Realtà e rappresentazione

Aperto da Apeiron, 18 Ottobre 2016, 19:39:34 PM

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Eutidemo

Sgiombo, molto giustamente, scrive che il "solipsismo" non è superabile razionalmente ma solo assumendo fideisticamente la verità di alcune tesi indimostrabili, né direttamente constatabili empiricamente.
Fondamentalmente, ritengo che tale assunto sia corretto, ma vorrei fare qualche ulteriore osservazione al riguardo.
In effetti, noi partiamo dal presupposto -sia pure fideistico- che il "mondo noumenico", se esiste, sia, in senso lato, la "causa" del "mondo fenomenico"; e, questo, sia in generale che per quanto concerne ogni singolo fenomeno.
Il problema è che noi possiamo riscontrare il nesso di causa-effetto, solo sul piano fenomenico; ad esempio, il fenomeno "fuoco" provoca (cioè è causa) del fenomeno "calore"...e così per i rapporti che intercorrono tra tutti gli altri fenomeni.
Sebbene lo stesso concetto di "causa" sia messo da molti in discussione.
Ma ammettendo pure che i fenomeni siano tra loro legati da un nesso causale...estendere tale nesso ad un altro piano -quello noumenico-, asserendo che c'è un "albero in sè" (inconoscibile), che "provoca" la mia "idea di albero" (essendone la causa), o meglio, la mia "immagine mentale di albero", secondo me, costuisce un'illazione logica illecita; dico questo, perchè, cos' facendo, trasponiamo il "rapporto di causa effetto" dall'unico piano (fenomenico) in cui possiamo sperimentarlo e verificarlo, ad un rapporto tra due diversi piani ("noumenico" quale causa del "fenomenico").
Il che, appunto, è non solo indimostrabile (perchè l'albero potrebbe essere un miraggio), ma, mi sembra, anche logicamente alquanto improprio, trattandosi di una conclusione che non nasce da alcuna premessa valida; anzi, da premesse errate.
Ed invero, a parte il fatto che l'"esistenza del mondo noumenico" è indimostrabile, anche ammesso che esso esistesse (il che è indubbiamente possibile), non mi sembra invece possibile che esso possa avere un rapporto di causa-effetto con un altro mondo, quello fenomenico; questo, perchè tale (dubbio) rapporto di causa-effetto, noi lo riscontriamo solo sul piano fenomenico.
Per fare un esempio un po' forzato, sarebbe come dire che, poichè vediamo che gli esseri umani vengono generati da altri esseri umani, il primo essere umano è stato generato dall'accoppiamento di due angeli.
Lungi da me, peraltro, dire che questo dimostri la validità del "solipsismo" inteso in senso stretto; perchè, inteso in tal senso, esso è secondo me "autocontraddittorio".
Ed infatti, il mondo non può essere un sogno di Pippo Pippi, impiegato del catasto, perchè tutte le sue "differenze specifiche" (sesso, età, codice fiscale ecc.) implicherebbero che il mondo non può essere sognato da lui come singolo individuo; sarebbe un controsenso.
Semmai, potrebbe essere il "sogno di Dio", come sosteneva Berkeley...o meglio ancora un'unica realtà monistica, secondo la visione idealistica Vedanta (per la quale propendo).
Ma questo è un altro tema.
:)

sgiombo

#76
Citazione di: Eutidemo il 28 Ottobre 2016, 13:47:39 PM
Sgiombo, molto giustamente, scrive che il "solipsismo" non è superabile razionalmente ma solo assumendo fideisticamente la verità di alcune tesi indimostrabili, né direttamente constatabili empiricamente.
Fondamentalmente, ritengo che tale assunto sia corretto, ma vorrei fare qualche ulteriore osservazione al riguardo.
In effetti, noi partiamo dal presupposto -sia pure fideistico- che il "mondo noumenico", se esiste, sia, in senso lato, la "causa" del "mondo fenomenico"; e, questo, sia in generale che per quanto concerne ogni singolo fenomeno.
Il problema è che noi possiamo riscontrare il nesso di causa-effetto, solo sul piano fenomenico; ad esempio, il fenomeno "fuoco" provoca (cioè è causa) del fenomeno "calore"...e così per i rapporti che intercorrono tra tutti gli altri fenomeni.
Sebbene lo stesso concetto di "causa" sia messo da molti in discussione.
Ma ammettendo pure che i fenomeni siano tra loro legati da un nesso causale...estendere tale nesso ad un altro piano -quello noumenico-, asserendo che c'è un "albero in sè" (inconoscibile), che "provoca" la mia "idea di albero" (essendone la causa), o meglio, la mia "immagine mentale di albero", secondo me, costuisce un'illazione logica illecita; dico questo, perchè, cos' facendo, trasponiamo il "rapporto di causa effetto" dall'unico piano (fenomenico) in cui possiamo sperimentarlo e verificarlo, ad un rapporto tra due diversi piani ("noumenico" quale causa del "fenomenico").
Il che, appunto, è non solo indimostrabile (perchè l'albero potrebbe essere un miraggio), ma, mi sembra, anche logicamente alquanto improprio, trattandosi di una conclusione che non nasce da alcuna premessa valida; anzi, da premesse errate.
Ed invero, a parte il fatto che l'"esistenza del mondo noumenico" è indimostrabile, anche ammesso che esso esistesse (il che è indubbiamente possibile), non mi sembra invece possibile che esso possa avere un rapporto di causa-effetto con un altro mondo, quello fenomenico; questo, perchè tale (dubbio) rapporto di causa-effetto, noi lo riscontriamo solo sul piano fenomenico.
Per fare un esempio un po' forzato, sarebbe come dire che, poichè vediamo che gli esseri umani vengono generati da altri esseri umani, il primo essere umano è stato generato dall'accoppiamento di due angeli.

CitazioneConcordo pressocché completamente.

I nessi causa-effetto (indimostrabili come rilevato da Hume) hanno senso nel solo mondo fenomenico (e secondo me hanno "pienamente senso in -orrible gioco di parole!- senso stretto" solo nella sua componete materiale (le "res extensa" intesa fenomenicamente).
Anzi, un principio irrinunciabile della scienza (per chi, come me, la ritiene possibile e vera, almeno limitatamente e salvo errori od omissioni) é la chiusura causale del mondo fisico (fenomenico).

Le ipotesi che, a quanto mi par di capire sconcertando molti e convincendo pochissimi o nessuno nel forum, avanzo sul noumeno non implicano propriamente una "causazione" da parte di quest' ultimo dei fenomeni; almeno nel senso che non si possono dare per definizione "leggi naturali", fisiche (ma casomai -ammesso e non concesso- "metafisiche", letteralmente) che descrivano (o in un certo senso prescrivano) rapporti di causalità fra noumeno e fenomeni; secondo me si possono semplicemente ipotizzare (e, volendo, credere indimostrabilmente né mostrabilmente) rapporti di corrispondenza biunivoca fra ogni esperienza fenomenica cosciente e noumeno (e transitivamente poliunivoche fra tutte le sperienze fenomeniche coscienti, limitatamente alle loro componenti materiali, intersoggettive).

Lungi da me, peraltro, dire che questo dimostri la validità del "solipsismo" inteso in senso stretto; perchè, inteso in tal senso, esso è secondo me "autocontraddittorio".
Ed infatti, il mondo non può essere un sogno di Pippo Pippi, impiegato del catasto, perchè tutte le sue "differenze specifiche" (sesso, età, codice fiscale ecc.) implicherebbero che il mondo non può essere sognato da lui come singolo individuo; sarebbe un controsenso.
Semmai, potrebbe essere il "sogno di Dio", come sosteneva Berkeley...o meglio ancora un'unica realtà monistica, secondo la visione idealistica Vedanta (per la quale propendo).
Ma questo è un altro tema.
:)

CitazioneNon comprendo invece questa affermazione di autocontraddittorietà del solipsismo, che secondo me é una forma leggermente meno drastica di scetticismo (rispetto a uno scetticismo integrale per il quale tutto é dubbio, anche l' immediatamente constatato "solipsisticamente") non superabile razionalmente.

A me sembra che un qualunque Pippo Pippi, impiegato del catasto, non abbia ragioni per essere sicuro che tutta la realtà non si esaurisca nelle sue sensazioni.

Sariputra

#77
Sgiombo scrive:

A me sembra che un qualunque Pippo Pippi, impiegato del catasto, non abbia ragioni per essere sicuro che tutta la realtà non si esaurisca nelle sue sensazioni.

Sari scrive:

Appunto, non potrà avere "ragioni" ma troverei Pippo Pippi alquanto coione ( termine filosofico desueto...) se , essendo causa del suo mondo, si affannasse a costruirselo pieno di sensazioni di sofferenza, che via via incontra, giorno dopo giorno, nella sua vita di impiegato del catasto. Essendo inconsciamente e razionalmente portato a cercare il piacere e a  fuggire il dolore, non sarebbe molto logico il suo agire in senso contrario alle sue pulsioni più profonde. Forse solo ipotizzando una sorta di masochismo solipsistico avrebbe un senso.
Direi che, nel mentre non ci sono dimostrazioni possibili che il tutto non si esaurisca nel sogno di Pippo Pippi, c'è un istintivo intuire pre-logico che così non può essere ( un intuire da persona comunemente designata come "sana di mente") e infatti agiamo tutti sulla base di questa intuizione pre-logica, azzuffandoci come se Pippo Pippi fosse veramente solo un comune impiegato del catasto.  
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Eutidemo

Caro Sgiombo, io intendevo riferirmi al "solipsismo" in senso stretto (o "riduttivo" che dir si voglia); cioè, all'assunto che l'intero universo sia il sogno dello specifico individuo Pippo Pippi.
Tale assunto, secondo me, è in sè stesso contraddittorio, perchè se partiamo dal presupposto che tutto sia il sogno di uno specifico individuo Pippo Pippi (un "jīva", secondo la terminologia indiana), allora i casi sono due:
a) O Pippo Pippo esiste davvero, come un individuo che viene aristotelicamente definito "per differenza specifica" rispetto ad altri individi (ed entità) aventi autonoma e indipendente esistenza in un esistente mondo reale, e allora, qualunque cosa lui si sogni, esiste anche il mondo materiale intorno a lui, che lo determina specificatamente in quanto Pippo Pippi; 
b) Oppure il mondo reale non esiste, e allora non può esistere neanche "Pippo Pippi" che sta lì a sognarselo, bensì esiste una SOLA MENTE che trascende lui e tutto il resto, e sogna (rectius: "è")il TUTTO, illusorie differenze specifiche comprese;
Nel caso b) si perviene ad una concezione "latu sensu" idealistica, mentre nel caso a) ad una concezione "latu sensu"  materialistica...ma in entrambi i casi non c'è spazio per il "solipsismo" riduttivo, che sarebbe un assurdo e contraddittorio "miscuglio" tra le due cose.
No so se questa volta sono riuscito a spiegarmi meglio (ammesso che quello che io dico abbia un senso).
:)

Phil

Citazione di: Sariputra il 28 Ottobre 2016, 15:32:21 PMnon potrà avere "ragioni" ma troverei Pippo Pippi alquanto coione ( termine filosofico desueto...) se , essendo causa del suo mondo, si affannasse a costruirselo pieno di sensazioni di sofferenza
Distinguerei l'essere-percipiente, l'essere-"ingegnere della percezione" e l'essere-causa: percepisci qualcosa e di questa tua percezione non dubiti (puoi invece dubitare della realtà dell'esterno alla percezione o di quanto tale percezione sia affidabile), ma ciò non significa che tu possa progettarla e decidere che tipo di percezione essa debba essere (piacevole o spiacevole), tantomeno che tu sia la causa della percezione... l'impiegato catastale solipsista Pippo Pippi non è causa del suo mondo (sgiombo mi correggerà se fraintendo la sua affermazione), piuttosto non si fida ciecamente del fatto che ci sia un mondo (e di come sia tale mondo) che lo circonda nell'infinito spazio-temporale...

Citazione di: Sariputra il 28 Ottobre 2016, 15:32:21 PMc'è un istintivo intuire pre-logico che così non può essere ( un intuire da persona comunemente designata come "sana di mente") e infatti agiamo tutti sulla base di questa intuizione pre-logica, azzuffandoci come se Pippo Pippi fosse veramente solo un comune impiegato del catasto.
L'essere "sani di mente" ha un suo legame con il senso comune, il che invita a prenderlo con la dovuta circospezione: i "sani di mente" erano anche quelli che vedevano il sole muoversi in cielo e lo interpretavano come un suo moto (invece era solo apparente); i "sani di mente" pensavano che fosse impossibile arrivare in america in 6-7 ore o parlare in tempo reale con persone a migliaia di chilometri di distanza; i "sani di mente" pensavano che il ruolo della donna dovesse inevitabilmente essere quello di "angelo del focolare", che la democrazia avrebbe fatto contento tutto il popolo e che ci fosse una sola verità... i "sani di mente" sono i primi a restare un passo indietro, anche se nessuno di loro resta mai solo...


Citazione di: Eutidemo il 28 Ottobre 2016, 15:39:46 PMperchè se partiamo dal presupposto che tutto sia il sogno di uno specifico individuo Pippo Pippi [...] allora i casi sono due: 
Se partiamo dal suddetto presupposto i due casi seguenti sono contraddittori al presupposto (e viceversa!), per cui si tratta solo di stabilire di chi ci fidiamo di più, per poi dedurre chi falsifica chi (con dimostrazione "per assurdo"). Tuttavia, in ottica solipsista, un'argomentazione del genere (supponiamo che Tizio sogni, etc.) non ha senso, perchè si dubita, a monte, che ci sia un Tizio-che-non-sono-io (altrimenti non si è davvero solipsisti  ;) ).

Ciò premesso, affrontiamo la questione da una prospettiva non-solipsistica:
Citazione di: Eutidemo il 28 Ottobre 2016, 15:39:46 PMa) O Pippo Pippo esiste davvero, come un individuo che viene aristotelicamente definito "per differenza specifica" rispetto ad altri individi (ed entità) aventi autonoma e indipendente esistenza in un esistente mondo reale, [...] 
b) Oppure il mondo reale non esiste, e allora non può esistere neanche "Pippo Pippi" che sta lì a sognarselo, bensì esiste una SOLA MENTE che trascende lui e tutto il resto, e sogna (rectius: "è")il TUTTO
Se fossi Pippo, proporrei una "variazione catastale" delle due posizioni:
a-bis) esisto, in quanto Pippo (il celeberrimo "pippo ergo sum"), ma la reale esistenza del mondo di cui mi fido è confinata in ciò che esperisco... e potrei persino sbagliarmi... 
b-bis) esisto, altrimenti non potrei fare queste riflessioni (o non potrei darmi una bastonata), ma sull'esistenza reale del mondo sono diffidente (sogno o son desto? Direi che comunque non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...)


P.s. 
Mi diletto a fare l'avvocato dello scetticismo e dell'impiegato catastale solipsista, ma, fuori dal forum (ovvero "fuorum"  ;D ), sono, per pigrizia e comodità, un "sano di mente" (il "gioco della società" ha le sue regole e, per ora, preferisco stare al gioco...).

sgiombo

#80
Citazione di: Eutidemo il 28 Ottobre 2016, 15:39:46 PM
CitazioneSgiombo scrive:

A me sembra che un qualunque Pippo Pippi, impiegato del catasto, non abbia ragioni per essere sicuro che tutta la realtà non si esaurisca nelle sue sensazioni.

Sari scrive:

Appunto, non potrà avere "ragioni" ma troverei Pippo Pippi alquanto coione ( termine filosofico desueto...) se , essendo causa del suo mondo, si affannasse a costruirselo pieno di sensazioni di sofferenza, che via via incontra, giorno dopo giorno, nella sua vita di impiegato del catasto. Essendo inconsciamente e razionalmente portato a cercare il piacere e a  fuggire il dolore, non sarebbe molto logico il suo agire in senso contrario alle sue pulsioni più profonde. Forse solo ipotizzando una sorta di masochismo solipsistico avrebbe un senso.
Direi che, nel mentre non ci sono dimostrazioni possibili che il tutto non si esaurisca nel sogno di Pippo Pippi, c'è un istintivo intuire pre-logico che così non può essere ( un intuire da persona comunemente designata come "sana di mente") e infatti agiamo tutti sulla base di questa intuizione pre-logica, azzuffandoci come se Pippo Pippi fosse veramente solo un comune impiegato del catasto.  

Caro Sgiombo, io intendevo riferirmi al "
solipsismo" in senso stretto (o "riduttivo" che dir si voglia); cioè, all'assunto che l'intero universo sia il sogno dello specifico individuo Pippo Pippi.
Eutidemo:
Tale assunto, secondo me, è in sè stesso contraddittorio, perchè se partiamo dal presupposto che tutto sia il sogno di uno specifico individuo Pippo Pippi (un "jīva", secondo la terminologia indiana), allora i casi sono due:
a) O Pippo Pippo esiste davvero, come un individuo che viene aristotelicamente definito "per differenza specifica" rispetto ad altri individi (ed entità) aventi autonoma e indipendente esistenza in un esistente mondo reale, e allora, qualunque cosa lui si sogni, esiste anche il mondo materiale intorno a lui, che lo determina specificatamente in quanto Pippo Pippi;
b) Oppure il mondo reale non esiste, e allora non può esistere neanche "Pippo Pippi" che sta lì a sognarselo, bensì esiste una SOLA MENTE che trascende lui e tutto il resto, e sogna (rectius: "è")il TUTTO, illusorie differenze specifiche comprese;
Nel caso b) si perviene ad una concezione "latu sensu" idealistica, mentre nel caso a) ad una concezione "latu sensu"  materialistica...ma in entrambi i casi non c'è spazio per il "solipsismo" riduttivo, che sarebbe un assurdo e contraddittorio "miscuglio" tra le due cose.
No so se questa volta sono riuscito a spiegarmi meglio (ammesso che quello che io dico abbia un senso).

CitazioneRispondo (Sgiombo):

Il "solipsismo" di cui parlo io è probabilmente un tantino diverso da ciò che comunemente si intende con questa parole (avrei dovuto precisarlo chiaramente, mi scuso per non averlo fatto prima e cerco di farlo ora).

Parlando di solipsismo mi riferisco unicamente all' esperienza fenomenica cosciente effettivamente ed immediatamente sentita, "questa propria", prescindendo (e qui appunto derogo dal comune significato attribuito solitamente alla parola) dall' eventuale esistenza anche di un soggetto reale di essa da essa stessa distinto (che, allo stesso modo degli eventuali oggetti, sarebbe qualcosa di "in sé", noumeno e non fenomeni).
Il primo, il minimo possibile passo nella negazione (irrazionale, non provabile logicamente né empiricamente ) dello scetticismo è appunto costituito dalla credenza in "questa propria -la- esperienza fenomenica cosciente.
Il passo immediatamente successivo è costituito dalla credenza nella realtà in sé; la quale può comprendere il soggetto di questa esperienza cosciente e magari anche gli oggetti di essa (fra i quali ultimi si possono considerare anche altri soggetti di altre eventuali esperienze fenomeniche coscienti; le quali peraltro potrebbero anche essere ipotizzate accadere realmente anch' esse senza i rispettivi soggetti).
Se ammettiamo che esista realmente quell' esperienza fenomenica cosciente di Pippo Pippi", allora nell' ambito di essa può credersi all' esistenza di essa stessa, e può credersi come ipotesi plausibile e non negabile con certezza (nel suo ambito, non da parte nostra) che la realtà in toto sia limitata ad essa stessa (l' esperienza fenomenica cosciente di Pippo Pippi) e nient' altro. L' esistenza della cosa in sé "Pippo Pippi" soggetto dei essa è un' ulteriore ipotesi non provabile né constatabile empiricamente (ed effettivamente per "solipsismo" solitamente si intende il credere al reale accadere di un' esperienza fenomenica cosciente, come quella di Pippo Pippi, e inoltre anche del suo soggetto, .nel nostro caso Pippo Pippi stesso).

Nell' accezione che alquanto impropriamente impiego di "solipsismo" (potremmo più propriamente chiamarla "solipsismo fenomenico"), Pippo Pippi soggetto in sé di tale esperienza, non esistendo, a maggior ragione non può stabilire a suo piacimento in cosa consistano i contenuti fenomenici di essa, della esperienza cosciente (esistente-accadente senza di esso).
Peraltro non sarebbe nemmeno assurdo (autocontraddittorio) ipotizzare che esista anche il soggetto noumenico di essa Pippo Pippi ma che il suo divenire, e soprattutto quello della sua esperienza cosciente fenomenica coi suoi contenuti non siano governati dalla sua volontà (fenomenica, fenomenicamente mente percepita), e dunque che potrebbero comunque benissimo essere in larga misura spiacevoli.


Per rispondere in particolare ad Eutidemo, secondo me la sua obiezione con tutta evidenza non vale a proposito del "solipsismo fenomenico" come qui definito: l' ipotesi sarebbe quella dell' esistenza del sogno senza alcun Pippo Pippi o altri che ne sia soggetto.

Ma anche nel caso esistesse anche il soggetto in sé del sogno, l' ormai celebre Pippo Pippi impiegato del catasto (inteso come noumeno), credo che una relazione con altri enti e/o eventi sia necessaria per stabilire e pensare il (concetto di) "soggetto P.P." ("omnis determinatio est negatio" Spinoza), ed eventualmente predicare veracemente, cioè conoscere, la sua esistenza; ma nella realtà, come "cosa esistente-accadente" indipendentemente dal nostro pensarlo o meno come "cosa (inoltre anche) pensata essere esistente-accadente" (il che fra l' altro è escluso nell' ipotesi solipsistica: la cosa Pippo Pippi e non il concetto di "Pippo Pippi"), il soggetto di esperienza cosciente Pippo Pippi potrebbe anche essere, insieme appunto alla sua -aggettivo possessivo del tutto superfluo- esperienza fenomenica, tutto ciò che è-accade realmente (è il pensarlo, il pensare il suo essere che implica necessariamente relazioni con altri concetti, pure pensati); esattamente come la SOLA MENTE che trascende lui e tutto il resto, e sogna da te ipotizzata come alternativa possibile al nulla (perché la SOLA MENTE non potrebbe essere, anziché qualcosa di quasi divino,  la mente limitata e senza pretese del travet Pippo Pippi?).

Insomma Pippo Pippi, come qualsiasi altra cosa, per esistere realmente, non ha bisogno di essere
aristotelicamente definito "per differenza specifica" rispetto ad altri individui; casomai deve esserlo il concetto di "Pippo Pippi" rispetto ad altri concetti per pensare all' ente reale Pippo Pippi, per conoscerne l' esistenza (ma conoscenza dell' esistenza =/= esistenza).



P.S.: Mi compiaccio di concordare con Phil, con cui fra l' altro mi complimento per il suo sens of humor: "Il celeberrimo Pippo ergo sum" mi ha fatto ridere di gusto.

E anch' io, da "comunemente considerato (salvo qualche maligno denigratore...) sano di mente" mi tiro "fuorum" dallo scetticismo "integrale", e anche dal più limitato solipsismo (evviva le virgolette e chi le ha inventate!).





Eutidemo

SGIOMBO scrive:
"Se fossi Pippo, proporrei una "variazione catastale" delle due posizioni:
a-bis) esisto, in quanto Pippo (il celeberrimo "pippo ergo sum"), ma la reale esistenza del mondo di cui mi fido è confinata in ciò che esperisco... e potrei persino sbagliarmi... 
b-bis) esisto, altrimenti non potrei fare queste riflessioni (o non potrei darmi una bastonata), ma sull'esistenza reale del mondo sono diffidente (sogno o son desto? Direi che comunque non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...)"
Io, invece, ritengo che:
a-ter) Se REALMENTE "io" esisto "in quanto Pippo Pippi impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., allora esiste un mondo materiale che mi circonda e mi definisce, e di cui sono  parte quale individuo.
b-ter) Se, invece, un mondo materiale esterno che mi circonda non esiste, io solo FITTIZIAMENTE  credo di esistere in quanto Pippo impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., perchè se è un'illusione l'intero universo, è un'illusione anche Pippo Pippi in quanto individuo; non può esistere una parte di un intero che non esiste...questa è la contraddizione.
Quanto al "pippo ergo sum", in realtà, si può dire solo che esiste una "res cogitans", di cui viene autoappurata l'esistenza; cioè "c'è qualcosa che pensa", credendo di essere Pippo Pippi, ma questo non implica che quest'ultimo "realmente" esista.
Se il mondo esterno non esiste, Pippo Pippi "crede" di esperire...ma in realtà non esperisce niente; nè niente "realmente" vuole.
Questo è il punto.
SGIOMBO scrive: "...non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...".
In effetti Pippo, tecnicamente, non è un sogno di "qualcun altro"...cioè di un altro Pippo (o di una farfalla), ma, semmai, è ' un IO individuale sognato dal suo più intimo SE' universale; figurativamente, si potrebbe dire che sia un'onda che si crede mare.
Non è che l'"onda" (l'io individuale) non esista; ma esiste solo "sub specie" di "onda"...finchè si intestardisce a non capire che la sua vera sostanza è il mare.
E ciò che lo frena è soprattutto la sua illusoria "volontà" individuale, che gli impedisce di prendere consapevolezza di quello che realmente "è": è "Lui", ma non è "lui".
Ovviamente, a questo punto si comincia a fare a cazzotti con le parole, perchè la logica e la sintassi hanno raggiunto il loro limite estremo.
Non può esistere una "parte" di un "intero" universo materiale che non esiste...ma una "quota ideale" di un mondo unitario (a questo punto sfuma anche la distinzione tra materiale e mentale) sì.
:)

Sariputra

#82
Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AMSGIOMBO scrive: "Se fossi Pippo, proporrei una "variazione catastale" delle due posizioni: a-bis) esisto, in quanto Pippo (il celeberrimo "pippo ergo sum"), ma la reale esistenza del mondo di cui mi fido è confinata in ciò che esperisco... e potrei persino sbagliarmi... b-bis) esisto, altrimenti non potrei fare queste riflessioni (o non potrei darmi una bastonata), ma sull'esistenza reale del mondo sono diffidente (sogno o son desto? Direi che comunque non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...)" Io, invece, ritengo che: a-ter) Se REALMENTE "io" esisto "in quanto Pippo Pippi impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., allora esiste un mondo materiale che mi circonda e mi definisce, e di cui sono parte quale individuo. b-ter) Se, invece, un mondo materiale esterno che mi circonda non esiste, io solo FITTIZIAMENTE credo di esistere in quanto Pippo impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., perchè se è un'illusione l'intero universo, è un'illusione anche Pippo Pippi in quanto individuo; non può esistere una parte di un intero che non esiste...questa è la contraddizione. Quanto al "pippo ergo sum", in realtà, si può dire solo che esiste una "res cogitans", di cui viene autoappurata l'esistenza; cioè "c'è qualcosa che pensa", credendo di essere Pippo Pippi, ma questo non implica che quest'ultimo "realmente" esista. Se il mondo esterno non esiste, Pippo Pippi "crede" di esperire...ma in realtà non esperisce niente; nè niente "realmente" vuole. Questo è il punto. SGIOMBO scrive: "...non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...". In effetti Pippo, tecnicamente, non è un sogno di "qualcun altro"...cioè di un altro Pippo (o di una farfalla), ma, semmai, è ' unIO individuale sognato dal suo più intimo SE' universale; figurativamente, si potrebbe dire che sia un'onda che si crede mare. Non è che l'"onda" (l'io individuale) non esista; ma esiste solo "sub specie" di "onda"...finchè si intestardisce a non capire che la sua vera sostanza è il mare. E ciò che lo frena è soprattutto la sua illusoria "volontà" individuale, che gli impedisce di prendere consapevolezza di quello che realmente "è": è "Lui", ma non è "lui". Ovviamente, a questo punto si comincia a fare a cazzotti con le parole, perchè la logica e la sintassi hanno raggiunto il loro limite estremo. Non può esistere una "parte" di un "intero" universo materiale che non esiste...ma una "quota ideale" di un mondo unitario (a questo punto sfuma anche la distinzione tra materiale e mentale) sì. :)

E quindi si giunge al "Tat tvam Asi" di Shankara memoria: "Tu sei Quello".  L'onda per comprender-si anziché osservare il cielo dovrebbe introiettare l'osservazione, per dirla in modo volgare, al suo interno (meditazione intesa non nel senso cristiano di riflessione ) al mare che la genera che è Sat-chit-ananda. Ti rendi conto Eutidemo che questo è puro Vedanta? Non provi un briciolo di vergogna  ;D ?
Il Vedanta va bene per poveri indiani seminudi , che si fumano di tutto e cantano Hare Krishna, ma per noi seri "occidentali" ?  Per noi che da sempre abbiamo identificato l'essere con il pensare ( pensare di essere)?..."Pentiti Arlecchino, disse l'uomo del Tic-tac"... :) ( Chissà perché mi è venuta fuori improvvisamente dall'oceano di sat-chit-ananda questa citazione di Harlan Ellison... :-\ :-\ totalmente inconscio...che mistero la mente umana!)...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 29 Ottobre 2016, 09:00:39 AM


E quindi si giunge al "Tat tvam Asi" di Shankara memoria: "Tu sei Quello".  L'onda per comprender-si anziché osservare il cielo dovrebbe introiettare l'osservazione, per dirla in modo volgare, al suo interno (meditazione intesa non nel senso cristiano di riflessione ) al mare che la genera che è Sat-chit-ananda. Ti rendi conto Eutidemo che questo è puro Vedanta? Non provi un briciolo di vergogna  ;D ?
Il Vedanta va bene per poveri indiani seminudi , che si fumano di tutto e cantano Hare Krishna, ma per noi seri "occidentali" ?  Per noi che da sempre abbiamo identificato l'essere con il pensare ( pensare di essere)?..."Pentiti Arlecchino, disse l'uomo del Tic-tac"... :) ( Chissà perché mi è venuta fuori improvvisamente dall'oceano di sat-chit-ananda questa citazione di Harlan Ellison... :-\ :-\ totalmente inconscio...che mistero la mente umana!)...


La mia "Weltanschauung" è molto simile a quella Vedanta, lo ammetto!
Ma, se scaviamo ben a fondo sia nella religione che nella filosofia occidentale, secondo me, molti (più o meno velatamente) sono arrivati alle stesse conclusioni; le quali,  secondo me, più si approfondisce e più diventano inevitabili!
Ad esempio, per quanto concerne la RELIGIONE OCCIDENTALE, San Paolo, pur divagando su svariati temi, ad un certo punto conclude che Dio "est omnia in omnibus", e che "chi si unisce al Signore forma con lui UN SOLO spirito"; cioè, in sostanza, diventa la stessa cosa, perchè "essere uno", è qualcosa di più che semplicemente "unirsi" a Lui (anche se tale esegesi è considerata eretica).
O meglio, "si ricorda" di essere sempre stato UNO con Lui, in quanto, come nell'"incipit" del Vangelo di Giovanni, "in Lui ERA la vita, e la vita ERA la luce degli uomini." (ma anche tale esegesi è considerata eretica).
E tale concezione, è stata più volte ripresa ed approfondita nei secoli: soprattutto da Meister Eckart, Thauler, Suso, Boheme, Silesius -letti tutti- e molti altri (benchè avversata dagli scolastici di ispirazione aristotelica).
Quanto alla FILOSOFIA OCCIDENTALE, da PLOTINO (per non dire Platone) a FICHTE ed HEGEL, molti filosofi hanno sostenuto tesi molto affini a quelle Vedanta, sia pure ciascuno con approcci alquanto diversi; come, ad esempio, quello di SCHOPENAUER, che, però, è quasi identico.
Ma la cosa paradossale, è che persino un filosofo "empirista" come BERKELY, secondo me, sostiene una teoria "immaterialistica" molto simile al VEDANTA , in quanto il suo "essere est percipi", non si riduce ad un gretto solipsismo, in quanto è Dio, spirito infinito, che ci fa percepire sotto forma di cose e fatti le sue idee calate nel mondo. 
Ovviamente, lungi da me fare di tutte le erbe un fascio, perchè tra le concezioni sopra enunciate intercorrono anche "notevolissime" differenze: ma in tutte, almeno per quel poco che ho letto io, intravedo lo stesso "file rouge"...per niente in contrapposizione al nocciolo della filosofia indiana (e non solo vedantina).

Apeiron

#84
Riassumendo abbiamo queste posizioni:

1 Advaita Vedanta -Platone - Plotino - Spinoza - Fichte/Schelling/Hegel - Meister Eckhart - Schopenhauer - Berkeley - Cristianesimo (?) -Wittgenstein (?):
Tutto quello che vediamo è "insostanziale", nel senso che non è "veramente" reale ma che in realtà esiste tutto nella "mente di Dio/Brahman" o come "modo di Dio" non separato dallo stesso. Il Creatore/rappresentatore è o l'"io" oppure l'Io divino;

2 Buddismo (e varianti... Wittgenstein?):

Concorda con la posizone (1) fintantochè si parla dell'insostanzialità delle "cose mondane". Tuttavia con la dottrina dell'ANATTA, il Non-Sé: tutte le cose sono prive di un Sé (Dhammapada). Perciò non ci sono nè creatori nè rappresentanti, o forse meglio dire "L'Io non si può trovare" e quindi "non si possono trovare nè creatori nè rappresentanti". Perciò non ci si deve attaccare al mondo dell'"inconsitenza".

3 "Rappresentazionalismo dualistico" (Kant - Wittgenstein (?) - Cristianesimo (?)):
Ci sono anime/Sé in ogni essere cosciente che rappresenta ma c'è anche una realtà che però è inconoscibile. I limiti della ragione sono dati dalla "rappresentazione", la conoscenza della realtà è impossibile.

4 Nichilismo (Nietzsche... Buddha? Wittgenstein?):

Non c'è un Sè, la realtà è quella che vediamo, non c'è sostanza da nessuna parte TUTTAVIA a differenza del Buddismo e di Wittgenstein (?) non c'è niente di meglio che la realtà che vediamo. Quello che dovremo fare è o "annullarsi" o "esprimersi". Ma visto che non c'è un Sé la cosa non è da prendersi sul "personale".

5 Common Sense Realism/Moore/Naive Realism/Aristotele (?):
Qui c'è una mano, quindi la realtà esterna è quella che percepisco.

6 Pirronismo:
Non si può dire nulla della "realtà vera".


Ora tutte queste posizioni hanno problemi. La (1) per quanto plausibili, elegante e bella (non a caso ogni fisico vuole unificare tutti le leggi in una legge e quindi la tentazione a dire "tutto è uno" è enorme) non spiega non riesce a spiegare perchè c'è la molteplicità e perchè siamo tutti illusi della nostra vera natura se siamo di fatto "la stessa cosa". La (3) va bene fino a quando non diventa "solipsismo epistemologico" da una parte e assume l'esistenza di una "realtà in sé" inconoscibile contraddicendosi nel dire che quest'ultima "è il motivo" per cui c'è il fenomeno. La (5) non è filosofia. La (6) nemmeno anche se è meglio della (5) perchè riconosce che c'è un problema epistemologico (anzi qui c'è la sicurezza di non conoscere, cosa non dimostrata). La (4) è di fatto una versione "negativa" della (1) in cui si è tolta la "sostanzialità" a tutto senza rimettere nulla (visto che poi "tutto è interpretazione" non si ha moralità,etica, conoscenza... perchè d'altronde non c'è una realtà vera). Rimane la (2) che mi affascina come la (1) e la (4) (che sono un miglioramento della (3) a mio giudizio): il suo problema è che di fatto è indistinguibile dal nichilismo. Il Buddha dice chiaramente che non è così e che il Tathagatha/Nirvana è "inconoscibile" però allo stesso tempo non dice perchè è diverso dal nulla.

P.S. Per Sariputra: Leggendo con la mera ragione "logica" il Buddismo/Canone Pali non capisco proprio come si faccia a dire che non è nichilismo. D'altronde se dopo la morte non c'è nulla non ci sono più sensazioni e quindi c'è l'estinzione del desiderio ecc. Eppure il Buddha dice che esplicitamente che non è così. Tuttavia quando vedo cose come "il Nirvana è come un fuoco estinto" non vedo la differenza tra questa esperessione e "il Nirvana è il nulla". Per questo "preferisco" quello che dicono i "poveri indiani seminudi" o Nietzsche che per lo meno era coerente col suo nichilismo (non c'è rappresentazione perchè non c'è il rappresentante. Siccome non c'è il rappresentante alla morte semplicemente "si muore").
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AMa-ter) Se REALMENTE "io" esisto "in quanto Pippo Pippi impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., allora esiste un mondo materiale che mi circonda e mi definisce, e di cui sono parte quale individuo. 
Infatti, il punto a-bis non sostiene l'inesistenza del mondo, ma solo che "la reale esistenza del mondo è confinata in ciò che esperisco" (auto-cit.), ovvero il mondo che c'è, è quel "poco" che sperimento...

Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AMb-ter) Se, invece, un mondo materiale esterno che mi circonda non esiste, io solo FITTIZIAMENTE credo di esistere in quanto Pippo impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., perchè se è un'illusione l'intero universo, è un'illusione anche Pippo Pippi in quanto individuo; non può esistere una parte di un intero che non esiste...
Il punto b-bis invece sostiente che la percezione del mondo, e il mondo stesso, può essere un'illusione, come in un sogno... ma se il mondo-per-come-viene-percepito non esiste, non significa che allora non esista nemmeno il solipsista percipiente (il sognatore esiste materialmente, il sogno di cui fa parte no...).

Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AMIn effetti Pippo, tecnicamente, non è un sogno di "qualcun altro"...cioè di un altro Pippo (o di una farfalla), ma, semmai, è ' unIO individuale sognato dal suo più intimo SE' universale; figurativamente, si potrebbe dire che sia un'onda che si crede mare. Non è che l'"onda" (l'io individuale) non esista; ma esiste solo "sub specie" di "onda"...finchè si intestardisce a non capire che la sua vera sostanza è il mare. 
La sostanza è il mare, ma l'individuazione parziale di tale sostanza è l'onda; come dire: sono parte della (di ciò che viene definito come) "vita sul pianeta terra", ma non sono tutt'Uno con tutta la vita... infatti se un'onda dicesse "sono il mare", si ingannerebbe, proprio perchè è solo un'onda "fatta"di mare... che poi sia fatta di una sostanza che la accomuna alle altre onde, non implica che ogni onda sia la medesima onda o che ogni onda possa acquisire coscienza di tutta la vastità del mare... 

Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AME ciò che lo frena è soprattutto la sua illusoria "volontà" individuale, che gli impedisce di prendere consapevolezza di quello che realmente "è": è "Lui", ma non è "lui".
La volontà individuale, come forza che "guida" alcune azioni di un determinato vivente, non mi pare illusoria, il che tuttavia non comporta che non possa essere molto meno "libera" di quanto comunemente si pensi...

sgiombo

#86
Citazione di: Eutidemo il 29 Ottobre 2016, 06:11:23 AM
SGIOMBO scrive:
"Se fossi Pippo, proporrei una "variazione catastale" delle due posizioni:
a-bis) esisto, in quanto Pippo (il celeberrimo "pippo ergo sum"), ma la reale esistenza del mondo di cui mi fido è confinata in ciò che esperisco... e potrei persino sbagliarmi...
b-bis) esisto, altrimenti non potrei fare queste riflessioni (o non potrei darmi una bastonata), ma sull'esistenza reale del mondo sono diffidente (sogno o son desto? Direi che comunque non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...)"
Io, invece, ritengo che:
a-ter) Se REALMENTE "io" esisto "in quanto Pippo Pippi impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., allora esiste un mondo materiale che mi circonda e mi definisce, e di cui sono  parte quale individuo.
b-ter) Se, invece, un mondo materiale esterno che mi circonda non esiste, io solo FITTIZIAMENTE  credo di esistere in quanto Pippo impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., perchè se è un'illusione l'intero universo, è un'illusione anche Pippo Pippi in quanto individuo; non può esistere una parte di un intero che non esiste...questa è la contraddizione.
Quanto al "pippo ergo sum", in realtà, si può dire solo che esiste una "res cogitans", di cui viene autoappurata l'esistenza; cioè "c'è qualcosa che pensa", credendo di essere Pippo Pippi, ma questo non implica che quest'ultimo "realmente" esista.
Se il mondo esterno non esiste, Pippo Pippi "crede" di esperire...ma in realtà non esperisce niente; nè niente "realmente" vuole.
Questo è il punto.

CitazioneMi attribuisci erroneamente quanto scritto da Phil (col quale sono comunque in discreta sintonia in questo argomento); e comunque esprimo le mie opbiezioni.

L' affermazione "a-ter)Se REALMENTE "io" esisto "in quanto Pippo Pippi impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., allora esiste un mondo materiale che mi circonda e mi definisce, e di cui sono parte quale individuo: non è dimostrata: tutto quello che esperisco, compresi l' Ufficio Catasto, Pippa Pippi, ecc., potrebbe non essere altro che un mio sogno (e dunque esistiamo so io, Pippo Pippi e isuoi sogni)e non c' è modo di dimostrare il contraruio.

Che significa l' affermazione b-ter) "Se, invece, un mondo materiale esterno che mi circonda non esiste, io soloFITTIZIAMENTE credo di esistere in quanto Pippo impiegato del catasto, sposato con Pippa Pippi ecc., perchè se è un'illusione l'intero universo, è un'illusione anche Pippo Pippi in quanto individuo; non può esistere una parte di un intero che non esiste...questa è la contraddizione"? Se intendi dire che esiste solo l' esperienza fenomenica (di Pippo Pippi, allora l' universo è costituito di quest' ultima: esiste realmente eccome, solo che è mera apparenza (fenomeni).
E se per Pippo Pippi intendi il corpo di Pippo Pippi incluso nel modo materiale fenomenico, allora anche questo esiste senza alcuna contraddizione esattamente come tutto il resto della materia fenomenica (dei fenomeni materiali)..
Se invece per Pippo Pippi intendi il soggetto in sé (noumeno) dell' esperienza fenomenica esistente, allora certo, la sua esistenza reale non è dimostrabile (potrebbe non accadere), né tantomeno mostrabile.

Ma il vero problema è che di questo mondo materiale l' "esse est percipi": si tratta di meri insiemi e successioni di sensazioni (apparenze) fenomeniche coscienti, reali (in quanto tali) unicamente se e quando sono percepite nell' ambito della mia (di Pippo Pippi) esperienza fenomenica cosciente.
Se qualcos' altro è-accade realmente anche allorché tali sensazioni fenomeniche non accadono (per esempio nel sonno senza sogni di Pippo Pippi), allora per definizione e onde non cadere in una patente contraddizione non può essere costituito da tali insiemi e successioni di sensazioni fenomeniche materiali (che altrimenti accadrebbero -anche- allorché non accadessero!); allora è invece qualcos' altro di non sensibile, non apparente (dal greco: non fenomeno) bensì puramente congetturabile (da greco noumeno).

Circa la res cogitans il discorso è del tutto identico a quello della res extensa: anche il pensiero è costituito da insiemi e successioni di sensazioni (anche se con certe caratteristiche diverse da quelle materiali) da mere apparenze fenomeniche coscienti; e se Pippo Pippi come soggetto-oggetto delle sensazioni fenomeniche mentali (introspettive), reale anche allorché queste non accadono (per esempio durante il sonno senza sogni) esiste, allora allo stesso modo per definizione e per evitare una patente contraddizione non può essere costituito da sensazioni mentali (fenomeni introspettivi), che in tali circostanze non accadono, ma è noumeno.
Se il mondo esterno non esiste (in sé, come noumeno) e Pippo Pippi vede l' Ufficio catasto, Pippa Pippi e avverte interiormente la sua volontà, ecc., allora Pippo Pippi non solo esperisce di credere di percepite, ma anche percepisce tali oggetti fenomenici materiali e mentali; solo che essi sono reali solo e unicamente se e quando appaiono (accadono in quanto insiemi e successioni di sensazioni) nell' ambito della sua esperienza fenomenica cosciente.


SGIOMBO scrive: "...non sono un sogno di qualcun altro, altrimenti non avrei una mia volontà...".
In effetti Pippo, tecnicamente, non è un sogno di "qualcun altro"...cioè di un altro Pippo (o di una farfalla), ma, semmai, è ' unIO individuale sognato dal suo più intimo SE' universale; figurativamente, si potrebbe dire che sia un'onda che si crede mare.
Non è che l'"onda" (l'io individuale) non esista; ma esiste solo "sub specie" di "onda"...finchè si intestardisce a non capire che la sua vera sostanza è il mare.
E ciò che lo frena è soprattutto la sua illusoria "volontà" individuale, che gli impedisce di prendere consapevolezza di quello che realmente "è": è "Lui", ma non è "lui".
Ovviamente, a questo punto si comincia a fare a cazzotti con le parole, perchè la logica e la sintassi hanno raggiunto il loro limite estremo.
Non può esistere una "parte" di un "intero" universo materiale che non esiste...ma una "quota ideale" di un mondo unitario (a questo punto sfuma anche la distinzione tra materiale e mentale) sì.
:)
CitazioneAnche questo non l' ho scritto io.

E le affermazioni decisamente immaginifiche e metaforiche che obietti a questa non mia affermazione semplicemente non riesco a comprenderle (lo trovo effettivamente una specie di "scazzottata fra le parole", però decisamente oltre il limite estremo consentito dalla logica).

Secondo me un "sè" può solo essere costituito dai pensieri, dalla "res cogitanns" intesa come fenomeni nell' ambito dell'esperienza fenomenica del suo "io" inteso come soggetto-oggetto in sé (noumeno) di essa.

E inoltre, secondo logica, oltre a una "parte" di un "intero" universo materiale che non esiste, non può esistere nemmeno una "quota ideale" di un mondo unitario che non esiste (materiale o mentale che sia inteso essere; e ovviamente non: che sia realmente).

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 29 Ottobre 2016, 09:00:39 AM


E quindi si giunge al "Tat tvam Asi" di Shankara memoria: "Tu sei Quello".  L'onda per comprender-si anziché osservare il cielo dovrebbe introiettare l'osservazione, per dirla in modo volgare, al suo interno (meditazione intesa non nel senso cristiano di riflessione ) al mare che la genera che è Sat-chit-ananda. Ti rendi conto Eutidemo che questo è puro Vedanta? Non provi un briciolo di vergogna  ;D ?
Il Vedanta va bene per poveri indiani seminudi , che si fumano di tutto e cantano Hare Krishna, ma per noi seri "occidentali" ?  Per noi che da sempre abbiamo identificato l'essere con il pensare ( pensare di essere)?..."Pentiti Arlecchino, disse l'uomo del Tic-tac"... :) ( Chissà perché mi è venuta fuori improvvisamente dall'oceano di sat-chit-ananda questa citazione di Harlan Ellison... :-\ :-\ totalmente inconscio...che mistero la mente umana!)...


CitazioneSono purtroppo assolutamente digiuno (ben più che vegano!)  di filosofia orientale.

Però qui in occidente personalmente (non frequento Hegel e idealisti: ma per fortuna nella filosofia occidentale c' é anche tantissimo d' altro!) che identifica l'essere con il pensare (pensare di essere) ho trovato solo Maral.

Sariputra

@ Eutidemo

Amo Maestro Eckhart...il più grande mistico e teologo occidentale a parer mio, che...poveraccio...non ha avuto il fegato di un Giordano Bruno ed è arrivato a ritrattare (in parte) le sue intuizioni sulla Natura di Dio...ma non  possiamo certo fargliene una colpa...finire abbrustolito non è certo piacevole per nessuno, oltre che poco elegante... ;)
Il Vedanta è un Assolutismo ed è vero che molti raggi in un cerchio hanno un solo centro. Molte vie , all'interno di un Uno, come raggi portano allo stesso luogo. A volte pare solo una differenza di linguaggio con analoghe filosofie occidentali. Tutto è Uno.


@Apeiron

L'errore che fai, secondo me, è di leggere il Canone Pali e i vari sutra come fossero dei trattati di filosofia. Il Dharma è un insegnamento pratico per raggiungere uno stato di non-sofferenza. I sutra sono strumenti ( all'inizio tramandati a memoria) di meditazione pratica . Le continue, incessanti, ripetizioni che troviamo avevano proprio lo scopo di calmare la mente, introdurre nei  cinque dhyana concentrativi, indurre il samadhi.  Che poi l'Insegnamento abbia delle ovvie conseguenze filosofiche è quasi incidentale per Siddharta, non è il focus primario: "Nient'altro io insegno: il Dolore , la sua origine, la sua fine e la Via che porta alla fine". Sarà compito della speculazione posteriore al Buddha dare una struttura filosofica all'insegnamento del Maestro. Comprendere il focus , il bersaglio a cui mira il Dharma è fondamentale, pena un travisamento dell'intera struttura. E infatti , seguendo la logica, ti sembra una sorta di nichilismo... cosa che, ovviamente, non è.
Questo mondo, Kacchana, solitamente dipende da un dualismo: dal credere nell'esistenza o nella non-esistenza...Evitando questi due estremi, il Perfetto espone la dottrina di mezzo: le formazioni kammiche dipendono dall'ignoranza...Al cessare dell'ignoranza, le formazioni kammiche cessano... (Samyutta Nikaya, 12:15).
Questo discorso si riferisce alla dualità dell'esistenza e della non-esistenza. Questi due termini alludono alle teorie dell'eternalismo e del nichilismo, le fondamentali concezioni errate della realtà, secondo Gautama, che ricompaiono ripetutamente, in varie forme, nella storia del pensiero dell'uomo.
Le due parole chiave del testo si riferiscono (1) all'esistenza assoluta, cioè eterna, di qualsiasi presunta sostanza o entità e (2) all'annullamento finale e assoluto delle entità separate concepite come impermanenti, vale a dire della loro inesistenza al termine del loro periodo di vita. Questi due punti di vista estremi concordano nel presumere qualcosa di statico, che può essere di natura permanente o impermanente. Essi perdono completamente fondamento quando e se si vede la vita nella sua vera natura, cioè, sempre secondo il buddhismo, come un flusso continuo di processi materiali e mentali che si manifestano a causa di condizioni appropriate, un processo che può cessare solamente quando queste condizioni vengono meno.  Qui entra il discorso sulla produzione condizionata (patìcca-samuppada) e il suo opposto, la cessazione condizionata.
Il movimento esiste per chi ha attaccamenti; ma non c'è movimento per chi è senza attaccamenti. Quando non c'è movimento, c'è la quiete. Quando c'è la quiete, non c'è il desiderio. Quando non c'è il desiderio, non c'è né andare né venire. Quando non c'è né andare né venire, non c'è né il manifestarsi né lo scomparire. Quando non c'è né il manifestarsi né lo scomparire, non c'è né questo mondo né un aldilà, e neppure uno stato intermedio tra questi. Questa, in verità, è la fine della sofferenza.   (Udana 8:4).
la produzione condizionata, essendo un processo ininterroto, esclude la credenza in una inesistenza assoluta o "nulla", al termine dell'esistenza individuale: però la qualifica "condizionata" indica che non c'è neppure un'esistenza assoluta, indipendente, un essere statico (in sé) , ma solo un effimero apparire di fenomeni che dipendono da condizioni altrettanto effimere.
La cessazione condizionata esclude il credere ad un'esistenza assoluta e permanente. Mostra anche che non c'é un cadere automatico nella inesistenza, perché la cessazione dell'esistenza relativa è anch'essa un evento condizionato.
Pertanto l'insegnamento della paticca-sammupada ,della produzione-condizionata e della cessazione condizionata sono una vera via mediana, che trascende gli estremi del pensare la vita in termini di esistenza e non-esistenza. Ed è , a parer mio, insieme con la teoria dell'anatman, la differenza fondamentale tra il Dharma di Gautama Siddharta e qualunque altra concezione ( religiosa e non). E il suo carattere profondamente rivoluzionario per il contesto vedico sul cui suolo nasceva. Ed è l'unica cosa che ha dato un pò di conforto alla mia misera vita ( ma questo lo aggiungo io... :-[).
Spero di esserti stato , almeno un pò, utile. scusa i miei limiti...
Namaste :D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#89
Sariputra,

Ho letto piacevolmente quello che hai scritto e devo dire che mi è stato utile. In realtà quello che dicevo prima non voleva essere un affronto al buddismo. In effetti come dici tu se non si leggono come trattati di filosofia le sutras sono eccellenti. Anzi ritengo il Buddha la persona più geniale mai esistita (o almento una delle più geniali). L'errore che vedo però è il seguente: aver trasformato il buddismo in una religione dogmatica. Di modo che si è creato un "attaccamento" alla sua "filosofia".

Sono d'accordissimo sulla coproduzione condizionata e sull'asserire che tutte le cose condizionate sono impermanenti, sono "dolorose" e sono senza un Sé e che la sofferenza nasce dal fatto che noi rappresentiamo (consciamente e inconsciamente) le cose condizionate come "aventi un Sé", "permanenti", nostre ecc...
Tuttavia il problema che ho io è che l'anatman invece non ha fondamento filosofico: infatti mentre l'impermanenza "dimostra" l'anatman nel caso di ciò che è prodotto condizionalmente, non c'è nessuna dimostrazione per cui debba valere l'anatman anche per ciò che non è condizionato (non ho trovato una "dimostrazione" secondo la quale sia in effetti così). Infatti la dimostrazione per le cose "impermanenti" è come segue: è impermanente quindi è "dukkha" e perciò non puoi dire che è "tuo, c'è un Sè...". Questa intuizione ci fa capire che "rappresentiamo" male le cose condizionate come permanenti ecc e invece non lo sono. Ma perchè mai l'incondizionato non può essere un Sé? Qui il buddismo mi sembra irrazionale in quanto assume che non sia un Sé senza dimostrarlo.


E qui arriva il problema: noi occidentali non diamo troppa importanza alla pratica meditativa quindi vogliamo capire il messaggio ultimo di un insegnamento. Personalmente la meditazione non la vedo come una tecnica che ci fa capire le cose di più ma la vedo come una "tecnica per migliorare la propria vita". Posso capire che gli indiani avendo questo come obiettivo si siano per così dire "accontentati". Tuttavia noi occidentali siamo molto più "attaccati" al capire le cose razionalmente e quindi secondo me finchè qualcuno non dimostrerà la teoria dell'anatman anche per le cose incondizionate il buddismo rimarrà come un "lavoro di un genio" ma non come "la soluzione di tutti i problemi".

Personalmente sono propenso a credere in un "atman" in modo simile a Spinoza, Eckhart, Bruno, Shankhara ecc. Tuttavia nemmeno loro hanno risolto tutti i problemi come ho scritto nel punto (1) del mio post precedente. Quindi in realtà non mi sento di accettare nemmenno le loro dottrine in quanto se vuoi le ritengo forse più erronee di quella buddista. Quest'ultima però mi lascia sempre un senso di "incompletezza". Ergo continuo a cercare ecc.

Riassumendo: come filosofia, per quanto ammirevole e geniale, il buddismo ormai è superato secondo me. Così come le altre dottrine. Ti invito a leggerti l'aforisma "noi areonauti dello spirito" di Nietzsche che ho citato qualche post fa.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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