Menu principale

Relativismo assoluto

Aperto da fdisa, 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Apeiron

Citazione di: fdisa il 08 Dicembre 2017, 16:09:56 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Ottobre 2017, 22:42:15 PMMy two cents "Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto". Appunto già qui si vede l'aporia, la contraddizione interna. Dire prima che "tutto è relativo", arrivare a dire che è un "principio assoluto" e poi dopo aver lanciato il sasso si nasconde la mano (osservazione che non vuole offendere, è solo per ridere) - con questo intendo che si vuole assolutizzare il relativo ;D
Grazie per la sua risposta! La citazione in apertura è per l'appunto una provocazione ;) L'argomentazione vera e propria è nel §4, in cui si sostiene che l'autodistruzione è apparante, perché é un sottoinsieme di un meta-discorso che la include. L'infinità dei meta discorsi rende infine non contestabile l'assolutezza del relativismo, per quanto sia apparentemente un'aporia.

@fdisa,

Il problema è che stai ponendo una teoria epistemologica: il relativismo epistemologico è privo di senso (a differenza di quello ontologico). Poniamo per esempio che io sto alla tua destra. Se tu dici "Apeiron è a destra" dici un'affermazione incompleta perchè il concetto di "destra" è di per sé relativo, ovvero si deve dire che "Apeiron è a destra di fdisa". "Apeiron è a destra" è vero per fdisa ma potrebbe essere falso per Tizio che si trova a destra di me. Però "Apeiron è a destra di fdisa" è vero per ogni soggetto che comprende il significato di "essere a destra di" in quanto nella proposizione hai già specificato il sistema di riferimento. Lo stesso avviene in fisica: "l'automobile viaggia ai 100km/h" è una frase strettamente parlando "relativa", però "l'automobile viaggia ai 100km/h rispetto all'autovelox" è una proposizione valida universalmente. Una volta che hai specificato la prospettiva la proposizione non è più "relativa", bensì ha una validità universale.

Oppure altro esempio. I numeri complessi non sono un sistema "ordinato", ovvero non è possibile definire, presi due elementi dell'insieme, una relazione di maggiorazione, che indico con ">" ("i > 5" - dove i è l'unità immaginaria - non ha senso). Quindi la frase "per ogni coppia di numeri complessi è possibile definire una relazione di maggiorazione" è falsa in quanto contraddice la definizione di "numero complesso". Però allo stesso tempo se considero il sottoinsieme dei numeri reali allora è possibile definire la relazione di maggiorazione, ergo ""5 > 1" è vera nel sottoinsieme dei numeri reali dell'insieme dei numeri complessi" diventa una "verità universale". Una volta che hai specificato il contesto la "verità relativa" diventa assoluta. "Tizio è più alto di Caio e della stessa altezza di Sempronio secondo la mia misurazione" è una "verità universale" anche se con un'altra misura risulta che "Sempronio è più alto di Caio" (e a questo punto si indaga il motivo per cui c'è una contraddizione tra le misure). Quindi una volta che hai specificato il contesto in cui una "proposizione è vera" la proposizione cessa di avere una verità relativa ma diventa a tutti gli effetti "universale".

Dunque anche se ammettiamo il problema dell'infinità delle prospettive - ad esempio poniamo che un'infinità di soggetti dia una descrizione diversa di qualcosa - comunque epistemologicamente quando si dice "secondo la mia prospettiva ..." si enuncia una "verità assoluta". Il relativista quindi non si accorge che in sostanza specificando la "relatività" delle "verità" finisce per trasformare le proposizioni relative in assolute.

Diverso è, per esempio, il "relativismo ontologico" della scuola buddhista Madhyamaka - se non interpreto male. In questa filosofia ogni "cosa" ha un'esistenza relativa, ovvero esiste in quanto "dipendente" da cause (le quali a loro volta dipendono da altre cause ecc ad infinitum...). Quindi l'esistenza è in questo caso relativa e ciò vale per ogni cosa, tuttavia il fatto che "ogni cosa ha un'esistenza relativa" è dal punto di vista epistemologico una "verità universale". Quindi se dal punto di vista ontologico puoi, volendo, costruire una metafisica "completamente relativistica" non lo puoi fare dal punto di vista epistemologico, in quanto appunto in questo caso "ogni cosa non ha un'esistenza indipendente" è una verità universale ecc  

Dal punto di vista linguistico puoi fare volendo come dal punto di vista ontologico. Però se dici che "nel linguaggio L vale la proposizione X" stai facendo una affermazione assoluta...Semmai è più interessante vedere se non è possibile "costruire" un meta-linguaggio che comprende tutti i linguaggi ma questo con il relativismo epistemologico non c'entra molto. Anzi se dimostro che non è possibile costruire tale meta-linguaggio faccio un'affermazione assoluta.

Ripeto in matematica, in fisica, nell'epistemologia (=filosofia della conoscenza) ecc il relativismo è una posizione che è esclusa a-priori. Ciò non è vero per esempio in ontologia, dove puoi avere, volendo, "relativismi ontologici" (come per esempio la "teoria" Madhyamaka - se non l'ho capita male).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

viator

#46
Salve. Vediamo di districarci tra contraddizioni, sinonimi veri ed apparenti, trappole logico-verbali.

Anzitutto il termine ASSOLUTO è un sostantivo che viene però costantemente  utilizzato come aggettivo. Naturalmente ciò non è ammesso poichè in questo modo il termine risulterebbe RELATIVIZZATO, cioè riferito a qualcosa di parziale. Ciò tra l'altro spiega il perchè non possano esistere concetti quali un'assoluta certezza, un'assolutà verità etc. etc.

Poi dobbiamo chiederci se l'assoluto possa esistere, cioè se per caso tale termine non possa risultare contradditorio.
Un paio di definizioni abbastanza suggestive di ASSOLUTO : "l'insieme di tutto ciò che è", o anche "ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".

Entrambe le definizioni non si mostrano però molto soddisfacenti in quanto sia il concetto di "insieme" che quello di "contenuto" sembrano implicare che esista una qualche relazione tra l'assoluto e ciò in cui esso consiste. Sarà così oppure no ??

Prendiamo l'arcinota espressione "tutto è relativo"; essa, elegante e lapidaria, presenta il problema di indurre a credere che anch'essa sia relativa, ed inoltre che - comunque - anche l'insieme di tutte cose risulti relativo (TUTTO è termine che risulta rigoroso e perfetto sinonimo di ASSOLUTO).
Il fatto è che, in nome appunto di una suggestiva lapidarietà, tale espressione einsteniana risulta incompleta.
Il suo enunciato dovrebbe infatti diventare : "TUTTO E' RELATIVO, E L'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI SI CHIAMA ASSOLUTO".

Eliminato il termine "contenuto", resta il concetto di "insieme".

I contenuti di un insieme risultano, secondo voi, relativi all'intero insieme ?? Sono cioè funzionali all'esistenza dell'insieme ??

Se l'insieme è costituito da una quantità limitata di elementi, togliendone od aggiungendone alcuni l'insieme stesso si trasformerà in un diverso insieme particolare, ma pur sempre appunto un insieme (scusate le ripetizioni). In questo caso potremmo anche però supporre che esista una relazione tra un qualsiasi insieme ed i suoi specifici contenuti.

Se però l'insieme consiste nel TUTTO (non importa se composto da una quantità finita od infinita di elementi), diventa impossibile aggiungere od eliminare da esso dei qualsiasi contenuti. (non sarà possibile trovare elementi da aggiungere dal di fuori di un tutto, non sarà possibile espellere elementi al di fuori di un tutto). Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi !!!

Allora, precisando ulteriormente, dovremmo giungere alla seguente definizione di assoluto :

       "L'ASSOLUTO CONSISTE NELL'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI PUR NON ESSENDO IN RELAZIONE CON NESSUNO DI ESSI"

Questa sarebbe tra l'altro anche  la dimostrazione della sinonimia tra TUTTO ed ASSOLUTO e della completa astrattezza di tali concetti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Angelo Cannata

Nel momento in cui l'hai spiegato è già diventato relativo, perché dipende dalla spiegazione che ne hai dato tu. Diventa ancora più relativo nel momento in cui io ho provato a comprenderlo, perché si aggiunge la dipendenza dalla mia mente.

Non mi sembra quindi che l'assoluto di cui hai provato a parlare goda di molta assolutezza.

viator

#48
Salve caro Angelo. Vedi, ciò che io ho detto dell'assoluto e ciò che tu hai capito - sia di quanto io ho detto che dell'Assoluto stesso - non c'entrano proprio con l'Assoluto. Parole e comprensione fanno infatti parte del relativo. L'Assoluto resta comunque quello che è indipendentemente dal fatto che se ne parli oppure se ne taccia. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

fdisa

Citazione di: Apeiron il 08 Dicembre 2017, 17:18:07 PM

Diverso è, per esempio, il "relativismo ontologico" della scuola buddhista Madhyamaka - se non interpreto male. In questa filosofia ogni "cosa" ha un'esistenza relativa, ovvero esiste in quanto "dipendente" da cause (le quali a loro volta dipendono da altre cause ecc ad infinitum...). Quindi l'esistenza è in questo caso relativa e ciò vale per ogni cosa, tuttavia il fatto che "ogni cosa ha un'esistenza relativa" è dal punto di vista epistemologico una "verità universale". Quindi se dal punto di vista ontologico puoi, volendo, costruire una metafisica "completamente relativistica" non lo puoi fare dal punto di vista epistemologico, in quanto appunto in questo caso "ogni cosa non ha un'esistenza indipendente" è una verità universale ecc  

Secondo la tua distinzione (e considerato che il testo ha tra le sue influenze anche alcune fonti buddiste), direi che quel che pongo è un relativismo ontologico.

Ma il discorso epistemologico che fai non mi torna del tutto.

1) Se dici che una cosa è assoluta una volta che la poni in relazione a un altro termine, dici che questa è relativa (al termine scelto). Se sono a destra rispetto a te, dire che sono assolutamente a destra rispetto a te non ha senso: o sono a destra in assoluto (cosa impossibile), o sono a destra rispetto a qualcosa, dunque relativamente. 

2) Qualunque tesi, teoria, pensiero o percezione, non può per definizione uscire da una prospettiva epistemologica perché proviene sempre da essa. In questo senso, anche il relativismo ontologico, come tutti i prodotti del pensiero, è una posizione epistemologica.

3) All'affermazione che "Il relativista quindi non si accorge che in sostanza specificando la "relatività" delle "verità" finisce per trasformare le proposizioni relative in assolute." rispondo col §4, sostenendo che l'assolutezza di questa affermazione è contraddittoria solo finché viene osservata dal suo interno; quando si prende in esame la relatività o assolutezza di questa medesima verità ci si espone comunque alla relatività, e così all'infinito, in un precipizio di meta-linguaggi che si aprono sempre al relativismo.

fdisa

Citazione di: viator il 09 Dicembre 2017, 12:56:49 PMSe però l'insieme consiste nel TUTTO (non importa se composto da una quantità finita od infinita di elementi), diventa impossibile aggiungere od eliminare da esso dei qualsiasi contenuti. (non sarà possibile trovare elementi da aggiungere dal di fuori di un tutto, non sarà possibile espellere elementi al di fuori di un tutto). Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi !!!

Allora, precisando ulteriormente, dovremmo giungere alla seguente definizione di assoluto :

      "L'ASSOLUTO CONSISTE NELL'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI PUR NON ESSENDO IN RELAZIONE CON NESSUNO DI ESSI"

Questa sarebbe tra l'altro anche  la dimostrazione della sinonimia tra TUTTO ed ASSOLUTO e della completa astrattezza di tali concetti.

Molto interessante. Ma non mi torna una cosa. Dici "Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi". Ma così facendo limiti le varie relazioni possibili all'unica di appartenere o meno all'insieme.Il solo fatto di essere un "insieme di tutti i relativi" inoltre È una relazione del suddetto insieme con i relativi che lo compongono – "che lo compongono", appunto: una relazione.

Apeiron

#51
@fdisa,

il problema di queste discussioni è che si finisce per entrare nella semantica e non se ne esce più  ;D

Ripartiamo dall'esempio di "Tizio è a destra di Sempronio".
Sempronio dice: "Tizio è a destra"
Caio (un altro soggetto) dice: "la frase è incompleta. in realtà bisogna dire "Tizio è a destra di Sempronio"".

Ergo sulla frase "Tizio è a destra di Sempronio" sono d'accordo tutti e tre. Quindi è una "verità universale", nel senso che è condivisa da tutti. Se poi vogliamo distinguere tra "universale" e "assoluto" possiamo farlo, se "assoluto" è un termine che proprio non ci va giù  ;) in quanto "assoluto" suggerisce che la "verità" sia una "cosa" mentre "universale" sigifica sempliemente che è "vera per ogni soggetto". Nel mio "vocabolario" il "relativismo" non ammette nemmeno verità universali visto che in fin dei conti una verità universale è una verità su cui sono d'accordo tutti i soggetti. Motivo per cui il "buddhismo madhyamaka" lo considero personalmente una forma di "assolutismo" (anche se sarebbe meglio dire "universalismo"), visto che dice che tutte le cose esistono in dipendenza da altre cose (e nel caso del buddhismo madhyamaka - il cui più famoso sostenitore è Nagarjuna - la realizzazione di ciò ha anche valore "soteriologico" cosa che nel "relativismo occidentale" invece non c'è). Spesso le discussioni si basano proprio sulla non-condivisione del "vocabolario". Se mi dici che "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità universale" però sbagli in quanto "Tizio è a destra di Sempronio" è una "verità universale". Se dici "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità assoluta" sbagli ugualmente in quanto (per quanto detto prima) "assoluto" denota un valore ontologico.



Quindi il "relativismo" che personalmente rispetto è uno che ammette la possibilità di "verità universali", ossia è il "relativismo ontologico". Però poi rimangono problemi* di varia natura che eludono questi discorsi.



*N.B. Ora se ogni cosa esiste in "dipendenza da altro", ovvero ogni esistenza è "relativa" è chiaro che non ci sono nemmeno "punti di vista assoluti" e la "verità" non ha certamente un "aspetto ontologico". Punto di vista che rispetto ma sinceramente non condivido perchè mi sembra un  involontario nichilismo "mascherato". In particolare negando la "sostanzialità" dei soggetti e delle "verità" si dice che a livello ultimo non esiste niente  ;) Ad ogni modo se sei interessato a Nagarjuna e al buddhismo madhyamaka ti consiglio il Mūlamadhyamakakārikā di Nagarjuna (a mio giudizio avere un saggio antico che è d'accordo con quanto si sta proponendo lo ritengo un ottimo aiuto  ;D ). In questa sezione del Forum c'è anche un topic sul buddhismo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/  se ti va di leggerlo vedi anche che qui nel Forum c'è un ottimo filosofo (Sariputra) che ha (secondo me ;)) una posizione praticamente identica a quella del scuola madhyamaka.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

fdisa

Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 12:49:07 PM
@fdisa,

il problema di queste discussioni è che si finisce per entrare nella semantica e non se ne esce più  ;D

Ripartiamo dall'esempio di "Tizio è a destra di Sempronio".
Sempronio dice: "Tizio è a destra"
Caio (un altro soggetto) dice: "la frase è incompleta. in realtà bisogna dire "Tizio è a destra di Sempronio"".

Ergo sulla frase "Tizio è a destra di Sempronio" sono d'accordo tutti e tre. Quindi è una "verità universale", nel senso che è condivisa da tutti. Se poi vogliamo distinguere tra "universale" e "assoluto" possiamo farlo, se "assoluto" è un termine che proprio non ci va giù  ;) in quanto "assoluto" suggerisce che la "verità" sia una "cosa" mentre "universale" sigifica sempliemente che è "vera per ogni soggetto". Nel mio "vocabolario" il "relativismo" non ammette nemmeno verità universali visto che in fin dei conti una verità universale è una verità su cui sono d'accordo tutti i soggetti. Motivo per cui il "buddhismo madhyamaka" lo considero personalmente una forma di "assolutismo" (anche se sarebbe meglio dire "universalismo"), visto che dice che tutte le cose esistono in dipendenza da altre cose (e nel caso del buddhismo madhyamaka - il cui più famoso sostenitore è Nagarjuna - la realizzazione di ciò ha anche valore "soteriologico" cosa che nel "relativismo occidentale" invece non c'è). Spesso le discussioni si basano proprio sulla non-condivisione del "vocabolario". Se mi dici che "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità universale" però sbagli in quanto "Tizio è a destra di Sempronio" è una "verità universale". Se dici "ogni verità è relativa - questa è l'unica verità assoluta" sbagli ugualmente in quanto (per quanto detto prima) "assoluto" denota un valore ontologico.



Quindi il "relativismo" che personalmente rispetto è uno che ammette la possibilità di "verità universali", ossia è il "relativismo ontologico". Però poi rimangono problemi* di varia natura che eludono questi discorsi.



*N.B. Ora se ogni cosa esiste in "dipendenza da altro", ovvero ogni esistenza è "relativa" è chiaro che non ci sono nemmeno "punti di vista assoluti" e la "verità" non ha certamente un "aspetto ontologico". Punto di vista che rispetto ma sinceramente non condivido perchè mi sembra un  involontario nichilismo "mascherato". In particolare negando la "sostanzialità" dei soggetti e delle "verità" si dice che a livello ultimo non esiste niente  ;) Ad ogni modo se sei interessato a Nagarjuna e al buddhismo madhyamaka ti consiglio il Mūlamadhyamakakārikā di Nagarjuna (a mio giudizio avere un saggio antico che è d'accordo con quanto si sta proponendo lo ritengo un ottimo aiuto  ;D ). In questa sezione del Forum c'è anche un topic sul buddhismo https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/  se ti va di leggerlo vedi anche che qui nel Forum c'è un ottimo filosofo (Sariputra) che ha una posizione praticamente identica a quella del scuola madhyamaka (iovviamente spero che Sariputra se dico scemenze mi bacchetti a dovere  ;D ).
@Aperion

Ci andiamo chiarendo :)
Non uso assoluto nel senso di universale, sulle verità universali sono perfettamente d'accordo con te. Ma una verità assoluta è tale anche senza accordo tra i soggetti (o senza soggetti senzienti, sostituendo a tizio, caio e sempronio tre sassi).

Ma con buona pace del fatto che ogni questione è anche epistemologica, non vedo alcun errore nel leggere la cosa in termini ontologici – che poi sono quelli del testo* che ho proposto. Non parlo mai di "verità" come idee e opinioni sulle cose, ma come cose stesse. E che la loro natura, quale che sia, sia sempre relativa, è quel che espongo nell'articolo. E che questo non porti a un paradosso – o meglio porti a due paradossi che si annullano – è il tema del §4.

*Nota sulla nota: Questo articolo è parte di un lavoro in corso il cui capitolo successivo tocca proprio gli argomenti della tua nota, a partire dalla filosofia di Nagarjuna (ma non solo lui, con vari analoghi in filosofia antica e moderna, orientale e occidentale, ma anche letteratura e fisicae dell'esistenza come relazione. E in effetti concordo anche a una forma un po' particolare del fatto che "a livello ultimo non esiste niente", ma questo capitolo lo riserverei a un'ulteriore discussione, se pubblicherò un articolo in futuro sul tema lo condividerò volentieri.

Apeiron

#53
@fdisa,

perfetto  :)  spesso si fa molta confusione su questi temi.

Rovelli mi piace molto. Credo che la sua teoria sia la cosa più simile alla "genesi dipendente" del buddhismo mai apparsa in campo scientifico. Una teoria certamente affascinante e probabilmente è sulla strada giusta. Però sia lui che il buddhismo (come viene usualmente esposto perlomeno) mi lasciano con un senso di "incompletezza" (e quando dico così non è una semplice "perplessità intellettuale" ma è qualcosa di profondo e poco piacevole). Eppure le teorie più "coerenti" e "razionali" sembrano tutte incomplete - quelle più "complete" spesso si perdono nel non-senso.  Ho un "sentore" che ci sia un "di più" e che questo "di più" sia anche legato proprio alla fisica, al fatto che (per esempio) le leggi della fisica sono qualcosa di tanto "concreto" quanto la materia stessa.

Un "orientale" direbbe che è tutta "proliferazione concettuale", però secondo me Platone in un certo senso (quale non so dirtelo) ci ha visto giusto. E la tendenza che vedo nella società occidentale a rinnegare in toto il platonismo mi lascia molto perplesso.

Ovviamente il mio potrebbe essere tutto un delirio  ;D

Precisazione (per il lettore): il buddhismo - per gli orientali - non è nichilismo (vedere il topic). Quello che sto dicendo io è che dalla mia analisi della dottrina emerge un'incompletezza (però è anche vero che ciò che rende completa la dottrina può essere implicito o detto in termini indiretti). Ad ogni modo non sono di certo la migliore fonte di apprendimento del Dhamma... ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

fdisa

@Aperion

A questo punto ti annoierò col resto del testo, appena pronto :D

Grazie per i consigli!

viator

#55
Salve. Per fdisa : Nel momento in cui parliamo di assoluto contrapposto al relativo, ovvio che ne esaminiamo la relazione. Ma si tratta di relazione semantica e non sostanziale. Al termine "relazione" io attribuisco il seguente significato : "relazione =  condizione per la quale due o più termini sviluppano reciproci rapporti causali od effettuali".

In sostanza, chiediamoci :


  • può l'Assoluto essere effetto dell'esistenza dei relativi ? La risposta apparentemente paradossale è NO. Al limite, sembra potrebbe esserne la causa. Ma ancora NO poichè per poter concepire un insieme di relativi dovremmo anzitutto disporre del concetto di un qualsiasi singolo ("primo") relativo, la molteplicità del quale ne generebbe l'insieme. Impossibile sostenere l'esistenza di una molteplicità quasiasi se non è precedentemente chiaro il concetto di unicità (esemplare unico) di quella cosa. Il concetto di relatività singolare è tuttavia vanificato dal fatto che l'unicità di tipo totalizzante è attibuto specifico ed esclusivo dell'Assoluto stesso. Quindi l'esistenza dell'Assoluto non è certo stata generata dai relativi.


  • può l'Assoluto essere causa dell'esistenza dei relativi ? La risposta, null'affatto paradossale è NO. Significherebbe che l'Assoluto è apparso prima di qualsiasi relativo. Cioè che prima della comparsa del "primo" ed originario" dei relativi cioè dell'Assoluto !!) esistesse l'Assoluto. Ma questo sarebbe l'Assoluto che è stato causa di sé stesso, e non dei relativi !

Quindi allora dovremo dire Assoluto e Relativi sono e sono sempre stati sincronici e coesistenti e - secondo la definizione iniziale di "relazione" - non sono affatto in relazione tra loro.

Naturalmente, stiamo solo giocando con l'autoreferenzialità delle parole, lo sappiamo, vero ??

Cordialità
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Apeiron

Segnalo sul tema del relativismo tre link (che rimandano, in realtà alla stessa pagina web) secondo me molto interessanti che possono essere d'ispirazione per le discussioni. Purtroppo la pagina web è in inglese e l'argomentazione in tutti i casi è lunga, quindi non riesco a tradurre in italiano.

Il primo è una confutazione (a mio giudizio, corretta) del "relativismo epistemico"* anche nelle varie sue forme più sofisticate, più precisamente: relativismo etico, relativismo culturale e relativismo "linguistico" (ispirato dal lavoro di Wittgenstein, Rortry, Whorf, Derrida ecc).  Comunque: il link su questa questione è http://www.friesian.com/relative.htm.

Il secondo link per certi versi è un rifiuto di tutte le "ontologie" - ergo è un rifiuto anche del "relativismo ontologico" anche se con quest'ultimo ha interessanti "somiglianze" (così come ha somiglianze con la filosofia di Madhyamaka sulla vacuità, almeno in certe sue varianti). Il link è http://www.friesian.com/undecd-1.htm.

Infine una interessante rirproposizione delle antinomie kantiane. http://www.friesian.com/antinom.htm.

*La versione del "relativismo" di @fdisa ovviamente NON è criticata da questo link
 
Off-Topic:
Purtroppo ad oggi ho due motivi per non andare a fondo nella discussione. Primo: sono temporaneamente troppo impegnato per fare argomentazioni ben fatte (anche a riguardo delle opinioni dell'autore del link che ritengo interessanti ma non sono sempre d'accordo. Anche se ritengo che almeno nel primo link siano difficili da confutare  ;) ). Secondo: questo tipo di discussioni spesso degenera in polemiche non "edificanti" come è successo recentemente in un altro topic. Queste polemiche nascono, secondo me, da una diversa concezione di cosa è la "filosofia", argomento che volendo potrebbe essere trattato separatamente. Personalmente non ho cambiato idea dal secondo post dall'alto che trovate qui (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-fare-filosofia/15/). Però forse potrebbe essere anche interessante rirproporre a distanza di più di un anno tale discussione (magari fra un po' di tempo)  ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

fdisa

Grazie mille per la segnalazione! Sto lavorando a una versione ampliata e rivista del testo che non mancherò di condividere :)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM...ritengo che almeno nel primo link siano difficili da confutare...

Difficili da confutare per chi non ha chiaro cos'è il relativismo.
Si tratta delle solite argomentazioni che travisano il relativismo come se esso fosse un pensiero autonomo e statico, mentre invece esso non è né autonomo, né statico.

Il relativismo non è un pensiero autonomo, non è un pensiero che nasce da sé stesso. Il relativismo è metafisica portata avanti fino a metterne a nudo le contraddizioni. Il relativismo è la metafisica, la quale scopre di essere autocontraddittoria. Nascendo come metafisica, il relativismo nasce come certezza. Poi si sforza di essere coerente, leale, e scopre che, se deve considerare l'oggetto, per lealtà non può trascurare di considerare anche il soggetto. Da qui vengono immediatamente fuori tutte le autocontraddizioni della metafisica, la quale, in questo modo, se vuole essere leale, viene a trasformarsi in relativismo.

Il relativismo non è un pensiero statico, non è un'ideologia, non è un sistema di idee, non procede per affermazioni categoriche, come la solita affermazione che si è soliti prendere di mira "Tutto è relativo". In quanto metafisica condotta alle sue conseguenze autocontraddittorie, il relativismo è un processo di pensiero che ha una nascita, ha un procedere, ma poi continua ancora a procedere, non ha delle conclusioni.

È questo il vero relativismo che sfido chiunque a confutare. Voglio precisare che la mia sfida non ha nulla di battagliero: ho solo interesse a scoprire i difetti di ogni cosa, e il relativismo ne ha di difetti; ma non sono certo quelli criticati dai metafisici che lo travisano.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 08 Gennaio 2018, 20:50:42 PM
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2018, 12:11:51 PM
Da qui vengono immediatamente fuori tutte le autocontraddizioni della metafisica, la quale, in questo modo, se vuole essere leale, viene a trasformarsi in relativismo.

Ovviamente evito di ripetere inutilmente ancora una volta tutte le obiezioni non confutate mie e di altri (sono leggibili nel forum a iosa), per limitarmi a notare che in questa frase, a mio parere estremamente significativa dell' atteggiamento di chi la scrive, non si critica la -pretesa; e onnicomprensivamente (mal-) intesa come un tutto indistinto- "metafisica non relativistica" per suoi veri o presunti errori, in quanto "errata" o "falsa", ma la si condanna invece moralisticamente come (in quanto pretesa essere) "sleale".


Discussioni simili (5)