Re:I postulanti dell'Assoluto - Approfondimenti.

Aperto da atomista non pentito, 12 Settembre 2020, 21:53:49 PM

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Phil

Citazione di: Aumkaara il 06 Ottobre 2020, 02:30:05 AMcome si spiegano, in assenza di divinità esterne o di un panteismo (presumendo che non crediamo ad entrambi), le regolarità riscontrate nei rapporti tra elementi di un'esistenza realmente frammentaria (e non frammentata artificiosamente per finalità di approssimazione conoscitiva)?
Se una certa filosofia ci suggerisce che ogni domanda non è mai singola, perché ha un "doppio fondo" che contiene una seconda domanda implicita (una "protodomanda") sulle condizioni di possibilità della riposta, in questo caso nel "doppio fondo" c'è il rapporto fra «spiegare», «regolarità» e «elementi». La scienza, e più in generale la ragione umana, ha una visione meccanicistica e causale della realtà: circoscrive un'identità, un elemento, e ne studia l'interazione con altri, spiegandone la regolarità (se pertinente), tramite il concetto di sistema chiuso, o almeno stabile. Il fulcro implicito del discorso è l'«elemento» inteso come identità (non a caso, primo principio della logica); ontologicamente circoscritta oppure questo è solo il modo (e il solo modo) in cui viene percepita/elaborata dalla nostra ragione?
Qui il linguaggio convenzionale traballa un po': cos'è che allora viene identificato-circoscritto, percepito ed elaborato (in modo da risultare elemento che interagisce con regolarità)? Basta riscontrarne la strumentale funzionalità a posteriori per avere controprova della sua isolata e discreta identità ontologica?
La risposta può arrivare dal mondo non umano: quando un computer acquisisce un quadro l'immagine di un quadro con uno scanner, la vede e la elabora sotto forma di bytes, pixels, etc. per il computer queste "unità di percezione" sono il suo modo di conoscere la realtà fuori da lui. Tuttavia, il computer ci direbbe che la sua ontologia di bytes e pixels è ben radicata e reale, perché funziona: l'immagine acquisita può essere con successo modificata e alterata (da braccia artificiali guidate dallo scanner), riprodotta, condivisa con altri pc (tutte caratteristiche del sapere scientifico: alterazione controllata, riproducibilità, intersoggettività). Se bytes e pixels non avessero un fondamento ontologico, tutte queste operazioni non potrebbero avvenire (quindi, a posteriori, il computer trova conferma che il suo paradigma ontologico è reale).
Eppure, noi che non siamo computer, sappiamo che tradurre un'immagine in bytes e pixels è un'operazione certamente funzionale, ma sappiamo anche che quell'immagine dipinta non è fatta ontologicamente da pixels e bytes (bensì da carta, colpi di pennello, luce, etc.); nondimeno la modalità percettiva del computer (e del suo software) rende inevitabile al computer percepire la realtà con i suoi mezzi (lo scanner) e i rispettivi vincoli gnoseologici, tramite convenzionali, non ontologiche, "unità (identità) di misura"; ciò non gli impedisce di fatto l'utilizzo di tali input per fondarci un'ontologia che funziona, interagendo ed alterando il mondo circostante.

Aumkaara

#121
CitazioneQui il linguaggio convenzionale traballa un po': cos'è che allora viene identificato-circoscritto, percepito ed elaborato (in modo da risultare elemento che interagisce con regolarità)?
Ma siamo d'accordissimo, infatti al primo tentativo di risposta, in cui era stato citato Wittgenstein, avevo sottolineato che PER ORA avremmo tralasciato la natura degli enti interagenti.
Questo infatti pone un serio problema alla ipotetica pluralità ontologica: fin'ora, cercando con il proprio metodo scientifico, la tecnica ha a che fare in ogni ambito sia con una pluralità che con una singolarità: i discreti degli "enti concreti" e il continuo spaziale con Newton, l'onda e il corpuscolo nella quantistica, le molteplici specie e la continuità delle trasformazioni evolutive, ecc. Ogni volta che si crede di aver sfondato (in realtà è solo un'osservazione più precisa e nitida) questa dualità compresente, la si ritrova di nuovo. Come si può quindi stabilire che solo uno di questi due poli è ontologico mentre l'altro solo epistemico, come era appunto stato affermato con sicurezza da Ipazia? Il fatto che dal porre come ontologica la pluralità noi si ottenga un metodo funzionale, con tutti i rischi comunque da non dimenticare, non garantisce niente di effettivamente ontologico: è solo un'azione valida esclusivamente nel proprio ambito, vera solo grazie alle premesse che poniamo e ai risultati che ci attendiamo. Quale sia il motivo della concordanza tra premesse e risultati, non lo si può stabilire dal metodo usato: è appunto soprattutto un metodo, non soprattutto un sapere.

viator

Salve phil. Citandoti : "Eppure, noi che non siamo computer, sappiamo che tradurre un'immagine in bytes e pixels è un'operazione certamente funzionale, ma sappiamo anche che quell'immagine dipinta non è fatta ontologicamente da pixels e bytes (bensì da carta, colpi di pennello, luce, etc.);.............................".


E certo che lo sappiamo che è così ! Semplicemente perchè qui vanno introdotte le nozioni - della quali il computer è privo - di forma (i pixels ed i bytes i quali sono informazione in sè astratta pur se materialmente basata - equivalente della informazione contenuta da un computer a chips cervello umano pensante a neuroni)) da una parte e di sostanza (i supporti, la carta, l'energia luminosa) dall'altra, la quale sostanza (chips o neuroni) pur essendo materialissima è in grado di ospitare - appunto - l'immateriale informativo.


Nella ciclicità costituita da computer (sostanza-supporto a base di chips che genera forma a base di pixel e bytes) a informazioni (forma trasmessa quale immagine) a cervello (sostanza-supporto organico a base di neuroni) a concettualizzazione delle informazioni (forma del pensiero) a sostanza (gli strumenti corporali attraverso i quali comunichiamo ad altri o reimmettiamo nel computer le informazioni)...............e via andando..........................dove si nasconde l'ontologia ? Dentro la binarietà ! (intesa come inevitabile continua permutazione reciproca della dualità di forma e sostanza). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#123
Citazione di: bobmax il 07 Ottobre 2020, 04:08:35 AM

Anche se probabilmente è solo una provocazione fine a se stessa, essendo l'analisi la grande assente nel forum.

Sperando nella prima ipotesi rispondo:

Il mondo è tutto quello che c'è.
Il fondamento la sua causa, che evidentemente non c'è.
Sistema, insieme di elementi che interagiscono attraverso proprie leggi.
Il mondo è perciò un sistema.

A questo punto l'analisi può proseguire.

Uomo di poco fede. Penserai mica che una che è morta per delle idee si trastulli con delle provocazioni ?!?

Proseguiamo con l'analisi che chiama subito in causa la vessata ontologia:

Il mondo è tutto quello che c'è. Caspita che azzardo ! Una affermazione di questa portata presuppone che si sappia tutto quello che c'è. Neppure un demiurgo pare saperlo dopo tutti i pasticci che ha combinato, figurarsi un umano. Potremmo anche chiudere il salmo in gloria dicendo che tutto quello che c'è (ta onta), c'è a prescindere dal fatto che si sappia che cosa c'è.

Ma questo escamotage sa più di sintesi che di analisi ed è ben lontano da una fondata ontologia anche per il postulante dell'Assoluto, per il quale vale altrettanto la seconda risposta epistemologicamente negativa: Il fondamento la sua causa, che evidentemente non c'è.

Anche qui andiamo per le spicce. Giustificate dal fatto che al postulante dell'Assoluto non bastano le cause seconde, ma la sua reverenziale attenzione ontologica si riduce alle Cause Prime che egli non possiede al pari del fanatico materialista, il quale si limita ad assimilare "tutto quello che c'è" all'universo, cercando analiticamente le cause in ciò che il suo sapere  evidenzia con chiarezza e distinzione (cit.) nell'immanenza del creato a lui accessibile. Ivi incluse le ricorrenze e regolarità che si danno anche senza scomodare taumaturgie trascendenti, restando nell'immanenza del sistema universo e nella sua conoscibilità.

Che il sistema possa essere studiato e conosciuto solo da fuori è una superstizione dell'assolutismo ontologico. La sfericità del sistema terra venne verificata dall'interno prima che una sonda spaziale la confermasse dall'esterno. Questione di materia grigia più che di metafisica.

@Aum

La pluralità del reale non intende (s)fondare nulla e non ha alcuna pretesa metafisica. Essa rappresenta soltanto l'opposizione "pirandelliana" (i centomila) "chiara & distinta" alle pretese dell'ontologia metafisica agganciata infecondamente a cabale numerologiche tra monisti e manichei.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Aumkaara

#124
Citazione di: Ipazia
La pluralità del reale non intende (s)fondare nulla e non ha alcuna pretesa metafisica. Essa rappresenta soltanto l'opposizione "pirandelliana" (i centomila) "chiara & distinta" alle pretese dell'ontologia metafisica agganciata infecondamente a cabale numerologiche tra monisti e manichei.
Questa è di nuovo una apologia, una pubblicità. Ha una certa corrispondenza con il prodotto che pubblicizza, come tutti gli spot. Ma, proprio come tutte le pubblicità, non ci dice se le motivazioni alla base dello sviluppo del prodotto sono legittime. Il prodotto è vendibile, funziona, ma la sua produzione potrebbe comunque violare norme o essere di dolo ad ambiti al di fuori della sua vendibilità ed efficienza.

Perché non è possibile risolvere la domanda, che è di ambito filosofico e non pubblicitario, su quale può essere, se c'è, il nesso regolare tra enti per natura plurali? È una domanda precisa, ripetuta più volte, se è mal posta può essere corretta indicandone sistematicamente la costruzione fallace, oppure se non c'è soluzione può essere ammorbidita la posizione rigida (l'ontologia o realtà della pluralità) che ha portato a formularla (senza per questo dover abbracciare cabale, numerologia o religioni istituzionalizzate), ma eludendola ogni volta relega la pretesa ontologia o realtà del plurale a réclame o ad articolo di fede.

Ipazia

La realtà oggettiva è, esemplificando, singolare (universo), duale (dimorfismo sessuale), plurale (7 miliardi di umani). A ciascuna di queste sezioni del reale corrispondono sistemi con le loro ciclicità (e  retroazioni che si diffondono nell'universo) sufficientemente coerenti, con al loro interno processi causali con le caratteristiche elencate da phil, per poterli definire e studiare in quanto sistemi isolati. Sistemi fisici, biologici, sociali,... Questo è quanto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr


Ho letto in maniera random gli ultimi post, quest'anno sono tornato tardi dalle vacanze. E per riprendermi dalla città ci sono volute settimane.
Vedo con piacere nuovi utenti.E poi vecchi amici di penna (pixel).


Non ho ben capito quale sia la tematica di questo 3d, vado random di conseguenza su alcuni spunti.


Sul rapporto fra utente esperto e utente alle prime armi.
Direi che un forum è un strumento che dia la possibilità al dialogo, poco importa la padronanza dello strumento se si è sorretti da un sincero interesse.


Ecco sulla questione dell'oggetto, di indagine, di ricerca, di verità, se ne potrebbe dire tanto. Il punto mio è che è comunque un oggetto. Non vedo cosa c'entri l'assoluto. Ma evidentemente non ho l'argomento nella sua pienezza.


cit Aumkaara
"Questo infatti pone un serio problema alla ipotetica pluralità ontologica: fin'ora, cercando con il proprio metodo scientifico, la tecnica ha a che fare in ogni ambito sia con una pluralità che con una singolarità: i discreti degli "enti concreti" e il continuo spaziale con Newton, l'onda e il corpuscolo nella quantistica, le molteplici specie e la continuità delle trasformazioni evolutive"


Ciao Aumkaara, benvenuto nel forum, se prendiamo come problematica la pluralità, vorrebbe dire che siamo alla ricerca di un monismo.
E' corretto?


cit Bobmax
"Il mondo è tutto quello che c'è.
Il fondamento la sua causa, che evidentemente non c'è.
Sistema, insieme di elementi che interagiscono attraverso proprie leggi.
Il mondo è perciò un sistema.


A questo punto l'analisi può proseguire."


L'analisi delle relazioni richiede la premessa delle sue causazioni.
Dunque se il mondo è un sistema, il mondo è un principio delle sue causazioni.
E' corretto?




cit Ipazia
"La realtà oggettiva è, esemplificando, singolare (universo), duale (dimorfismo sessuale), plurale (7 miliardi di umani). A ciascuna di queste sezioni del reale corrispondono sistemi con le loro ciclicità (e  retroazioni che si diffondono nell'universo) sufficientemente coerenti, con al loro interno processi causali con le caratteristiche elencate da phil, per poterli definire e studiare in quanto sistemi isolati. Sistemi fisici, biologici, sociali,... Questo è quanto."


Se la realtà oggettiva è un sistema isolato, dunque la realtà oggettiva è un attributo della teoria matematica.
E' corretto?


cit Phil
"tramite convenzionali, non ontologiche, "unità (identità) di misura"; ciò non gli impedisce di fatto l'utilizzo di tali input per fondarci un'ontologia che funziona, interagendo ed alterando il mondo circostante."


Intendi dire che la funzionalità è irrelata all'ontologia?
Dunque è la funzionalità ad essere un attributo dell'ontologia?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: Aumkaara il 07 Ottobre 2020, 13:37:07 PM
Ogni volta che si crede di aver sfondato (in realtà è solo un'osservazione più precisa e nitida) questa dualità compresente, la si ritrova di nuovo. Come si può quindi stabilire che solo uno di questi due poli è ontologico mentre l'altro solo epistemico, come era appunto stato affermato con sicurezza da Ipazia?
La mia risposta (lasciando ad Ipazia la sua) è che la dualità più che «compresente» è onnipresente (nella mente-che-legge-il-mondo, non nel mondo), perché l'unita di misura logica fondamentale umana è l'identità concettuale-convenzionale (non ontologica) che quindi pone l'alterità, ovvero almeno un dualismo (se non un pluralismo).
Il discorso ontologico presuppone quello epistemico, la cui versione più grezza, e al contempo inaggirabile, è la percezione/sensazione. La stessa ontologia, nonostante la sua velleità di essere asintoticamente veritativa, è discorso umano, quindi inevitabilmente "viziato" dalle categorie umane (leggi logiche, spettro delle percezioni, uso della tecnica, etc.) per cui ogni verità/dimostrabilità è tale per l'uomo (che ragiona appunto con le categorie di «dimostrabilità», «verità», etc.). Concordo dunque, anche sulla scia dell'esempio precedente dello scanner, sul primato dell'epistemico umano sull'ontologico assoluto (quest'ultimo inteso come meta-umano, Verità, etc.), essendo il secondo solo un ideale percepito sempre sotto forma di analitiche "ipotesi di lavoro" (detto in altri termini, è l'episteme, più o meno raffinata, a individuare ciò che c'è, astraendolo dalla realtà indistinta e dinamica). Tuttavia riguardo all'osservazione che
Citazione di: Aumkaara il 07 Ottobre 2020, 13:37:07 PM
è solo un'azione valida esclusivamente nel proprio ambito, vera solo grazie alle premesse che poniamo e ai risultati che ci attendiamo. Quale sia il motivo della concordanza tra premesse e risultati, non lo si può stabilire dal metodo usato: è appunto soprattutto un metodo, non soprattutto un sapere.
pur concordando sull'autoreferenziale circolarità fra premesse/risultati(/verifica/correzione), che interpreta il reale almeno quanto lo descrive, osserverei che il sapere è il risultato del metodo, quindi sono strettamente connessi (se parliamo di un sapere immanente e non assoluto) e trovo rischiosa la domanda implicita su «quale sia il motivo della concordanza tra premesse e risultati», poiché finché parliamo di «motivo» restiamo ancora dentro la logica, la scienza e le categorie umane (il che non è certo un difetto, ma un vincolo di cui essere consapevoli). Cercando il motivo-causa ci riferiamo ed affidiamo all meccanicismo, al causalismo, etc. per cui tale motivo-causa, anche se trovato e verificato, sarà sempre "antropocentricamente" prospettico, ovvero epistemico, ovvero (@green demetr) non "realmente" ontologico, salvo intendere per ontologia il suddetto sapere fatto dall'uomo e dalle sue categorie per funzionare nella sua realtà, non qualcosa di assoluto.


@viator
Il senso del mio parallelismo è che pare non esserci una ontologia (assolutamente vera) a cui tendere, ma che tanto il computer (antropomorfizzato per amor di parallelismo) che l'uomo hanno ognuno la propria prospettiva ontologica: il primo a base di bytes, pixels e sintassi/semantica di programmazione, mentre il secondo a base di concetti quali sostanza, forma, causa/effetto, etc. e, nocciolo di senso del parallelismo, entrambi i "soggetti", l'uomo e il computer-che-gioca-a-fare-l'-uomo, possono interagire con successo, studiare, comprendere e modificare il mondo esterno usando le rispettive, ben differenti, ontologie (quindi ciascuno dei due potrebbe affermare che la sua ontologia è quella reale, perché funziona; tuttavia nel momento in cui capisce che funziona anche quella dell'altro... illuminante relativismo?).

green demetr

cit phil
"tale motivo-causa, anche se trovato e verificato, sarà sempre "antropocentricamente" prospettico, ovvero epistemico, ovvero @green demetr non "realmente" ontologico, salvo intendere per ontologia il suddetto saper fatto dall'uomo e dalle sue categorie per funzionare nella sua realtà, non qualcosa di assoluto."

Ciò però contraddirebbe quello che affermavi qui:

"per fondarci un'ontologia che funziona, interagendo ed alterando il mondo circostante."
[/size]
In cui stai parlando dell'oggetto (i pixel in particolare).[/size]

Tu stesso cioè ammetti che il pixel oggetto alteri il mondo che circonda, ossia quello saputo.[/size]

Ma tale conoscenza avviene solo dopo che hai riconosciuto quell'oggetto.

Dunque l'oggetto viene prima del sapere. Naturalmente la conoscenza dell'oggetto stesso è funzionale alla fondazione dell'episteme da cui partire.

Ora dire che l'episteme è fuori dal discorso sull'assoluto, è corretto, ma rimane da chiarire il rapporto fra questo oggetto particolare e l'assoluto.

Di certo non è la funzionalità, se intendi che quello oggetto sia reale.

La funzionalità arriva sempre dopo no? Viene prima l'episteme che gli dà il vocabolario.

Se ammetti che l'oggetto pixel cambi il mondo, dunque reale in questo senso, l'oggetto non può essere l'attributo della funzionalità, che invece, se ho capito bene è la posizione di Ipazia, e in certo qual modo è anche la tua, se consideriamo il linguaggio come funzionalità (e dunque come pluralità).

Ecco questa pluaralità epistemica è l'evidente negazione dell'assoluto.
Ma allora in fin dei conti ha ragione Aumkaara, l'episteme è un attributo anch'esso della funzione matematica.
Che dunque sarebbe il vero assoluto, che ne pensi?

La mia opinione è invece che tra oggetto e assoluto vi sia un soggetto.

E' dunque il soggetto che è investito dall'oggetto reale, a formare una episteme salvifica.

L'episteme è un attributo del discorso del soggetto cioè. Perciò stante è anche una posizione pluralista.

Se invece isoliamo l'oggetto come oggetto dell'assoluto, allora è necessario pensare un monismo.

Ma ogni monismo deve fare i conti con la funzione della episteme, in senso cioè pluralista.

In questo senso l'assoluto è una necessità per il monismo, che non può accettare un pluralismo delle forme.

Ossia il monista è costretto ad affermare che esista un assoluto.

E nello stesso tempo è costretto a negarlo, in quanto l'episteme da cui parte è una episteme pluralista.

Mi sembra un cane che si morde la coda, ma aspettiamo ulteriori delucidazioni da Ankaara.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 07 Ottobre 2020, 21:38:39 PM
Tu stesso cioè ammetti che il pixel oggetto alteri il mondo che circonda, ossia quello saputo.

Ma tale conoscenza avviene solo dopo che hai riconosciuto quell'oggetto.


Dunque l'oggetto viene prima del sapere. Naturalmente la conoscenza dell'oggetto stesso è funzionale alla fondazione dell'episteme da cui partire.
Il «sapere fatto dall'uomo» (episteme) che «funziona nella realtà» non è in contraddizione con un'«ontologia che funziona», ne è anzi il fondamento; per questo affermavo la priorità dell'episteme (su un'ontologia postulata come assolutistica), poiché «è l'episteme, più o meno raffinata, a individuare ciò che c'è, astraendolo dalla realtà indistinta e dinamica» (tutte autocit.). Non è il pixel o qualunque altra identità concettualizzata ad "alterare il mondo" ontologico: essi sono l'unità di misura che usa il soggetto (o il computer) per relazionarsi con il mondo, conoscendo, agendo, e quindi producendo cambiamenti (ovvero, «pixel» e «identità» sono categorie epistemiche che raffigurano la realtà, circoscrivendola, non sono enti ontologici che costituiscono o alterano la realtà).
Una volta che i miei sensi, episteme allo stato brado, individuano il pixel, l'identità dell'ente, etc. allora può iniziare il discorso ontologico sull'ente, sull'essere dell'ente, etc. Se l'ontologia si basa sull'individuazione di un'identità (dell'ente, dell'Essere, etc.), è l'episteme a fornirgliela; per dirla parafrasando Aumkaara (forse oltre le sue intenzioni): è il metodo a fondare il sapere, come è l'individuazione a fondare l'ente. Ogni ontologia regionale ha infatti i suoi enti e i suoi metodi.
Direi quindi che è piuttosto il sapere, strutturato in un'episteme (che spazia dalla mera percezione ai calcoli quantistici) a circoscrivere (prima di descrivere) l'oggetto; prima di (ri)conoscere l'oggetto lo si identifica, e ciò dipende dal paradigma, dal metodo, dall'episteme con cui si guarda alla realtà.
Affermare che l'oggetto venga prima del sapere che lo individua è una postulazione legittima, ma che poi si smentisce nella scomposizione analitica dell'oggetto in sotto-oggetti, sovra-oggetti, differenti percezioni/ontologie dell'oggetto (come nel caso dell'immagine scansionata), etc. pluralità di messa a fuoco che rivela la convenzionalità dell'identità dell'ente (e dell'ontologia che essa imposta, per quanto possa risultare di fatto funzionale).

Aumkaara

#130
Citazione di: Ipazia
La realtà oggettiva è, esemplificando, singolare (universo), duale (dimorfismo sessuale), plurale (7 miliardi di umani). A ciascuna di queste sezioni del reale corrispondono sistemi con le loro ciclicità (e  retroazioni che si diffondono nell'universo) sufficientemente coerenti, con al loro interno processi causali con le caratteristiche elencate da phil, per poterli definire e studiare in quanto sistemi isolati. Sistemi fisici, biologici, sociali,... Questo è quanto.
Quindi, se seguiamo questa suddivisione, la sezione 1, quella ad esempio "dell'universo", di per sé è intrinsecamente singolare, continua, ontologicamente "uno", e non ha pluralità intrinseca, al massimo epistemica, perché questa appartiene ontologicamente solo alla sezione 3, quella dei sette miliardi di persone, o dei fantastilioni di fotoni, ecc., che è intrinsecamente plurale, discreta, ontologicamente "molti", e che non ha unità intrinseca, ma solo epistemica.
Cosa permette che le "retroazioni" tra gli eventi della sezione 3 e la sezione 1 siano regolari, e cosa permette che le "retroazioni" tra gli elementi intrinsecamente plurali della sezione 3 siano altrettanto regolari? Regolari o causali, se si preferisce. Cosa permette di far proseguire la causalità, tra sezioni ed elementi realmente separati? (E senza interventi teologici, esterni o connaturati: non sto cercando di arrivare ad essi, questi NON devono essere introdotti.)
(E senza neanche parlare di forze: questa parola, che è stata introdotta nei contesti scientifici in epoche meno illuminate in cui ancora si ipotizzavano influenze misteriose tra gli elementi naturali, si è rivelata essere il nome dato ad ulteriori enti interagenti: ad esempio la "forza" elettromagnetica altro non è che un'interazione tra i sopracitati fotoni con altri enti discreti, entrambi appartenenti a questa ipotetica "sezione 3".)


Citazione di: green demetr
Ciao Aumkaara, benvenuto nel forum, se prendiamo come problematica la pluralità, vorrebbe dire che siamo alla ricerca di un monismo.
E' corretto?
Ciao! Ti ringrazio!
Sintetizzo in una frase, che è di Ipazia (la nostra, molto più gradita di quella storica, che possiamo conoscere molto meno): la pluralità è ontologica, la singolarità è epistemica.
Personalmente non sto cercando un monismo, sto, quasi alla Nagarjuna, solo cercando di vedere se una tesi del genere regge. Visto che, a sua volta, regge una certa "apologia", o assolutezza, o comunque estrema importanza, data alla scienza; anche se non regge la scienza in sé, perché a mio parere quest'ultima, pur guardando soprattutto alla molteplicità, non ha bisogno (né ha la possibilità, nel suo essere principalmente un metodo) di formulazioni filosofiche per continuare a fare quello che fa (il che non vuol dire che il suo operato non cambi a seconda della filosofia di vita, più o meno consapevole, di coloro che esercitano scienza).


Citazione di: Phil
La stessa ontologia, nonostante la sua velleità di essere asintoticamente veritativa, è discorso umano [...] essendo [...] solo un ideale percepito sempre sotto forma di analitiche "ipotesi di lavoro"
Sì, alla fine possiamo dire che anche l'ontologia di per sé è episteme, un episteme che si occupa della causa invece che degli effetti. Da questo punto di vista, possiamo dire che causa ed effetto si rivelano entrambi relativi. Però questo non implica dover cadere in un relativismo assolutistico. Ma questo ora non è il caso di approfondirlo, anche se lo avevamo già affrontato in queste stesse pagine.

Ipazia

#131
Per correttezza di citazione:

Citazione di: Ipazia il 04 Ottobre 2020, 16:49:54 PM
Citazione di: Aumkaaral'ignoranza sarebbe lo sfondo da cui emerge tutto, ma lo sfondo sarebbe anche la pluralità.

L'ignoranza è lo sfondo epistemico, la pluralità è lo sfondo ontologico, già diviso di suo senza alcuna postulazione o feticismo.

Citazione di: Aumkaara il 08 Ottobre 2020, 00:06:52 AM
Citazione di: Ipazia
La realtà oggettiva è, esemplificando, singolare (universo), duale (dimorfismo sessuale), plurale (7 miliardi di umani). A ciascuna di queste sezioni del reale corrispondono sistemi con le loro ciclicità (e  retroazioni che si diffondono nell'universo) sufficientemente coerenti, con al loro interno processi causali con le caratteristiche elencate da phil, per poterli definire e studiare in quanto sistemi isolati. Sistemi fisici, biologici, sociali,... Questo è quanto.
Quindi, se seguiamo questa suddivisione, la sezione 1, quella ad esempio "dell'universo", di per sé è intrinsecamente singolare, continua, ontologicamente "uno", e non ha pluralità intrinseca, al massimo epistemica, perché questa appartiene ontologicamente solo alla sezione 3, quella dei sette miliardi di persone, o dei fantastilioni di fotoni, ecc., che è intrinsecamente plurale, discreta, ontologicamente "molti", e che non ha unità intrinseca, ma solo epistemica.
Cosa permette alla sezione 1 di avere una "retroazione" regolare con gli eventi della sezione 3, e cosa permette che ci siano "retroazioni" regolari tra gli elementi intrinsecamente plurali della sezione 3? (Senza parlare di forze: questa parola, che viene da epoche meno illuminate, si è rivelata essere il nome dato ad ulteriori enti interagenti: ad esempio la "forza" elettromagnetica altro non è che un'interazione tra i sopracitati fotoni con altri enti discreti, entrambi appartenenti a questa ipotetica "sezione 3".)

L'universo è singolare perchè è il sistema che contiene tutti gli altri sottosistemi. Poichè le forze e particelle elementari in gioco interessano tutti i sistemi vi è tra essi correlazione e retroazione. Ma se un tizio ne uccide altri due perchè sono troppo felici, andare a cercare nei quark (e nelle loro interazioni) di cui essi sono composti la catena causale di tale fatto dovrebbe apparire ridicolo anche al cultore più integralista della realtà non duale. O no ?
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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Aumkaara

#132
Citazione di: ipaziaL'universo è singolare perchè è il sistema che contiene tutti gli altri sottosistemi. Poichè le forze e particelle elementari in gioco interessano tutti i sistemi vi è tra essi correlazione e retroazione. Ma se un tizio ne uccide altri due perchè sono troppo felici, andare a cercare nei quark (e nelle loro interazioni) di cui essi sono composti la catena causale di tale fatto dovrebbe apparire ridicolo anche al cultore più integralista della realtà non duale. O no ?
(Nel frattempo avevo modificato il messaggio precedente, ma sostanzialmente è uguale a quello che hai citato.)
Per un cultore della realtà non duale, soprattutto se non integralista, NON ci sono i quark (insieme agli elettroni, i fotoni, i gluoni, ecc.) E, CONTEMPORANEAMENTE, i due tizi che "fanno qualcosa" (nel mio esempio si abbracciano 😉). I "due tizi" non sono i "contenitori" dei quark (ecc.). Né i due tizi stanno "in un'altra sezione" rispetto ai quark.
Ci sono solo i quark (ecc.) che, visti in modo "sfocato", sensorialmente approssimato, sembrano due corpi compatti e definiti.
Se poi guardiamo ancora meglio la molteplicità dei quark (ecc.), vediamo che sono (ipotesi) "tensioni" o "increspature" di un unico "campo". E così via. Discreto e continuo si alternano costantemente, nei diversi gradi di "messa a fuoco".
Messa a fuoco di cosa? Come è veramente, quello che appare in tanti modi diversi solo a causa della nitidezza con cui viene visto?

Secondo la tua frase ("la pluralità è ontologica"), sarebbe un qualcosa di plurale. Contenuto però in qualcosa di singolo, come hai cominciato ad affermare da un paio di messaggi. Bene: se questa singolarità è il contenitore della pluralità, in teoria potremmo separare il contenitore dal contenuto. Come sarebbe fatto a quel punto questo contenitore? Da che cosa è costituito? Nell'insiemistica matematica è solo una linea curva che racchiude enti considerati plurali, ma questa linea curva rappresenta solo un'idea (così come sono un'idea gli enti matematici plurali al suo interno). Qui hai invece posto la "sezione 1", la "singolarità", l'universo, come qualche cosa di reale che contiene la pluralità, a quanto pare. O era solo un modo per considerare idealmente tutti in una volta i vari elementi plurali? Spero sia così.


In ogni caso, hai detto, parafrasando, che "poiché gli enti in gioco interessano tutti i sistemi, vi è tra essi correlazione e retroazione": vero, ma non è in esame il fatto che interagiscono, ad essere in esame è: come fanno ad interagire causalmente, con regolarità,
visto che sono enti separati (senza esserci un "contenitore" se non idealmente, spero), che cioè non hanno altro legame se non l'istante in cui interagiscono: cozzano tra loro una volta e poi via, non hanno niente che faccia proseguire il loro rapporto, e se mai cozzassero di nuovo chissà quando (che lo facciano più volte consecutivamente sarebbe un miracolo) lo farebbero in modo diverso, perché non hanno altro che se stessi e il vuoto in cui si muovono: perché invece riscontriamo regolarità, tra cui la causalità, tra queste interazioni?

Ipazia

#133
Per rispondere a queste domande bisogna fare un viaggio ermenautico a ritroso nella storia evolutiva dell'universo utilizzando la nave migliore di cui disponiamo: la (cono)scienza.

La nube originaria di particelle subatomiche si è consolidata in strutture inedite, "singolari" in senso fisico, governate da forze e tenute insieme da legami che hanno caratteristiche diverse da quelle che riscontriamo nei quark. La prima singolarità evolutiva capace di (s)fondare il muro della realtà è l'atomo che diviene perno di un sistema plurale basato su 92 elementi che si sposano e bisticciano tra loro rimanendo sempre "all'interno del sistema" molecolare che diventa pertanto il luogo di una specifica episteme: la chimica.

Il secondo grande salto che facit Natura, (s)fondando nuovamente il muro della realtà, è l'aggregazione di atomi e molecole in macromolecole particolari, denominate proteine, la cui ulteriore aggregazione secondo modalità ignote a quark e atomi genera la cellula che si aggrega in organismi biologici dotati di una singolarità a sua volta inedita: la vita. Pure tale salto richieda una, o meglio più, epistemi specifiche perchè...

... il terzo grande salto è la presa di autocoscienza degli organismi biologici, la psiche che genererà il quarto, denominato recentemente antropocene, in cui una specifica forma di vita influenza in maniera significativa l'evoluzione del microuniverso laddove riesce ad interagire coi suoi arte-fatti.

Questi salti "quantistici" dell'evoluzione naturale, che una metafisica un po' demodè definì: "conversione della quantità in qualità", non sono convenzioni epistemiche sorrette da metafisiche numerologiche ma eventi reali che hanno inciso profondamente i ta onta generando isole di significato ontologico con proprie peculiari forze e materie agenti, cui razionalmente si accoppiano epistemi specifiche che vanno dalla fisica alla chimica, biologia e psico-logia che possiamo sussumere al complesso delle scienze umane tra le quali spicca anche la filosofia che nell'evoluzione epistemica generale ha dovuto evolversi, con alterne fortune, pure lei.

Come noi tutti, inclusi i vedici, non andiamo da un fisico delle particelle per curarci i denti, altrettanto non possiamo pretendere che una episteme monistica dia ragione di questa complessità plurale del reale il cui sezionamento ha un carattere incontrovertibilmente ontologico.
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pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Aumkaara

#134
Citazione di: Ipazialegami che hanno caratteristiche diverse da quelle che riscontriamo nei quark
Questo punto è sufficiente. Non potevamo non arrivarci, approfondendo finalmente la domanda: ci sono enti con caratteristiche diverse. Perché? Cosa li rende diversi? (Non importa in che modo specifico sono diversi, le modalità interessano ai metodi scientifici.)
1) è un "fatto bruto": "sono così e basta".
2) è dovuto al fatto che hanno una struttura complessa che è stata modificata tramite interazioni precedenti, ma che originariamente era uguale per tutti.
3) (suggerimenti.)

PS: cito: "non andiamo da un fisico delle particelle per curarci i denti".
Questo è vero solo perché tale fisico non si è ancora occupato di affinare tecniche adeguate; perché, diciamo, ha "la mano troppo pesante", non perché in teoria non possa curare i denti guardandoli per come sono "in realtà" (non proprio, è solo un'osservazione più nitida), cioè come configurazione dinamica di particelle invece che come presunti oggetti compatti e bianchi. Se affinasse i propri metodi, potrebbe comunque curare i denti anche guardandoli nella loro natura più dinamica e meno compatta di come appaiono ai dentisti, e potrebbe fare anche un lavoro molto, molto, molto, molto migliore.
...usando le nanotecnologie invece del trapano, ad esempio? Non sognano proprio gli scienziati appunto di riparare i corpi con strumenti nanotecnologici che "sistemano" direttamente le particelle (magari non direttamente quark ed elettroni, ma almeno gli atomi sì), in modi che la medicina non potrebbe mai fare?
Il fisico poi non deve fare nessun "grande salto" affinché la sua azione sulle particelle "si trasferisca" ai denti. Gli basta affinare gli strumenti, visto che ha già affinato la nitidezza delle sue osservazioni.

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