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Relativismo/Assolutismo

Aperto da Jacopus, 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM

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green demetr

Citazione di: donquixote il 07 Marzo 2017, 23:59:49 PM

Il fatto è che chi parla di metafisica dovrebbe conoscere ciò di cui parla e non mi sembra affatto che qui accada. Tutti i discorsi fatti prima non c'entrano un tubo con la metafisica ma invece con l'atteggiamento o la convinzione di qualcuno e la sua disposizione nel confronto con gli altri. Se uno afferma che la teoria dell'evoluzione è sicuramente e incontrovertibilmente vera non è affatto un metafisico, così come se uno afferma che è dubbia non è un relativista: sono solo due persone con atteggiamenti diversi nei confronti della medesima affermazione.

Per metafisica si intende quel processo di astrazione per cui le cose valgone in termini generali e nell'assunto filosofico in termini Universali.

Ritenere che l'evoluzione come l'aveva modellata darwin sia un Universale ha come effetto quello di avere una comunità scientifica, poco avezza al cambiamento del modello stesso.

Non è una questione del modello, tanto quello nel lavoro serio dello scienziato cambia comunque, ma è nel lato POLITICO, nel lato di far credere agli altri di POSSEDERE una VERITA', non è solo un atto di orgoglio ma è proprio un modo dell'esistere nella comunità.

Una comunità secolarizzata allora userà la verità darwiniana per andare contro chi ha la verità biblica della creazione...etc...etc...

Non è una mera considerazione di opinioni, ma è una riflessione sugli esiti del VOLER AVERE certe opinioni.

Col il crollo degli ideali, con il nichilismo quello che si è visto è che avere certe RIGIDE CERTEZZE fa più male che bene.

Il problema è che non si è cercata una soluzione concertata al problema della comunità che si è sentita smarrita prima e poi fagocitata da 2 guerre mondiali, ma piuttosto si è riusciti a mantenere quella arroganza di fondo, e letale, in un mondo virtuale, di nome Individualismo e società dei consumi.

Insomma tanto parole al vento a me non sembrano. (ebbasta con questo principio del terzo escluso...cè sempre un terzo, e non capisco perchè lo si voglia sempre escludere!)



Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Credo che un esempio più concreto possa aiutare a farsi le idee più chiare.

Consideriamo quest'affermazione: "Penso, dunque sono".

Se tale affermazione viene pronunciata da uno scienziato, egli la intenderà in questo senso: abbiamo fatto degli esperimenti, i cui risultati si spiegano nella maniera più semplice supponendo che, se esiste un'azione del pensare, c'è qualcuno che la sta compiendo. Altre spiegazioni risultano non utili da seguire perché sono tutte più complesse. La scienza, per sua scelta, sceglie sempre le spiegazioni più semplici, dunque, oggi troviamo più conveniente questa spiegazione; domani altri esperimenti o altre scoperte potrebbero smentire tutto ciò che abbiamo detto, ma le conclusioni a cui riusciamo a pervenire oggi sono quelle che abbiamo espresso.

Se invece l'affermazione "Penso, dunque sono" viene pronunciata da un metafisico, egli la intende in questo senso: la logica ci costringe a concludere in maniera certa e assolutamente indubitabile che l'atto del pensare è dimostrazione inconfutabile di esistenza di qualcuno che pensa. La logica di cui ci siamo serviti per pervenire a tale certezza è inconfutabile, proprio perché è logica. Siccome è logica, qualunque altro modo di pensare è illogico, quindi falso. Da tutto ciò consegue che la certezza a cui siamo pervenuti non solo non è discutibile, ma lo sarà per sempre, perché è assoluta. Ci siamo arrivati per logica e prendiamo atto che la verità a cui siamo arrivati è autonoma dal nostro pensare. Che chiunque ci creda o no, che chiunque lo pensi o no, che chiunque sia d'accordo o no, la certezza "Penso, dunque sono" è autonoma, indipendente da qualsiasi atteggiamento o comportamento umano. Che tu lo creda o no, è così. È così non perché lo dico io o perché lo dici tu, ma perché è così, da se stesso, è così nella realtà e la realtà è sempre se stessa indipendentemente dal crederci o no. Anche quando l'umanità non dovesse più esistere, resterà vero e inconfutabile che se esiste un pensare deve esistere per forza qualcuno che pensa. È quindi una verità eterna.
Una volta che possiamo dirci definitavemente pervenuti ad una verità assoluta, autonoma dal crederci o non crederci, chiunque non vi aderisca pensa il falso. Ne consegue che chiunque neghi tale verità è da considerare un mentitore, o un pazzo, o un incosciente.

A questo punto, dobbiamo tener presente che non aderire alla verità può anche rivelarsi micidiale, per sé o per gli altri: per esempio, se uno guida un'automobile e inizia a dubitare della realtà del suo guidare un'automobile, può uccidere se stesso o altri. Di conseguenza, chi non aderisce alla verità è una persona pericolosa, almeno potenzialmente. Ne consegue che, al contrario, chiunque aderisca alla verità è una persona che favorisce il bene di tutti. Ne consegue che abbiamo il dovere di scoraggiare in tutti i modi chiunque non segua la verità; se chi segue la verità lo ritiene necessario, deve considerare legittimo ricorrere eventualmente anche alla forza contro chi non la segua.

A proposito dell'automobile, l'atteggiamento dello scienziato è diverso: lo scienziato dice: "Secondo i risultati della scienza, se guidi un'auto rischi di fare incidenti, ma sta a te decidere come comportarti: la scienza non detta comportamenti; essa non fa altro che descrivere i risultati degli esperimenti effettuati".

Diverso ancora è il comportamento della società civile: essa impone regole al conducente di un'auto non per princìpi metafisici di adesione alla verità, ma per convenzione, convenzionalismo, cioè votazione: che sia vero o no, la società civile vota democraticamente e stabilisce di imporre regole ai conducenti di automobili; impone anche sanzioni, ma all'origine di tali sanzioni sta sempre un accordo sociale, non una valutazione metafisica.

Il comportamento del relativista è una precisazione del convenzionalismo detto sopra: egli impone delle norme al conducente di auto per decisione socialmente votata e si sente di aggiungere esplicitamente che tale decisione non possiede alcun contenuto di verità: essa rappresenta soltanto l'opinione storica di quella certa società, che ha votato in quel certo modo. Il relativista può anche giungere ad usare la forza, ma ammetterà sempre di averlo fatto spinto dai propri istinti e non da ragioni giustificabili. Di conseguenza, il relativista sarà sempre pronto a mettere in discussione la legittimità, la giustezza di ciò che ha fatto o sta facendo o pensa di fare in futuro, mentre il metafisico riterrà di essere in una botte di ferro, perché riterrà di avere alle spalle tutta la forza della verità oggettiva.

donquixote

Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 01:27:45 AMPer metafisica si intende quel processo di astrazione per cui le cose valgone in termini generali e nell'assunto filosofico in termini Universali. 

Questa affermazione è palesemente falsa perchè la metafisica è una disciplina che si occupa di cose che riguardano quella disciplina, non è un modo diverso (più deciso, perentorio o categorico) per dire qualunque cosa, e meno che mai un processo di astrazione. Se la metafisica si occupa dell'universale, l'affermazione "penso dunque sono" non è una affermazione metafisica in quanto non è affatto universale, e non si può dire qualcosa "in modo metafisico" o "in modo relativistico" ma casomai in modo tassativo oppure dubbioso che è tutt'altra cosa e dipende dalla convinzione di ognuno. Qualunque affermazione scientifica non potrà MAI essere metafisica in quanto non è universale, in qualunque maniera si presenti o si proponga questa affermazione. Poi potete anche divertirvi a prendere in giro la gente che legge, ma sappiate che questa è pura e semplice disonestà intellettuale di cui dovete assumervi tutta la responsabilità.
E visto che la scienza moderna afferma che le sue teorie sono "vere fino a prova contraria" e ogni affermazione della scienza è enunciata in modo perentorio e categorico ("la scienza ha detto che è così!". Punto e non ci devono essere altre discussioni) e basta dire che qualcosa non è "scientifico" per squalificarlo allora l'unica metafisica che esiste, se dovessimo assumere questo punto di vista, è proprio la scienza, che però guarda caso per costituzione non si può occupare di verità universali, e quindi di metafisica. Sarebbe meglio che prima di scrivere di cose che ignorate vi metteste d'accordo con voi stessi.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Sariputra

#33
Se potessimo sostituire il termine 'relativizzare' con quello che a me appare più "creativo" di 'dubitare', non potremmo fare un passo in avanti? Infatti , come giustamente sottolinea Green Demetr ( a proposito...guarda che il buon vino è fatto per essere condiviso, non me lo ciuccio tutto io! ;D) :


MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.


Quando la prassi è semplicemente convenzionale e storica si ottiene il pensiero unico e la perfetta omologazione. Tutti si illudono di fare quello che vogliono, in realtà alla fine fanno tutti la stessa cosa e inseguono gli stessi obiettivi ( fare soldi e calpestare il prossimo...). Se invece la prassi diventa il 'dubitare' c'è qualche speranza ( piccola invero, ma almeno c'è...) che si arrivi anche a dubitare che il modello convenzionale e storico sia quello giusto ( non giusto in senso morale, che vi vedo allergici al solo termine, ma giusto nel senso di realizzazione dell'essenzialità umana). Se dubito riesco ancora a discutere ed arrabbiarmi con me stesso e con il mondo. Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV...
E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Per questo (come ho tentato di spiegare in "Mondi dell'utopia") bisogna sforzarsi di pensare alternative da costruire nel concreto del vivere e questo sforzo, piaccia o non piaccia il termine, è una forma di metafisica, di ricerca di qualcosa di più  'vero' ( o più 'essenziale' se il termine 'vero' dà fastidio...).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneIl comportamento del relativista è una precisazione del convenzionalismo detto sopra: egli impone delle norme al conducente di auto per decisione socialmente votata e si sente di aggiungere esplicitamente che tale decisione non possiede alcun contenuto di verità:
Quindi se non possiede verità significa che la decisione sociale è un inganno convenzionale, e chi la impone è un complice, un colluso, e non un relativista.
Inoltre, il fatto d'imporla (le norme) fa divenire la votazione non solo opportunista, ma anche superba.

CitazioneDi conseguenza, il relativista sarà sempre pronto a mettere in discussione la legittimità, la giustezza di ciò che ha fatto o sta facendo o pensa di fare in futuro
Sì, benissimo, ma nel frattempo chi viene giudicato per i danni che ha commesso il relativista appoggiando una bufala che ha generato, con quelle norme, strazio e sfacelo.


Pace & Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

green demetr

Citazione di: donquixote il 08 Marzo 2017, 08:21:49 AM
Poi potete anche divertirvi a prendere in giro la gente che legge, ma sappiate che questa è pura e semplice disonestà intellettuale di cui dovete assumervi tutta la responsabilità.
E visto che la scienza moderna afferma che le sue teorie sono "vere fino a prova contraria" e ogni affermazione della scienza è enunciata in modo perentorio e categorico ("la scienza ha detto che è così!". Punto e non ci devono essere altre discussioni) e basta dire che qualcosa non è "scientifico" per squalificarlo allora l'unica metafisica che esiste, se dovessimo assumere questo punto di vista, è proprio la scienza, che però guarda caso per costituzione non si può occupare di verità universali, e quindi di metafisica. Sarebbe meglio che prima di scrivere di cose che ignorate vi metteste d'accordo con voi stessi.

Non so proprio di cosa stai parlando.   

La scienza dice una cosa ed è punto e basta...ma poi cambi idea e dici che la scienza non si occupa di verità universali.
Mi sembra che qui tu hai idee contradittorie e confuse.

Tra l'altro la scienza si occupa di costituire per astrazione modelli di verità che riguardano universalmente la propria applicabilità.

Un reattore nucleare deve funzionare sia in Francia che in Giappone per es.

Non può essere caso per caso....non sarebbe scienza.

Ma poi abbi pazienza che cosa sarebbe per te questa metafisica? Io ne ho dato una definizione generica, in quanto vi sono diverse metafisiche.
E per quel che mi riguarda io parlo esplicitamente di quella hegeliana, se proprio vuoi che mi prenda delle responsabilità. (Uno dei paroloni nuovi della neo-lingua orweliana)

Quando Cartesio diceva penso dunque sono, quella era chiaramente una astrazione di valore universale. Idea che mi pare una certa qual fortuna ce l'ha avuta!
Dove starebbe la palese falsità di cui parli??????
Vai avanti tu che mi vien da ridere

donquixote

Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 10:29:41 AMTra l'altro la scienza si occupa di costituire per astrazione modelli di verità che riguardano universalmente la propria applicabilità. Un reattore nucleare deve funzionare sia in Francia che in Giappone per es. Non può essere caso per caso....non sarebbe scienza.

Quindi Francia e Giappone sono l'universo? Questo reattore nucleare potrebbe funzionare anche sulla luna o su di un remoto pianeta di una remota galassia? Le verità metafisiche, se sono tali, devono esserlo anche su un remoto pianeta di una remota galassia ed erano valide un miliardo di anni fa e lo saranno fra un miliardo di anni. Il famoso frammento di Parmenide sull'essere e il non essere è una verità metafisica, "il Tao che si può nominare non è l'eterno Tao" è la spiegazione di una verità metafisica (il Tao), qualsiasi affermazione della scienza (concettualizzata o meno) non lo è. Poi se ognuno si inventa un proprio modo di ragionare e lo chiama metafisica è un altro discorso. Se spieghi ad un intellettuale induista o a un saggio Cheyenne la metafisica di Kant non ci capiscono niente; se gli spieghi quella di Parmenide e Platone capiscono tutto.

Citazione di: green demetr il 08 Marzo 2017, 10:29:41 AMMa poi abbi pazienza che cosa sarebbe per te questa metafisica? Io ne ho dato una definizione generica, in quanto vi sono diverse metafisiche. E per quel che mi riguarda io parlo esplicitamente di quella hegeliana, se proprio vuoi che mi prenda delle responsabilità. (Uno dei paroloni nuovi della neo-lingua orweliana) Quando Cartesio diceva penso dunque sono, quella era chiaramente una astrazione di valore universale. Idea che mi pare una certa qual fortuna ce l'ha avuta! Dove starebbe la palese falsità di cui parli??????

Se non si vuole tornare a Platone e Aristotele basta leggere Wikipedia alla voce metafisica e almeno una vaga idea si può averla. E "penso dunque sono" è una affermazione che riguarda l'uomo terrestre e ha valore solo per l'uomo terrestre (anzi solo per l'uomo terrestre che la pensa come Cartesio), non certo per tutto l'universo per cui non può essere per definizione una affermazione metafisica ma "fisica". Metafisica è la realtà che trascende quella fisica, e non certo l'astrazione o la concettualizzazione di un fenomeno fisico, che sono solo metodi umani convenzionali che servono per ragionare. Se non si ha alcuna idea di questa realtà, se non la si percepisce,  non si può parlare di metafisica.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

green demetr

Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AM
Se potessimo sostituire il termine 'relativizzare' con quello che a me appare più "creativo" di 'dubitare', non potremmo fare un passo in avanti?

Ma infatti l'esercizio del dubbio è uno degli strumenti più efficaci della filosofia ad oggi.

esercizio gratuito di riflessione estemporanea.


parte 1  il dubbio e la prassi il livello teorico

La prassi del dubbio sulle prassi generali o universali, dovrebbe avere esattamente il carattere del relativo.
Ove la relatività sta nel punto di vista che la comunità dovrebbe prendere a ragione come modello, nè più nè meno che la scienza.
Ovviamente i criteri non saranno quelli matematici, in quanto una prassi riguarda il lavoro (nel senso più lato del termine, non nel senso di mestiere che la società impone per fini di omologazione).

Ovviamente la prassi io non la intendo minimanente nel senso di ecosistema, direi l'opposto nel senso di convivenza umana comune.
Dove nel concetto di comune dovrebbero sparire parole fittizie come tolleranza e amore.
Non perchè quelle non siano in sè nobili, ma perchè fino ad oggi hanno celato SEMPRE il contrario.

Insomma il dubbio dovrebbe nascere proprio all'insegna degli esiti delle pratiche.

Non è che la parola morale debba fare per forza "schifo", il fatto è che se non mettiamo in dubbio l'esito della sua funzione, perdiamo di vista completamente il centro del discorso storico che influenza il presente.

Frequentando il corso di De Martino 3 anni fa, mi sono accorto che effettivamente come lo stesso docente affermava, la filosofia necessita un ripensamento della antropologia umana.

E' chiaro che la morale ha veramente TROPPO a che fare con la sua evoluzine storica.

Oggi non è possibile che si continuino a ignorare risultati come l'antropologia strutturale di LEVI STRAUSS, da cui deriverebbe che la famiglia è sì la base dell'intero sistema sociale, ma non dobbiamo dimenticare che lo fu storicamente per esigenze di protezione del clan.
Per mero opportunismo, per probabilità di sopravvivenza.

Quello che a me sconvolge è che quei vecchi valori oggi come oggi all'interno delle NAZIONI, non solo perdono il loro significato VITALE, di essere. Ma diventano un incredibile fonte di fraintendimento.

La scelta della chiesa di ripartire dalla famiglia, io lo capisco benissimo.
Ovviamente cercano di rimettere insieme quello che era il collante di una lunga tradizione.

La morale è così chiusa a doppia mandata dalla sua DERIVAZIONE DIVINA, e casomai questo non dovesse bastare a IMPEDIRE il dubbio, dalla sua SANTITA' ovvero dalla sua sacralità, ovvero dalla sua INTOCCABILITA' (come Agamben ha magistralmente dimostrato).

Il dubbio è così sostanzialmente PRESCRITTO in quanto a-morale.


Il punto è che funzionerebbe bene in una realtà dove le famiglie sono clan.

Ma laddove invece vige uno stato, si dimentica completamente che la necessità sta non nel rafforzamento del clan bensì nella frantumazione fino a ridurre l'uomo solo e individualista.
Perchè è più facile mantenere un potere centrale in questa maniera, anzi è necessario farlo, per poter garantire la sopravvivenza dello stesso (stato).

Il passaggio dalla sopravvivenza dello stato a quello delle macchine, è solo un ulteriore raffinazione di questo processo completamente astratto.

In questo senso la morale diventa uno spauracchio più che un arma di rivoluzione cristiana o atea che sia.

Ma tutto ciò non ha senso, anche predendola sul serio si rivelerebbe totalemente inadeguata, in quanto è sempre stata fittizia.

Il problema della comunità che vorrei tanto intravedere nasce da tutta questa congerie di eventi storici.

E' ovvio che una morale nuova dovrebbe nascere per lo meno se vuole rimanere consistente e contrapporsi alla civiltà delle macchine, come veritiera in cosa consista lo stare insieme delle persone.

Per questo ritengo da diversi anni, che solo il mondo filosofico, possa in piena coscienza cominciare a interrogarsi sul proprio agire in  relazione agli altri.
(e chi altri potrebbe rivelarsi (a se stesso cioè) prima che rivelare quale sia sia la nuova morale).

Affidarsi ad un DIO come Heideger o Severino infine ammettono, non è certo qualcosa che metta in gioco alcuna prassi.
Anche se è ovvio che ogni prassi si deve rimettere al gioco del destino, della destinazione, e perciò appunto ad un DIO.

Certamente il dubbio può essere messo come spesso si fa direttamente all'ultima questione, se esista un DIO o no.
Ma dimenticare tutte le prassi precedenti pone un dubbio enorme sullo stesso interrogarsi sul "dubbio di DIO".
E'veramente quel DIO, che compare infine come destinazione, o è il DIO SIMULACRO che deriva dal non porsi mai il dubbio sulle pratiche esistenti, e che utilizzano il sui feticcio, come TOTEM? Appunto come un avviso minatorio: NON DEVI PENSARE, NON DEVI DUBITARE.

E' per questo che il dubbio non può essere meramente una opinione, ma qualcosa di più, pensato insieme all'ALTRO.

Si dubita sempre in 2 (o più), è questo che penso realmente.

Il dubbio sulle prassi diventa dunque per SINI il vero nuovo compito della filosofia che verrà.

il dubbio del pensiero debole alla angelo cannata, alias vattimo, è un ottimo strumento, ma vedi proprio il caso vattimo, assolutamente inefficace allorchè cade nella stessa trappola che avrebbe dovuto evitare.

parte due il dubbio e la prassi nella storia odierna

il politico concertato deve per forza avere il buon senso di poter accettare in sè la posizione degli altri, il che equivale sempre ad una gran capacità di rimettersi in discussione, perchè in caso di idee forti, non esisterebbe concertato ma solo presa di posizione e lotta di potere.

il contrattualismo però nasconde come sempre più evidente dei limiti tali per cui la sinistra debole, con la sua idea di welfare state, accettando , e dunque rimettendosi in discussione dopo il fallimento dell'esperimento stalinista, le istanze libearali, per quanto democratiche, ha finito per diventare una forma di centrismo che ha rinunciato esattamente a quello che NON DOVEVA MAI rinunicare (visto il sangue e le morti lasciate giù dalla guerra) ossia appunto al welfare state.

in teoria questa forma di dubbio non è sbagliata, ma ha fatto l'errore di credere troppo al relativo del relativo.
Il liberalismo nasce anche come democratico, ma nelle sue istanze non aveva il dubbio di essere (e tuttora non lo ha) nel torto marcio (finisce chissà perchè nel creare SEMPRE oligarchie sociofobiche).
Lo aveva semmai la sinistra, che però prestando il fianco, ha finito per fare il gioco delle parti, producendo l'ennesimo giochino americano del reppublicano contro democratico.
Vattimo si è reiscritto al partito comunista, dopo anni di tentativi di apertura ai giochi della politica.
Come lui stesso ha detto più che essere un revanchismo nostalgico, si tratta di un atto simbolico, come a dire che forse ma forse, non si doveva cedere alle lusinghe della destra.

La faccenda come notasi non è di facile soluzione, perchè dire che la destra è il male è una delle forme di psicosi di massa meno sensate che ho visto.
Non ha direzione perchè anzitutto additando il male altrui non si vuol mai vedere quello di "casa sua".
Il povero Zizek è pesantemente sotto attacco, perchè ha osato dire proprio questo, che l'ascesa delle destre in europa e in america è un occasione per ripensari come realtà di prassi di sinistra.

L'ondata feroce di antipropaganda che lo sta vedendo protagonista, mi sta facendo veramente male, perchè viene proprio dal mondo intellettuale. Fa male perchè lo so che è così da gran tempo. Ma per una sorta di empatia lo sto vivendo male sulla mia stessa pelle.

L'intellettuale di sinistra CONTINUA a non porsi alcun problema. Anzi reagisce furioso a che si debba tornare a come si era prima (centristi alias).

Che è come una firma di impotenza al proprio cambiamento, una mesta conseguenza di una disillusione, e di un tentare di salvare gli ultimi avamposti di resistenza, che però agli occhi del semplice cittadino risultano sempre essere LE LORO POLTRONE DI POTERE.


Poichè è la sinistra a porsi il problema della comunità, la destra si pone il problema del mantenimento dello stato.

Ma nemmeno più queste semplici verità di fatto storiche, sono considerate. Siamo in un epoca di confusione totale.

E ad un'attenta analisi si capisce che tutto nasce proprio dal dubbio sorto dal fallimento russo.

Ma il dubbio avrebbe dovuto riguardare le prassi E NON LA TEORIA!!!!

Dubitare del dubbio è stata la grande scellerata azione di centrismo della sinistra che vuol diventare SOCIAL (stato) DEMOCRAZIA (comunità).

Una contradizione in termini come ho tentato sopra di esporre!

Una comunità che deve rispondere di uno stato che a sua volta dever rispondere a delle macchine (la scienza l'economia) diventa tutto fuorchè una comunità.(per riassumere).

E tra l'altro quel dubbio che inizialmente aveva dato strada ad un nuovo modello di prassi, ha smesso di dubitare!!!! :'(
Dunque la prassi di centrismo attuale non ha dubbi su se stessa.

E' per questo che non si può dubitare in assoluto ma relativamente agli esiti delle pratiche.
Il dubbio assoluto per quanto teoreticamente affascinante diventa sempre un coprirsi gli occhi davanti alla realtà.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: donquixote il 08 Marzo 2017, 12:24:37 PM
Se non si vuole tornare a Platone e Aristotele basta leggere Wikipedia alla voce metafisica e almeno una vaga idea si può averla. E "penso dunque sono" è una affermazione che riguarda l'uomo terrestre e ha valore solo per l'uomo terrestre (anzi solo per l'uomo terrestre che la pensa come Cartesio), non certo per tutto l'universo per cui non può essere per definizione una affermazione metafisica ma "fisica". Metafisica è la realtà che trascende quella fisica, e non certo l'astrazione o la concettualizzazione di un fenomeno fisico, che sono solo metodi umani convenzionali che servono per ragionare. Se non si ha alcuna idea di questa realtà, se non la si percepisce,  non si può parlare di metafisica.

Percepire non è un termine che amo.
Mi da sempre l'idea che chi lo usa ha paura dei fantasmi. E di solito infatti è sempre così.

La realtà (?) metafisica dunque la intendi nel senso proprio di entità divina suppongo.

Gli diamo due definizioni diverse.

Se non vuoi dimostrare che la realtà divina sia divina, perchè appunto disumana, allora la devi premettere.

Il fatto è che premettendola conduci poi delle dimostrazioni che riconducono a quello che dovresti dimostrare. La "petitio principii " è uno degli errori logici più antichi e duri a morire.

Tra l'altro è il motivo per cui (contro cui) il relativismo è diventato sistema.

Ammettere l'una e credere nel relativismo mi riesce difficile da pensare.

Mi sembrerebbe un DIO di comodo: vale tutto tranne che quando lo dico io ops DIO.....

I tempi di aristotele sono andati, già nel medioevo quella che era un physis è diventato un sistema di LOGICA.
La logica essendo nel più astratto dei domini appunto quello DIVINO.


Non amo associare DIO ad una Physis, mal mi accoppio con i deliri del mondo greco.
E convivo con dolore l'influenza che l'induismo ha avuto su di me nella adolescenza e infanzia.
Quella influenza sono conscio di non poterla eliminare in quanto fa parte di una emozione, si è fissata con una emozione.
Quindi in parte ti capisco, cioè a livello emozionale.

Ma la filosofia deve essere sopratutto un esercizio che si riferisce ad un una physis umana, benchè la ragione sia un prodotto dell'astrazione (con i suoi deliri di universalità).


nb.
E comunque un reattore nuclerare funzionerebbe con gli stessi principi anche sulla luna o ai confini dell'universo. il limite sta nella sua riproducibilità.
(lasciando perdere il fatto che il modello cambia storicamente, il principio di universalità che lo informa è sempre valido, perciò la scienza è una metafisica, una delle tante.)










Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

Citazione di: green demetrAffidarsi ad un DIO come Heideger o Severino infine ammettono, non è certo qualcosa che metta in gioco alcuna prassi.
Scusa green, ma dov'è che Severino invita ad affidarsi a un Dio? Forse c'è stata una conversione da parte del filosofo in tarda età che mi è sfuggita?

Phil

Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AM
come giustamente sottolinea Green Demetr [...]:
MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.

[...] Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV...
E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Concordo sul non demonizzare i metafisici (e nemmeno i dogmatici), perché non necessariamente sono individui mentalmente chiusi o con pretese di egemonia sul prossimo; tuttavia il binomio relativismo/omologazione mi lascia perplesso... e ancor più quello relativismo/capitalismo.
Forse può essere utile indagare il rapporto fra relativismo e società attuale, triangolandolo con la tecnologia: siamo sicuri che l'omologazione vada a braccetto con il relativismo, oppure è uno dei risultati della iper-comunicazione abilitata dalla tecnologia? La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi...

Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi). Non è che, abbagliati dalla coincidenza della "sincronia storica", stiamo dando al relativismo una colpa (senza entrare nel merito se lo sia o meno) da imputare alla tecnologia? L'annichilimento tecnologico delle coscienze (se lo riteniamo tale) è coevo del relativismo, ma sarei cauto nel vedere una causalità fra i due: tecnologia e relativismo non sono parenti stretti (anzi, in ambito "commerciale" una invita a seguire delle mode comuni, impone dei bisogni indotti, etc. l'altro invita a riflettere, dubitare con la propria testa...).

Proviamo poi a pensare, per assurdo, se l'attuale tecnologia di comunicazione pervasiva fosse stata disponibile nei secoli scorsi: non avrebbe prodotto un'omologazione ancora più radicale?
Inoltre (e senza usare la fantasia) siamo sicuri che oggi si sia davvero più omologati di ieri? I nostri nonni e i nostri avi, non vivevano forse in una società in cui troneggiava l'alternativa: omologazione ai valori vigenti e adattamento forzato, oppure emarginazione-eliminazione (almeno quanto oggi)? In cosa la famigerata omologazione di oggi è maggiore di quella di ieri?
Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?

green demetr

Citazione di: maral il 08 Marzo 2017, 14:51:54 PM
CitazioneAffidarsi ad un DIO come Heideger o Severino infine ammettono, non è certo qualcosa che metta in gioco alcuna prassi.
Scusa green, ma dov'è che Severino invita ad affidarsi a un Dio? Forse c'è stata una conversione da parte del filosofo in tarda età che mi è sfuggita?

Si trova nel finale dell'intervista fatta da Fusaro a Severino reperibile sul sito Youtube di Fusaro.
E' una lunga conversazione illuminante sulla storia filosofica del 900.
Severino apprezza in particolar modo la domanda di Fusaro sulla "Gelassenheit" heideggeriana.
E in sostanza sull'insistenza di Fusaro che perora la causa della prassi fichtiana, Severino risponde che è impossibile superare quella ultima istanza heidegeriana.
Ovviamente il DIO a cui si riferiscono Heideger e Severino è quello del ritorno del ciclo degli enti o Apparire degli enti.
Ma non volevo appesantire ulteriormente la questione.Perciò uso la stessa metafora di Heideger, che si presta certo a totale incomprensione.(solo un DIO può salvarci).
Ma visto il punto sempre più basso anche nel mondo della cultura a cui siamo arrivati, CONVIENE far buona faccia a cattivo gioco e chiamarlo sommariamente DIO.
D'altronde anche Fusaro sembra proprio non capire di cosa si sta parlando, considerando l'"abbandono" alla lettera e cioè in una dimensione di divieto all'agire.
Cosa che assolutamente non è.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Phil il 08 Marzo 2017, 17:59:18 PM
La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi...

Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi).....
Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?

Pasolini parla di Omologazione perchè ha visto la disgregazione delle periferie, con i suoi ragazzi di strada, e ha visto la progressiva dismissione del dialetto dalle comunità rurali.

Si tratta di essere nati in una epoca diversa e di aver vissuto sulla pelle in cosa consistesse la diversità, qualcosa dal cinema anni 50 italiano possiamo intravedere.

E' ovvio che se ti riferisci ai costumi l'omologazione c'è ad ogni tempo.

Ma in particolare mi riferisco alla omologazione creata dai mass media, esattamente come hai descritto tu, e infatti sono d'accordo la tecnologia è la principale causa di quel fenomeno, e le pagine di Pasolini sulla TV sono una delle analisi più lucide e profetiche scritte nel novecento.

Per rendere più diretta la cosa, visto che mi sembra non troppo chiara la questione: quello che dico è che relativizzare il dubbio per opinioni fai da te, significa diventare individualisti, e l'individuo all'interno della società distopica della neolingua (quella senza dialetti per brevità di esempio) orweliana, difficilmente crea una opinione fa da te, CHE NON SIA UN LUOGO COMUNE (a tutti) imboccato dalla tv.

Sono a favore di un relativismo pensato e ragionata in 2 o più. Il relativismo che si appoggia ai Luoghi comuni è invece quello che combatto invano nella vita quotidiana, ma che non mi rassegno a mollare a livello teorico.

Insomma oltre a esserci metafisica e metafisica, lo stessa dicasi per il relativismo.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Citazione di: Phil il 08 Marzo 2017, 17:59:18 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AMcome giustamente sottolinea Green Demetr [...]: MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo. [...] Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV... E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Concordo sul non demonizzare i metafisici (e nemmeno i dogmatici), perché non necessariamente sono individui mentalmente chiusi o con pretese di egemonia sul prossimo; tuttavia il binomio relativismo/omologazione mi lascia perplesso... e ancor più quello relativismo/capitalismo. Forse può essere utile indagare il rapporto fra relativismo e società attuale, triangolandolo con la tecnologia: siamo sicuri che l'omologazione vada a braccetto con il relativismo, oppure è uno dei risultati della iper-comunicazione abilitata dalla tecnologia? La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi... Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi). Non è che, abbagliati dalla coincidenza della "sincronia storica", stiamo dando al relativismo una colpa (senza entrare nel merito se lo sia o meno) da imputare alla tecnologia? L'annichilimento tecnologico delle coscienze (se lo riteniamo tale) è coevo del relativismo, ma sarei cauto nel vedere una causalità fra i due: tecnologia e relativismo non sono parenti stretti (anzi, in ambito "commerciale" una invita a seguire delle mode comuni, impone dei bisogni indotti, etc. l'altro invita a riflettere, dubitare con la propria testa...). Proviamo poi a pensare, per assurdo, se l'attuale tecnologia di comunicazione pervasiva fosse stata disponibile nei secoli scorsi: non avrebbe prodotto un'omologazione ancora più radicale? Inoltre (e senza usare la fantasia) siamo sicuri che oggi si sia davvero più omologati di ieri? I nostri nonni e i nostri avi, non vivevano forse in una società in cui troneggiava l'alternativa: omologazione ai valori vigenti e adattamento forzato, oppure emarginazione-eliminazione (almeno quanto oggi)? In cosa la famigerata omologazione di oggi è maggiore di quella di ieri? Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?

Non ho affermato che il relativismo sia la causa , ho detto che è funzionale al sistema , che è un'altra cosa.  Una societa capitalistica basata sulla creazione continua di bisogni da soddisfare e da imporre alle masse, "martella" un'opinione che finisce per essere condivisa da tutti, perché l'individuo, isolato e frammentato, non può opporre che opinioni 'deboli', relative, al quale lui stesso in definitiva non crede e alla fine, tra la scelta tra un'opinione personale debole e un desiderio ' forte' da soddisfare e che lo fa "includere" e accettare dal gruppo sociale( creato e imposto dalla società delle comunicazioni) sceglie quasi sempre il secondo, e lo vediamo.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 22:13:17 PM
... l'individuo, isolato e frammentato, non può opporre che opinioni 'deboli', relative, al quale lui stesso in definitiva non crede e alla fine, tra la scelta tra un'opinione personale debole e un desiderio ' forte' da soddisfare e che lo fa "includere" e accettare dal gruppo sociale( creato e imposto dalla società delle comunicazioni) sceglie quasi sempre il secondo, e lo vediamo.
Si sta continuando a parlare del relativismo nella sua accezione più superficiale e banale, un po' come se decidessimo di parlare dei cristiani concentrandoci solo sui bigotti, dimenticando tutti i personaggi di altissima levatura che vi sono stati, a cominciare da Gesù stesso.
Un relativismo che si rispetti, come ho ripetuto, è storia. Storia significa che il relativista serio si imbeve di storia, studia la storia passata, prende confidenza con la propria storia personale; dalla storia nasce la vita, il voler combattere per qualcosa, il senso critico, la voglia di condividere con altri valori per cui lottare. Qui invece state parlando del relativista intendendo l'uomo massificato, l'uomo consumatore. Sì, c'è anche questo, ma ciò non rende giustizia alla serietà di cui è capace un relativismo che sia davvero non metafisico. Infatti il relativismo inteso come "tutto è relativo, perciò facciamo ciò che ci pare e piace" rimane un relativismo inteso metafisicamente, cioè il peggio del relativismo, totale fraintendimento del relativismo.