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Relativismo/Assolutismo

Aperto da Jacopus, 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM

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Eutidemo

Secondo me, tra fisica e metafisica, non c'è contrasto alcuno, perchè la prima si occupa del "fenomeno", mentre la seconda del "noumeno".
Ammetto, però, che esiste una zona di confine, a livello dell'acqua del mare, in cui distinguere i "pesci" dagli "uccelli" non è sempre facile; dipende solo da come uno li guarda.
Come nell'immagine che cerco di riprodurre qui sotto. ;)

maral

Citazione di: Duc in altum! il 12 Marzo 2017, 20:09:53 PM
Errando, errando, caro @maral, si finisce poi per comprendere davvero qual è la verità. Sbagliando s'impara, no?!
Purtroppo no, caro Duc, sbagliando si impara solo a ripetere l'errore in forma diversa. non a comprendere la verità, perché è la verità che già ci comprende e  volte, può capitare, inaspettatamente, di sentirsi in essa compresi e quando questo accade (per miracolo, per grazia, per una inattesa sincronia? Vedi tu) non c'è resistenza che tenga, semplicemente è così. Ma non dura troppo vivendo, non dura per sempre, è un attimo che è già passato, tutto quello che si può dire è che ha lasciato un segno e su questo segno si potrà tentare di immaginare un senso per il nostro cammino errante che si intreccia con altri cammini erranti, ognuno dei quali offre i propri segni a riconoscimento comune, ma senza pretese, senza volere che siano segni universali, senza progetto, solo lasciando che accada per come a ciascuno accade, ossia vedendo come ogni vita ha la sua profonda sapienza che si riflettono nei segni che lascia in possibile condivisione.
Dopotutto credo che la verità è solo questione di postura, non di volontà a credere in un determinato contenuto o significato anziché a un altro, è come quando si impara ad andare in bicicletta (o anche a camminare in equilibrio su un filo), non si tratta di quale bicicletta o della regola giusta per tutti per sapere come si fa, si tratta solo di farlo e rifarlo, ognuno tentando a modo suo insieme agli altri, errando sempre, ma nella speranza che ogni errore, ogni inevitabile sbilanciamento, corregga quello precedente, così che alla fine non si cade. Così ognuno impara dalla propria esperienza e dalla propria esistenza errante, vedendola reciprocamente riflessa negli altri che provano con noi, ognuno che nella sua differenza sa.
Non c'è una verità assoluta, proprio come non c'è un modo assoluto di andare in bicicletta, non c'è ricetta universale, non c'è progetto, ma può accadere ci si trovi disposti a lasciarla accadere mentre esistiamo relativamente l'uno all'altro.
La verità non si impara leggendo cosa è (per questo non siamo più fortunati di Pilato), ma la si sperimenta errando nel più modesto fare quotidiano, ossia esistendo, ove l'esistere comprende anche l'esperienza di leggere e capire cosa leggono gli altri chiedendosi perché.

sgiombo

Citazione di: donquixote il 13 Marzo 2017, 10:58:02 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 08:35:21 AMPerò la metafisica di cui parli mi sembra in realtà quello che comunemente (oltre che personalmente, da parte mia) si intende per logica e matematica pura: giudizi analitici a priori dedotti da definizioni e assiomi arbitrariamente assunti. Per parte mia intendo la "metafisica" o, etimologicamente, come (ricerca di conoscenza circa) ciò che eccede il mondo materiale - naturale (fisico): pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza, ecc.); oppure come sinonimo di "ontologia": [/size](ricerca di conoscenza circa) la realtà (ciò che é e/o accade nell' accezione più astratta, generale, universale possibile. In entrambi i casi ovviamente, in barba ai pregiudizi di certi "relativisti" reali o autopretesi tali, si tratte di ricerca della verità che può benissimo, anzi per essere corretta deve nei limiti del possibile (fatta salva l' ineliminabile fallibilità umana), essere condotta criticamente e razionalmente (e non necessariamente cadere nel dogmatismo).


La logica è un metodo umano di ragionare, di elaborare un pensiero e di esprimerlo in modo da farsi capire da altri umani, che si applica a qualunque linguaggio (com'è ad esempio quello matematico) e dal quale non si può prescindere se si vuole "strutturare" un pensiero ed esprimerlo in modo che sia comprensibile da altri. La logica ha delle regole e di per sè non dice il vero e nemmeno il falso (si sa che si può fare un ragionamento perfettamente logico ma anche perfettamente falso) e dunque per distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è bisogna andare ai presupposti da cui si parte per elaborare un ragionamento "logico". In metafisica tali presupposti (certo arbitrariamente assunti, come del resto tutti i significati delle parole elencate sul vocabolario sono "arbitrariamente assunti") devono essere assolutamente autoevidenti, innegabili, e rappresentare una realtà. Quando facevo l'esempio del "tutto" questa è una parola il cui significato deve includere qualunque realtà, visibile o invisibile che sia, perchè ovviamente se qualcosa fosse escluso dal tutto questo non sarebbe più tale e dovrebbe cambiare nome. Dunque il "tutto" (che si può chiamare anche diversamente come "essere", "infinito", "illimitato", "non essere", "nulla", "vuoto" etc., basta intendersi) è un concetto incontrovertibile, incontestabile, ed è anche assolutamente reale perchè se si nega  la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), e partendo da questo concetto si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede. La matematica, a differenza della metafisica, si serve di simboli che vengono definiti in funzione del linguaggio matematico, che però non sono affatto reali e non hanno alcuna corrispondenza nella realtà, ma sono solo arbitrarie semplificazioni della medesima. Le figure geometriche ad esempio hanno ognuna una loro definizione, ma quale figura geometrica è effettivamente "reale" anche se vuole rappresentare la realtà? Come si fa a trovare nella realtà un triangolo o un quadrato così come definito dalla geometria?
E nella tua accezione di metafisica c'è un errore, perchè quest'ultima è vero che tratta di ciò che è al di là del "fisico", ma tutto ciò che hai elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti: il "mentale" e il "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici. In oriente vi è la distinzione fra materia grossolana (che è quella che vediamo e tocchiamo), materia sottile (che è tutto ciò che rientra nello "psichico") e non materiale (che è propriamente lo "spirituale" e che è l'oggetto della metafisica). Anche qui da noi si faceva la differenza fra corpo, anima (psiche) e spirito, che poi è andata un po' persa. Parlare di metafisica citando i talenti artistici, i sentimenti, le aspirazioni personali, i sogni in qualunque maniera considerati e altre cose di questo genere compresi i concetti umani fondamentali di spazio e tempo non è parlare di metafisica ma di fisica. I giudizi a priori di Kant (che rifacendosi a Hume affermava che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") sono giudizi fisici e non metafisici. Ogni affermazione metafisica deve avere una validità che oltrepassa lo spazio e il tempo e deve essere vera in qualunque contesto, in qualunque situazione e per sempre; deve essere "eterna" nel senso appunto che è al di là dello spazio e del tempo e non è da questi condizionata. Un'affermazione che è vera solo "a determinate condizioni" (per quanto generiche queste possano essere) non può essere una verità metafisica. Come dicevo il "panta rei" eracliteo che sottolinea il "divenire" è una verità fisica, non metafisica.
CitazioneIn che senso in metafisica i presupposti arbitrariamente assunti dai quali si deduce sono (oltre che assolutamente autoevidenti e innegabili) tali da "rappresentare una realtà"?.
Credo che si possa pensare circa una realtà o in termini generalissimi, assolutamente indeterminati, facendo delle tautologie (ciò che è è, ciò che non è non è, la parte è minore del tutto, ecc.), cioè non dicendo nulla di determinato, o in termini ipotetici (che consentono di dire tutto e -anzi: o- il contrario di tutto purché si evitino contraddizioni, oppure riferendosi a dati empiricamente rilevati; a priori nulla di non tautologico in ultima analisi (anche le deduzioni non fanno che esplicitare nozioni di già presenti, sia pure implicitamente nelle premesse arbitrariamente assunte) o di ipotetico (come la realtà potrebbe essere -oppure no- se...) circa come è e/o come non é la realtà può dirsi (contro il preteso "argomento ontologico", da cui vari metafisici, fra cui Cartesio, hanno tratto secondo me indebitamente, erroneamente varie deduzioni circa la realtà).
 
("Tutto" non è necessariamente sinonimo di "infinito"; è pensabile non autocontraddittoriamente anche un tutto finito)
 
Se si nega la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), ma nemmeno si può dire che cosa di determinato esiste e che cosa di determinato non esiste: è come dire che esiste ciò che esiste e non esiste ciò che non esiste (qualsiasi cosa sia).
E partendo da questo concetto (del "tutto") si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede, che sono giudizi analitici a priori, senza dire nulla (di determinato) su come le realtà è e/o non è, su ciò che é/accade realmente e ciò che non é/non accade realmente (nella stessa identica maniera dei teoremi della matematica pura).
 
Dissento completamente dalla tesi che tutto ciò che ho elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti, che il "mentale" e lo "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici".
Io di fisico conosco il cervello con tutte le sue funzioni (nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di chi li esperisce, in cui accadono in quanto immediatamente esperiti o indirettamente dedotti) e non pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza (che accadono nell' ambito di -i quali costituiscono- parte di un' esperienza fenomenica cosciente che credo -indimostrabilmente né constatabilmente in modo empirico- necessariamente coesistente con gli eventi neurofisiologici di un cero determinato cervello ma ne sono "altra cosa"). E questo anche se "all' orientale" chiamiamo enti ed eventi (fenomenici) mentali "materia fine" per distinguerla da enti ed eventi (parimenti fenomenici) "materiali grossolani" (questa differenza permane anche impiegando termini linguistici -vocaboli- diversi per significare ciò che non è fisico ovvero materiale).
 
Per lo meno Hume (che conosco meglio) affermando che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") parlava sia delle sensazioni fisiche o materiali che di quelle mentali (che non chiamava "metafisiche", ma non identificava con alcuna di quelle materiali o fisiche) indifferentemente.

sgiombo

Citazione di: Eutidemo il 13 Marzo 2017, 12:44:33 PM
Secondo me, tra fisica e metafisica, non c'è contrasto alcuno, perchè la prima si occupa del "fenomeno", mentre la seconda del "noumeno".
Ammetto, però, che esiste una zona di confine, a livello dell'acqua del mare, in cui distinguere i "pesci" dagli "uccelli" non è sempre facile; dipende solo da come uno li guarda.
Come nell'immagine che cerco di riprodurre qui sotto. ;)

CitazioneNon saprei in quale senso intenda "contrasto".

Certo c' é distinzione (se, come me, non si ritiene il mentale riducibile al né emergente dal fisico (ma coesistente e co-diveniente separatamente "trascendentalmente").

acquario69

Citazione di: Eutidemo il 13 Marzo 2017, 12:44:33 PM
Secondo me, tra fisica e metafisica, non c'è contrasto alcuno, perchè la prima si occupa del "fenomeno", mentre la seconda del "noumeno".
Ammetto, però, che esiste una zona di confine, a livello dell'acqua del mare, in cui distinguere i "pesci" dagli "uccelli" non è sempre facile; dipende solo da come uno li guarda.
Come nell'immagine che cerco di riprodurre qui sotto. ;)


Azzardo una risposta  ::)
secondo me,In questo modo si farebbe rientrare la metafisica in un metodo (o un sistema piu o meno mediato dalla ragione) mentre credo che sia invece una diretta presa di coscienza.

acquario69

Citazione di: maral il 13 Marzo 2017, 14:02:10 PM
Dopotutto credo che la verità è solo questione di postura, non di volontà a credere in un determinato contenuto o significato anziché a un altro, è come quando si impara ad andare in bicicletta (o anche a camminare in equilibrio su un filo), non si tratta di quale bicicletta o della regola giusta per tutti per sapere come si fa, si tratta solo di farlo e rifarlo, ognuno tentando a modo suo insieme agli altri, errando sempre, ma nella speranza che ogni errore, ogni inevitabile sbilanciamento, corregga quello precedente, così che alla fine non si cade. Così ognuno impara dalla propria esperienza e dalla propria esistenza errante, vedendola reciprocamente riflessa negli altri che provano con noi, ognuno che nella sua differenza sa.
Non c'è una verità assoluta, proprio come non c'è un modo assoluto di andare in bicicletta, non c'è ricetta universale, non c'è progetto, ma può accadere ci si trovi disposti a lasciarla accadere mentre esistiamo relativamente l'uno all'altro.
La verità non si impara leggendo cosa è (per questo non siamo più fortunati di Pilato), ma la si sperimenta errando nel più modesto fare quotidiano, ossia esistendo, ove l'esistere comprende anche l'esperienza di leggere e capire cosa leggono gli altri chiedendosi perché.

In effetti ognuno impara ad andare in bicicletta seguendo le istruzioni o le proprie inclinazioni in maniera diversa..pero mi viene pure da pensare che una volta imparato ci si dimentica di stare a pedalare...diventa una medesima cosa

Phil

Citazione di: acquario69 il 12 Marzo 2017, 23:16:51 PM
non esiste un "altra" metafisica...significa non aver capito che la metafisica non può avere limiti e definizioni.
Change Tzu non intende il nulla come il "niente" ma il Tutto non ancora manifesto e che tutto gia contiene, quindi esattamente il contrario.

Citazione di: donquixote il 12 Marzo 2017, 23:46:05 PM
La metafisica è e rimane limpidamente universale. [...] Il nulla da cui non può nascere nulla (che è anche il "non essere" di Parmenide) è inteso come opposto (puramente grammaticale, quindi inesistente in sé) del tutto (che non può avere opposizione alcuna), mentre il nulla da cui emerge l'uno è il totalmente indeterminato da cui sorge la prima determinazione possibile. Non vi erano esseri nè nomi significa solo che non vi era alcuna separazione, e in effetti questa separazione è una mera costruzione mentale  determinata dal bisogno  umano di "separare" gli enti e "definirli", determinarli come tali per poterseli rappresentare uno-alla-volta.

Mi scuso per aver troncato la citazione di Chuang Tzu, rendendo forse il testo troppo criptico; se continuiamo a leggere ci accorgiamo infatti che l'interpretazione metafisica occidentale, quella secondo cui quel niente è comunque un essere, seppur indeterminato, non è l'unica chiave di lettura possibile:

"Nel Grande Inizio vi era il nulla: non vi erano esseri, né nomi.
Dal nulla emerse l'Uno: vi era l'Uno, ma non aveva forma.
Dall'Uno nacquero gli esseri: questo è detto "la virtù"*.
Gli esseri ancora non avevano forma;
erano differenziati ma non separati..."

*qui vale come "potenzialità, capacità di manifestare una realtà"
(Chuang Tzu, 12)

Anche grazie alla nota, (mi) pare che il Grande Inizio abbia luogo nel niente/nulla (che quindi lo precede), da cui emerge l'Uno come concretizzazione della potenzialità/"virtù" insita nel vuoto/niente/nihil primordiale; l'attenzione alla potenzialità e il ruolo centrale del vuoto sono d'altronde tipici del taoismo... dall'Uno attualizzato si innesca poi la differenziazione degli esseri, etc.
Quindi direi che siamo davvero di fronte ad un'altra metafisica (anche perché ogni metafisica non è altro che un'interpretazione, come secondo la lezione cardine di tutto il '900 occidentale...).

sgiombo

Citazione di: acquario69 il 13 Marzo 2017, 14:47:03 PM
Citazione di: maral il 13 Marzo 2017, 14:02:10 PM
Dopotutto credo che la verità è solo questione di postura, non di volontà a credere in un determinato contenuto o significato anziché a un altro, è come quando si impara ad andare in bicicletta (o anche a camminare in equilibrio su un filo), non si tratta di quale bicicletta o della regola giusta per tutti per sapere come si fa, si tratta solo di farlo e rifarlo, ognuno tentando a modo suo insieme agli altri, errando sempre, ma nella speranza che ogni errore, ogni inevitabile sbilanciamento, corregga quello precedente, così che alla fine non si cade. Così ognuno impara dalla propria esperienza e dalla propria esistenza errante, vedendola reciprocamente riflessa negli altri che provano con noi, ognuno che nella sua differenza sa.
Non c'è una verità assoluta, proprio come non c'è un modo assoluto di andare in bicicletta, non c'è ricetta universale, non c'è progetto, ma può accadere ci si trovi disposti a lasciarla accadere mentre esistiamo relativamente l'uno all'altro.
La verità non si impara leggendo cosa è (per questo non siamo più fortunati di Pilato), ma la si sperimenta errando nel più modesto fare quotidiano, ossia esistendo, ove l'esistere comprende anche l'esperienza di leggere e capire cosa leggono gli altri chiedendosi perché.

In effetti ognuno impara ad andare in bicicletta seguendo le istruzioni o le proprie inclinazioni in maniera diversa..pero mi viene pure da pensare che una volta imparato ci si dimentica di stare a pedalare...diventa una medesima cosa
CitazioneVi sono doversi stili, c' é modo e modo di andare in bicicletta (l' insuperabile Eddy Merckx resta un mito indelebile nella memoria della ma gioventù!).
Ma non per questo ci si può andare in qualsiasi modo (per esempio pedalando con le orecchie o soffiando sui pedali).

Duc in altum!

**  scritto da maral:
CitazionePurtroppo no, caro Duc, sbagliando si impara solo a ripetere l'errore in forma diversa. non a comprendere la verità, perché è la verità che già ci comprende e  volte, può capitare, inaspettatamente, di sentirsi in essa compresi e quando questo accade (per miracolo, per grazia, per una inattesa sincronia? Vedi tu) non c'è resistenza che tenga, semplicemente è così.
Hai ragione, a me è accaduto proprio così come tu lo hai descritto.

CitazioneMa non dura troppo vivendo, non dura per sempre, è un attimo che è già passato, tutto quello che si può dire è che ha lasciato un segno e su questo segno si potrà tentare di immaginare un senso per il nostro cammino errante che si intreccia con altri cammini erranti, ognuno dei quali offre i propri segni a riconoscimento comune, ma senza pretese, senza volere che siano segni universali, senza progetto, solo lasciando che accada per come a ciascuno accade, ossia vedendo come ogni vita ha la sua profonda sapienza che si riflettono nei segni che lascia in possibile condivisione.
Certo ogni vita ha la sua sapienza, ma quel che ci differenzia è l'intelligenza di scegliere il vero che quel segno, illuminando la saggezza, ci ha rivelato. Purtroppo non dura per sempre solo per chi non vuole.

CitazioneNon c'è una verità assoluta, proprio come non c'è un modo assoluto di andare in bicicletta, non c'è ricetta universale, non c'è progetto, ma può accadere ci si trovi disposti a lasciarla accadere mentre esistiamo relativamente l'uno all'altro.
Sai che su questo, per i segni a me accaduti e sperimentati, non sono per niente d'accordo.

CitazioneLa verità non si impara leggendo cosa è (per questo non siamo più fortunati di Pilato), ma la si sperimenta errando nel più modesto fare quotidiano, ossia esistendo, ove l'esistere comprende anche l'esperienza di leggere e capire cosa leggono gli altri chiedendosi perché.
Eh no, quando sperimenti qualcosa che comprovi leggendo già essere stato risolto e rivelato molto prima e da molti altri individui, ossia, che non è tuo merito ciò che hai scoperto empiricamente, s'apprende anche leggendo ...e quanto si apprende!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

acquario69

Citazione di: Phil il 13 Marzo 2017, 16:10:10 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Marzo 2017, 23:16:51 PM
non esiste un "altra" metafisica...significa non aver capito che la metafisica non può avere limiti e definizioni.
Change Tzu non intende il nulla come il "niente" ma il Tutto non ancora manifesto e che tutto gia contiene, quindi esattamente il contrario.

Citazione di: donquixote il 12 Marzo 2017, 23:46:05 PM
La metafisica è e rimane limpidamente universale. [...] Il nulla da cui non può nascere nulla (che è anche il "non essere" di Parmenide) è inteso come opposto (puramente grammaticale, quindi inesistente in sé) del tutto (che non può avere opposizione alcuna), mentre il nulla da cui emerge l'uno è il totalmente indeterminato da cui sorge la prima determinazione possibile. Non vi erano esseri nè nomi significa solo che non vi era alcuna separazione, e in effetti questa separazione è una mera costruzione mentale  determinata dal bisogno  umano di "separare" gli enti e "definirli", determinarli come tali per poterseli rappresentare uno-alla-volta.

Mi scuso per aver troncato la citazione di Chuang Tzu, rendendo forse il testo troppo criptico; se continuiamo a leggere ci accorgiamo infatti che l'interpretazione metafisica occidentale, quella secondo cui quel niente è comunque un essere, seppur indeterminato, non è l'unica chiave di lettura possibile:

"Nel Grande Inizio vi era il nulla: non vi erano esseri, né nomi.
Dal nulla emerse l'Uno: vi era l'Uno, ma non aveva forma.
Dall'Uno nacquero gli esseri: questo è detto "la virtù"*.
Gli esseri ancora non avevano forma;
erano differenziati ma non separati..."

*qui vale come "potenzialità, capacità di manifestare una realtà"
(Chuang Tzu, 12)

Anche grazie alla nota, (mi) pare che il Grande Inizio abbia luogo nel niente/nulla (che quindi lo precede), da cui emerge l'Uno come concretizzazione della potenzialità/"virtù" insita nel vuoto/niente/nihil primordiale; l'attenzione alla potenzialità e il ruolo centrale del vuoto sono d'altronde tipici del taoismo... dall'Uno attualizzato si innesca poi la differenziazione degli esseri, etc.
Quindi direi che siamo davvero di fronte ad un'altra metafisica (anche perché ogni metafisica non è altro che un'interpretazione, come secondo la lezione cardine di tutto il '900 occidentale...).


Mi sento di risponderti in questa maniera;
e cioè' che e' al quanto difficile provare a spiegare qualcosa che non rientra nell'ambito di un interpretazione,personale o meno che sia.
Finche rimane questo assunto (per me) diventa impossibile.
non ce' una reale distinzione, la Verità e' la Verità,non e' qualcosa di indipendente o separata da noi.

acquario69

Citazione@Sgiombo
Vi sono doversi stili, c' é modo e modo di andare in bicicletta (l' insuperabile Eddy Merckx resta un mito indelebile nella memoria della ma gioventù!).

Ma non per questo ci si può andare in qualsiasi modo (per esempio pedalando con le orecchie o soffiando sui pedali).



quello che stavo semplicemente dicendo e' che per imparare ad andare in bicicletta,ognuno troverà modi e condizioni diverse per arrivarci,ma una volta  "arrivati" , ossia che si e' imparati,sarà per tutti e indistintamente la stessa cosa e per ognuno l'andare in bicicletta verra' naturale.

Questa vuole anche essere una metafora, un significato che gli sta "dietro" ....io mi esprimo in questo modo, che so già non puo essere perfetto.

sgiombo

Citazione di: acquario69 il 14 Marzo 2017, 04:59:33 AM
Citazione@Sgiombo
Vi sono doversi stili, c' é modo e modo di andare in bicicletta (l' insuperabile Eddy Merckx resta un mito indelebile nella memoria della ma gioventù!).

Ma non per questo ci si può andare in qualsiasi modo (per esempio pedalando con le orecchie o soffiando sui pedali).



quello che stavo semplicemente dicendo e' che per imparare ad andare in bicicletta,ognuno troverà modi e condizioni diverse per arrivarci,ma una volta  "arrivati" , ossia che si e' imparati,sarà per tutti e indistintamente la stessa cosa e per ognuno l'andare in bicicletta verra' naturale.

Questa vuole anche essere una metafora, un significato che gli sta "dietro" ....io mi esprimo in questo modo, che so già non puo essere perfetto.
CitazionePur essendo un amante del linguaggio letterale e più rigoroso possibile e poco propenso alle metafore  (quando si parla di filosofia e di scienza), credo che ci siamo intesi (per parte mia intendevo dire che nella conoscenza della realtà ci sono aspetti, caratteristiche, limiti soggettivi, ma anche elementi di oggettività o per lo meno di intersoggettività.

donquixote

Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMIn che senso in metafisica i presupposti arbitrariamente assunti dai quali si deduce sono (oltre che assolutamente autoevidenti e innegabili) tali da "rappresentare una realtà"?.

Sempre prendendo ad esempio il concetto di "tutto" ogni realtà che uno può vedere (o immaginare, o pensare) è inclusa in questo "tutto" e ne è una parte. Il "tutto" include dunque tutte le realtà possibili, quindi non può che rappresentare esso stesso una realtà, anzi l'unica realtà possibile dato che tutte le "parti" sono dipendenti da questo "tutto" e senza di esso non potrebbero manifestare  la propria "realtà"
 
 
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMCredo che si possa pensare circa una realtà o in termini generalissimi, assolutamente indeterminati, facendo delle tautologie (ciò che è è, ciò che non è non è, la parte è minore del tutto, ecc.), cioè non dicendo nulla di determinato, o in termini ipotetici (che consentono di dire tutto e -anzi: o- il contrario di tutto purché si evitino contraddizioni, oppure riferendosi a dati empiricamente rilevati; a priori nulla di non tautologico in ultima analisi (anche le deduzioni non fanno che esplicitare nozioni di già presenti, sia pure implicitamente nelle premesse arbitrariamente assunte) o di ipotetico (come la realtà potrebbe essere -oppure no- se...) circa come è e/o come non é la realtà può dirsi (contro il preteso "argomento ontologico", da cui vari metafisici, fra cui Cartesio, hanno tratto secondo me indebitamente, erroneamente varie deduzioni circa la realtà).

Negli esempi che hai fatto manca la "realtà". Dire "ciò che è è" non è affermare qualcosa e da quella affermazione non si possono trarre deduzioni mentre invece dire che "il tutto comprende qualsiasi realtà" è certamente un'ovvietà ma niente affatto una tautologia dato che non è così comprensibile da chiunque (anzi la maggior parte delle persone non comprende affatto questa ovvietà e cerca di trovare sempre un modo di contestarla) e da quella si possono trarre indefinite deduzioni (ad esempio quella che anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce, e l'affermazione "la parte è minore del tutto" non è una affermazione metafisica perché metafisicamente  la parte non ha con il tutto  alcuna misura comune; in parole povere il tutto non è un "insieme" ma una "cosa" in sé e per sé, un "intero" privo di parti).
 
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PM("Tutto" non è necessariamente sinonimo di "infinito"; è pensabile non autocontraddittoriamente anche un tutto finito)

Solo se il "tutto" lo usi come aggettivo o pronome  (tutto il vino, tutto il mondo, ho visto tutto il film etc.). Se lo si usa come sostantivo ("il Tutto") può essere solo sinonimo di infinito, sempre metafisicamente parlando.
 
 
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMSe si nega la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), ma nemmeno si può dire che cosa di determinato esiste e che cosa di determinato non esiste: è come dire che esiste ciò che esiste e non esiste ciò che non esiste (qualsiasi cosa sia).

Non vi è nulla che non esiste: se tu puoi parlare di qualcosa (qualsiasi cosa, anche la più strana che riesci ad immaginare) significa che quel qualcosa esiste, che si manifesta (sia pure solo alla tua mente), altrimenti non potresti attribuire un predicato qual è quello dell'esistenza (o della non esistenza) a qualcosa che non "è" e di cui quindi non puoi sapere nulla. Si tende spesso a semplificare il concetto di "esistenza" attribuendolo solo a cose che si possono "vedere e toccare", ma a parte il fatto che le cose che si possono vedere e toccare sono mosse da ciò che non si vede e non si tocca se questo fosse vero non esisterebbe l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano. Bisognerebbe, più correttamente, dividere la realtà in "piani di esistenza": quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni",  sono arbitrarie convenzioni umane e non sono in sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola. Ciò che di determinato esiste non è una "verità" ma solo una convenzione umana che l'uomo utilizza ai suoi fini. Non si potrà mai sapere cos'è veramente un carciofo (dato che in sé non esiste, e per "in sé" intendo indipendentemente da tutte le condizioni che gli consentono di esistere senza le quali non potrebbe mai farlo), anche se noi lo categorizziamo in un certo modo e ce ne serviamo per la nostra alimentazione, e dato che la metafisica si occupa dell'universale non ti verrà certo a dire cos'è un carciofo (che per lei "non esiste").
 
 
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PME partendo da questo concetto (del "tutto") si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede, che sono giudizi analitici a priori, senza dire nulla (di determinato) su come le realtà è e/o non è, su ciò che é/accade realmente e ciò che non é/non accade realmente (nella stessa identica maniera dei teoremi della matematica pura).

 
La matematica è un linguaggio, e si può fare metafisica anche utilizzando i numeri in maniera simbolica (vedi Pitagora) e mi risulta che il calcolo infinitesimale sia stato usato anche in metafisica, ma come dicevo sopra siccome la metafisica si occupa di verità incontrovertibili e universali non ti potrà mai dire cosa sarà "esattamente" un oggetto materiale (dato che questo nessuno può dirlo) ma potrà al massimo, attraverso le sue deduzioni e l'osservazione, darne una qualche descrizione e inserirlo in un determinato contesto. Certo la metafisica non potrà mai dire e non dirà mai che se il carciofo è adatto all'alimentazione umana questo esiste apposta per alimentare l'uomo. La metafisica usa il principio di ragione (nihil est sine ratione) e non certo il "principio di ragione sufficiente" ove la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decide l'uomo, e si limita ad affermare che se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe. Diverso è conoscere tale (o tali) ragione poiché qui si entra sempre nel campo delle ipotesi umane e non si fa certo metafisica (qualcuno potrebbe dire che il carciofo, dato che è robusto e punge, è un'arma e anziché mangiarlo lo usa per proteggersi o aggredire gli altri).
 
 
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMDissento completamente dalla tesi che tutto ciò che ho elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti, che il "mentale" e lo "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici. Io di fisico conosco il cervello con tutte le sue funzioni (nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di chi li esperisce, in cui accadono in quanto immediatamente esperiti o indirettamente dedotti) e non pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza (che accadono nell' ambito di -i quali costituiscono- parte di un' esperienza fenomenica cosciente che credo -indimostrabilmente né constatabilmente in modo empirico- necessariamente coesistente con gli eventi neurofisiologici di un cero determinato cervello ma ne sono "altra cosa"). E questo anche se "all' orientale" chiamiamo enti ed eventi (fenomenici) mentali "materia fine" per distinguerla da enti ed eventi (parimenti fenomenici) "materiali grossolani" (questa differenza permane anche impiegando termini linguistici -vocaboli- diversi per significare ciò che non è fisico ovvero materiale).Per lo meno Hume (che conosco meglio) affermando che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") parlava sia delle sensazioni fisiche o materiali che di quelle mentali (che non chiamava "metafisiche", ma non identificava con alcuna di quelle materiali o fisiche) indifferentemente.

 
È metafisico ciò che è universale; ciò che non si può applicare all'intero universo non può essere metafisico. Quindi metafisico è lo "spirituale", e non lo "psichico". La psiche è un attributo personale (dell'uomo ma anche, a mio avviso, degli animali e magari anche delle piante), ogni uomo ha la sua, unica e particolare, e tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso non possono che costituire parte della sua "materialità" particolare. La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare ed è invece identica per tutti gli uomini di ogni luogo e tempo, e di diverso da uomo a uomo c'è solo la sua interazione con lo "psichico" che determina la maggiore o minore comprensione di qualcuno rispetto ad altri o il diverso modo di esprimerne i principi e i concetti. Se la "psicologia" o la "psicanalisi", essendo scienze umane, si servono delle statistiche dei "casi" per affermare le proprie "verità", espresse sulla base appunto di una media "statistica", la metafisica, essendo una scienza sovrumana, non ha alcun bisogno di "statistiche" perché le proprie verità sono identiche per chiunque. Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen) è sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

baylham

A me sembra che basti un granellino di sabbia, qualunque cosa esso sia, per mettere in eterna contraddizione, se non mandare in soffitta, le costruzioni metafisiche, gli universali, gli assoluti, i principi, gli uni, gli dei, i vuoti, i tutti.




sgiombo

Citazione di: donquixote il 14 Marzo 2017, 19:29:04 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMIn che senso in metafisica i presupposti arbitrariamente assunti dai quali si deduce sono (oltre che assolutamente autoevidenti e innegabili) tali da "rappresentare una realtà"?.

Sempre prendendo ad esempio il concetto di "tutto" ogni realtà che uno può vedere (o immaginare, o pensare) è inclusa in questo "tutto" e ne è una parte. Il "tutto" include dunque tutte le realtà possibili, quindi non può che rappresentare esso stesso una realtà, anzi l'unica realtà possibile dato che tutte le "parti" sono dipendenti da questo "tutto" e senza di esso non potrebbero manifestare  la propria "realtà"

CitazioneMa in questo modo non si fa che dire che "tutto ciò che è reale è reale,qualsiasi cosa sia, dunque non si dice (non si conosce) alcunché (di determinato circa la realtà); infatti si tratta di giudizi analitici apriori.
Inoltre non distinguendo fra i ben diversi modi di essere reale di ciò che uno può vedere da una parte e di ciò che uno può immaginare o pensare dall' altra (o i ben diversi sensi in cui se ne intende l' essere reale) si cade nella "notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano (ma invece non sono!) nere".





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMCredo che si possa pensare circa una realtà o in termini generalissimi, assolutamente indeterminati, facendo delle tautologie (ciò che è è, ciò che non è non è, la parte è minore del tutto, ecc.), cioè non dicendo nulla di determinato, o in termini ipotetici (che consentono di dire tutto e -anzi: o- il contrario di tutto purché si evitino contraddizioni, oppure riferendosi a dati empiricamente rilevati; a priori nulla di non tautologico in ultima analisi (anche le deduzioni non fanno che esplicitare nozioni di già presenti, sia pure implicitamente nelle premesse arbitrariamente assunte) o di ipotetico (come la realtà potrebbe essere -oppure no- se...) circa come è e/o come non é la realtà può dirsi (contro il preteso "argomento ontologico", da cui vari metafisici, fra cui Cartesio, hanno tratto secondo me indebitamente, erroneamente varie deduzioni circa la realtà).

Negli esempi che hai fatto manca la "realtà". Dire "ciò che è è" non è affermare qualcosa e da quella affermazione non si possono trarre deduzioni mentre invece dire che "il tutto comprende qualsiasi realtà" è certamente un'ovvietà ma niente affatto una tautologia dato che non è così comprensibile da chiunque (anzi la maggior parte delle persone non comprende affatto questa ovvietà e cerca di trovare sempre un modo di contestarla) e da quella si possono trarre indefinite deduzioni (ad esempio quella che anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce, e l'affermazione "la parte è minore del tutto" non è una affermazione metafisica perché metafisicamente  la parte non ha con il tutto  alcuna misura comune; in parole povere il tutto non è un "insieme" ma una "cosa" in sé e per sé, un "intero" privo di parti).
CitazioneAppunto: se si pretende di dedurre ciò che è reale da (per usare le tue parole) "dati arbitrariamente assunti" a priori non si ottiene mai alcuna conoscenza circa la realtà; non si fa della metafisica ma della logica ("il tutto comprende qualsiasi realtà") o della matematica pura.

Il fatto che si possano proporre giudizi analitici a priori errati e che di fatto molti ne esprimono di falsi non toglie che i giudizi analitici a priori corretti e veri non siano in ultima analisi che tautologie che non dicono nulla circa la realtà limitandosi ad esplicitare nozioni di già comprese nelle premesse, per quanto implicitamente.

Non vedo come dall' affermazione "il tutto comprende qualsiasi realtà" si possano trarre (correttamente) infinite deduzioni (vere); e infatti quella che proponi come esempio ("anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce") è palesemente errata e falsa.
Non conosco il metafisichese, ma in italiano la "parte" è minore del "tutto" e il tutto può essere considerato come un "intero" nel qual si possono benissimo distinguere e considerate "parti" separatamente le une dalle altre e dal tutto stesso.






Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PM("Tutto" non è necessariamente sinonimo di "infinito"; è pensabile non autocontraddittoriamente anche un tutto finito)

Solo se il "tutto" lo usi come aggettivo o pronome  (tutto il vino, tutto il mondo, ho visto tutto il film etc.). Se lo si usa come sostantivo ("il Tutto") può essere solo sinonimo di infinito, sempre metafisicamente parlando.

CitazioneAnche usandolo come sostantivo (aggettivo sostantivato per la precisione), il "tutto" (= tutto ciò che é/accade realmente) non è affatto sinonimo di "infinito".
Infatti per esempio per i monisti materialisti (quale io non sono) le teorie cosmologiche correnti (cui io non credo; ma non stiamo parlando di cose reali bensì di significati di termini verbali, di vocaboli) in italiano (non conoscendo io il metafisichese, ammesso e non concesso che tutti i metafisici "parlino la stessa lingua") affermano che "il tutto (sostantivo)" è spazialmente e temporalmente finito.





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMSe si nega la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), ma nemmeno si può dire che cosa di determinato esiste e che cosa di determinato non esiste: è come dire che esiste ciò che esiste e non esiste ciò che non esiste (qualsiasi cosa sia).

Non vi è nulla che non esiste: se tu puoi parlare di qualcosa (qualsiasi cosa, anche la più strana che riesci ad immaginare) significa che quel qualcosa esiste, che si manifesta (sia pure solo alla tua mente), altrimenti non potresti attribuire un predicato qual è quello dell'esistenza (o della non esistenza) a qualcosa che non "è" e di cui quindi non puoi sapere nulla. Si tende spesso a semplificare il concetto di "esistenza" attribuendolo solo a cose che si possono "vedere e toccare", ma a parte il fatto che le cose che si possono vedere e toccare sono mosse da ciò che non si vede e non si tocca se questo fosse vero non esisterebbe l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano. Bisognerebbe, più correttamente, dividere la realtà in "piani di esistenza": quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni",  sono arbitrarie convenzioni umane e non sono in sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola. Ciò che di determinato esiste non è una "verità" ma solo una convenzione umana che l'uomo utilizza ai suoi fini. Non si potrà mai sapere cos'è veramente un carciofo (dato che in sé non esiste, e per "in sé" intendo indipendentemente da tutte le condizioni che gli consentono di esistere senza le quali non potrebbe mai farlo), anche se noi lo categorizziamo in un certo modo e ce ne serviamo per la nostra alimentazione, e dato che la metafisica si occupa dell'universale non ti verrà certo a dire cos'è un carciofo (che per lei "non esiste").

Citazione"Non vi è nulla che non esiste" è vero nel senso che nulla di esistente non esiste (tautologia!); ma vi sono molte cose pensabili e di fatto pensate (per esempio i solti ippogrifi cui nell' immaginazione faccio continuamente fischiare le orecchie immaginarie) che non esistono realmente; e si può benissimo attribuire (erroneamente, falsamente) il predicato dell' esistenza a qualcosa che non esiste realmente ma solo è realmente pensato, immaginato, oltre che correttamente, veracemente il ben diverso predicato di "intendersi", di "essere pensato" o "immaginato".


Infatti anche l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma realmente esistono o accadono sono tutt' altro ("sono" in tutt' atro senso) che l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma non esistono o accadono realmente ma solo sono pensate, immaginate (magari realmente).


Confondendo i due ben diversi significati in cui può essere usato il verbo essere (esistere realmente ed essere oggetto di considerazione teorica, di pensiero; magari anche realmente) si fa della logica errata e falsa (e pretesa essere metafisica): non si distingue correttamente la realtà fra diversi "piani di esistenza", quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni", sono arbitrarie convenzioni umane e non sono sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola; certo, ma non qualcosa di indistinguibile, di ontologicamente univoco (la notte hegeliana!").


La "verità" è un concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione, e anche la "realtà" lo é, ma non sono affatto o stesso identico concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione (non sono sinonimi; se non -erroneamente, falsamente- nella "notte hegeliana"), bensì due fra loro ben diversi concetti umani, ciascuno dei quali convenzionalmente stabilito per definizione.


Non pretendo certo che "la" metafisica (ma non esiste un' unica metafisica! Qualsiasi metafisica) mi venga a dire cos' è un carciofo: per questo mi basta la botanica (e per molti scopi pratici, come l' utilizzarlo per la nostra alimentazione basta "e avanza" il semplice senso comune; a meno che non si tratti di un carciofo radioattivo o geneticamente modificato, nel qual caso sarebbe decisamente preferibile ricorrere alla scienza).




CONTINUA