Menu principale

Relativismo/Assolutismo

Aperto da Jacopus, 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

green demetr

Basterebbe l'incredibile ondata di razzismo sempre più pubblico e sempre meno privato, per testimonare di quello che è l'occidente cristiano.
Un assolutismo barbaro, MENZOGNA che si nasconde dietro la narrazione tragica dell'amore cristiano.

Il problema del relativismo contemporaneo è che (da bravo studioso di Nietzche l'ho capito) viene scambiato per il suo doppio appunto l'assolutismo.

L'assolutismo viene spacciato per RELATIVISMO. Questa è l'indigesta realtà che ogni onesto pensatore dovrebbe arrivare ad ammettere.

Per risolverlo Sini in un recente seminario a cui partecipai, precisò che lui era un relativista con un eccezione fondamentale: che il relativismo non può essere relativo.

Vi lascio spazio per pensarci, non è cosa semplice.

Anche se per me vale sempre la questione nichilista dostoevskiana, se niente vale, allora TUTTO è valido.

Ovviamente la questione dostoevskiana era legata a DIO, ma con un minimo di malizia in più non possiamo proprio intendere che l'assoluto per essere valido deve sempre essere messo in discussione?

Il relativo per funzionare non può relativizzarsi, ma può solo fare da funzione, da indirizzo, da senso dell'esistente.
In quanto relativo è ciò che accade nel reale, il relativo è SOLO nel reale.

L'assoluto è il suo doppio, ossia" il relativo che è relativo" diventa solo un PRETESTO per delle scelte POLITICHE.
E' la maschera che il potere politico detta come occasione, come crisi, come coercizione autoritaria.

Bauman l'ha chiamata società liquida ad indicarne lo scontro con le istanze del soggetto civile.

Ma è ben più di quello, è esattamente la presa di posizione che tutto è ASSOLUTAMENTE precario.
Ossia se uno è capace di leggere che sta succedendo nell'epoca contemporane, l'esatto opposto.
Ossia il FISSO esiste solo in nome del Precario, come lotta, come ambizione.

Difficile sottrarvici, per Pasolini impossibile. Non rimane che il qui e ora, non il qui e ora del COME SE FOSSE PER SEMPRE, ma del qui e ora che ROVINA SEMPRE in qualcosaltro, fossanco la nostra morte, di solito meglio nella nostra condizione PARANOICA. DI certo MAI nella postazione del relativo che sia fedele a se stesso.E questo è male gente, MOLTO male.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Ritengo utile dare tre precisazioni riguardo al relativismo, per diminuire i fraintendimenti riguardo ad esso.

1. Non ha senso usare come metodo lo spauracchio dell'anarchia, dell'immoralità o del non poterci intendere, causati dalla distruzione, da parte del relativismo, di tutti i valori, significati e criteri. Non ha senso perché sarebbe come dire: vista la gravità della situazione, dobbiamo trovare a tutti i costi un riferimento. Voler trovare un riferimento a tutti costi, giustificando l'atteggiamento "a tutti i costi" con la gravità distruttiva del relativismo, va a significare voler trovare un riferimento anche a costo di inventarselo. Insomma, è come uno che sta precipitando e pensa: "Qui la situazione è gravissima: devo trovare a tutti i costi un conforto, a costo di inventarmelo". Non sarebbe di per sé vietato inventarsi un conforto, ma il problema è che la metafisica non accetta di essere considerata qualcosa di inventato. Se la situazione è grave, non ha senso inventarsi punti di riferimento o di conforto: è più efficace prendere atto della gravità e vedere cosa si può fare. Quindi non ha senso dire che col relativismo su dà via libera alla violenza, al fare ognuno quello che pare e piace: se anche fosse così, vuol dire che bisognerà trovare modi per affrontare tale situazione, non far finta che il castello delle certezze non sia inesorabilmente crollato e non più ripristinabile al suo stato precedente.

2. Il relativismo non è un sistema di idee, ma un discorso storico. Se il relativista dice che il cielo è blu, non lo dice come affermazione di principio, ma come esperienza storica, cioè inclusa nel tempo, nello spazio, localizzata, soggetta al divenire, all'opinabilità. L'errore che tutti fanno in questo senso è trattare invece il relativismo come un sistema statico, come una matematica: "Se tutto è relativo, questa è già una pretesa di verità". No, perché nel momento in cui il relativista dice che tutto è relativo, non lo sta dicendo come affermazione di principio, ma come racconto storico, come esperienza soggettiva umana: abbiamo fatto un cammino, eravamo metafisici, ci siamo accorti che siamo umani, ci viene a risultare che tutto è relativo. Il problema è che i metafisici vengono a risultare talmente imbevuti di metafisica, da non riuscire a fare a meno di trattare il relativismo come se fosse una metafisica. Ma l'uso del verbo essere da parte del relativista non va inteso come dichiarazione astratta, oggettiva: va inteso come racconto di una storia, consapevole di essere nient'altro che una prospettiva soggettiva, soggetta al confronto delle opinioni, poiché non è altro che un'opinione, proposta di un dialogo.

3. Le affermazioni espresse dal relativismo valgono proprio perché sono soggettive. Se come relativista dico che il cielo è blu, la mia affermazione ha valore proprio perché è la mia opinione, nient'altro che la mia opinione. In questo senso si può dire che tale affermazione vale quanto me, vale quanto valgo io; se un altro mi dice che il cielo è rosso, la sua affermazione vale quanto vale lui, cioè quanto vale una persona qualsiasi. Ne consegue che quando un relativista fa un'affermazione qualsiasi, egli non sta presentando all'altro un pacchetto di verità oggettive, ma sta presentando se stesso. Il relativismo non è incontro di verità, princìpi, affermazioni: è incontro di persone. Al contrario, voler dare forza alle proprie affermazioni tentando di presentarle come qualcosa di indipendente dal proprio cervello non fa che azzerarne il valore, poiché non risulta che finora ci sia mai stato qualcuno in grado di presentare affermazioni senza aver incluso in esse l'uso del proprio cervello. Quindi le cose stanno esattamente al contrario: ciò che viene presentato come verità oggettiva o principio assoluto vale zero, perché fino ad oggi nessuno è stato in grado di mostrare l'esistenza di affermazioni indipendenti dal proprio cervello; ciò che invece viene presentato come opinione vale, perché l'opinione è offerta di un dialogo, un confronto tra persone.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Marzo 2017, 08:29:44 AMRitengo utile dare tre precisazioni riguardo al relativismo, per diminuire i fraintendimenti riguardo ad esso. 1. Non ha senso usare come metodo lo spauracchio dell'anarchia, dell'immoralità o del non poterci intendere, causati dalla distruzione, da parte del relativismo, di tutti i valori, significati e criteri. Non ha senso perché sarebbe come dire: vista la gravità della situazione, dobbiamo trovare a tutti i costi un riferimento. Voler trovare un riferimento a tutti costi, giustificando l'atteggiamento "a tutti i costi" con la gravità distruttiva del relativismo, va a significare voler trovare un riferimento anche a costo di inventarselo. Insomma, è come uno che sta precipitando e pensa: "Qui la situazione è gravissima: devo trovare a tutti i costi un conforto, a costo di inventarmelo". Non sarebbe di per sé vietato inventarsi un conforto, ma il problema è che la metafisica non accetta di essere considerata qualcosa di inventato. Se la situazione è grave, non ha senso inventarsi punti di riferimento o di conforto: è più efficace prendere atto della gravità e vedere cosa si può fare. Quindi non ha senso dire che col relativismo su dà via libera alla violenza, al fare ognuno quello che pare e piace: se anche fosse così, vuol dire che bisognerà trovare modi per affrontare tale situazione, non far finta che il castello delle certezze non sia inesorabilmente crollato e non più ripristinabile al suo stato precedente. 2. Il relativismo non è un sistema di idee, ma un discorso storico. Se il relativista dice che il cielo è blu, non lo dice come affermazione di principio, ma come esperienza storica, cioè inclusa nel tempo, nello spazio, localizzata, soggetta al divenire, all'opinabilità. L'errore che tutti fanno in questo senso è trattare invece il relativismo come un sistema statico, come una matematica: "Se tutto è relativo, questa è già una pretesa di verità". No, perché nel momento in cui il relativista dice che tutto è relativo, non lo sta dicendo come affermazione di principio, ma come racconto storico, come esperienza soggettiva umana: abbiamo fatto un cammino, eravamo metafisici, ci siamo accorti che siamo umani, ci viene a risultare che tutto è relativo. Il problema è che i metafisici vengono a risultare talmente imbevuti di metafisica, da non riuscire a fare a meno di trattare il relativismo come se fosse una metafisica. Ma l'uso del verbo essere da parte del relativista non va inteso come dichiarazione astratta, oggettiva: va inteso come racconto di una storia, consapevole di essere nient'altro che una prospettiva soggettiva, soggetta al confronto delle opinioni, poiché non è altro che un'opinione, proposta di un dialogo. 3. Le affermazioni espresse dal relativismo valgono proprio perché sono soggettive. Se come relativista dico che il cielo è blu, la mia affermazione ha valore proprio perché è la mia opinione, nient'altro che la mia opinione. In questo senso si può dire che tale affermazione vale quanto me, vale quanto valgo io; se un altro mi dice che il cielo è rosso, la sua affermazione vale quanto vale lui, cioè quanto vale una persona qualsiasi. Ne consegue che quando un relativista fa un'affermazione qualsiasi, egli non sta presentando all'altro un pacchetto di verità oggettive, ma sta presentando se stesso. Il relativismo non è incontro di verità, princìpi, affermazioni: è incontro di persone. Al contrario, voler dare forza alle proprie affermazioni tentando di presentarle come qualcosa di indipendente dal proprio cervello non fa che azzerarne il valore, poiché non risulta che finora ci sia mai stato qualcuno in grado di presentare affermazioni senza aver incluso in esse l'uso del proprio cervello. Quindi le cose stanno esattamente al contrario: ciò che viene presentato come verità oggettiva o principio assoluto vale zero, perché fino ad oggi nessuno è stato in grado di mostrare l'esistenza di affermazioni indipendenti dal proprio cervello; ciò che invece viene presentato come opinione vale, perché l'opinione è offerta di un dialogo, un confronto tra persone.

Secondo me però all'atto pratico non cambia nulla. Il metafisico arriva e dice: "Ecco la verità" e un altro metafisico sostiene."No, guarda ecco, è questa la verità" dicutiamone e vediamo quale delle due è più logica. Il relativista arriva e dice: "Ecco la mia opinione attuale" e un altro relativista risponde: " No, guarda, io ho invece quest'altra opinione", discutiamone.
L'errore che fai tu, così mi sembra almeno, è quello di ritenere che il credere in una verità ti faccia AUTOMATICAMENTE diventare un dogmatico, autoritario e impositivo. In realtà il dogmatismo è qualcosa d'altro che non il credere in una verità e ha più a che fare con la volontà di potere che non con la verità stessa. In realtà anche il relativista può essere parimenti dogmatico: basta il semplice affermare:"Guarda che NON PUOI stabilire alcuna verità, perché tutto è relativo". Sia nel primo che nel secondo caso, il metafisico e il relativista diventano dogmatici. Quindi il problema non è la teoria ma la struttura stessa del pensiero a poter diventare dogmatica. Tra l'altro sostituire una verità "fissa" con una "mutevole" non risolve affatto il problema del criterio etico con cui agire, che si impone tanto al metafisico che al relativista. Che il metafisico agisca in nome di una 'verità' o che il relativista agisca in nome di un''opinione' sempre ci troviamo di fronte al dilemma del COME agire. Anche dire che il relativismo dia più importanza al soggetto e alla sua personale e mutevole opinione che non la metafisica, non mi sembra corretto. In effetti un vero metafisico ama senz'altro il confronto e lo scambio sulle sue posizioni, così come può amarlo il relativista. Il problema, se ristretto alla sfera filosofica, si risolve in ambedue i casi in un sofisticato 'cazzeggio' inconcludente. Diverso il caso in cui l'assolutismo dogmatico o il totale relativismo coinvolgano l'intero sentire della società, che cioè investano il vissuto di masse di popolazione certamente poco ' raffinate', per usare un eufemismo. L'assolutismo con un'etica imposta che genera tirannia e un relativismo, che non può coerentemente proporre alcuna etica condivisa, che può quindi trascinare verso la più totale violenza personale ( e qui, come ha ricordato Green Demetr,la lezione dostoevskjana va approfondita). 
Fare uno scattino "oltre", non sarebbe possibile? A me sembrano due "cul de sac" notevoli ambedue... :) Non mi sembra che l'usare la parola 'opinione' cambi l'agire rispetto alla parola 'verità'. L'agire cambia quando tu vuoi 'imporre' la tua opinione o la tua 'verità'. Tra l'altro il relativismo è estremamente funzionale al capitalismo e quindi, non volendolo, è di fatto uno strumento prezioso in mano proprio ad una struttura di potere e di tirannia da cui il relativista si vorrebbe liberare. Ossia: è perfetto che tutto cambi in continuazione, perché questo ci permette di non cambiare mai  :(.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

#18
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMSecondo me però all'atto pratico non cambia nulla. Il metafisico arriva e dice: "Ecco la verità" e un altro metafisico sostiene."No, guarda ecco, è questa la verità" dicutiamone e vediamo quale delle due è più logica. Il relativista arriva e dice: "Ecco la mia opinione attuale" e un altro relativista risponde: " No, guarda, io ho invece quest'altra opinione", discutiamone.
Per quanto riguarda i metafisici, è una situazione poco verosimile: di solito i metafisici vanno d'accordo tra di loro perché le verità metafisiche sono solitamente quelle tradizionali. Un esempio di disaccordo tra metafisici potrebbe essere il dibattito tra certi credenti e certi atei; in questo caso la discussione è ben lungi dall'arrivare a conclusioni e questo mostra che il metafisico è una persona ben poco propensa alla discussione; il motivo non è difficile da comprendere: il metafisico si è creato un sistema di idee nel quale ritiene di poter inquadrare qualsiasi cosa gli venga detta, qualsiasi obiezione gli venga rivolta. Qualunque cosa io dica al metafisico, egli la inquadra nella sua visione metafisica e in tal modo non c'è alcun verso di trovare punti in comune. Di ciò è esempio tipico quello che ho fatto tra credenti e atei: ognuno inquadra l'altro nel suo sistema e non fa altro che rimanervi rinchiuso.
A questo punto ci si può chiedere come sia stata storicamente possibile la nascita del relativismo, visto che esso nasce proprio dalla metafisica. Semplicemente mi viene da pensare che nel mondo esistono certi metafisici che riescono a portare avanti la logica fino ad ammetterne con se stessi i problemi a cui giunge; altri invece non accettano in alcun modo di ammettere le conseguenze autodistruttive della metafisica. Ci possono essere di mezzo anche motivazioni psicologiche, poiché è comprensibile che la distruttività del relativismo possa creare, almeno inizialmente, paure e timore di disorientamento.

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMIn realtà anche il relativista può essere parimenti dogmatico: basta il semplice affermare:"Guarda che NON PUOI stabilire alcuna verità, perché tutto è relativo".

Quest'affermazione che hai scritto non è relativista, ma metafisica. Il relativista non dice e non può dire che tutto è relativo, perché ciò significherebbe avanzare la pretesa di stabilire una verità certa e indubitabile, la verità, appunto, che tutto è relativo. Il relativista, come ho detto, piuttosto che pronunciare affermazioni di principio, racconta una storia, cioè la storia di come la metafisica ha condotto all'autonegazione, una volta compreso di non dover trascurare il soggetto. Raccontare una storia significa proporre un proprio modo di interpretare ciò che è successo, non è un pronunciare dichiarazioni. Inoltre, raccontare una storia non significa imporre certezze sul futuro: dire "non puoi stabilire alcuna verità" significa "non puoi e non potrai mai..."; il "non puoi" l'ho già chiarito col riferimento alla storia. Il relativista non può avanzare la certezza che mai si giungerà a certezze. Egli dice solo: "Ho visto verificarsi una storia; mi sembra che questa storia ci dia motivo di rinunciare ad aspettarci dal futuro possibilità di giungere a certezze". Ma dice "mi sembra", non "non puoi". Il relativista non può mai pronunciare la frase "non puoi" riguardo a nulla, perché il relativista non pone limiti a nessuno; chi per mestiere pronuncia "non puoi" dalla mattina alla sera è il metafisico.

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AM... masse di popolazione certamente poco ' raffinate'...
Credo che non serva a niente e a nessuno occuparci del cattivo uso delle cose. Non ha senso che ci occupiamo di come i libri possano essere pericolosi, a causa del fatto che possono essere presi e lanciati in testa alle persone. L'ignoranza, l'immaturità, i problemi psicologici, sono fattori in grado di distorcere qualsiasi cosa e deviarne l'uso verso modalità non solo inimaginabili, ma soprattutto inutili da immaginare. Se dobbiamo discutere di relitivismo e metafisica, dobbiamo supporre che cosa essi sono e producono in una comprensione per quanto possibile corretta.

baylham

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Marzo 2017, 19:27:50 PM
Ma dice "mi sembra", non "non puoi". Il relativista non può mai pronunciare la frase "non puoi" riguardo a nulla, perché il relativista non pone limiti a nessuno; chi per mestiere pronuncia "non puoi" dalla mattina alla sera è il metafisico.

Rilevo una contraddizione.

Phil

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMChe il metafisico agisca in nome di una 'verità' o che il relativista agisca in nome di un''opinione' sempre ci troviamo di fronte al dilemma del COME agire.
Eppure è un "come" molto differente: la (presunta) verità (pre)orienta l'agire, come una cartina (pre)orienta l'itinerario, mentre l'opinione è un rimedio improvvisato nella necessità di muoversi: come un bastone aiuta durante il viaggio ma non ci dice la strada, e quando si rompe dobbiamo trovarne un altro... il relativista non ha problemi a cambiare bastone, ma il metafisico è disposto con pari serenità a cambiare mappa? 
L'apostasia (religiosa o politica che sia) non è una pratica molto diffusa (ma talvolta persino traumatica) proprio perché una volta abbracciata una verità, l'uomo tende a tenersela stretta (anche se è come abbracciare la propria ombra, più la si stringe, più si soffoca se stessi...).

Qualcuno forse (Duc?  ;)  ) dirà che si tratta pur sempre di usare un criterio di cui ci si fida, seppur provvisorio... ma è come dire che andare in bicicletta dal vicino di casa oppure prendere l'aereo per arrivare a New York, sono comunque entrambi un modo di viaggiare, quindi un viaggio vale l'altro; invece, secondo me, sono proprio le differenze che fanno la differenza!


Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMIn effetti un vero metafisico ama senz'altro il confronto e lo scambio sulle sue posizioni, così come può amarlo il relativista 
Tuttavia il metafisico ha (dal suo punto di vista) l'arma della verità con cui parare colpi e rispondere alle obiezioni altrui, il relativista è invece pacificamente disarmato, e (dal suo punto di vista) non riceve potenziali attacchi destabilizzanti, ma spunti critici di riflessione... il metafisico può vivere il confronto come un banco di prova, un test di "resistenza alla falsificazione" della sua teoria (anche se i suoi assiomi resteranno fideisticamente intoccabili, per cui si testano alcune conseguenze, ma mai le premesse), mentre il relativista si "sfama" delle opinioni altrui, che può usare per modificare la propria (e non ci sono assiomi intoccabili...).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMun relativismo, che non può coerentemente proporre alcuna etica condivisa, che può quindi trascinare verso la più totale violenza personale
Il relativismo, se declinato in pluralismo (ed è un passaggio piuttosto spontaneo), non sbiadisce le differenze, ma le tutela; non è l'elogio dell'indifferenza, de "l'uno vale l'altro", per cui uccidere o salvare è lo stesso... ci possono ben essere etiche condivise (da una comunità), solo che il relativista non le crede assolute o migliori delle altre (Angelo Cannata ricordava la "memoria storica", individuale e collettiva, del relativista).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AML'agire cambia quando tu vuoi 'imporre' la tua opinione o la tua 'verità'. 
Se la vuoi imporre, allora non la consideri più la tua opinione relativa, le opinioni non si impongono; si impone la propria volontà (che non è l'eventuale opinione che la muove) o la (propria) verità.
L'espressione "imporre la propria opinione" è un non-senso: se la mia opinione è che il "politico x" meriti di essere votato, posso cercare di convincere, o persino costringere, gli altri a votare per lui, ma non potrò mai forzarli a concordare intimamente con la mia opinione se loro ne hanno una diversa (escludendo ipnotismo e altre manipolazioni...).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMNon mi sembra che l'usare la parola 'opinione' cambi l'agire rispetto alla parola 'verità'. 
Le verità (ironicamente, persino la parola si rifiuta di accettare il plurale!  ;D ) hanno armato eserciti e fatto milioni di morti, l'opinione autentica (se non è verità camuffata) al massimo produce una grattata di capo, una battuta goliardica o un sospiro sconsolato; la verità consacra a sé i suoi paladini, l'opinione è figlia di "poveri diavoli" che cercano di capirci qualcosa; la verità può giustificare il tentativo di conversione altrui (in molti modi), l'opinione al massimo spinge al cercare l'opinione dell'altro per un dibattito; la verità è il fondamento di ogni rassicurazione esistenziale, l'opinione è una palafitta sulle sabbie mobili degli eventi... insomma, agire per opinione o per verità non mi pare indifferente (ma questa è solo la mia opinione  ;) )

Angelo Cannata

Citazione di: baylham il 07 Marzo 2017, 19:56:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Marzo 2017, 19:27:50 PM
Ma dice "mi sembra", non "non puoi". Il relativista non può mai pronunciare la frase "non puoi" riguardo a nulla, perché il relativista non pone limiti a nessuno; chi per mestiere pronuncia "non puoi" dalla mattina alla sera è il metafisico.

Rilevo una contraddizione.
Se considerate da un punto di vista metafisico, tutte le affermazioni del relativista sono contraddittorie. Egli non potrebbe dire assolutamente niente, ma parla e pensa lo stesso, perché egli non parla e non pensa metafisicamente. L'affermazione "Il relativista non può mai pronunciare la frase "non puoi"" non è un'affermazione di principio, una verità, un teorema, una certezza: se la consideriamo in questo modo stiamo continuando a commettere l'errore che fanno praticamente tutti, cioè trattare il relativismo come se fosse una metafisica.
La metafisica demolita dal relativismo è come un castello crollato. Il relativista, per poter parlare, non ha altri strumenti a disposizione che le pietre del castello crollato. Perciò il relativista parla, per lo meno in gran parte, con le stesse espressioni del metafisico, nella speranza che si capisca e che non si dimentichi mai che egli non le intende come affermazioni di principio. Il relativista esprime solo racconti, ricordi, aspettative, opinioni, proposte, emozioni, rabbia, ma per esprimere tutto ciò si serve del linguaggio preso a prestito dalla metafisica; dunque, anche il relativista usa il verbo essere, usa parole come "verità", "bisogna", "si deve", "dobbiamo", "è giusto", "è bene", ma il loro senso va sempre inteso come opinione, racconto di un'esperienza, cioè sempre con un sottofondo di apertura al dubbio e alla discutibilità.

Sariputra

Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo? 
Mi sembra che sia come discutere del sesso degli angeli. Se un metafisico opera il bene per sé e per gli altri sulla base di quello che crede vero , che differenza c'è con un relativista che opera il bene per sé e per gli altri sulla base di quello che gli 'sembra' preferibile? Io non amo le definizioni. Non mi definisco mai , se posso farne a meno, non mi sono mai definito un buddhista,per es. , casomai mi sono definito inadeguato a definirmi...Vedo che altri però sentono forte questa necessità di definirsi e prendere partito ( magari mettendolo bene in vista sotto il proprio nick...). Questo lo trovo perlomeno "strano"...non si dovrebbe relativizzare anche il proprio dichiararsi ( perché poi in realtà bisogna vedere all'atto pratico se è proprio così...) relativisti?... ;D
Io sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

#23
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PM
Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri
1) Il metafisico crede nell'esistenza oggettiva di una verità;

2) a questo punto, il metafisico non può fare a meno di considerare il riconoscimento di tale verità un bene;

3) di conseguenza, non può fare a meno di considerare un bene che anche tutti gli altri riconoscano tale verità;

4) di conseguenza, si riconoscerà in dovere di indurre tutti gli altri a riconoscere tale verità;

5) il metafisico non può aver fatto a meno, nella conoscenza di tale verità, di usare il proprio cervello;

6) di conseguenza, la conoscenza di tale verità è inesorabilmente dipendente dalle strutture mentali del metafisico;

7) di conseguenza il metafisico, nel tentare di indurre gli altri a conoscere e seguire la verità, non potrà fare a meno, che egli lo voglia o no, anche eventualmente in totale buona fede, di tentare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali di cui egli si è servito per conoscere la verità.

In conclusione, il metafisico, che lo voglia o no, che se ne renda conto o no, non può evitare la tentazione di cercare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui.

Anche il relativista tenta di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui, ma lui lo fa con la consapevolezza che il motivo è solo perché gli piace, gli va di farlo; sapendo questo, il relativista sa di non avere motivi forti per il suo desiderio di indurre gli altri a pensarla come lui; il metafisico invece lo fa come un dovere che secondo lui dovrebbe diventare dovere di tutti: il metafisico ritiene di avere un motivo forte: tale motivo forte è che quella è la verità e di conseguenza è un bene seguirla, diffonderla, farla seguire a tutti. Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di dubitare della propria verità, di conseguenza ha tolto a se stesso la libertà di non farne propaganda. Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di pensare: "Questa per me è la verità": in metafisica il "per me" non è consentito: se quella è la verità, non lo è per te, ma per tutti, che ci credano o no, senza discussioni, altrimenti non sarebbe più verità, ma solo un'insignificante opinione.

Phil

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PM
Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo?
Credo che né la metafisica né il dogmatismo comportino necessariamente l'assoggettamento degli altri (non sempre, intendo), mi pare sia soltanto un rischio dell'approccio metafisico (e quale approccio non ne ha?), ma non è una sua caratteristica essenziale, semmai un effetto collaterale (che magari si è verificato spesso nella storia, ma ciò non significa che sia necessario all'approccio metafisico in sé, o ad ogni dogmatismo in quanto tale).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMIo sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...
Il relativismo, come tutti i "pensieri deboli", è forse l'approccio che più è individuale, personalizzabile, cangiante... dire "sono relativista" significa semplicemente indicare all'interlocutore che la propria visione del mondo è relativa allo spazio e tempo attuali, senza un codice di riferimento o capisaldi autorevoli che rendano stabile o rigidamente strutturata la propria prospettiva... per me, la differenza fra il metafisico e il relativista è che il primo dice "sto seguendo le indicazioni di un percorso", mentre il secondo si limita a uno scanzonato "sto curiosando in giro", con tutta l'incertezza e l'impermanenza che ne conseguono...

Sariputra

#25
1)Il metafisico crede nell'esistenza oggettiva di una verità;
Questo non impedisce che il metafisico sia disposto a cambiare la sua idea di verità con un'altra che gli si palesa più soddisfacente. Es. Agostino non crede in nulla , poi cambia e crede in una data verità.      
   Continuamente i dubbi lo tormentano.
2)a questo punto, il metafisico non può fare a meno di considerare il riconoscimento di tale verità un bene;
Non necessariamente. Molti asceti hindu passarono la loro vita nascosti in qualche caverna sull'Himalaya...
3)di conseguenza, non può fare a meno di considerare un bene che anche tutti gli altri riconoscano tale verità;
Può pensare che sia un bene che anche gli altri conoscano tale verità, ma non necessariamente sentire il desiderio di imporla.
4)di conseguenza, si riconoscerà in dovere di indurre tutti gli altri a riconoscere tale verità;
Come sopra.
5)il metafisico non può aver fatto a meno, nella conoscenza di tale verità, di usare il proprio cervello;
Nulla si può pensare senza usare il pensiero.
6)di conseguenza, la conoscenza di tale verità è inesorabilmente dipendente dalle strutture mentali del metafisico;
Che poco si conoscono e di cui in definitiva poco si può dire.  Ma il fatto che in questo momento stiamo discutendo dimostra che abbiamo qualcosa in comune.
7)di conseguenza il metafisico, nel tentare di indurre gli altri a conoscere e seguire la verità, non potrà fare a meno, che egli lo voglia o no, anche eventualmente in totale buona fede, di tentare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali di cui egli si è servito per conoscere la verità.
 Anche il relativista non può che servirsi delle stesse strutture mentali per dichiarare come relative le 'verità' del metafisico. Anche lui può sentire il desiderio di convincere che il pensare relativo è preferibile   a quello metafisico. Non si spiega altrimenti perché tenti di spiegarlo continuamente.
In conclusione, il metafisico, che lo voglia o no, che se ne renda conto o no, non può evitare la tentazione di cercare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui.
Questa conclusione è dogmatica: "non può evitare". Si deve dubitare solamente che il metafisico possa evitare la tentazione, ecc.
Anche il relativista tenta di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui, ma lui lo fa con la consapevolezza che il motivo è solo perché gli piace, gli va di farlo;
Anche il metafisico presumo lo faccia per il piacere che prova a farlo, se gli dispiacesse non si darebbe certo pena di convincere chicchessia.
il relativista sa di non avere motivi forti per il suo desiderio di indurre gli altri a pensarla come lui;
Non ha nessun tipo di motivi, infatti deve dubitare che ci siano persino dei motivi.
il metafisico invece lo fa come un dovere che secondo lui dovrebbe diventare dovere di tutti:
Questo è proselitismo di tipo religioso. Non è metafisica. La teoria è una cosa , l'uso che se ne fa è un'altra. Un coltello può tagliare o può uccidere.
Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di dubitare della propria verità, di conseguenza ha tolto a se stesso la libertà di non farne propaganda.
Ma credi veramente che possano esistere persone che non dubitano della propria verità? Ti pare possibile , al di là delle posizioni "ufficiali" di facciata che si tengono nella vita? Quanti non hanno mai cambiato le proprie verità? Questo significa forse che bisogna smettere di cercare? Trovo, se mi permetti, un pò "manichea" la tua divisione.
Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di pensare: "Questa per me è la verità": in metafisica il "per me" non è consentito: se quella è la verità, non lo è per te, ma per tutti, che ci credano o no, senza discussioni, altrimenti non sarebbe più verità, ma solo un'insignificante opinione.
Mi sembrano, scusa ancora, tutte 'proiezioni' tue , Ravviso un'avversione profonda di tipo personale, nel quale non mi permetto di entrare. Questa però mi sembra una teoria come un'altra, non corroborata dai fatti per me, propugnata in maniera decisa, assoluta e ben poco relativa.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Marzo 2017, 21:16:41 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PM
Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri
1) Il metafisico crede nell'esistenza oggettiva di una verità;

2) a questo punto, il metafisico non può fare a meno di considerare il riconoscimento di tale verità un bene;

3) di conseguenza, non può fare a meno di considerare un bene che anche tutti gli altri riconoscano tale verità;

4) di conseguenza, si riconoscerà in dovere di indurre tutti gli altri a riconoscere tale verità;

5) il metafisico non può aver fatto a meno, nella conoscenza di tale verità, di usare il proprio cervello;

6) di conseguenza, la conoscenza di tale verità è inesorabilmente dipendente dalle strutture mentali del metafisico;

7) di conseguenza il metafisico, nel tentare di indurre gli altri a conoscere e seguire la verità, non potrà fare a meno, che egli lo voglia o no, anche eventualmente in totale buona fede, di tentare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali di cui egli si è servito per conoscere la verità.

In conclusione, il metafisico, che lo voglia o no, che se ne renda conto o no, non può evitare la tentazione di cercare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui.

Anche il relativista tenta di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui, ma lui lo fa con la consapevolezza che il motivo è solo perché gli piace, gli va di farlo; sapendo questo, il relativista sa di non avere motivi forti per il suo desiderio di indurre gli altri a pensarla come lui; il metafisico invece lo fa come un dovere che secondo lui dovrebbe diventare dovere di tutti: il metafisico ritiene di avere un motivo forte: tale motivo forte è che quella è la verità e di conseguenza è un bene seguirla, diffonderla, farla seguire a tutti. Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di dubitare della propria verità, di conseguenza ha tolto a se stesso la libertà di non farne propaganda. Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di pensare: "Questa per me è la verità": in metafisica il "per me" non è consentito: se quella è la verità, non lo è per te, ma per tutti, che ci credano o no, senza discussioni, altrimenti non sarebbe più verità, ma solo un'insignificante opinione.


CitazioneCerto, il "metafisico" (casomai il dogmatico, come ben dice Sariputra) cerca di convincere gli altri, con argomentazioni (mica col mitra!), delle proprie convinzioni "metafisiche" perché é a priori un malvagio prepotente.

Invece il "relativista" fa la stessa identica cosa perché é altrettanto a priori rispettoso delle idee altrui.
Certo!

Sariputra

Citazione di: Phil il 07 Marzo 2017, 22:38:41 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMNon capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo?
Credo che né la metafisica né il dogmatismo comportino necessariamente l'assoggettamento degli altri (non sempre, intendo), mi pare sia soltanto un rischio dell'approccio metafisico (e quale approccio non ne ha?), ma non è una sua caratteristica essenziale, semmai un effetto collaterale (che magari si è verificato spesso nella storia, ma ciò non significa che sia necessario all'approccio metafisico in sé, o ad ogni dogmatismo in quanto tale).
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMIo sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...
Il relativismo, come tutti i "pensieri deboli", è forse l'approccio che più è individuale, personalizzabile, cangiante... dire "sono relativista" significa semplicemente indicare all'interlocutore che la propria visione del mondo è relativa allo spazio e tempo attuali, senza un codice di riferimento o capisaldi autorevoli che rendano stabile o rigidamente strutturata la propria prospettiva... per me, la differenza fra il metafisico e il relativista è che il primo dice "sto seguendo le indicazioni di un percorso", mentre il secondo si limita a uno scanzonato "sto curiosando in giro", con tutta l'incertezza e l'impermanenza che ne conseguono...

Quello che io non condivido del ragionamento di Angelo è quello di definire colui che "sta seguendo le indicazioni di un percorso" una specie di monolite che non mette, e non si mette, mai in discussione. In più che vuole imporre agli altri di seguire il suo stesso percorso. Ora sappiamo benissimo che anche seguendo un percorso si getta lo sguardo di qua e di là, e mentre ci s'incammina si "curiosa in giro". Il seguire un percorso significa anche verificare di persona che può portare ad una... 'strada sbarrata, divieto di transito, proprietà privata'. Allora si cerca un altro sentiero per raggiungere la meta ( la propria meta ovviamente...). Ci sono quelli che vagabondano nel bosco dilettandosi di cercare fiori o funghi e canzonando quelli che seguono un percorso, urlandogli dietro:" Non c'è alcuna meta!" nel mentre che sono tormentati da ogni tipo di insetto che popola il sottobosco...
Ma il seguire un percorso non è già in sé la meta? ::)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

donquixote

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 23:00:16 PMMi sembrano, scusa ancora, tutte 'proiezioni' tue , Ravviso un'avversione profonda di tipo personale, nel quale non mi permetto di entrare. Questa però mi sembra una teoria come un'altra, non corroborata dai fatti per me, propugnata in maniera decisa, assoluta e ben poco relativa.

Il fatto è che chi parla di metafisica dovrebbe conoscere ciò di cui parla e non mi sembra affatto che qui accada. Tutti i discorsi fatti prima non c'entrano un tubo con la metafisica ma invece con l'atteggiamento o la convinzione di qualcuno e la sua disposizione nel confronto con gli altri. Se uno afferma che la teoria dell'evoluzione è sicuramente e incontrovertibilmente vera non è affatto un metafisico, così come se uno afferma che è dubbia non è un relativista: sono solo due persone con atteggiamenti diversi nei confronti della medesima affermazione. La metafisica si occupa di questioni che prescindono dalla fisica, e quindi anche affermare ad esempio che Gesù Cristo è sicuramente esistito non è una affermazione metafisica, al di là della convinzione o meno di chi propone questa affermazione e vorrebbe magari "imporla" ad altri come verità. In un'altra discussione ho visto proporre come affermazione metafisica quella secondo la quale ogni ente è composto di materia e forma: è una sciocchezza bella e buona perchè questa affermazione non c'entra nulla con la metafisica. La metafisica si occupa di quelle verità che Leibniz definisce "di ragione", ovvero che sono sottoposte al principio di non contraddizione e non possono violarlo. Tutte le altre "verità" che non sottostanno al principio di non contraddizione (ovvero possono essere vere ma anche false nel medesimo tempo) sono "verità di fatto" e non c'entrano un tubo con la metafisica. "Oggi sono andato a comprare il giornale" è una verità di fatto che può essere vera ma anche falsa (oppure può essere vera oggi e falsa domani) mentre "l'infinito è infinito" è una verità di ragione perchè affermare che l'infinito è finito sarebbe una contraddizione logica, come dire che la mela è una pera. Ma se dall'affermazione che la mela è una mela non si deduce (praticamente) nulla da quell'altra invece si possono fare un'infinità di deduzioni, seguendo il sillogismo aristotelico. Se qualcuno contestasse l'affermazione secondo la quale l'infinito è infinito allora potrebbe a questo punto anche legittimamente dire che il cerchio è quadrato, che il pentagono ha otto lati (oppure sei, o magari sei oggi e otto domani) e così via, e allora parlare e discutere non ha più alcun senso. La differenza fra l'infinito e le forme geometriche è che il primo esiste, mentre le altre sono invenzioni umane che si utilizzano convenzionalmente per rappresentarsi qualcosa, come le parole del vocabolario. Rimane poi il fatto che se (quasi) tutti comprendono cos'è una mela o un cerchio magari non tutti riescono a comprendere il concetto di infinito, ma questo è solo un loro limite e non certo un fatto indiscutibile.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

green demetr

https://www.riflessioni.it/logos/profile/?u=129

Angelo per la prima volta sono d'accordo con (almeno) l'argomentazione.

Ma infatti il mio punto non è lo spauracchio ma come dici bene tu l'opinione storica dell'oggi, del qui e ora.

Il punto che però di solito è cieco al relativista è che se il relativo è a sua volta una questione relativa tanto per cui anche per te non dovrebbe che solo tacere.(nell'ottica metafisica)
https://www.riflessioni.it/logos/profile/?u=129
Allora tutto vale come solo come racconto, aspettativa etc....individuale.

MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.

E' per questo che l'azione ricordata da Sariputra dovrebbe diventare o ridiventare oggetto di discussione.
Prassi e non Teoria.
Con la postilla che si tratta sempre di Teoria della prassi.

Ma è proprio nella teoria della prassi che ri-vediamo in scala filosofica lo stesso movimento di individualismo esasperato e omologazione. Dove è la monade che trionfa magnifica e pura nella teoria ma biecamente sull'altro nella realtà. Diventando per cui ALMENO un 2.
Cioè intendo dire che da una parte ci si vanta di preziosi sofismi relativisti, e in questo forum gli attacchi negli anni sono stati tanti.
Ma dall'altra all'atto della DISCUSSIONE, nemmeno per sogno si porta il caso personale, la propria storia, la propria aspirazione CHE funzionano benissimo nel mondo schizofrenico capitalista, dove credi di essere qualcosa di prezioso Ma nel reale sono tutti razzisti pronti a calpestare l'altro in tutte le maniere.
Non è una questione di classe, nella mia penosa esperienza per trovare un oasi di pace, dal lavoro in banca fino al pulire i cessi, la gente pensa solo a calpestarsi a vicenda.

Quindi non credo proprio siano parole al vento, è evidente che se vi è questa omologazione, in nome di una crisi, e la crisi non la rivendico certo io, ma proprio la POLITICA.
(Non parlo di unicorni parlo del tg quotidiano e del vano ciarlio della gente.)

allora è evidente che il metafisico debba per forza scontrarsi con questo specchio per allodole con questa trappola con questo miraggio che ha nome di RELATIVISMO RELATIVISTA.

Il relativismo deve essere metafisico cara Angelo, e quindi non a caso usa le stesse strutture di linguaggio delle vecchie metasifiche.
Ciò che cambia è ovviamente la prospettiva, dove la grazia la si attendeva dal cielo, oggi dovremmo attenderla dal nostro vicino di casa e di confine.
Io non credo che la metafisica debba essere automaticamente dogmatica.
Sono molto felice che Sariputra abbia colto questa essenzialità (anche se poi so che lo fa solo per gustarsi meglio e in pace col mondo, un mondo escluso da villa sariputra, il proprio vino di casa  ;) ).

Va da se, ed è per questo che insisto che la teoria deve seguire una prassi.

Una prassi come quella di Sini che intende il relativismo come metafisico (ma ovviamente questa lezione Sini la mutua da Nietzche) diviene allora un controllo, una discussione delle prassi in atto.

Detto così non è nuovo, ma lo stesso Sini è stato più volte taciuto nel corso di conferenze internazionali, dove l'obiettivo era la discussione, ma poi in realtà se si parlava di giustizia, finiva che il musulmano deve diventare un buon cristiano.....(e parliamo di tempi non sospetti, del giovane sini degli anni 80, le cose da allora sono andate via via irrigidendosi, fino ai fenomeni populisti che stanno investendo oggi l'occidente)
al che Sini sorride e ricorda che allora dove starebbe questa relatività, questo margine di discussione, se una scelta è già stata apriori PRESA?

Questo sono i danni dell'agire giusto per agire, senza pensare, senza interrogarsi.
E questi sono i danni del professari relativi relativistissimi, e poi nella realtà comportarsi in tutt'altra maniera.

Insomma la questione non è meramente se il cielo sia blu o verde, in PENTOLA c'è dell'altro.
Vai avanti tu che mi vien da ridere