Re:I postulanti dell'Assoluto - Approfondimenti.

Aperto da atomista non pentito, 12 Settembre 2020, 21:53:49 PM

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Dante il Pedante

Sono Dante il Pedante  :)
L'equanimità rispetto alle rappresentazioni è sempre difficile per me.Se guardo un paesaggio,per averne una vista generale e non particolare (di prospettiva individuale o collettiva)dovrei pormi su un piano superiore di visione,esterno al paesaggio stesso,come se lo guardassi,con una metafora, dal cielo.Non esserne dentro/parte insomma.Dato che non è umanamente possibile, posso percorrere la stada dell'"indifferenza" per cercare di raggiungere lo stesso obbiettivo,così che ogni visione particolare non mi rappresenti,ma è un pendio scivoloso,per me, perché quasi sempre si arriva al cinismo e allo scetticismo.In più è una posizione intellettuale, ma poco concreta,nels enso che poi dovendo compiere inevitabilmente delle scelte "dentro il paesaggio" il concetto di indifferenza o "sovravisione" è inapplicabile.Anche dire "faccio scelte relative" è un'illusione,cioè un'escamotage intellettuale e basta,perchéogni scelta comporta effetti che non possono essere annullati,e perciò assoluti in se stessi.
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

viator

Salve Dante. Hai ragione circa la "equanimità" (io lo chiamo "distacco", cioè visione razionale piuttosto che emozionale) la quale è difficile da raggiungere, impossibile da mantene a lungo, paralizzante circa le conseguenti scelte che dovremo comunque fare, rende cinico chi la pratica........................

Anzitutto il distacco bisognerebbe esercitarlo (anzi, in realtà è possibile esercitarlo) sono verso ciò che non ci riguarda da vicino (comodo, vero ?). Poi, in ogni caso, dopo aver esaminato con distacco la questione, potremo prendere le decisioni del caso che risultino completamente estranee e diverse dalle conclusioni di "equanimità intellettuale" che magari abbiamo appena fatto, e che saranno servite comunque a "chiarirci le idee", affiancando e confrontando la visione emozional-psichico-sentimental dei problemi con quella appunto razional-mentale.
Poi, svolto tale atteggiamento, qualsiasi medico potrà anche passare al versante "psico-compassionevole" utilizzando la propria etica personale per celare, edulcorare etc. etc. le diagnosi magari fatali che il suo distacco dottrinale che ha permesso di raggiungere. Saluti.


Nella realtà dovrebbe succedere quello che deve succedere al buon medico : egli può fare il bene del paziente solamente "distaccandosi" dalle proprie emozioni e preoccupazioni ed utilizzando solamente le crude conoscenze fornitegli dalla sua scienza ed esperienza medica. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Aumkaara

#332
Negli ultimi due messaggi si dice che l'equilibrio è umanamente impossibile, o che comunque è solo un distacco razionale dalle emozioni...
Cosa è umanamente impossibile direi che è poco facile da stabilire, e non lo dico per esaltare la condizione umana, ma solo perché adattarsi ed andare oltre i limiti è forse ciò che più caratterizza tale condizione.
Quanto al distacco, esso non è identificabile con l'equanimità, è solo una funzione di essa, per quanto essenziale: c'è bisogno sia di distacco che di aderenza, proprio come quando, per restare in equilibrio su di un asse mobile, si deve tendere in una direzione per poi abbandonarla quasi subito, e fare lo stesso con la direzione opposta. Gli estremi vanno compresi e trascesi continuamente: questo permette non solo di non perdersi in uno di essi, ma anche di comprendere meglio entrambi e quindi di comprendere meglio la totalità, visto che ne sono parte integrante entrambi.
E più questa altalena diventa spontanea e ben misurata, più l'equilibrio diventa lento e stabile, comprendendo così sempre meglio gli opposti, pur non fermandosi mai del tutto, o si crollerebbe da una parte o dall'altra. Che è la repentina fine che si fa anche quando si scambia l'equilibrio con il ritirarsi dagli estremi per starsene fermi nel mezzo: si dura poco, e nel frattempo non ci si può neanche muovere, non comprendendo quasi per niente nessuno degli opposti (non comprendendo quasi niente, per la precisione).
Anche la ragione è un'altra funzione che permette l'equilibrio ma che non è sinonimo di esso, ed è semplicemente l'atto di misurare la giusta quantità di aderenza e di distacco che di volta in volta occorre in entrambi gli estremi.
È tutto ESATTAMENTE come nell'esercizio fisico. Esercizi esteriori ed interiori seguono i medesimi principi. È il "così in basso così in alto" di cui parlano gli esoteristi, poi diventato "in cielo, in terra, in ogni luogo" nella religiosità (cambia poco che sia riferito ad un paterno spirito o ad una materna natura), aldilà che gli esoteristi o i religiosi sappiano applicare o meno frasi di questo genere, che di solito approcciano solo per l'aria da iniziati o da eletti che conferisce il conoscerle.
In ogni caso, l'equanimità è un risultato che può essere raggiunto in modi più indiretti, moltissimi modi, consapevoli o meno. Quelli inconsapevoli sono le così dette esperienze della vita con relative reazioni nostre ed ulteriori relative conseguenze (gli iniziati lo chiamano karma, i religiosi giustizia).

Lou

#333
Non vorrei essere la guastafeste di turno, ma, questa condizione  esistenziale che descrivi, Aumkaara, mi ha rimandato, per associazione, a chi ne ha data una metafora impeccabile, Nietzsche, nella figura del Funambolo. Figura che reca in se tanto la condizione tesa sul precipizio mortale teso sul vuoto, pure alla mercè del Pagliaccio e perciò limitata, tanto quella hybrys che questo limite lo sfida, in quel trascendere oltreumano, da leggersi in un senso di rinascita, teso a oltrepassare quei limiti (sebbene l'hybris sia non cara agli dei nè alla filosofia greca).
Distacco e aderenza, in cerca di quel terzo dato dalla sintesi dei due: un equilibrio precario, in cui, più che far rientrare una totalità , per lo meno tende a una prospettiva affine a gestire la condizione in cui siamo sospesi.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Aumkaara

Non saprei, Lou, perché nell'equilibrio per come l'ho descritto ci va messo tutto sull'asse.
Non c'è tempo da perdere nel farsi vedere dal pubblico e dal mercato, tra cui c'è il pagliaccio, né per coltivare superbie oltreumane: paure e inorgoglimenti del senso dell'io sono tra i primi a dover essere messi sugli estremi dell'asse. Non devono essere tenuti al di fuori dell'esercizio in sé, in una posizione (rispettivamente) di ricerca di spettatori e di potenziamenti personali, come invece mi sembra che descriva Nietzsche.
Che, forse, tra i tanti contributi interessanti che può aver dato, cercava soprattutto un pubblico (e lo ha ottenuto, e in qualche modo resterà nei secoli forse) e cercava una forma di gloria (e l'ha ottenuta, anche con il credersi, alla fine, il successore del Dio di cui aveva decretato la morte).

Ipazia

Da non trascurare il fatto che il Funambolo muore, cadendo mentre viene scavalcato dal beniamino dell'ultimo uomo, il Pagliaccio. Va detto che dopo un secolo abbondante l'ultimo uomo comincerebbe pure a puzzare assai e la proliferazione di Pagliacci è diventata insopportabile. Parafrasando un altro grande: o oltreumanare o barbarie. Inclusa quella religiosa, assai attiva nello scontro medioevale di civiltà che si sta riesumando.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Aumkaara

Citazione di: Ipazia il 29 Ottobre 2020, 23:53:27 PM
Da non trascurare il fatto che il Funambolo muore, cadendo mentre viene scavalcato dal beniamino dell'ultimo uomo, il Pagliaccio. Va detto che dopo un secolo abbondante l'ultimo uomo comincerebbe pure a puzzare assai e la proliferazione di Pagliacci è diventata insopportabile. Parafrasando un altro grande: o oltreumanare o barbarie. Inclusa quella religiosa, assai attiva nello scontro medioevale di civiltà che si sta riesumando.
Chi era "l'altro grande" che disse "o oltreuomo o barbaro"? (In ogni caso le scelte esclusivamente binarie sono solo per i computer, e forse sempre meno anche per loro, se è vero che arriveranno quelli quantistici.)

Ipazia

Parafrasi é sostituzione, non ripetizione, di testi e concetti. Il testo originale é: "socialismo o barbarie". Concordo che le dicotomie sono quasi sempre fallaci (bene/male, fedeli/infedeli, paradiso/inferno, nirvana/samsara,...) ma il lezzo e la meschinità dell'ultimo uomo sono talmente insopportabili da rendere preferibile qualsiasi fallacia a questo tardo impero capitalistico sempre più: nasci produci consuma crepa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: atomista non pentito il 13 Settembre 2020, 21:07:47 PM
Quello che mi chiedo e' se questo argomentare utilizzando continui riferimenti "specialistici" ( ostici ai  meno preparati )sia necessario alla completezza ed esaustivita' per l'esposizione del proprio pensiero in modo compiuto o nasconda un minimo di compiacimento nella considerazione della propria esclusivita'. Colmare il divario culturale , per persone come me , non sara' possibile. Non certamente per gli anni che probabilisticamente mi rimangono da vivere , percio' una "volgarizzazione" delle risposte( almeno di quelle dirette ai commenti che mi riguardano) sarebbe un gradito segno del Vs desiderio di condividere realmente  il  Vs. pensiero.

Io chiederei semplicemente, di fronte a termini ostici o riferimenti vari: Cosa intendi TU con ..... ? A scanso di rimandi a voluminosi trattati o a definizioni wikipediche. Spesso i termini usati in questo tipo di discussioni hanno una rappresentazione approssimativa anche nella mente di chi li usa. E tutto ciò di cui non si riesce a trovare una descrizione semplice e sintetica spesso è solo spia di scarsa chiarezza mentale. Niente può mettere in crisi un filosofo quanto la domanda di un bambino.

viator

Salve donaldduck. Citandoti : "E tutto ciò di cui non si riesce a trovare una descrizione semplice e sintetica spesso è solo spia di scarsa chiarezza mentale. Niente può mettere in crisi un filosofo quanto la domanda di un bambino".

Ottimo. Personalmente, per evitare che mi si domandi "cosa intendi tu con questa parola ?" io cerco spesso di prevenire attraverso una qualche definizione ultrasintetica dei concetti da me affrontati. Non ha la minima importanza se la definizione mia (la quale, per mia SISTEMATICA, non coincide quasi mai con le definizioni canoniche di dottrine e letterature) sia opinabile, ridicola, errata o che altro.
Se, dato un concetto, lo si definisce con parole ragionevolmente ragionevoli...........il discorso poi diventa semplicemente quello del "buon senso" popolaresco, riassumibile nel "chi ha orecchie per intendere, intenda", oppure nel "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire".


Naturalmente, sintetizzando, ci si espone al rischio di venir accusati di ingenuità intellettuale, e questa è la ragione per la quale chi ambisca a venir annoverato tra gli "intellettuali"......si guarderà bene dal coltivare la sintesi (cioè la fecondità mentale) preferendogli le immersioni analitiche (cioè la sterilità masturbatoria) le quali immersioni (aspetto quest'ultimo dialetticamente essenziale ) permettono di aumentare a dismisura (infinitamente) la massa dei contenuti culturali che possano enfatizzare la propria intellettualità. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Lou

Io più umilmente mi considero immersa in una rete di linguaggio e lingue dove le parole hanno in larga parte significati condivisi e ritengo che se per ogni parola presente sul vocabolario ognuno di noi avesse una "mia definizione" ci sarebbe una incomprensibilità allo stato brado e la comunicazione sarebbe quasi impossibile. Ciò non toglie che data la fluidità del linguaggio si possano rinnovare le definizioni e ampliarle o modificarle, questo sì.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

viator

Salve Lou. Ovvio e naturale che la oceanica maggioranza delle parole che usiamo abbia un significato codificato e condiviso.

I termini che possono venir "reinterpretati", "ridefiniti" sono solo quelli (abbastanza numerosi ma sempre del tutto minoritari, all'interno della lingua) che risultano i più concettuali, i meno materiali, i meno strumentali.

Cioè quelli che riguardano - dal mio punto di vista - soprattutto "l'essenziale immateriale".

Trovi che le definizioni "ufficiali, enciclopediche, libresche" di concetti come (a caso) : Essere -Amore - Assoluto - Dio - Intelligenza - Psiche - Tutto.............. e qualche altro centinaio..........risultino non controvertibili, certe, logicamente chiare ?.


Oppure che il loro significato corrente (non oso parlare di "definizione"), conversatorio, quotidiano...........al di fuori dell'arena culturale (leggi: tra le masse) sia minimamente noto a chi ne parla ?. Ti saluto con amicizia.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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