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Realtà e Verità

Aperto da bobmax, 24 Gennaio 2023, 14:22:22 PM

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Kobayashi

La realtà è già vista, classificata, da me a partire da una certa cultura, da un'ontologia di base a cui la mia mente è stata educata fin dall'inizio della mia vita.
Per cui la verità intesa come rappresentazione conforme allo stato delle cose è una verità che non potrà mai trascendere quella grammatica di base appresa, una verità tutta interna a tale grammatica.
Come una sentinella del senso comune che ci allerta quando discorso e stato delle cose (che sono fatti della stessa "sostanza" linguistica, concettuale*) non collimano.
Per me questa roba non è filosofia.

* se mi dirigo verso gli alberi che sto vedendo dal mio giardino ovviamente rischio di andarci a sbattere; c'è qualcosa di solido là fuori, ma che quel qualcosa di solido sia "albero" è creazione della nostra mente, un'interpretazione culturale; è in questo senso che si può dire che la realtà è una creazione della mente.

Ipazia

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@Kobayashi

Green demetr ha ricordato, giustamente direi, che «l'ontologia si dà solo come fenomenologia»(cit.) e, aggiungerei, si corrobora in epistemologia. Se tale fenomenologia è attenta può, anzi secondo me, tende a vagliare (filosofando) la grammatica e la sintassi dell'imprinting culturale ricevuto nell'infanzia. La "sentinella del senso comune" è la prima ad essere bersagliata dal pensiero critico filosofico, non perché sia "sbagliata a priori", ma perché un pensiero, se filosofico, tende ad essere "sentinella di se stesso", ossia vuole essere consapevole del suo rapportarsi al mondo e agli altri, senza demandare la sua fiducia alla sentinella di turno. Senza questa tensione (philein) verso la consapevolezza (sophia) del proprio pensare, dei suoi fondamenti, delle sue modalità di rapporto con le alterità, etc. non sono sicuro si possa fare una solida filo-sofia.

Chiaramente se analizziamo proposizioni come «questa è una mela» o «quello è un albero», c'è poco di teoreticamente filosofico, ma il metodo con cui ne stabiliamo/accettiamo la verità, cogliendo tutti i condizionamenti eteronomi che essa porta con sé, è fondamentale (e senza soluzione di continuità) per il passaggio ad un metodo per affermazioni più impegnative come «questo è giusto» o «quello è bello»: capire come assegno la verità a (il discorso su) l'esistenza dell'albero è il primo passo per capire come, dopo lunga passeggiata per arrivare altrove, posso assegnare la verità a (il discorso su) questioni etiche, politiche, estetiche, etc. Non perché l'assegnazione di verità sia esattamente la medesima (la gnoseologia non è l'etica, ovviamente), ma perché, ad esempio, se assegno alle "verità etiche" uno statuto differente da quelle empiriche, posso chiedermi cosa rende una tipologia di verità differente dall'altra, perché (fenomenologicamente) affermo che «questo è giusto e quello no», etc. e così, per differenziazione, viene squadernato tutto il ruolo dell'imprinting culturale, dei presupposti ideologici, dei pre-giudizi, etc. che mi porta a pensare «questo è giusto» (proprio come accade, mutatis mutandis, con l'affermare «questo è un albero»: tensione alla consapevolezza del proprio pensare).
Prima ancora di interrogarsi sulla verità, se non si è consapevoli del perché si afferma «questo è un albero», difficilmente si potrà essere consapevoli del perché si afferma «questo è giusto».

P.s.
Impopolare opinione personale: nel momento in cui si perde il "contatto" con «questo è un albero» e con la riflessione sulla fenomenologia implicita in questa affermazione, la filosofia sfuma in poesia; affascinante, ma tutto un altro "gioco".

bobmax

Ci si potrebbe chiedere come può annullarsi la possibile falsità rimanendo la sola verità...

Il Vero trionfa perché l'essere è in accordo con se stesso.


E la verità dell'essere implica l'unica autentica libertà.
Infatti libero è colui che decide solo seguendo la propria verità, cioè se stesso.


PS
L'ontologia è lo studio dell'ente.
Quindi è già verità che necessita della falsità, per negarla.
Viceversa la periecontologia è apertura all'essere.


Quindi l'ontologia caratterizza la scienza.
Mentre la filosofia o è periecontologia oppure non è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

green demetr

Citazione di: PhilP.s.
Impopolare opinione personale: nel momento in cui si perde il "contatto" con «questo è un albero» e con la riflessione sulla fenomenologia implicita in questa affermazione, la filosofia sfuma in poesia; affascinante, ma tutto un altro "gioco".

Siamo d'accordo dunque,forse impopolare per altri, anche secondo me la filosofia che non sia consapevole dell'essere all'interno di discorsi falsificanti (fin dall'infanzia certo koba)e che non faccia un discorso dentro la fenomenologia, non solo è la filosofia che gioca (il postmodernismo) ma è anche la filosofia degli ipocriti che tanto non sopporto.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 27 Gennaio 2023, 13:11:26 PMCi si potrebbe chiedere come può annullarsi la possibile falsità rimanendo la sola verità...

Il Vero trionfa perché l'essere è in accordo con se stesso.


E la verità dell'essere implica l'unica autentica libertà.
Infatti libero è colui che decide solo seguendo la propria verità, cioè se stesso.


PS
L'ontologia è lo studio dell'ente.
Quindi è già verità che necessita della falsità, per negarla.
Viceversa la periecontologia è apertura all'essere.


Quindi l'ontologia caratterizza la scienza.
Mentre la filosofia o è periecontologia oppure non è.

Proprio cosi', e per aprirsi all'essere bisogna aprire al proprio essere enti dentro i fenomeni, questa per me è metafisica.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 27 Gennaio 2023, 20:44:06 PMProprio cosi', e per aprirsi all'essere bisogna aprire al proprio essere enti dentro i fenomeni, questa per me è metafisica.
Per raggiungere l'inafferabile realtà dell'essere, occorre un altro pensiero ,la Trascendenza, in grado di portarci al cospetto della presenza.
L'ontologia si chiede: "Che cosa è?", e in base a questa domanda, costruisce un quadro delle determinazioni dell'essere, un edificio di enti, perché quello che essa vuole è un sistema di enti.
La periecontolgia si chiede: "In che cosa consiste l'essere?", e in base a questa domanda non costruisce un quadro delle determinazioni dell'essere, non costruisce un edificio di enti, perché quello che essa vuole è una sistematica di cio che è.
Ma questo "dare la precedenza all'essere" non è di tipo logico, perché l'essere è, per così dire, nascosto nel rapporto solidale con le sue determinazioni. Dunque non può precederle (anche se qualcosa del genere accadde nel pensiero di Antonio Rosmini) ma deve "passare per loro". La periecontologia deve sostenere questa compresenza di essere e di enti.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 28 Gennaio 2023, 11:37:34 AMPer raggiungere l'inafferabile realtà dell'essere, occorre un altro pensiero ,la Trascendenza, in grado di portarci al cospetto della presenza.
L'ontologia si chiede: "Che cosa è?", e in base a questa domanda, costruisce un quadro delle determinazioni dell'essere, un edificio di enti, perché quello che essa vuole è un sistema di enti.
La periecontolgia si chiede: "In che cosa consiste l'essere?", e in base a questa domanda non costruisce un quadro delle determinazioni dell'essere, non costruisce un edificio di enti, perché quello che essa vuole è una sistematica di cio che è.
Ma questo "dare la precedenza all'essere" non è di tipo logico, perché l'essere è, per così dire, nascosto nel rapporto solidale con le sue determinazioni. Dunque non può precederle (anche se qualcosa del genere accadde nel pensiero di Antonio Rosmini) ma deve "passare per loro". La periecontologia deve sostenere questa compresenza di essere e di enti.

Non conosco la periecontologia, nè Rosmini, anche se avevo iniziato il suo commento al vangelo di giovanni.

La trascendenza che tu convochi a mio modo di vedere esiste solo come pensiero della trascendenza, non esiste una trascendenza in sè.

Coloro come i santi che si dicono investiti da essa, per me parlano d'altro.

Infatti compito dell'uomo è fare silenzio del soggetto che si è. In questo senso mi avvicino al misticismo occidentale e orientale.

Ma fatto il silenzio di quel vento che soffia forte sulle acque di tradizione ebraica, va fatto pensiero, tematizzato dentro il soggetto che è da venire e non quello che rimane impigliato negli enti del mondo.
Ossia il soggetto che viene smosso dal vento.
Il soggetto contemporaneo è arido e non è più in grado di andare avanti con la tradizione ebraica o con quella di nice, che poi sono la stessa cosa.
Potremmo riferirci banalmente al mondo spirituale contro quello modaiolo con scappellamento a destra dell'oggi contemporaneo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 15 Febbraio 2023, 02:03:59 AMNon conosco la periecontologia, nè Rosmini, anche se avevo iniziato il suo commento al vangelo di giovanni.

La trascendenza che tu convochi a mio modo di vedere esiste solo come pensiero della trascendenza, non esiste una trascendenza in sè.

Coloro come i santi che si dicono investiti da essa, per me parlano d'altro.

Infatti compito dell'uomo è fare silenzio del soggetto che si è. In questo senso mi avvicino al misticismo occidentale e orientale.

Ma fatto il silenzio di quel vento che soffia forte sulle acque di tradizione ebraica, va fatto pensiero, tematizzato dentro il soggetto che è da venire e non quello che rimane impigliato negli enti del mondo.
Ossia il soggetto che viene smosso dal vento.
Il soggetto contemporaneo è arido e non è più in grado di andare avanti con la tradizione ebraica o con quella di nice, che poi sono la stessa cosa.
Potremmo riferirci banalmente al mondo spirituale contro quello modaiolo con scappellamento a destra dell'oggi contemporaneo.

con trascendenza non mi riferisco a visioni mariane e visioni ultraterrene ovviamente. La trascendenza è l'autonomia del mondo rispetto agli schemi concettuali e gli apparati percettivi , la sua trascendenza rispetto al pensiero.
Penso a un mondo interno e a un mondo esterno, il mondo interno sono le categorie con i quali strutturiamo il sapere , gli schemi concettuali " sulla luna ci sono montagne alte 4000 metri" davvero potremmo dire che sulla luna ci sono montagne se non possedessimo i concetti o le parole "montagna" , "luna" ecc? . La realtà possiede un nesso strutturale ( e strutturato) che non solo è indipendente dagli schemi concettuali ma li precede. Propio per questo il concetto di "mondo esterno" va inteso primariamente come esterno ai nostri schemi e ai nostri apparati percettivi. Un tale mondo esiste altrimenti ogni nostro sapere sarebbe indistinguibile da un sogno.
Posso anche essere totalmente a digiuno di ogni sapere ma il fuoco continuerà a bruciare , il sole ad accecare e la ciabatta a starsene lì sul tappeto. Considerando l'indipendenza della realtà rispetto al sapere concettuale si smaschera la fallacia dell "essere/sapere"  di matrice ermeneutica o kantina  che ritiene , invece, che anche il fatto che sulla luna si trovino montagne alte 4000 metri non sia indipendente dai nostri schemi concettuali o anche solo dalle parole che usiamo. Questa posizione filosofica ritiene insomma che parti più o meno grandi della realtà siano costruite dai nostri schemi concettuali e dai nostri apparati percettivi.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 15 Febbraio 2023, 21:17:27 PMcon trascendenza non mi riferisco a visioni mariane e visioni ultraterrene ovviamente. La trascendenza è l'autonomia del mondo rispetto agli schemi concettuali e gli apparati percettivi , la sua trascendenza rispetto al pensiero.
Penso a un mondo interno e a un mondo esterno, il mondo interno sono le categorie con i quali strutturiamo il sapere , gli schemi concettuali " sulla luna ci sono montagne alte 4000 metri" davvero potremmo dire che sulla luna ci sono montagne se non possedessimo i concetti o le parole "montagna" , "luna" ecc? . La realtà possiede un nesso strutturale ( e strutturato) che non solo è indipendente dagli schemi concettuali ma li precede. Propio per questo il concetto di "mondo esterno" va inteso primariamente come esterno ai nostri schemi e ai nostri apparati percettivi. Un tale mondo esiste altrimenti ogni nostro sapere sarebbe indistinguibile da un sogno.
Posso anche essere totalmente a digiuno di ogni sapere ma il fuoco continuerà a bruciare , il sole ad accecare e la ciabatta a starsene lì sul tappeto. Considerando l'indipendenza della realtà rispetto al sapere concettuale si smaschera la fallacia dell "essere/sapere"  di matrice ermeneutica o kantina  che ritiene , invece, che anche il fatto che sulla luna si trovino montagne alte 4000 metri non sia indipendente dai nostri schemi concettuali o anche solo dalle parole che usiamo. Questa posizione filosofica ritiene insomma che parti più o meno grandi della realtà siano costruite dai nostri schemi concettuali e dai nostri apparati percettivi.
In realtà siamo sulla stessa posizione, anche io non credo che la realtà sia compresa dal nostro intelletto.
Ossia non esiste una adequazione dell'oggetto all'intelletto, ma una adeguazione dell'intelletto alla cosa.
Nel primo caso siamo nel nominalismo aristotelico-tommasiano-kantiano (che anch'io critico)
Nel secondo caso siamo a Dun Scoto e Heidegger.
PS.
anche se questo non c'entra niente con la trascendenza, ma con la gnoseologia. ma l'importante è capirsi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Alberto Knox

#70
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2023, 14:36:16 PMNel primo caso siamo nel nominalismo aristotelico-tommasiano-kantiano (che anch'io critico)
Nel secondo caso siamo a Dun Scoto e Heidegger.

ma anche già dagli scettici antichi a  Cartesio,Hegel  fino a Wittgestein  , Cartesio per quanto riguarda il dubitare dei nostri sensi ma senza però voler dire che dal momento che possono esistere degli inganni, allora non è sempre scontato bruciarsi con il fuoco. Noi costruiamo una conoscenza sulla base di una "realtà incontrata" e sulla base di questo il pericolo è quello di giungere alla conclusione che l interpretazione di fenomeni particolari sia la realtà propio come avviene nella matematica in cui conoscere che 7 +5 fa 12 equivale a costruire l addizzione 7+5 =12 .
Certo, kant è vero che ci invita a pensare che dietro l oggetto fenomenico x esista un oggetto neumenico Y (e qui la trascendenza in kant per come lo capita) una cosa in sè e per noi inaccessibile , ma questo non toglie che la sfera dell essere (con le 12 categorie e tutti gli a priori del caso) coincide in larghissima misura con quella del conoscibile , e che il conoscibile equivalga essenzialmente al costruibile. All origine della fallacia dell "essere e sapere" c'è dunque un intreccio di argomenti.  Seguendo e radicalizzando kant , i costruzionisti confonderanno sempre l'ontologia con l epistemologia , quello che c'è ( e non dipende da schemi concettuali) e quello che sappiamo (e dipende da schemi concettuali). Le due cose , ovviamente non si equivalgono perchè il fatto di sapere che questa chiave mi apre la porta di casa (epistemologia) non mi permette di aprire la porta di casa nel caso in cui io abbia perso la chiave in questione (ontologia). L asserto di kant non avrebbe in realtà nulla di problematico, in quanto ci sono più circostanze in cui si può applicare senza nessuna difficoltà e appare ampiamente giustificato, basti pensare a quanto sia impossibile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nelle dinamiche politiche o sociali se non si è muniti di concetti. Il problema è però che kant itendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza. é questo il mio disappunto principale, perchè dico questo? bhè non mi serve avere nessun cencetto , nè categorie a priori e nessun altra facoltà mentale per scivolare su una lastra di ghiaccio.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 16 Febbraio 2023, 15:22:48 PMma anche già dagli scettici antichi a  Cartesio,Hegel  fino a Wittgestein  , Cartesio per quanto riguarda il dubitare dei nostri sensi ma senza però voler dire che dal momento che possono esistere degli inganni, allora non è sempre scontato bruciarsi con il fuoco. Tuttavia noi costruiamo una conoscenza sulla base di una "realtà incontrata" e sulla base di questo il pericolo è quello di giungere alla conclusione che l interpretazione di fenomeni particolari sia la realtà propio come avviene nella matematica in cui conoscere che 7 +5 fa 12 equivale a costruire l addizzione 7+5 =12 .
Certo, kant è vero che ci invita a pensare che dietro l oggetto fenomenico x esista un oggetto neumenico Y (e qui appunto la trascendenza in kant per come lo capita) una cosa in sè e per noi inaccessibile , ma questo non toglie che la sfera dell essere (con le 12 categorie e tutti gli a priori del caso) coincide in larghissima misura con quella del conoscibile , e che il conoscibile equivalga essenzialmente al costruibile. All origine della fallacia dell "essere e sapere" c'è dunque un intreccio di argomenti.  Seguendo e radicalizzando kant , i costruzionisti confonderanno sempre l'ontologia con l epistemologia , quello che c'è ( e non dipende da schemi concettuali) e quello che sappiamo (e dipende da schemi concettuali). Le due cose , ovviamente non si equivalgono perchè il fatto di sapere che questa chiave mi apre la porta di casa (epistemologia) non mi permette di aprire la porta di casa nel caso in cui io abbia perso la chiave in questione (ontologia). L asserto di kant non avrebbe in realtà nulla di problematico, in quanto ci sono più circostanze in cui si può applicare senza nessuna difficoltà e appare ampiamente giustificato, basti pensare a quanto sia impossibile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nelle dinamiche politiche o sociali se non si è muniti di concetti. Il problema è però che kant itendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza. é questo il mio disappunto principale, perchè dico questo? bhè non mi serve avere nessun cencetto per scivolare su una lastra di ghiaccio.
Ma figurati hai capito benissimo sia i pregi della coppia cartesio-kant che i difetti, quello di aver dato troppo importanza all'intelletto.
E' quello che Hegel poi criticherà di kant infatti.

Penso che però Hegel si riferisca più che alle scivolate sulle lastre di ghiaccio, all'esperienza del contatto con Dio o Uno o Assoluto o Negativo, come abbiamo già visto il nostro fa un pò di casino. ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2023, 15:33:55 PMPenso che però Hegel si riferisca più che alle scivolate sulle lastre di ghiaccio, all'esperienza del contatto con Dio o Uno o Assoluto o Negativo, come abbiamo già visto il nostro fa un pò di casino. ;)

Sì è vero, il mio corpo può scivolare sul ghiaccio come un qualsiasi corpo inanimato , senza dunque bisogno di concetti e categorie ma in verità kant parlava di ciò che rende possibile la conoscenza nell esperienza ad esempio l esperienza di scivolare sul ghiaccio. Cosa è necessario quindi per averne esperienza ? almeno due cose ; le forme a priori della conoscenza sensibile ( i sensi). E poi i concetti puri dell intelletto (le dodici categorie, causa/effetto e via discorredo) sia le forme sensibili che i concetti puri dell intelletto sono a priori dell esperienza (non hanno origine empirica) ma hanno come campo di applicazione solo l'esperienza .
A priori significa che sono qualità innate e sono i modi in cui l essere fa esprienza della realtà fenomenica , quando parlo di forme e di concetti a priori vado dunque a toccare il modo in cui l'itelletto lavora con i dati sensibili. La conoscenza umana, dunque, che è possibile in forza dei sensi e dell'intelletto, è una conoscenza trascendentale. Che non significa qualcosa che oltrepassa l'esperienza ma che la precede (a priori) . Per illustrare questo farò un esempio molto pratico , prendiamo la forma a priori della conoscenza sensibile di spazio e tempo ma per rendere ancora più semplice prendiamo solo lo spazio. Se io non avessi la facoltà innata e sensibile di percipere lo spazio (esperienza sensibile) non sarei in grado di ordinare spazialmente le cose ,(ad es. mettere in parallelo a distanza di 3 cm uno dall altro dei fiammiferi). Senza questa facoltà innata per me lo spazio sarebbe del tutto senza senso e il senso dell orientamento non saprei neppure concettualizzarlo come cosa possibile.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 21 Febbraio 2023, 00:33:31 AMSì è vero, il mio corpo può scivolare sul ghiaccio come un qualsiasi corpo inanimato , senza dunque bisogno di concetti e categorie ma in verità kant parlava di ciò che rende possibile la conoscenza nell esperienza ad esempio l esperienza di scivolare sul ghiaccio. Cosa è necessario quindi per averne esperienza ? almeno due cose ; le forme a priori della conoscenza sensibile ( i sensi). E poi i concetti puri dell intelletto (le dodici categorie, causa/effetto e via discorredo) sia le forme sensibili che i concetti puri dell intelletto sono a priori dell esperienza (non hanno origine empirica) ma hanno come campo di applicazione solo l'esperienza .
A priori significa che sono qualità innate e sono i modi in cui l essere fa esprienza della realtà fenomenica , quando parlo di forme e di concetti a priori vado dunque a toccare il modo in cui l'itelletto lavora con i dati sensibili. La conoscenza umana, dunque, che è possibile in forza dei sensi e dell'intelletto, è una conoscenza trascendentale. Che non significa qualcosa che oltrepassa l'esperienza ma che la precede (a priori) . Per illustrare questo farò un esempio molto pratico , prendiamo la forma a priori della conoscenza sensibile di spazio e tempo ma per rendere ancora più semplice prendiamo solo lo spazio. Se io non avessi la facoltà innata e sensibile di percipere lo spazio (esperienza sensibile) non sarei in grado di ordinare spazialmente le cose ,(ad es. mettere in parallelo a distanza di 3 cm uno dall altro dei fiammiferi). Senza questa facoltà innata per me lo spazio sarebbe del tutto senza senso e il senso dell orientamento non saprei neppure concettualizzarlo come cosa possibile.
Certo ma nel merito del suo seguito, la facoltà del giudizio è intrinseca all'uomo, cosa che a mio parere non puà essere se non nel sensibile mentra kant la estende anche alle categorie del giudizio apriori, il che è un eccessiva fiducia nella facoltà di questa fantomatico Intelletto.
Infatti non vi è alcuna Intelletto, pensiero mio che condivido con i miei maestri Nietzche ed Hegel.
Non esiste la verità, esiste la falsità (ossia la volontà, questo concetto già introdotto da Schopenauer, che puntualizza, e migliora il pensiero Kantiano).
Non esiste l'intelletto, ma la sua sottrazione. Qualcosa si toglie sempre dalla conoscenza dell'Uno, cosa che Kant invece autorizza a pensare (e che nei forum deceduti vedeva tanti utenti lamentarsi del solipsismo kantiano, non avendo capito il trascendentale, che invece tu capisci per esempio, e nemmeno la questione dell'intelletto puro, cosa che forse anche tu fatichi a cogliere).
PS
Non capendo l'intelletto puro, non si capisce di conseguenza quale sia la critica di Hegel a Kant.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 21 Febbraio 2023, 15:32:57 PMNon esiste l'intelletto, ma la sua sottrazione. Qualcosa si toglie sempre dalla conoscenza dell'Uno, cosa che Kant invece autorizza a pensare (e che nei forum deceduti vedeva tanti utenti lamentarsi del solipsismo kantiano, non avendo capito il trascendentale, che invece tu capisci per esempio, e nemmeno la questione dell'intelletto puro, cosa che forse anche tu fatichi a cogliere).
quello che ho capito riguardo la trascendenza è che ci possono essere più modi di intenderla , ora qui ho presentato l "a priori" di una facoltà innata come il senso dello spazio e del tempo, ma c'è almeno un altro modo di intenderlo  . Per spiegarlo mi servirò di un frutto. Facciamo finta che io non abbia mai visto un ananas , e quando ne vedo uno lo assaggio. Ora mi sarò fatto un idea nella mente che corrisponde alle caratteristiche dell ananas. Questa idea non sta nello spazio, non ha peso, è appunto un idea.
 e non è neppure come il soggetto mente che la sviluppata. non è ne uno ne l'altro ma senza di essi non potrebbe venire alla luce. l'idea anans è trascendentale ad entrambi.
A parte questa ulteriore riflessione riguardo il "trasendentale" e facendo un passo indietro , mi ero chiesto se l'esperienza sensibile che abbiamo dello spazio sia una qualità dei sensi che dipende dallo spazio , quindi contingente , oppure se è una qualità necessaria , che non dipende dallo spazio attorno a noi. E ancora, quando percepisco lo scorrere del tempo , dipende dal tempo il mio percepirlo? queste due forme sensibili dell esperienza ovvero la percezione dello spazio e del tempo  a mio avviso non  sono solo a priori dell esperienza , ma anche necessari , una cosa è necessaria se è quello che è indipendentemente da qualsiasi altra cosa (salvo eventualmente , altre cose necessarie). Inoltre la percezione dello spazio e del tempo è universale a tutti gli esseri viventi, anche le piante. Non importa i modi della percezione, conta che la percezione non è qualcosa che dipende da qualcosa di esterno all essere vivente.
Citazione di: green demetr il 21 Febbraio 2023, 15:32:57 PMPS
Non capendo l'intelletto puro, non si capisce di conseguenza quale sia la critica di Hegel a Kant.
dipende cosa criticava
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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