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Relativismo/Assolutismo

Aperto da Jacopus, 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM

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Jacopus

Effettivamente come è stato notato in una diversa discussione, manca un dibattito centrato su relativismo/assolutismo e qui, se volete, possiamo approfondire il discorso, che come al solito ci porterà in mille luoghi diversissimi del pensiero. Inizio  con una riflessione di oggi alla quale potrete agganciarvi oppure no.

Stavo dando un'occhiata al libro di Croce: "Perchè non possiamo non dirci cristiani", e ho intuito che il fondamento del relativismo moderno sta proprio nel Cristianesimo, nel suo accettare l'uomo, qualsiasi uomo. Il rovesciamento attuato dal capro espiatorio, cioè Gesù che storicamente muore sulla croce da innocente, apre un varco incommensurabile. Il primo diventa l'ultiimo e gli ultimi saranno i primi. L'umanità è unica e l'uomo è tenuto ad amare il prossimo suo come sè stesso, indipendentemente da colore della pelle, credo religioso, convinzioni o cultura. Cosa c'è di più relativo di ciò? Se bisogna amare anche il nostro carnefice e porgere l'altra guancia non si può certo distinguere un comportamento da un altro. Per certi versi l'assolutismo dell'amore sulla terra sfocia in un relativismo assoluto dei valori, poichè ogni valore deve essere accettato dall'essere cristiano che tutto e tutti ama.
E' vero che il cristianesimo ha preso tante direzioni nel corso dei secoli. Non dimentico le guerre di religione, le crociate e le parole del monaco Jorge contrapposte a quelle di Guglielmo nel Nome della rosa, ma alla radice vi è questo sedimento relativista che rende il Padre, cioè Dio, una figura arcaica, davvero assolutistica. Con il Cristianesimo sorge una sorta di dialettica fra quell'assolutismo originario e un figlio che si sporca le mani fra gli uomini e finchè resterà sulla terra non giudicherà e non condannerà. Non guiderà una rivoluzione religiosa e sarà messo a morte a fianco di due ladroni. L'uomo incarnazione di Dio accanto ad un ladrone, entrambi crocifissi. Una immagine fortemente relativistica. Da quel momento è nato nella storia della cultura dell'uomo, in termini assai più diffusi ed universali, il principio della pietà, della tolleranza. E' dalla figura di Cristo che nasce la nostra stessa supposta debolezza, che autorizza le costruzioni delle sinagoghe e delle moschee, che ci avverte di non scagliare la prima pietra perchè siamo tutti peccatori. Proprio in questo modo si è sviluppata la cultura occidentale così come la conosciamo, una medusa dalla mille teste, che confluiscono tutte verso un cuore cristiano.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Duc in altum!

@Jacopus

Complimenti, molto bello e profondo, unica annotazione che sento il "dovere" di notificare è:
Citazioneho intuito che il fondamento del relativismo moderno sta proprio nel Cristianesimo, nel suo accettare l'uomo, qualsiasi uomo.

...certo, ma sempre ricordando all'uomo che la salvezza offerta da Cristo non è per qualsiasi uomo, ma per qualsiasi uomo creda nel Cristo (Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.), ossia, Gesù ci pone un bastone mentre stiamo annegando, ma noi dobbiamo fare almeno il tentativo di afferrare quel bastone, quindi non basta con l'accettare che nell'uomo qualsiasi ci sia Cristo, dunque accettarlo relativisticamente, per poterlo (potersi) salvare.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Angelo Cannata

Ho già espresso più che abbondantemente le mie posizioni in proposito nella discussione aperta da Ceravolo.

Condivido l'idea che Gesù abbia relativizzato il rapporto con Dio. Questo processo di relativizzazione può essere individuato già in tutta la storia religiosa dell'Antico Testamento. In tutto questo cammino, tuttavia, fino a giungere al presente, vedo una conflittualità, una dialettica tuttora non risolta. Per esempio, nell'Antico Testamento c'è una continua tensione tra un Dio che non è l'unico e quindi si prende la rivalsa rivendicando di essere il migliore, il più potente, e un Dio che si pretende universale, unico nel mondo, e però non sa rispondere alle critiche di Giobbe, il quale gli chiede conto del perché delle proprie sofferenze. È il problema della teodicea. Anche Gesù oscilla tra relativizzazioni, come quando dice ai discepoli di non avversare chi fa miracoli pur non essendo dei suoi, e assolutismi, come quando prega il Padre affinché si formi un solo gregge sotto un solo pastore, il che equivale a desiderare che spariscano tutte le altre religioni e resti solo la sua. La questione continua oggi nella Chiesa, che col Vaticano II ha affermato che anche i non cristiani si possono salvare, e tuttavia con Ratzinger non è riuscita a trattenersi dal dichiarare che solo in Gesù c'è salvezza, non in un senso vago, ma nel senso più aggressivo secondo cui l'unica religione da ritenera vera e autentica rimane il Cristianesimo.
Mi pare che a chiudere definitivamente la questione stia pensando il mondo in generale, mandando al diavolo filosofi e religiosi e disinteressandosi completamente di tutte queste questioni.
Un ritorno credo che ci sarà, lo ritengo inevitabile, ma già adesso mi pare evidente che la metafisica non ha più come difendersi; i soli tentativi che riesce a fare sono di compromesso con il relativismo. D'altra parte, mi sembra che il relativismo fatichi ad affermarsi semplicemente perché è vittima di un sacco di fraintendimenti: si pensa al relativista come ad uno che dice che tutto è relativo, il che non è vero, uno che di conseguenza è del tutto privo di attenzione per criteri come la giustizia, la pace, l'amore, il rispetto. Insomma, mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Marzo 2017, 19:34:28 PMHo già espresso più che abbondantemente le mie posizioni in proposito nella discussione aperta da Ceravolo. Condivido l'idea che Gesù abbia relativizzato il rapporto con Dio. Questo processo di relativizzazione può essere individuato già in tutta la storia religiosa dell'Antico Testamento. In tutto questo cammino, tuttavia, fino a giungere al presente, vedo una conflittualità, una dialettica tuttora non risolta. Per esempio, nell'Antico Testamento c'è una continua tensione tra un Dio che non è l'unico e quindi si prende la rivalsa rivendicando di essere il migliore, il più potente, e un Dio che si pretende universale, unico nel mondo, e però non sa rispondere alle critiche di Giobbe, il quale gli chiede conto del perché delle proprie sofferenze. È il problema della teodicea. Anche Gesù oscilla tra relativizzazioni, come quando dice ai discepoli di non avversare chi fa miracoli pur non essendo dei suoi, e assolutismi, come quando prega il Padre affinché si formi un solo gregge sotto un solo pastore, il che equivale a desiderare che spariscano tutte le altre religioni e resti solo la sua. La questione continua oggi nella Chiesa, che col Vaticano II ha affermato che anche i non cristiani si possono salvare, e tuttavia con Ratzinger non è riuscita a trattenersi dal dichiarare che solo in Gesù c'è salvezza, non in un senso vago, ma nel senso più aggressivo secondo cui l'unica religione da ritenera vera e autentica rimane il Cristianesimo. Mi pare che a chiudere definitivamente la questione stia pensando il mondo in generale, mandando al diavolo filosofi e religiosi e disinteressandosi completamente di tutte queste questioni. Un ritorno credo che ci sarà, lo ritengo inevitabile, ma già adesso mi pare evidente che la metafisica non ha più come difendersi; i soli tentativi che riesce a fare sono di compromesso con il relativismo. D'altra parte, mi sembra che il relativismo fatichi ad affermarsi semplicemente perché è vittima di un sacco di fraintendimenti: si pensa al relativista come ad uno che dice che tutto è relativo, il che non è vero, uno che di conseguenza è del tutto privo di attenzione per criteri come la giustizia, la pace, l'amore, il rispetto. Insomma, mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto.

Il tuo "relativismo" mi è sempre parso una sorta di "pensiero debole". Con questo intendo una posizione che vedendo che è inevitabile che i nostri giudizi dipendano dalla nostra prospettiva afferma che non si può affermare una "verità assoluta". Non lo definirei relativismo perchè chiaramente nella tua posizione è meglio non imporre piuttosto che imporre la propria prospettiva. Il tuo relativismo lo potrei definire "etico" rispetto ad esempio a chi afferma che "ogni azione ha lo stesso valore".

Citazione di: Duc in altum! il 05 Marzo 2017, 18:46:27 PM@Jacopus Complimenti, molto bello e profondo, unica annotazione che sento il "dovere" di notificare è:
Citazioneho intuito che il fondamento del relativismo moderno sta proprio nel Cristianesimo, nel suo accettare l'uomo, qualsiasi uomo.
...certo, ma sempre ricordando all'uomo che la salvezza offerta da Cristo non è per qualsiasi uomo, ma per qualsiasi uomo creda nel Cristo (Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.), ossia, Gesù ci pone un bastone mentre stiamo annegando, ma noi dobbiamo fare almeno il tentativo di afferrare quel bastone, quindi non basta con l'accettare che nell'uomo qualsiasi ci sia Cristo, dunque accettarlo relativisticamente, per poterlo (potersi) salvare.

E qui si potrebbe aprire il discorso su cosa significhi "credere". Su cosa significa "avere fede" ecc. Se credere significa credere allo stesso modo in cui si crede ad un fatto storico non ci vedo nulla di speciale e anzi non ci vedeva nulla di speciale nemmeno Gesù. Inoltre a volte se la prendeva proprio contro chi credeva in Dio (scribi, sacerdoti...) ed era molto più clemente con chi era "distante" dal culto, quasi a dire che se credi davvero in Dio devi saper amare l'uomo. Poi c'è il buon Samaritano (eretico) che "ha compassione" mentre il sacerdote che crede in Dio se ne sbatte altamente.
Crede di più in Dio uno che è pio ma se ne frega di tutto e di tutti (tipo quelli che vivono nel "loro mondo" e credono nella Terra Piatta...) oppure chi ha poca o nulla fede ma che si ammazza di lavoro per aiutare il prossimo? Lo stesso San Paolo, se non erro, oltre ad essere il "responsabile" della dottrina della salvezza per fede fa una affermazione scioccante per la quale l'amore è superiore alla fede (distinguendo in sostanza "fede", "amore" e "speranza"). Nel Vangelo di Giovanni si dice chiaramente che "chi crede in me non morrà" ma si dice anche che "riconosceranno che siete miei discepoli se vi amate gli uni con gli altri". Nel Vangelo di Matteo la salvezza si basa chiaramente sulle opere (ad esempio la parabola dei capri e delle pecore non nomina mai la questione dell'avere fede). Giovanni dice: "chi non ama non conosce Dio". Le beatitudini non nominano la questione della credenza ecc
Sinceramente credo che la compassione sia "superiore" alla fede perchè grazie alla compassione "puoi dare da mangiare ad un affamato..." senza prima chiedergli "credi nel Dio cristiano?".

Quindi caro mio Duc come puoi vedere non è affatto facile capire cosa significa "credere in Dio"...

La dottrina della "fede che giustifica" ha creato contraddizioni enormi. La Chiesa ha preferito per secoli che il suo "gregge" non avesse mai dubbi, che si concentrasse su piccolezze e che discriminasse porzioni della popolazione mondiale, invece di esortare all'amore che mi pare che sia la "cosa più importante". Forse senza amore non c'è (vera) fede e forse uno che sinceramente si "ribella" o ha "dubbi" forse crede di più di un altro.

Quindi ti chiedo: cosa significa "credere in Dio"? Anzi: vorrei che me lo dicesse la Chiesa visto che che a quanto sembra hanno le idee confuse. Si possono davvero salvare anche i credenti di altre fedi o gli atei giusti (per Bergoglio a quanto dice sì!) o lo dite solo perchè è "politically correct"? Un mio amico teologo e prete mi ha detto che la "teoria" del Cristo Pneumatico fa in modo che si possa "salvarsi" anche se non si è "consapevolmente" cristiani e che il compito della Chiesa è quello di migliorare la vita terrena (ossia "cercare di far vivere il Regno dei Cieli anche qui...") con l'ausilio della fede "consapevole".  

Secondo me anche voi credenti avete le idee confuse tanto quanto i "pericolosi" ricercatori della verità, dei pensatori liberi, degli infedeli ecc
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 05 Marzo 2017, 23:35:01 PM
Il tuo "relativismo" mi è sempre parso una sorta di "pensiero debole". Con questo intendo una posizione che vedendo che è inevitabile che i nostri giudizi dipendano dalla nostra prospettiva afferma che non si può affermare una "verità assoluta". Non lo definirei relativismo perchè chiaramente nella tua posizione è meglio non imporre piuttosto che imporre la propria prospettiva. Il tuo relativismo lo potrei definire "etico" rispetto ad esempio a chi afferma che "ogni azione ha lo stesso valore".
Io sono un seguace sviscerato del pensiero debole e difatti il pensiero debole è relativismo. Cosa ti fa pensare che il relativismo tenti di imporre la propria prospettiva? Come si può tentare di imporre ciò che è relativo? Mi sembra che in questo modo confermi ciò che ho detto nella conclusione del mio post precedente: "mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto".

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneQuindi caro mio Duc come puoi vedere non è affatto facile capire cosa significa "credere in Dio"...
Non vorrei sbagliarmi, ma non è la prima volta che ti areni nel voler capire come si crede in Dio, senza provare a credere in Dio, per poi iniziare a capire cosa significhi davvero. Con questo Dio è tutto al contrario: vivi dopo essere morto, perdoni per vendicarti, e sei primo solo quando divieni ultimo. La capoccia si fonde se vuoi passare la vita a ragionarci sopra ste cose ...ma tutto si trasforma se fai il salto nel buio.
Non è la prima volta che mi fai questa domanda (cosa significa credere in Dio?), quindi continui a giustificare, caparbiamente, il tuo agnosticismo con le regole logiche da te fissate, mentre non esiste logica per credere in Qualcuno che non si vede e che forse non esiste neanche.
Vuoi capire cosa significa credere in Dio??!!! ...sempre se parliamo della 1^ persona della Santissima Trinità. Approfitta che siamo in Quaresima, metti in pratica, andando oltre il solo comprensorio concettuale, preghiera, elemosina e digiuno. Prova a non usare il cellulare fino alla Domenica delle Palme, sforzati di rivedere quell'amico o quel familiare con cui ormai c'è freddezza da tempo, specialmente quello che ti ha fatto un torto evidente, donandogli, controvoglia, il tuo perdono, tenta di recitare un'orazione di lode, del tipo senza di Te non sono nessuno e niente, e non una preghiera di ringraziamento o di richiesta.
Come vedi non è affatto facile, come tu ben dici, ma non nel capirlo, ma nel metterlo in pratica. Tu ti sei arenato sul fatto che se non capisci prima poi non agisci, mi dispiace col cristianesimo non è così, giacché è sempre Dio a fare la prima mossa, e dunque tocca sempre e solamente a noi rispondere pragmaticamente , e non solo col "Io credo...", a quell'invito.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneCosa ti fa pensare che il relativismo tenti di imporre la propria prospettiva? Come si può tentare di imporre ciò che è relativo?
Esatto, era questa la riflessione a cui t'invitavo nell'altra discussione: da quale verità assoluta puoi pretendere di esortare qualcuno che ciò che dice o fa non è moralmente cosa buona e giusta, visto che sei un iper-relativista?
O sei già diventato un "ex" anche in questo?

Pace &Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneSinceramente credo che la compassione sia "superiore" alla fede perchè grazie alla compassione "puoi dare da mangiare ad un affamato..." senza prima chiedergli "credi nel Dio cristiano?".
Gaudium et spes n° 22:
"...e ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia (39). Cristo, infatti, è morto per tutti (40) e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale..."

Benissimo, ma devi darlo sempre da mangiare e non solo (esempio )in tempo di elezioni, oppure lo sfami con prodotti non tuoi o sottratti immeritevolmente ad altri, oppure lo sfami e poi puoi dedicarti a circostanze private inique giacché hai già compiuto la tua "buona azione quotidiana", in stile scout (vedi Renzi), altrimenti non è carità, ma sentimentalismo.
Come vedi è ciò che tu credi e non cosa chiede di credere Iddio.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

E' preferibile un relativo assolutismo o un assoluto relativismo? Questo è il dilemma... ;D
In questa mia banale e un pò stupidotta domanda si cela in realtà qualcosa di interessante e che accomuna ambedue le 'posizioni' (ovviamente il relativista si opporrà dicendo che la sua è una non-posizione, ma per farlo dovrà usare lo stesso linguaggio dell'assolutista), ambedue sono costruzioni linguistiche. E' plausibile pertanto una distinzione reale tra queste due posizioni, entrambe costruzioni immaginarie del pensiero? Questo dire due, questo dualismo di un'unica forma descrittiva della conoscenza? Una distinzione tra assoluto e relativo ( samsara e nirvana) è una finzione. Una contesa tra idee di cui la proliferazione discorsiva si appropria perpetuando il divenire e l'impermanenza.
Se il fantasma-io che ci abita se ne appropria per darsi consistenza e una pseudo-realtà convenzionale è proprio per la sua sete d'esistere o di non-esistere e ,in base e a forma di questi desideri, ora si china sull'idea di assoluto e ora su quella di relativo. Così l'assolutista sarà molto relativo nelle sue convinzioni assolute e il relativista molto assolutista nelle sue non-convinzioni. Queste due opinioni errate sulla natura del reale non faranno che perpetuarsi non sfuggendo alla logica del loro proliferare discorsivo senza fine...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

E' colossale anche solo discutere di assolutismo e poi anche di relativismo.
Quindi espongo per somma sintesi quello che penso.
A mio parere è centrale la coscienza, quello che Sariputra chiama fantasma-io, probabilmente.
Nella coscienza si forma la certezza sensibile, la percezione, vale a dire il fenomeno mondano e dall'altra il concetto deduttivo, ciò che le percezioni inducono nella coscienza ad una sintesi che si proietta nel concetto astratto che unifica, :il Tuto, l'Uno,l'Assoluto.
Si potrebbe dire che il momento di sintesi dell'induttivo è la cosmologia del big bang come inizio e origine. la cosmogonia che ci viene dalle scienze antiche  ne è correlazionata.
Quindi è il come la coscienza, intesa da una parte come agente conoscitivo attraverso l'esperienza nel divenire in cui i fenomeni naturali si manifestano e dall'altra come il non manifesto ed eterno ,come origine ,come principio unificatore e sintesi totale costruisce l'ordine e i domini in cui l'agente conoscitivo con l'intuito, l'induttivo e il deduttivo svela ciò che è nel mondo e ciò che è in noi come relazione con l'origine.

la mia personale atipicità, nel senso di modo di pensare, è che la coscienza è il luogo della problematizzazione che si esprime linguisticamente  nell'ontologia, nell'epistemologia ,nella fenomenologia. Quindi tutto ciò che sta fra il principio originario assoluto e quello che vedono i miei occhi per orientarmi alla sopravvivenza nel mondo è nell'esercizio del dubbio,   della correlazione, della contraddizione stessa fra l'astratto come concetto non ancora unitario e il fenomeno come esperienza della coscienza nel mondo.

Quindì il mio è un Assoluto che si relativizza, se quest'ultimo viene inteso come momento in cui fra conoscenza acquisita e coscienza si forma la problematizzazione dell'in-comprensione, come momento del contraddittorio dialogico fra il sè e il sè o fra il sè e i nostri simili come nel forum.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 06 Marzo 2017, 07:20:51 AM
Citazione di: Apeiron il 05 Marzo 2017, 23:35:01 PMIl tuo "relativismo" mi è sempre parso una sorta di "pensiero debole". Con questo intendo una posizione che vedendo che è inevitabile che i nostri giudizi dipendano dalla nostra prospettiva afferma che non si può affermare una "verità assoluta". Non lo definirei relativismo perchè chiaramente nella tua posizione è meglio non imporre piuttosto che imporre la propria prospettiva. Il tuo relativismo lo potrei definire "etico" rispetto ad esempio a chi afferma che "ogni azione ha lo stesso valore".
Io sono un seguace sviscerato del pensiero debole e difatti il pensiero debole è relativismo. Cosa ti fa pensare che il relativismo tenti di imporre la propria prospettiva? Come si può tentare di imporre ciò che è relativo? Mi sembra che in questo modo confermi ciò che ho detto nella conclusione del mio post precedente: "mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto".

Tu non imponi ciò che è relativo. Un altro potrebbe farlo... D'altronde è una tua scelta quella di non imporre e di ritenere che sia meglio non imporre. Un altro potrebbe scegliere in modo diverso. E anche l'altro si sentirebbe "libero" di fare quello che vuole. Io devo convincermi che sia giusto non imporre ciò che è relativo. Se per te è sufficiente sapere che la tua prospettiva è relativa per non imporla va benissimo. Però un altro potrebbe proprio giustificare la violenza e l'odio col relativismo e il pensiero debole.

Citazione di: Duc in altum! il 06 Marzo 2017, 09:55:55 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneQuindi caro mio Duc come puoi vedere non è affatto facile capire cosa significa "credere in Dio"...
Non vorrei sbagliarmi, ma non è la prima volta che ti areni nel voler capire come si crede in Dio, senza provare a credere in Dio, per poi iniziare a capire cosa significhi davvero. Con questo Dio è tutto al contrario: vivi dopo essere morto, perdoni per vendicarti, e sei primo solo quando divieni ultimo. La capoccia si fonde se vuoi passare la vita a ragionarci sopra ste cose ...ma tutto si trasforma se fai il salto nel buio. Non è la prima volta che mi fai questa domanda (cosa significa credere in Dio?), quindi continui a giustificare, caparbiamente, il tuo agnosticismo con le regole logiche da te fissate, mentre non esiste logica per credere in Qualcuno che non si vede e che forse non esiste neanche. Vuoi capire cosa significa credere in Dio??!!! ...sempre se parliamo della 1^ persona della Santissima Trinità. Approfitta che siamo in Quaresima, metti in pratica, andando oltre il solo comprensorio concettuale, preghiera, elemosina e digiuno. Prova a non usare il cellulare fino alla Domenica delle Palme, sforzati di rivedere quell'amico o quel familiare con cui ormai c'è freddezza da tempo, specialmente quello che ti ha fatto un torto evidente, donandogli, controvoglia, il tuo perdono, tenta di recitare un'orazione di lode, del tipo senza di Te non sono nessuno e niente, e non una preghiera di ringraziamento o di richiesta. Come vedi non è affatto facile, come tu ben dici, ma non nel capirlo, ma nel metterlo in pratica. Tu ti sei arenato sul fatto che se non capisci prima poi non agisci, mi dispiace col cristianesimo non è così, giacché è sempre Dio a fare la prima mossa, e dunque tocca sempre e solamente a noi rispondere pragmaticamente , e non solo col "Io credo...", a quell'invito.

Citazione di: Duc in altum! il 06 Marzo 2017, 10:32:57 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneSinceramente credo che la compassione sia "superiore" alla fede perchè grazie alla compassione "puoi dare da mangiare ad un affamato..." senza prima chiedergli "credi nel Dio cristiano?".
Gaudium et spes n° 22: "...e ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia (39). Cristo, infatti, è morto per tutti (40) e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale..." Benissimo, ma devi darlo sempre da mangiare e non solo (esempio )in tempo di elezioni, oppure lo sfami con prodotti non tuoi o sottratti immeritevolmente ad altri, oppure lo sfami e poi puoi dedicarti a circostanze private inique giacché hai già compiuto la tua "buona azione quotidiana", in stile scout (vedi Renzi), altrimenti non è carità, ma sentimentalismo. Come vedi è ciò che tu credi e non cosa chiede di credere Iddio.

Grazie delle risposte. Ok quindi in un documento ufficiale si dice che esistono "uomini di buona volontà ma non cristiani" - finalmente si è capito anche questo.

Allora ti faccio un esempio che dovrebbe far capire che è anche importante capire (per quanto si può) in cosa si deve o non deve credere. Ricordi il mito della Caverna di Platone? Ebbene se fin dalla nascita ci viene detto cosa è la "verità" e cosa non lo è finiamo per crederci. Tuttavia questa "credenza" non è diversa da quella che il bambino piccolo ha delle favole. Per un bimbo Babbo Natale è una realtà. Poi scopre che in realtà Babbo Natale erano i suoi genitori che gli regalavano i dolci. Oppure posso dire "non uccido perchè c'è scritto così nella Bibbia" senza "cambiare il mio cuore" e capire che è giusto "non uccidere" (mi chiedo se sia un peccato per la Bibbia la legittima difesa...). Ossia per formarmi la coscienza serve in realtà anche la comprensione.

Questo infantilismo ha annebbiato le coscienze per secoli e ciò è dovuto alla durezza di chi doveva "evangelizzare". Si predicava e si predicava, si facevano riti ecc solo perchè "me lo dice il prete", dimodoché si aveva ancora una catttiva volontà ma certe cose non le si faceva per "paura dell'Inferno". Poi venne il seicento e gente come Giordano Bruno ci ha rimesso la vita per dire che è importante anche formarsi la coscienza prima di "credere perchè lo dicono gli altri" (e mi perplede parecchio il fatto che il cardinale Bellarmino sia santo, ma tant'è...). Sinceramente non voglio essere credente solo perchè me lo dicono gli altri o per avere paura dell'inferno. Cerco per quanto mi è possibile che la mia presenza possa essere di aiuto all'altro nei limiti delle mie possibilità, riconoscendo che sono ben al di sotto della "perfezione". Cerco ad esempio di non sprecare, di non  arrabbiarmi ingiustamente, di non offendere. Purtroppo riconosco il fallimento.

Il non capire in cosa si crede fa in modo che ci siano ad esempio criminali che uccidono l'altro in nome di Dio o che uccidono persone senza scrupoli, "tanto poi ci si confessa".  Questo atteggiamente denota appunto la differenza tra una moralità imposta e un'infantilismo della coscienza e una vera "buona volontà" nella quale certi atti non si commettono perchè "non sono giusti".

Ho anche appreso che secondo la Chiesa l'inferno è un'auto-esclusione all'amore e che in un certo senso ci va chi "vive solo per se stesso e non vuole bene a nessuno" (d'altronde in una comunità uno che non gli importa nulla dell'altro non ci rimane perchè "non è il suo habitat"). Mi è stato quindi detto che il "segreto" è aprirsi all'altro e "mettere a disposizione le proprie capacità" ossia "donare" all'altro. Ad una cosa del genere credo. Ad un Dio che manda all'inferno chi fa sesso prima del matrimonio non credo.

Mi dici di non "usare il cellulare fino alle Palme"! Ma come posso contattare un mio amico che non sento da molto tempo senza cellulare, specie se non riesco a vederlo di persona? Mi dici di perdonare controvoglia e mi impegno a farlo. Non credo nella "buona azione quotidiana" se questa non mi cambia e non la fa rimanere isolata in un mare di iniquità - ma questa come vedi è appunto coscienza. Ti confesso che ho anche cercato di pregare però non riesco a farlo in modo "sensato". Potrei dire di credere ma non sarei sincero, quindi non lo faccio.
In ogni caso è stato grazie a ragionamenti logici che ho capito che dire di credere e credere sono due cose diverse. Grazie a ragionamenti logici ho "scoperto" che "seguire i riti" non è sufficiente a rendere buona la volontà ecc. Come vedi la logica è utile. Così come lo sono il dubbio e la curiosità. Peccato che non appena dici "il papa non è infallibile" ti tolgono la cattedra come successo ad Hans Kung.  

L'assolutismo è pericoloso perchè conduce a volte a non capire in cosa si crede e quindi a venerare un "falso Dio" pensando di venerare un "vero Dio" (ossia venerare una falsa immagine di Dio).

Secondo me non è giusto ad esempio imporre con la violenza a qualcuno di andare a messa. E penso che non sia giusto nemmeno per te. Chi lo fa secondo me ha un'immagine errata di Dio.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

baylham

Citazione di: Jacopus il 05 Marzo 2017, 16:46:13 PM
Stavo dando un'occhiata al libro di Croce: "Perchè non possiamo non dirci cristiani", e ho intuito che il fondamento del relativismo moderno sta proprio nel Cristianesimo, nel suo accettare l'uomo, qualsiasi uomo. Il rovesciamento attuato dal capro espiatorio, cioè Gesù che storicamente muore sulla croce da innocente, apre un varco incommensurabile. Il primo diventa l'ultiimo e gli ultimi saranno i primi. L'umanità è unica e l'uomo è tenuto ad amare il prossimo suo come sè stesso, indipendentemente da colore della pelle, credo religioso, convinzioni o cultura. Cosa c'è di più relativo di ciò? Se bisogna amare anche il nostro carnefice e porgere l'altra guancia non si può certo distinguere un comportamento da un altro. Per certi versi l'assolutismo dell'amore sulla terra sfocia in un relativismo assoluto dei valori, poichè ogni valore deve essere accettato dall'essere cristiano che tutto e tutti ama.
......
Da quel momento è nato nella storia della cultura dell'uomo, in termini assai più diffusi ed universali, il principio della pietà, della tolleranza. E' dalla figura di Cristo che nasce la nostra stessa supposta debolezza, che autorizza le costruzioni delle sinagoghe e delle moschee, che ci avverte di non scagliare la prima pietra perchè siamo tutti peccatori. Proprio in questo modo si è sviluppata la cultura occidentale così come la conosciamo, una medusa dalla mille teste, che confluiscono tutte verso un cuore cristiano.

Non sono affatto d'accordo che il relativismo o la tolleranza abbiano origine con Gesù e col cristianesimo, tantomeno che la cultura occidentale abbia un cuore cristiano.
Il messaggio dei Vangeli è troppo incoerente, contradditorio, può prendere molte direzioni come la storia del cristianesimo dimostra con tutte le sue ramificazioni.  Involontariamente l'incoerenza, la contraddittorietà, ha favorito la pluralità, la concorrenza nel cristianesimo dando un apporto essenziale agli esiti relativistici.
Un riconoscimento cristiano della relatività di ciascun individuo è dato dalla parabola del seminatore, ma non prefigura affatto propositi di tolleranza o di amore.

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 06 Marzo 2017, 14:33:45 PMTu non imponi ciò che è relativo. Un altro potrebbe farlo... D'altronde è una tua scelta quella di non imporre e di ritenere che sia meglio non imporre. Un altro potrebbe scegliere in modo diverso. E anche l'altro si sentirebbe "libero" di fare quello che vuole. Io devo convincermi che sia giusto non imporre ciò che è relativo. Se per te è sufficiente sapere che la tua prospettiva è relativa per non imporla va benissimo. Però un altro potrebbe proprio giustificare la violenza e l'odio col relativismo e il pensiero debole.
Relativismo significa dubbio, esaltazione della libertà. Se uno esercita la violenza, vuol dire che sta smettendo di dubitare riguardo a ciò che sta facendo, quindi non è più un relativista. Allo stesso modo, sfruttare la propria libertà per opprimere quella degli altri significa relativizzare solo gli altri e non farlo su se stessi, perciò anche in questo caso non è più relativismo. Ci possono essere falsi relativisti di ogni tipo, ma proprio il fatto che sono falsi non inficia la bontà del relativismo.
Se è relativismo non può essere violenza; se è violenza, non è relativismo.

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneRelativismo significa dubbio, esaltazione della libertà.
Libertà da che, visto che non hai un principio di schiavitù?!?!
Eppoi, sempre per le stesse assenze, perché l'uomo dovrebbe esaltare la libertà, invece di "godere" della sicurezza della schiavitù?!?

CitazioneSe è relativismo non può essere violenza; se è violenza, non è relativismo.
Ma non può essere neanche serenità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneCerco ad esempio di non sprecare, di non  arrabbiarmi ingiustamente, di non offendere. Purtroppo riconosco il fallimento.
Purtroppo nessuno si salva da solo...

CitazioneMi è stato quindi detto che il "segreto" è aprirsi all'altro e "mettere a disposizione le proprie capacità" ossia "donare" all'altro.
Sì, ma se non ti chiami Erri De Luca o Gino Strada (e rientri quindi nel n°22), per donarti all'altro, davvero conoscendo e comprendendo ciò in cui credi, lo puoi fare solo se assolvi questa vocazione in nome di Gesù Cristo e per merito Dello Spirito Santo (quindi non nostro) e per la gloria di Dio.
Ciò che tu definisci segreto non è relativo, ma ben assoluto: il Mistero della Fede: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell'attesa della tua venuta!


CitazioneMa come posso contattare un mio amico che non sento da molto tempo senza cellulare, specie se non riesco a vederlo di persona?

Come faccio io che "esisto" da sempre senza cellulare: o usi la cabina telefonica (essere credente vero significa essere visto come il grullo del villaggio!  ;D ), o ancor meglio ti presenti sotto casa e lo citofoni. Negli ultimi 6 anni ne ho fatti piangere di commozione un bel po', mentre con altri ho presentato le mie scuse con non poca vergogna, ma sono situazioni indescrivibili! :D

CitazioneTi confesso che ho anche cercato di pregare però non riesco a farlo in modo "sensato". Potrei dire di credere ma non sarei sincero, quindi non lo faccio.

Prova con un semplice "aumenta/illumina la mia fede", o come fece (questa è fuori di testa ma è Vangelo) il padre del fanciullo: «Credo, aiutami nella mia incredulità».

CitazioneL'assolutismo è pericoloso perchè conduce a volte a non capire in cosa si crede e quindi a venerare un "falso Dio" pensando di venerare un "vero Dio" (ossia venerare una falsa immagine di Dio).

Secondo me questo non è assolutismo, ma fanatismo.

CitazioneSecondo me non è giusto ad esempio imporre con la violenza a qualcuno di andare a messa. E penso che non sia giusto nemmeno per te.

Perché da qualche parte lo fanno?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)