Menu principale

Relativismo/Assolutismo

Aperto da Jacopus, 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

sgiombo

#165
Citazione di: donquixote il 14 Marzo 2017, 19:29:04 PM
CONTINUAZIONE

Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PME partendo da questo concetto (del "tutto") si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede, che sono giudizi analitici a priori, senza dire nulla (di determinato) su come le realtà è e/o non è, su ciò che é/accade realmente e ciò che non é/non accade realmente (nella stessa identica maniera dei teoremi della matematica pura).

La matematica è un linguaggio, e si può fare metafisica anche utilizzando i numeri in maniera simbolica (vedi Pitagora) e mi risulta che il calcolo infinitesimale sia stato usato anche in metafisica, ma come dicevo sopra siccome la metafisica si occupa di verità incontrovertibili e universali non ti potrà mai dire cosa sarà "esattamente" un oggetto materiale (dato che questo nessuno può dirlo) ma potrà al massimo, attraverso le sue deduzioni e l'osservazione, darne una qualche descrizione e inserirlo in un determinato contesto. Certo la metafisica non potrà mai dire e non dirà mai che se il carciofo è adatto all'alimentazione umana questo esiste apposta per alimentare l'uomo. La metafisica usa il principio di ragione (nihil est sine ratione) e non certo il "principio di ragione sufficiente" ove la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decide l'uomo, e si limita ad affermare che se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe. Diverso è conoscere tale (o tali) ragione poiché qui si entra sempre nel campo delle ipotesi umane e non si fa certo metafisica (qualcuno potrebbe dire che il carciofo, dato che è robusto e punge, è un'arma e anziché mangiarlo lo usa per proteggersi o aggredire gli altri).

CitazioneAnche la matematica pura si occupa di verità incontrovertibili e universali; ma si tratta di verità analitiche a priori che non dicono nulla di come è o non è la realtà (come anche quelle di una pretesa metafisica -ma in realtà si tratterebbe di un sistema assiomatico, logico- che pretendesse di fare discorsi dedotti da premesse arbitrariamente stabilite a priori).

Se la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decidesse arbitrariamente l'uomo (anche facendo della scienza e/o della metafisica), allora porrebbero benissimo esistere realmente gli ippogrifi, nonché innumerevoli donne bellissime disposte a compiacermi in ogni mio desiderio; ma purtroppo (o forse per fortuna, a ben vedere) così non è!

Non vedo come si possa sostenere che "se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe": non è per niente autocontraddittorio pensare (ergo: è ben possibile che realmente sa) che qualcosa esista senza una ragione.
A parte il fatto che pretendendo una ragione per qualsiasi cosa esista (o accada) si cadrebbe inevitabilmente in un illogicissimo regresso all' infinito: e la ragione della ragione? E la ragione della ragione della ragione"? E così via all' infinito!





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMDissento completamente dalla tesi che tutto ciò che ho elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti, che il "mentale" e lo "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici. Io di fisico conosco il cervello con tutte le sue funzioni (nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di chi li esperisce, in cui accadono in quanto immediatamente esperiti o indirettamente dedotti) e non pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza (che accadono nell' ambito di -i quali costituiscono- parte di un' esperienza fenomenica cosciente che credo -indimostrabilmente né constatabilmente in modo empirico- necessariamente coesistente con gli eventi neurofisiologici di un cero determinato cervello ma ne sono "altra cosa"). E questo anche se "all' orientale" chiamiamo enti ed eventi (fenomenici) mentali "materia fine" per distinguerla da enti ed eventi (parimenti fenomenici) "materiali grossolani" (questa differenza permane anche impiegando termini linguistici -vocaboli- diversi per significare ciò che non è fisico ovvero materiale).Per lo meno Hume (che conosco meglio) affermando che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") parlava sia delle sensazioni fisiche o materiali che di quelle mentali (che non chiamava "metafisiche", ma non identificava con alcuna di quelle materiali o fisiche) indifferentemente.


È metafisico ciò che è universale; ciò che non si può applicare all'intero universo non può essere metafisico. Quindi metafisico è lo "spirituale", e non lo "psichico". La psiche è un attributo personale (dell'uomo ma anche, a mio avviso, degli animali e magari anche delle piante), ogni uomo ha la sua, unica e particolare, e tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso non possono che costituire parte della sua "materialità" particolare. La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare ed è invece identica per tutti gli uomini di ogni luogo e tempo, e di diverso da uomo a uomo c'è solo la sua interazione con lo "psichico" che determina la maggiore o minore comprensione di qualcuno rispetto ad altri o il diverso modo di esprimerne i principi e i concetti. Se la "psicologia" o la "psicanalisi", essendo scienze umane, si servono delle statistiche dei "casi" per affermare le proprie "verità", espresse sulla base appunto di una media "statistica", la metafisica, essendo una scienza sovrumana, non ha alcun bisogno di "statistiche" perché le proprie verità sono identiche per chiunque. Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen) è sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo.
CitazioneMa non vedo come lo "spirituale" (-?- andrebbe definito!) possa essere applicabile al' intero universo e dunque (per la tua definizione) pure il "metafisico": una patata, che a quanto pare fa parte dell' intero universo, cos' ha mai di "spirituale"?
A meno che per "universo inteso nella sua interezza" intenda (lo consideri sinonimo di) "spirituale", nel qual caso proclameresti una mera tautologia!

Concordo che gli animali non umani, almeno i più anatomicamente ed etologicamente complessi, abbiano una psiche (un' esperienza fenomenica cosciente corrispondente al rispettivo sistema nervoso centrale); non credo proprio i vegetali (fatto che, per la mera cronaca, metterebbe in crisi i vegani).
Men che meno vedo come "tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso" non possano che costituire parte della sua "materialità" (particolare): "cose di questo genere" non rientrano affatto nella "res extensa", nell' ambito della sempre valida, a mio parere, distinzione cartesiana fra materia e pensiero.

Da "La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare" in poi non comprendo (metafisichese assai stretto!):
Ma non mi convince l' affermazione "Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen)" possano essere "sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo": pur non conoscendo queste dottrine, dubito che siano identiche e anche solo compatibili fra loro (qualche esperto nel forum potrebbe dirimere il mio dubbio).

donquixote

Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMMa in questo modo non si fa che dire che "tutto ciò che è reale è reale,qualsiasi cosa sia, dunque non si dice (non si conosce) alcunché (di determinato circa la realtà); infatti si tratta di giudizi analitici a priori. Inoltre non distinguendo fra i ben diversi modi di essere reale di ciò che uno può vedere da una parte e di ciò che uno può immaginare o pensare dall' altra (o i ben diversi sensi in cui se ne intende l' essere reale) si cade nella "notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano (ma invece non sono!) nere".
 
Non è la stessa cosa dire "tutto è reale" e "tutto ciò che è reale è reale" perchè nel secondo caso si presuppone una arbitraria identificazione di ciò che si può chiamare "reale", e questa può essere effettuata solo dall'uomo ed è sicuramente opinabile. Nel primo caso invece l'affermazione è incontestabile perché per contestarla bisognerebbe spiegare come si fa a dire che qualcosa è "irreale" ovvero "non esiste", dato che per dirlo bisogna pur sapere che cosa è quel qualcosa, e se non esiste (cioè se è "nulla")  come si fa a sapere cosa è per poterne affermare la "non esistenza"?



Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMAppunto: se si pretende di dedurre ciò che è reale da (per usare le tue parole) "dati arbitrariamente assunti" a priori non si ottiene mai alcuna conoscenza circa la realtà; non si fa della metafisica ma della logica ("il tutto comprende qualsiasi realtà") o della matematica pura. Il fatto che si possano proporre giudizi analitici a priori errati e che di fatto molti ne esprimono di falsi non toglie che i giudizi analitici a priori corretti e veri non siano in ultima analisi che tautologie che non dicono nulla circa la realtà limitandosi ad esplicitare nozioni di già comprese nelle premesse, per quanto implicitamente. Non vedo come dall' affermazione "il tutto comprende qualsiasi realtà" si possano trarre (correttamente) infinite deduzioni (vere); e infatti quella che proponi come esempio ("anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce") è palesemente errata e falsa. Non conosco il metafisichese, ma in italiano la "parte" è minore del "tutto" e il tutto può essere considerato come un "intero" nel qual si possono benissimo distinguere e considerate "parti" separatamente le une dalle altre e dal tutto stesso.
 
Se togli una parte dal tutto questo dovrebbe scindersi in un "quasi tutto" da una parte e la "parte" da quell'altra, sicchè il "tutto" non potrebbe più esistere, ma il tutto metafisico rimane invece sempre tale, perché una qualsiasi parte di questo tutto non potrebbe sussistere di per sé, non può essere "realmente" separata da questo tutto perché è da questo dipendente per la sua stessa esistenza (riesci a fare un esempio di "qualcosa" che sussista di per sé, ovvero che sia totalmente indipendente da aria, acqua, luce, tempo, spazio, forza di gravità eccetera?). Può esserci, e di fatto c'è, la possibilità di considerare qualcosa come una "parte" del tutto ma questa, ribadisco, non è "realtà" ma semplice convenzione umana che distingue l'universo in "enti" che esistono solo per lui, e senza l'uomo che li "pensa" come enti separati non potrebbero sussistere, così come di fatto esiste la mela o il carciofo solo perché l'uomo li separa arbitrariamente da tutto il resto della "natura" e decide di chiamarli così.
Tutta quella che tu definisci "conoscenza circa la realtà" è semplicemente una struttura mentale e schematica umana che "divide" la realtà in "pezzi" e li inserisce in schemi logici e tassonomici utili ai suoi scopi. Così come la struttura mentale umana ti spiegava le eclissi in un certo modo duemila anni fa adesso te le spiega in un altro modo, ma nessuno dei due modi è più "vero" dell'altro. Sono solo due modi (o due punti di vista) diversi di spiegare dei fenomeni separandoli idealmente da tutto il resto, ma questa è, per quanto indispensabile all'uomo, una mera arbitrarietà e non ha nulla a che fare con l'effettiva "realtà" che nel nostro mondo è il mero "divenire", o come direbbe Sari l'impermanenza.
 
 
Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMAnche usandolo come sostantivo (aggettivo sostantivato per la precisione), il "tutto" (= tutto ciò che é/accade realmente) non è affatto sinonimo di "infinito". Infatti per esempio per i monisti materialisti (quale io non sono) le teorie cosmologiche correnti (cui io non credo; ma non stiamo parlando di cose reali bensì di significati di termini verbali, di vocaboli) in italiano (non conoscendo io il metafisichese, ammesso e non concesso che tutti i metafisici "parlino la stessa lingua") affermano che "il tutto (sostantivo)" è spazialmente e temporalmente finito.
 
Se fosse come dici si verificherebbe una contraddizione insanabile con il significato della parola "tutto", perchè se il "tutto" è effettivamente tale non può non comprendere anche lo spazio e il tempo e non può essere delimitato da questi. Se lo fosse vorrebbe dire che spazio e tempo sono esterni e separati rispetto al tutto e quindi questo non potrebbe più essere definito tale. In ogni caso, come anche tu affermi, questa è una concezione materialistica che con la metafisica non ha nulla a che fare.
 
 
Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PM"Non vi è nulla che non esiste" è vero nel senso che nulla di esistente non esiste (tautologia!); ma vi sono molte cose pensabili e di fatto pensate (per esempio i solti ippogrifi cui nell' immaginazione faccio continuamente fischiare le orecchie immaginarie) che non esistono realmente; e si può benissimo attribuire (erroneamente, falsamente) il predicato dell' esistenza a qualcosa che non esiste realmente ma solo è realmente pensato, immaginato, oltre che correttamente, veracemente il ben diverso predicato di "intendersi", di "essere pensato" o "immaginato". Infatti anche l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma realmente esistono o accadono sono tutt' altro ("sono" in tutt' atro senso) che l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma non esistono o accadono realmente ma solo sono pensate, immaginate (magari realmente). Confondendo i due ben diversi significati in cui può essere usato il verbo essere (esistere realmente ed essere oggetto di considerazione teorica, di pensiero; magari anche realmente) si fa della logica errata e falsa (e pretesa essere metafisica): non si distingue correttamente la realtà fra diversi "piani di esistenza", quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni", sono arbitrarie convenzioni umane e non sono sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola; certo, ma non qualcosa di indistinguibile, di ontologicamente univoco (la notte hegeliana!"). La "verità" è un concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione, e anche la "realtà" lo é, ma non sono affatto o stesso identico concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione (non sono sinonimi; se non -erroneamente, falsamente- nella "notte hegeliana"), bensì due fra loro ben diversi concetti umani, ciascuno dei quali convenzionalmente stabilito per definizione. Non pretendo certo che "la" metafisica (ma non esiste un' unica metafisica! Qualsiasi metafisica) mi venga a dire cos' è un carciofo: per questo mi basta la botanica (e per molti scopi pratici, come l' utilizzarlo per la nostra alimentazione basta "e avanza" il semplice senso comune; a meno che non si tratti di un carciofo radioattivo o geneticamente modificato, nel qual caso sarebbe decisamente preferibile ricorrere alla scienza).

Come dicevo sopra in generale, l'ippogrifo esiste eccome, perché se non esistesse tu non potresti sapere che cos'è un ippogrifo e quindi non potresti mai affermare o meno la sua "esistenza". Che poi questo esista "su questa terra" oppure in un altro pianeta oppure solo come parto dell'immaginazione di qualcuno è tutt'altra questione che si riferisce appunto ai "piani di esistenza". Si può dire, metafisicamente, che "tutto esiste" come spiegato sopra, oppure che "nulla esiste" intendendo con "nulla" nulla di particolare, di determinato, dato che ogni definizione di qualcosa non è altro che una attribuzione che l'uomo assegna ad un "ente", a cominciare dal fatto di separarlo da altri "enti" e che è già di per sé una determinazione, una limitazione (l'antinomia kantiana fra il divisibile e l'indivisibile quindi fra semplice e complesso non ha alcun senso). Quindi, in "soldoni", l'unica verità basilare e incontrovertibile è che "solo il tutto esiste" perché se questo "tutto" lo si comincia a dividere in parti (assegnando ad alcune l'esistenza che si nega ad altre) si commette un'arbitrarietà che anche se può essere condivisa da tutti gli esseri umani rimane pur sempre un'arbitrio, una convenzione, e non una verità, dato che la medesima determinazione delle parti  può non essere valida per le piante, i batteri, le montagne, le farfalle eccetera (supponendo che questi abbiano una "coscienza" e possano "pensare" come facciamo noi).
La metafisica si propone di affermare delle verità che anche un moscerino o un alieno venuto da chissà dove non potrebbe che condividere. E la metafisica che si occupa di definire le cose particolari (come ad esempio lo spazio, il tempo o il pensiero) non è affatto metafisica ma un'altra cosa (chiamala ontologia, o semiologia, o come vuoi tu), perché in metafisica nella "notte hegeliana" non c'è alcuna vacca, né nera e nemmeno di altri colori.
 
Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:41:05 PMAnche la matematica pura si occupa di verità incontrovertibili e universali; ma si tratta di verità analitiche a priori che non dicono nulla di come è o non è la realtà (come anche quelle di una pretesa metafisica -ma in realtà si tratterebbe di un sistema assiomatico, logico- che pretendesse di fare discorsi dedotti da premesse arbitrariamente stabilite a priori). Se la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decidesse arbitrariamente l'uomo (anche facendo della scienza e/o della metafisica), allora porrebbero benissimo esistere realmente gli ippogrifi, nonché innumerevoli donne bellissime disposte a compiacermi in ogni mio desiderio; ma purtroppo (o forse per fortuna, a ben vedere) così non è! Non vedo come si possa sostenere che "se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe": non è per niente autocontraddittorio pensare (ergo: è ben possibile che realmente sa) che qualcosa esista senza una ragione. A parte il fatto che pretendendo una ragione per qualsiasi cosa esista (o accada) si cadrebbe inevitabilmente in un illogicissimo regresso all' infinito: e la ragione della ragione? E la ragione della ragione della ragione"? E così via all' infinito!

Continui ad insistere sull'avverbio "realmente"; ma se con questo intendi qualcosa che si può vedere e toccare limiti il campo di esistenza alla materia mentre ad esempio la "vita" che non si può vedere e toccare ma che è alla base del divenire che tutti possiamo constatare non dovrebbe esistere. Ma se non esiste la vita allora vuol dire che tutto nell'universo è morto, anche se poi l'esperienza quotidiana ci insegna il contrario.
È sempre un problema definire ciò che "esiste" da ciò che "non esiste" se questa "esistenza" è delimitata da un certo tipo di cultura o di visione del mondo. Quando un innamorato afferma che per lui esiste solo "lei" credi che pensi davvero che tutto il resto non esista "realmente"? Eppure quando lo dice crede sicuramente in quel che dice, basta individuare il "senso" in cui lo dice. Mentre se si parla in accezione universale ogni "cosa" sicuramente esiste ed è sottomessa alle condizioni proprie della sua esistenza: il pensiero esiste nella mente e non si può vedere o toccare mentre l'albero esiste in forma materiale quindi nell'ambito di ciò che si può vedere e toccare. Il grattacielo esiste prima sul piano progettuale nella mente del progettista e poi potrà esistere anche sul piano materiale se la sua realizzazione si adeguerà alle condizioni che sulla terra, con le sue particolari leggi fisiche, gli consentono di mantenersi in piedi.
Per quanto riguarda il principio di ragione anche qui è una questione logica: se non ci fosse nessuna, ma proprio nessuna, ragione perché qualcosa esista questa cosa semplicemente non esisterebbe. Diverso è poi conoscere tale ragione o condividerla, e spesso anzi quasi sempre non la si conosce o se ne attribuisce una sbagliata alla presenza di un qualcosa, ma al di là del fatto che la si conosca o meno la logica afferma che se qualunque cosa (compreso un pensiero) esiste una ragione ci deve essere. Forse può confondere il fatto che probabilmente l'uomo fa molte cose "per niente" (o perlomeno non sa spiegare il perché lo fa), ma la natura non fa mai niente per niente, giusto perché non ha di meglio da fare. Se lo facesse contraddirebbe fra l'altro il famoso "rasoio di Ockam" che per quanto sia un principio sballato è comunque quello sul quale si basano gli scienziati per elaborare le loro spiegazioni e le loro teorie.
 
 
Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:41:05 PMMa non vedo come lo "spirituale" (-?- andrebbe definito!) possa essere applicabile al' intero universo e dunque (per la tua definizione) pure il "metafisico": una patata, che a quanto pare fa parte dell' intero universo, cos' ha mai di "spirituale"? A meno che per "universo inteso nella sua interezza" intenda (lo consideri sinonimo di) "spirituale", nel qual caso proclameresti una mera tautologia! Concordo che gli animali non umani, almeno i più anatomicamente ed etologicamente complessi, abbiano una psiche (un' esperienza fenomenica cosciente corrispondente al rispettivo sistema nervoso centrale); non credo proprio i vegetali (fatto che, per la mera cronaca, metterebbe in crisi i vegani. Men che meno vedo come "tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso" non possano che costituire parte della sua "materialità" (particolare): "cose di questo genere" non rientrano affatto nella "res extensa", nell' ambito della sempre valida, a mio parere, distinzione cartesiana fra materia e pensiero. La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare" in poi non comprendo (metafisichese assai stretto!): Ma non mi convince l' affermazione "Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen)" essere "sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo": pur non conoscendo queste dottrine, dubito che siano identiche e anche solo compatibili fra loro (qualche esperto nel forum potrebbe dirimere il mio dubbio).

Lo "spirito" della patata è un frammento dello spirito che anima tutto l'universo e consente alla patata di essere quello che è e, fra l'altro, di crescere come patata e non come cipolla o come carota (qualcuno potrà chiamarlo "natura" come Spinoza ma questo vocabolo è molto controverso  e comunque nella sua accezione più comune è valido solo nel nostro mondo).
Perchè mai le piante non possono avere una "psiche"? pare che molti esperimenti abbiano dimostrato che la musica di Mozart aiuta le piante a crescere meglio mentre con il rock duro o l'heavy metal peggiorano. Se la psiche non rientra nella res extensa (materia grossolana) allora necessariamente rientra nella res cogitans (materia sottile), ma come sappiamo lo stesso Cartesio pensava che la res cogitans fosse anch'essa in qualche modo "materia", tanto che la cercava nella famosa "ghiandola pineale". Se ha sbagliato il luogo dove cercarla non ha però sbagliato a pensare che anche il pensiero fosse fatto di "materia" (d'altronde anche le "onde" luminose o sonore sono materiali).
Nel capoverso che dici di non comprendere affermo solo che i concetti metafisici, non essendo contestabili in alcun modo se non contraddicendosi, sono necessariamente compresi nello stesso modo da chiunque sia in grado di (abbia il talento per) farlo, di qualunque luogo e in qualunque tempo. Poi gli stessi concetti potranno essere espressi e comunicati in molti modi, apparentemente anche molto diversi tra loro, a seconda dei tempi, delle culture e degli uomini a cui sono destinate le spiegazioni di questi concetti, per cui i testi che ho citato contengono espressioni solo formalmente differenti dei medesimi concetti.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

sgiombo

#167
Citazione di: donquixote il 17 Marzo 2017, 17:53:27 PM
Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMMa in questo modo non si fa che dire che "tutto ciò che è reale è reale,qualsiasi cosa sia, dunque non si dice (non si conosce) alcunché (di determinato circa la realtà); infatti si tratta di giudizi analitici a priori. Inoltre non distinguendo fra i ben diversi modi di essere reale di ciò che uno può vedere da una parte e di ciò che uno può immaginare o pensare dall' altra (o i ben diversi sensi in cui se ne intende l' essere reale) si cade nella "notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano (ma invece non sono!) nere".

Non è la stessa cosa dire "tutto è reale" e "tutto ciò che è reale è reale" perchè nel secondo caso si presuppone una arbitraria identificazione di ciò che si può chiamare "reale", e questa può essere effettuata solo dall'uomo ed è sicuramente opinabile. Nel primo caso invece l'affermazione è incontestabile perché per contestarla bisognerebbe spiegare come si fa a dire che qualcosa è "irreale" ovvero "non esiste", dato che per dirlo bisogna pur sapere che cosa è quel qualcosa, e se non esiste (cioè se è "nulla")  come si fa a sapere cosa è per poterne affermare la "non esistenza"?

CitazioneMa dove starebbe mai la presunta arbitraria identificazione di ciò che si può chiamare reale?
Che cosa sia reale è ovviamente opinabile, ma non per questo tutto ciò che è reale, qualsiasi cosa sia, non è reale; né per questo siffatta affermazione non é una tautologia che non dice nulla circa ciò che è reale (lo lascia infatti alla più totale opinabilità).

Che gli ippogrifi non sono reali ovvero non esistono (ma solo vengono pensati, detti, scritti, dipinti, ecc.; anche realmente) ovviamente implica sapere di cosa si sta parlando (gli ippogrifi: per saperlo basta definirli, per esempio come "cavalli alati, ovvero con sei arti di cui due sono ali"); ma questo è ben lungi dal far sì che siano reali!
(Reale é casomai il pensiero degli ippogrifi; che è tutt' altra cosa che degli ippogrifi pretesi reali e dai cavalli effettivamente reali).





Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMAppunto: se si pretende di dedurre ciò che è reale da (per usare le tue parole) "dati arbitrariamente assunti" a priori non si ottiene mai alcuna conoscenza circa la realtà; non si fa della metafisica ma della logica ("il tutto comprende qualsiasi realtà") o della matematica pura. Il fatto che si possano proporre giudizi analitici a priori errati e che di fatto molti ne esprimono di falsi non toglie che i giudizi analitici a priori corretti e veri non siano in ultima analisi che tautologie che non dicono nulla circa la realtà limitandosi ad esplicitare nozioni di già comprese nelle premesse, per quanto implicitamente. Non vedo come dall' affermazione "il tutto comprende qualsiasi realtà" si possano trarre (correttamente) infinite deduzioni (vere); e infatti quella che proponi come esempio ("anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce") è palesemente errata e falsa. Non conosco il metafisichese, ma in italiano la "parte" è minore del "tutto" e il tutto può essere considerato come un "intero" nel qual si possono benissimo distinguere e considerate "parti" separatamente le une dalle altre e dal tutto stesso.

Se togli una parte dal tutto questo dovrebbe scindersi in un "quasi tutto" da una parte e la "parte" da quell'altra, sicchè il "tutto" non potrebbe più esistere, ma il tutto metafisico rimane invece sempre tale, perché una qualsiasi parte di questo tutto non potrebbe sussistere di per sé, non può essere "realmente" separata da questo tutto perché è da questo dipendente per la sua stessa esistenza (riesci a fare un esempio di "qualcosa" che sussista di per sé, ovvero che sia totalmente indipendente da aria, acqua, luce, tempo, spazio, forza di gravità eccetera?). Può esserci, e di fatto c'è, la possibilità di considerare qualcosa come una "parte" del tutto ma questa, ribadisco, non è "realtà" ma semplice convenzione umana che distingue l'universo in "enti" che esistono solo per lui, e senza l'uomo che li "pensa" come enti separati non potrebbero sussistere, così come di fatto esiste la mela o il carciofo solo perché l'uomo li separa arbitrariamente da tutto il resto della "natura" e decide di chiamarli così.
Tutta quella che tu definisci "conoscenza circa la realtà" è semplicemente una struttura mentale e schematica umana che "divide" la realtà in "pezzi" e li inserisce in schemi logici e tassonomici utili ai suoi scopi. Così come la struttura mentale umana ti spiegava le eclissi in un certo modo duemila anni fa adesso te le spiega in un altro modo, ma nessuno dei due modi è più "vero" dell'altro. Sono solo due modi (o due punti di vista) diversi di spiegare dei fenomeni separandoli idealmente da tutto il resto, ma questa è, per quanto indispensabile all'uomo, una mera arbitrarietà e non ha nulla a che fare con l'effettiva "realtà" che nel nostro mondo è il mero "divenire", o come direbbe Sari l'impermanenza.
CitazioneNon so cosa sia il "tutto metafisico", ma se dal "tutto reale" si separa una parte quello continua ad esistere come insieme di parti separate.

Ma che c' entra la pretesa di qualcosa "che sia totalmente indipendente da aria, acqua, luce, tempo, spazio, forza di gravità eccetera"?
Se da tutto separi una patata (fatta di acqua e altro, soggiacente alla legge di gravità, ecc.) ottieni il tutto meno la patata.
Una mela reale (per esempio come la era quella che mi sono appena mangiato di gusto), un carciofo reale, ecc. possono essere considerati, pensati separatamente dal resto o meno ad libitum, ma non per questo non sono reali ovvero non potrebbero sussistere realmente!
Anche quando l' uomo non aveva loro dato i rispettivi nomi, mele, carciofi e un' infinità di altre cose sussistevano eccome!

La conoscenza della realtà è ovviamente opera umana; ma non per questo è arbitraria creazione della realtà ad libitum (questo è un delirio di onnipotenza che neanche il peggiore scientismo...).
E infatti la conoscenza odierna delle eclissi è molto più vera di quella dei tempi in cui dominava la teoria tolemaica (anche se questa, essendo comunque parzialmente, relativamente vera, in pratica -cioè per quelli che erano gli scopi partici di allora- funzionava); e nessuna delle due è una "mera arbitrarietà umana" (altrimenti arbitrariamente ci sarebbero centinaia di donne bellissime reali, realmente disposte a soddisfare ogni mia esigenza).
Che poi, come giustamente afferma il Sari, le cose reali divengano e siano impermanenti non le equipara affatto alle cose immaginarie e irreali (le quali fra l' altro possono invece anche essere pensate pure come permanenti e fisse: vedi Parmenide e Severino).






Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PMAnche usandolo come sostantivo (aggettivo sostantivato per la precisione), il "tutto" (= tutto ciò che é/accade realmente) non è affatto sinonimo di "infinito". Infatti per esempio per i monisti materialisti (quale io non sono) le teorie cosmologiche correnti (cui io non credo; ma non stiamo parlando di cose reali bensì di significati di termini verbali, di vocaboli) in italiano (non conoscendo io il metafisichese, ammesso e non concesso che tutti i metafisici "parlino la stessa lingua") affermano che "il tutto (sostantivo)" è spazialmente e temporalmente finito.

Se fosse come dici si verificherebbe una contraddizione insanabile con il significato della parola "tutto", perchè se il "tutto" è effettivamente tale non può non comprendere anche lo spazio e il tempo e non può essere delimitato da questi. Se lo fosse vorrebbe dire che spazio e tempo sono esterni e separati rispetto al tutto e quindi questo non potrebbe più essere definito tale. In ogni caso, come anche tu affermi, questa è una concezione materialistica che con la metafisica non ha nulla a che fare.
CitazioneMa quale contraddizione?
Per le teorie cosmologiche correnti il tutto è esteso in un tempo e uno spazio (anzi: in uno spaziotempo) finito, oltre i limiti del quale non c' è alcunché e non affatto ulteriore spaziotempo.

Con la metafisica non ha nulla a che fare ma (come volevasi dimostrare), al contrario di quanto pretendevi di affermare, anche inteso come sostantivo il "tutto" (= tutto ciò che é/accade realmente) non è affatto sinonimo di "infinito", a invece può benissimo essere pensato come finito.

CONTINUA






sgiombo

#168
Citazione di: donquixote il 17 Marzo 2017, 17:53:27 PM

Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:39:18 PM"Non vi è nulla che non esiste" è vero nel senso che nulla di esistente non esiste (tautologia!); ma vi sono molte cose pensabili e di fatto pensate (per esempio i solti ippogrifi cui nell' immaginazione faccio continuamente fischiare le orecchie immaginarie) che non esistono realmente; e si può benissimo attribuire (erroneamente, falsamente) il predicato dell' esistenza a qualcosa che non esiste realmente ma solo è realmente pensato, immaginato, oltre che correttamente, veracemente il ben diverso predicato di "intendersi", di "essere pensato" o "immaginato". Infatti anche l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma realmente esistono o accadono sono tutt' altro ("sono" in tutt' atro senso) che l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma non esistono o accadono realmente ma solo sono pensate, immaginate (magari realmente). Confondendo i due ben diversi significati in cui può essere usato il verbo essere (esistere realmente ed essere oggetto di considerazione teorica, di pensiero; magari anche realmente) si fa della logica errata e falsa (e pretesa essere metafisica): non si distingue correttamente la realtà fra diversi "piani di esistenza", quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni", sono arbitrarie convenzioni umane e non sono sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola; certo, ma non qualcosa di indistinguibile, di ontologicamente univoco (la notte hegeliana!"). La "verità" è un concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione, e anche la "realtà" lo é, ma non sono affatto o stesso identico concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione (non sono sinonimi; se non -erroneamente, falsamente- nella "notte hegeliana"), bensì due fra loro ben diversi concetti umani, ciascuno dei quali convenzionalmente stabilito per definizione. Non pretendo certo che "la" metafisica (ma non esiste un' unica metafisica! Qualsiasi metafisica) mi venga a dire cos' è un carciofo: per questo mi basta la botanica (e per molti scopi pratici, come l' utilizzarlo per la nostra alimentazione basta "e avanza" il semplice senso comune; a meno che non si tratti di un carciofo radioattivo o geneticamente modificato, nel qual caso sarebbe decisamente preferibile ricorrere alla scienza).

Come dicevo sopra in generale, l'ippogrifo esiste eccome, perché se non esistesse tu non potresti sapere che cos'è un ippogrifo e quindi non potresti mai affermare o meno la sua "esistenza". Che poi questo esista "su questa terra" oppure in un altro pianeta oppure solo come parto dell'immaginazione di qualcuno è tutt'altra questione che si riferisce appunto ai "piani di esistenza". Si può dire, metafisicamente, che "tutto esiste" come spiegato sopra, oppure che "nulla esiste" intendendo con "nulla" nulla di particolare, di determinato, dato che ogni definizione di qualcosa non è altro che una attribuzione che l'uomo assegna ad un "ente", a cominciare dal fatto di separarlo da altri "enti" e che è già di per sé una determinazione, una limitazione (l'antinomia kantiana fra il divisibile e l'indivisibile quindi fra semplice e complesso non ha alcun senso). Quindi, in "soldoni", l'unica verità basilare e incontrovertibile è che "solo il tutto esiste" perché se questo "tutto" lo si comincia a dividere in parti (assegnando ad alcune l'esistenza che si nega ad altre) si commette un'arbitrarietà che anche se può essere condivisa da tutti gli esseri umani rimane pur sempre un'arbitrio, una convenzione, e non una verità, dato che la medesima determinazione delle parti  può non essere valida per le piante, i batteri, le montagne, le farfalle eccetera (supponendo che questi abbiano una "coscienza" e possano "pensare" come facciamo noi).
La metafisica si propone di affermare delle verità che anche un moscerino o un alieno venuto da chissà dove non potrebbe che condividere. E la metafisica che si occupa di definire le cose particolari (come ad esempio lo spazio, il tempo o il pensiero) non è affatto metafisica ma un'altra cosa (chiamala ontologia, o semiologia, o come vuoi tu), perché in metafisica nella "notte hegeliana" non c'è alcuna vacca, né nera e nemmeno di altri colori.

CitazioneMa come si fa a insistere a confondere il pensiero (magari reale) dell' ippogrifo (e di altre cose non reali ma solo immaginarie) con il cavallo reale (e altre cose reali) ? ! ? ! ? !

"Solo il tutto (inteso come tutto ciò che è reale) è reale" è una mera tautologia che non ci dà alcuna conoscenza circa ciò che è reale o meno (altro senso in italiano, non conoscendo il metafisichese, non so dare alla parola "tutto" in questa locuzione).

Agli sproloqui circa intero e parti e conoscenza come pretesa assegnazione ad libitum dell' esistenza reale alle cose (preteso frutto di convenzione arbitraria) ho di già risposto più sopra.

Se per la metafisica "non c'è alcuna vacca, né nera e nemmeno di altri colori", allora in quanto a conoscenza (della realtà) è messa anche peggio della n otte hegeliana in cui tutte le vacche (che per o meno si sa esistere) sembrano (erroneamente, falsamente) nere"!
Infatti con dei giudizi analitici apriori non si può conseguire alcuna conoscenza circa la realtà.






Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:41:05 PMAnche la matematica pura si occupa di verità incontrovertibili e universali; ma si tratta di verità analitiche a priori che non dicono nulla di come è o non è la realtà (come anche quelle di una pretesa metafisica -ma in realtà si tratterebbe di un sistema assiomatico, logico- che pretendesse di fare discorsi dedotti da premesse arbitrariamente stabilite a priori). Se la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decidesse arbitrariamente l'uomo (anche facendo della scienza e/o della metafisica), allora porrebbero benissimo esistere realmente gli ippogrifi, nonché innumerevoli donne bellissime disposte a compiacermi in ogni mio desiderio; ma purtroppo (o forse per fortuna, a ben vedere) così non è! Non vedo come si possa sostenere che "se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe": non è per niente autocontraddittorio pensare (ergo: è ben possibile che realmente sa) che qualcosa esista senza una ragione. A parte il fatto che pretendendo una ragione per qualsiasi cosa esista (o accada) si cadrebbe inevitabilmente in un illogicissimo regresso all' infinito: e la ragione della ragione? E la ragione della ragione della ragione"? E così via all' infinito!

Continui ad insistere sull'avverbio "realmente"; ma se con questo intendi qualcosa che si può vedere e toccare limiti il campo di esistenza alla materia mentre ad esempio la "vita" che non si può vedere e toccare ma che è alla base del divenire che tutti possiamo constatare non dovrebbe esistere. Ma se non esiste la vita allora vuol dire che tutto nell'universo è morto, anche se poi l'esperienza quotidiana ci insegna il contrario.
È sempre un problema definire ciò che "esiste" da ciò che "non esiste" se questa "esistenza" è delimitata da un certo tipo di cultura o di visione del mondo. Quando un innamorato afferma che per lui esiste solo "lei" credi che pensi davvero che tutto il resto non esista "realmente"? Eppure quando lo dice crede sicuramente in quel che dice, basta individuare il "senso" in cui lo dice. Mentre se si parla in accezione universale ogni "cosa" sicuramente esiste ed è sottomessa alle condizioni proprie della sua esistenza: il pensiero esiste nella mente e non si può vedere o toccare mentre l'albero esiste in forma materiale quindi nell'ambito di ciò che si può vedere e toccare. Il grattacielo esiste prima sul piano progettuale nella mente del progettista e poi potrà esistere anche sul piano materiale se la sua realizzazione si adeguerà alle condizioni che sulla terra, con le sue particolari leggi fisiche, gli consentono di mantenersi in piedi.
Per quanto riguarda il principio di ragione anche qui è una questione logica: se non ci fosse nessuna, ma proprio nessuna, ragione perché qualcosa esista questa cosa semplicemente non esisterebbe. Diverso è poi conoscere tale ragione o condividerla, e spesso anzi quasi sempre non la si conosce o se ne attribuisce una sbagliata alla presenza di un qualcosa, ma al di là del fatto che la si conosca o meno la logica afferma che se qualunque cosa (compreso un pensiero) esiste una ragione ci deve essere. Forse può confondere il fatto che probabilmente l'uomo fa molte cose "per niente" (o perlomeno non sa spiegare il perché lo fa), ma la natura non fa mai niente per niente, giusto perché non ha di meglio da fare. Se lo facesse contraddirebbe fra l'altro il famoso "rasoio di Ockam" che per quanto sia un principio sballato è comunque quello sul quale si basano gli scienziati per elaborare le loro spiegazioni e le loro teorie.

CitazioneMa quando mai per "reale" avrei inteso solo "qualcosa che si può vedere e toccare"?
Ho invece sempre negato a chiarissime lettere il monismo materialistico e (mi pare proprio contrariamente a te) l' identificazione di pensiero e cervello) ! ! !

La vita esiste eccome, cosa che mi sono sempre ben guardato dal negare, ma non è certo qualcosa di non naturale "che non si può vedere e toccare ma che è alla base del divenire che tutti possiamo constatare" secondo un superatissimo "vitalismo".

Ma che centrano i sogni e le infatuazioni degli innamorati ! ! !
(Lo sono stato anch' io ovviamente, ma sono vecchio, non sono un poeta o un artista, e comunque in questo forum mi interesso d' altro).

Se, come dici (in italiano, stavolta), "il pensiero esiste nella mente e non si può vedere o toccare mentre l'albero esiste in forma materiale", allora c' è una bella differenza fra gli ippogrifi che esistono solo nel pensiero ovvero nella mente e gli alberi che esistono anche realmente!

Resto sempre in paziente attesa di una dimostrazione (che oltre tutto non cada in un illogicissimo regresso all' infinito; e che non sia una mera tautologia: "dotato di ragione di esistere" = "esistente") che "Per quanto riguarda il principio di ragione anche qui è una questione logica: se non ci fosse nessuna, ma proprio nessuna, ragione perché qualcosa esista questa cosa semplicemente non esisterebbe".

Il rasoio di Ockam non è affatto un principio "sballato" ma un importante criterio di razionalità (per lo meno per come la intendo io), ma proprio non c' entra nulla con la pretesa che la natura non farebbe mai niente per niente giusto perché non ha di meglio da fare, cosa che anzi tende a negare (non bisogna ipotizzare alcunché che non sia necessario; e l' attribuzione di finalità alla natura è proprio una di queste cose da "radere"!).






Citazione di: sgiombo il 15 Marzo 2017, 14:41:05 PMMa non vedo come lo "spirituale" (-?- andrebbe definito!) possa essere applicabile al' intero universo e dunque (per la tua definizione) pure il "metafisico": una patata, che a quanto pare fa parte dell' intero universo, cos' ha mai di "spirituale"? A meno che per "universo inteso nella sua interezza" intenda (lo consideri sinonimo di) "spirituale", nel qual caso proclameresti una mera tautologia! Concordo che gli animali non umani, almeno i più anatomicamente ed etologicamente complessi, abbiano una psiche (un' esperienza fenomenica cosciente corrispondente al rispettivo sistema nervoso centrale); non credo proprio i vegetali (fatto che, per la mera cronaca, metterebbe in crisi i vegani. Men che meno vedo come "tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso" non possano che costituire parte della sua "materialità" (particolare): "cose di questo genere" non rientrano affatto nella "res extensa", nell' ambito della sempre valida, a mio parere, distinzione cartesiana fra materia e pensiero. La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare" in poi non comprendo (metafisichese assai stretto!): Ma non mi convince l' affermazione "Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen)" essere "sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo": pur non conoscendo queste dottrine, dubito che siano identiche e anche solo compatibili fra loro (qualche esperto nel forum potrebbe dirimere il mio dubbio).

Lo "spirito" della patata è un frammento dello spirito che anima tutto l'universo e consente alla patata di essere quello che è e, fra l'altro, di crescere come patata e non come cipolla o come carota (qualcuno potrà chiamarlo "natura" come Spinoza ma questo vocabolo è molto controverso  e comunque nella sua accezione più comune è valido solo nel nostro mondo).
Perchè mai le piante non possono avere una "psiche"? pare che molti esperimenti abbiano dimostrato che la musica di Mozart aiuta le piante a crescere meglio mentre con il rock duro o l'heavy metal peggiorano. Se la psiche non rientra nella res extensa (materia grossolana) allora necessariamente rientra nella res cogitans (materia sottile), ma come sappiamo lo stesso Cartesio pensava che la res cogitans fosse anch'essa in qualche modo "materia", tanto che la cercava nella famosa "ghiandola pineale". Se ha sbagliato il luogo dove cercarla non ha però sbagliato a pensare che anche il pensiero fosse fatto di "materia" (d'altronde anche le "onde" luminose o sonore sono materiali).
Nel capoverso che dici di non comprendere affermo solo che i concetti metafisici, non essendo contestabili in alcun modo se non contraddicendosi, sono necessariamente compresi nello stesso modo da chiunque sia in grado di (abbia il talento per) farlo, di qualunque luogo e in qualunque tempo. Poi gli stessi concetti potranno essere espressi e comunicati in molti modi, apparentemente anche molto diversi tra loro, a seconda dei tempi, delle culture e degli uomini a cui sono destinate le spiegazioni di questi concetti, per cui i testi che ho citato contengono espressioni solo formalmente differenti dei medesimi concetti.

CitazioneChe fa sì che la patata cresca come patata  non come cipolla non è lo "spirito di patata" (?) ma l' interazione del suo genoma con l' ambiente.

Anche un terreno ben concimato e umidificato fa crescere le piante meglio di uno mal concimato e arido, ma non vedo come questi eventi fisico-chimici-biologici possano indurre a pensare che le piante abbiano una coscienza (poveri vegani! Costretti a morire di fame!).

Ti invito pacatamente rileggerti attentamente Cartesio: pensava che la res cogitans interagisse con la res extensa attraverso la ghiandola pineale, ma non identificava affatto la prima con la seconda ! ! !
Errava, ma non commetteva il ben peggiore errore di credere che il pensiero fosse fatto di materia.

Quelli che chiami "i concetti metafisici, non essendo contestabili in alcun modo se non contraddicendosi, sono necessariamente compresi nello stesso modo da chiunque sia in grado di (abbia il talento per) farlo, di qualunque luogo e in qualunque tempo" per il semplice fatto che sono giudizi analitici a priori (come quelli della logica o della matematica pura) che non danno alcuna conoscenza circa la realtà.