e quattro.

Dal tre so che deriva l'idea del cristianesimo come salvezza.

E del quattro, credo che nessuno abbia capito ancora qualcosa.

E' che matematicamente è un casino, e io non ho capito quattro anni fa, alle lezioni del professor Ballo. (ex professore di Logica, e storia della logica)
(la mia educazione matematica rimane sempre nel cassetto dei desideri)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM
Salve Oxdeadbeef. Ho letto il tuo ultimo intervento. Alla fine, ancora una volta, ho sperimentato la conferma della mia convinzione interiore di essere un privilegiato. Il mio privilegio consiste nel non aver mai letto di filosofia canonica e quindi dall'aver potuto mantenere una certa qual "verginità" intellettuale che si può anche chiamare ignoranza. Due o tre testi canonici di filosofia moderna mi caddero invero tra le mani (in realtà li cercai deliberatamente), ma li richiusi dopo un paio di pagine, completamente sconvolto dalla loro incomprensibile pallosità autoreferenziale che trovavo aggiungesse solo nebbia all'essenziale.

Cosa per me siano i concetti, le idee, l'essere, l'essenza, l'ente, l'entità, l'esistere, l'insistere, il consistere, il sussistere, il persistere, l'Assoluto, il relativo, il Tutto, la totalità e qualche altra cosa ancora mi è successo di accennarlo qua e la all'interno dei miei ormai non pochi interventi. Ovvio che si tratti della mia personale e limitata visione delle cose. Ovvio che la Verità non solo non sappiamo dove stia ma addirittura non possiamo sapere se sia. L'importante non è conoscere la Verità. L'importante è riuscire a costruire una visione del mondo che ci permetta di vivere in pace con esso.

Circa i numerosi interrogativi da te proposti (ai quali magari tu hai già dato tue risposte, ma che riproponi per indurre alla riflessione chi non vi abbia risposto), prendiamone uno a caso : "essere".

Definizione : "condizione per la quale le cause producono i loro effetti (e viceversa)". Obiezioni ?

Causa. Definizione : la metà di un evento (l'altra metà è l'effetto)". Obiezioni ?

Effetto. Definizione : vedi sopra. Obiezioni ?

Evento. Definizione: "dimensione dinamica dell'essere". Obiezioni ?

Dimensione dinamica. Definizione : "L'equivalente energetico (E=Mc^2) richiesto dallo svolgersi dell'evento". Obiezioni ?

L'essere (totalizzante) non sarebbe quindi che l'insieme di tutti gli equivalenti energetici richiesti dallo svolgersi di tutti gli eventi, mentre l'essere (particolare e locale) sarà l'equivalente energetico richiesto dallo specifico evento.

Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).

A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.

Visto come è facile delirare per i poveri ignoranti come me ? Salutoni a tutti.

Ma perchè tu hai mai visto un atomo? molto semplicemente.

Il fenomeno è proprio il contrario del dato scientifico.

Che ti voglio ricordare è solo una presunzione.

Nessuno ha mai visto un elettrone. (e io ho qualche dubbio pure sugli atomi, visto che è lo stesso Bohr a metterlo in discussione).

Poi se tu sei in pace con te stesso nel mondo delle macchine : per carità Buon per TE!

(Caro robot....peccato perchè in altre sezioni andiamo d'accordo mi pare)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità. Ma questa prospettiva, seppur logicamente coerente, resta appunto valida ad un livello ancora idealistico e astratto, dato che il concetto di totalità appare come un'universalità ancora astratta e indeterminata, che non tiene conto delle differenze qualitative tra gli enti che concretamente esistono e agiscono all'interno di essa. La "totalità" a mio avviso non può esistere come esistenza a sé stante, ma come solo come concetto, e la sua qualifica come essere assoluto resta su di un piano a sua volta solo concettuale. Possiamo dire che tale visione è quella caratterizzante i modelli ontologici e metafisici di tipi immanentista-panteista, i quali, negando una dualità tra una realtà assoluta e una contingente, vedono l'assoluto solo come insieme delle singole parti, della totalità degli enti, che invece, concepiti ciascuno singolarmente, sarebbero relativi, in quanto costantemente a contatto gli uni con gli altri. In questi modelli, l'Assoluto viene visto come privo di un'esistenza autonoma, finisce di fatto, anche al di là delle esplicite intenzioni di partenza dei loro esponenti, "solo" una forma logica. Ma questa accezione mostra i suoi limiti... perché l'Assoluto sia pienamente e concretamente "sciolto dai legami", autosufficiente, non basta che sia la totalità degli enti, in quanto ogni totalità, per quanto organica e non riducibile a mera somma delle parti, non può nemmeno essere indipendente da esse, dato che queste consisterebbero nella materia che poi la forma universale unificherebbe. Ogni trasformazione, accadimento nei singoli enti componenti ne modificherebbe la natura di quest'ultima, che così non potrebbe davvero porsi come "assoluta" e autosufficiente, in quanto dipendente dalle caratteristiche delle singole parti che le compongono. Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.

Grazie Davintro!

Nella parte andata cancellata, infatti ricordavo come per Peirce, la categoria di assoluto, esiste, ma non è un discorso, ossia NON è un segno.


Ma è proprio da questa categoria che si dipano le ennesime potenza di linguaggio segnico.

Dunque la categoria di totalità NON esiste, ma esiste solo quella di ASSOLUTO.

Purtroppo non ho capito come ha fatto a derivare, che le catene segniche di base due sono quelle umane, quelle di base tre, sono il Cristo, e quelle di base 1 e 4, mi pare che ancora nessuno le abbia intese.

Pensando che per Peirce le potenze di discorso, ossi di concatenazione segnica, sono infinite....capiamo quanto c'è da lavorare anche in campo NON umano.

Ma ogni catena segnica, si puà riscrivere con diversa base.

Tranne le potenze di zero.

Purtroppo il mio cervello andò in pappa liquefatta, nel tentativo disperato (per miei limiti matematici, del perchè la base zero è diversa anche solo diciamo dalla base due, ed essendo la base una, altra cosa diceva il prof. Ballo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM


Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).
il problema non è ammettere l'ignoranza, anzi è un ottimo punto di partenza.E' il dire castronerie nell'ignoranza che genera confusione.

Da dove nasce l'energia? Ma tu che ci fai nel mondo, oltre a bere, mangiare, dormire, ecc. ?Hai una mente per suppellettile?A che cosa servirebbe mai avere una mente?
Sì ci sono parecchi testi pallosi anche nella filosofia, si tratta di cercare pensatori intelligenti.Quellii pallosi sono incomprensibili perchè il loro pensiero è controrto.

paul11

#42
Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM..................
Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.


quasi ci siamo.........
L'Assoluto è pensabile solo concettualmente non dalla percezione del sensibile
A sua volta ogni fenomeno, evento fisico che prima di tutto percepiamo sensorialmente viene concettualmente codificato.Che cosa è una categorizzazione quando dico regno animale, regno vegetale, regno minerale, se non la totalità per ogni regno.e se unisco i tre regni(o se vuoi i tre insiemi) non ottengo la totalità?.Il movimento deduttivo è legare il percettivo sensoriale al concetto mentale del pensiero e per far questo la mente confronta definizioni dichiarazioni proprietà comparative,
Tutto ciò che è conosciuto dall'uomo è all'interno di classificazioni e una legge fisica non è altro che la sintesi di  event, fenomeni con proprietà comuni.ma il problema è proprio quì nelle relazioni fra i vari elementi delle manifestazioni del sensibile,
perchè ogni conoscenza addizionata rimette in discussione le classificazioni interne come la scoperta di una pianta o di un animale oppure ancor di più si muta il criterio di classificazione.Il vero problema scientifico e non filosofico è perdersi nelle conoscenze addizionali di nuovi eventi, ma che non possono invece mettere in discussione la Totalità o l'Assoluto.E' il relativo che continuamente rincorre nuove conoscenze addizionali, perchè aggiunge nuovi elementi nei sottoinsiemi che devono essere funzionalmente ricollegati, ricategorizzati. Ma l'insieme Totale per suo concetto costitutivo non muta la sua essenza per una nuovo elemento scoperto, perchè l'universo se volessimo dare un nome al Totale comprende anche il non conosciuto o quello che ancora dovrà essere conosciuto

sgiombo

#43
Riassumo i miei dissensi da PHIL

Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione, un' attualità e un' utilità e teorica effettiva, abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza, mentre la filosofia e soprattutto la metafisica sarebbero solo chiacchiere vuote di autentico contenuto conoscitivo.

Il mio dissenso ha due motivi principali.
Il primo é che ritengo qualsiasi convinzione e credenza, ivi comprese quelle proposte dalle scienze naturali, degna di severa critica razionale; e questa non può che essere filosofica (gnoseologia, epistemologia, filosofia della scienza...) e non scientifica (la scienza di per sé -a prescindere dal fatto che a nessun suo cultore é ovviamente interdetta la possibilità di interessarsi anche di filosofia-  ci fornisce conoscenze vere a certe condizioni, in un certo senso, entro certi limiti, indagare i quali é (direi per definizione) ricerca filosofica.
La seconda é che secondo me la realtà materiale - naturale, che essendo misurabile mediante rapporti esprimibili numericamente e potendo essere postulata (ma non dimostrata, come ci insegna per l' appunto la critica filosofica; in particolare humeiana) essere intersoggettiva é passibile di conoscenza scientifica (in senso "stretto" o "forte", quello delle scienze naturali) non esaurisce la realtà (umanamente conoscibile; e auspicabilmente da conoscere per parte mia soggettiva) in toto.
Ritengo infatti che della realtà in toto facciano parte a pieno titolo, "in non minor misura rispetto alla materia" anche i pensieri, i sentimenti, i "contenuti mentali" in generale, malgrado la loro non intersoggettività: intersoggettivo =/= reale e soggettivo =/= non reale); e che questi ultimi non siano in alcun modo riducibili alla, emergenti dalla, sopravvenienti alla (qualsiasi cosa questi concetti possano significare) materia (in particolare cerebrale).

viator

#44
Salve. Per Green Demetr: Per quanto esistano immagini, riprese dal microscopia elettronico, che mostrano - a dire il vero confusamente - un reticolo che viene spiegato essere quello di una struttura atomica cristallina ed alle cui intersezioni appaiono delle palline...., No, dal vivo non l'ho mai visto. Quindi secondo te è solo la percezione sensoriale che può giustificare l'esistente ?

Guarda che comunque io non mi sono mai riferito ad un supposto atomo MATERIALE, ma al supposto movimento interiore che anima i suoi supposti componenti. Cioè alla supposta energia del supposto atomo. Tutte queste supposizioni le faccio poiché la struttura fisica del mondo atomico so benissimo essere solo un MODELLO e non certo una realtà-verità. Infatti suppongo che l'essere consista nel comportamento dell'energia.

Credo che anche tutte le tue idee, convinzioni, fedi e visione del mondo siano delle supposizioni.

Avendo già detto che la realtà-verità resta comunque inattingibile, la dialettica e la riflessione filosofiche devono secondo me servire a costruire una visione CIRCOLARE e LOGICAMENTE NON CONTRADDITORIA (la contraddizione filosofica è invece ammessa per ragioni che qui trovo troppo lungo spiegare) del mondo.

Tale visione inoltre, e sempre secondo me, deve includere e giustificare le (sempre solo apparenti !) contrapposizioni tra gli aspetti fisici, quelli esperienziali, quelli metafisici e quelli fideistici. Cordiali saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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