Realtà e rappresentazione

Aperto da Apeiron, 18 Ottobre 2016, 19:39:34 PM

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sgiombo

Citazione di: cvc il 26 Novembre 2016, 11:25:08 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Novembre 2016, 10:56:40 AM
Citazione di: cvc il 23 Novembre 2016, 15:51:35 PM
Citazione
Credo che il tuo discorso ruoti molto intorno al concetto di percezione, che però mi pare che tu veda come un qualcosa di fondante, come una sorta di monade di verità, dove io invece trovo che la percezione sia un fenomeno strutturato al cui interno agiscono la coscienza, i sensi, la realtà fisica, l'intelligenza. Le convinzioni di fondo di un soggetto possono cambiare la sua percezione di un dato fenomeno. Ad esempio percepisco X come una gran bella persona, poi vengo a sapere che ha commesso azioni immorali, allora la mia percezione di X cambia. Per me questo basta per dire che la percezione è si un fenomeno importantissimo, ma non una monade di significato con cui sovvertire la conoscenza tradizionale che parte dalla coscienza, come mi pare abbia fatto Hume. E quindi non credo che la realtà possa esaurirsi nelle percezioni fenomeniche, perchè manca un elemento fondamentale: la psiche che sa di avere un ruolo attivo sulle stesse. La percezione è un fenomeno passivo, l'intelligenza è attiva. Se la realtà si esaurisse con le percezioni fenomeniche, noi saremmo solo degli esseri passivi, ma l'intelligenza e il sentimento ci portano spesso ad agire contro le nostre percezioni, come nel caso dell'autocontrollo.


CitazioneSu tantissime fondamentali questioni sono in totale accordo con il (per me "sommo") David Hume.

Come lui (e te; e tutte le persone comunemente ritenute sene di mente) nemmeno io credo che la realtà non si esaurisca nelle sensazioni fenomeniche della (costituenti la; "questa mia propria" immediatamente avvertita) esperienza cosciente (Hume non usava il temine "fenomeno", almeno in questo senso, almeno se mi ricordo bene dalle ripetute ma non recenti letture delle sue opere); ma come lui sottopongo a critica razionale serrata (il più possibile conseguente) le mie convinzioni e giungo alla conclusione che questa credenza é infondata, non dimostrabile né tantomeno mostrabile, empiricamente constatabile.

In questo senso secondo me "la sensazione  é fondante" ogni possibile conoscenza critica, é una sorta di fondamentale, indubitabile "monade di verità" ("esse est percipi").
(In questo presuntuosamente cercando di andare probabilmente almeno in parte oltre -ma non contro- Hume) Credo inoltre -ma rendendomi ben conto dell' infondatezza razionale di questa credenza- che essa (la sensazione) sia in un certo senso "qualcosa di strutturato" il cui reale accadere implica la coscienza, i sensi, la realtà fisica, l'intelligenza; credo cioé che esista oltre all' esperienza fenomenica cosciente fatta di mere percezioni (esteriori" o materiali o res extensa ed "interiori o mentali o res cogitans, intese non come cose in sé a la Cartesio" ma come meri eventi percettivi a la Hume; e in parte a la Berkeley) una realtà oggettiva in sé (non costituita di sensazioni) comprendente i soggetti (me stesso e altri) e gli oggetti di essa. E che la parte materiale di ciascuna delle molteplici esperienze fenomeniche coscienti sia biunivocamente corrispondente alla medesima realtà in sè o (a la Kant) noumeno; e conseguentemente per proprietà transitiva, che ciascuna di esse sia "poliunivocamente corrispondente" alle altre, indipendentemente dai loro rispettivi soggetti (cioé, in questo senso, intersoggettiva).

Credo che le convinzioni di ogni soggetto possano cambiare (le sensazioni interiori o mentali di considerazioni, valutazioni, giudizi, credenze; più o meno vere) circa (le sue sensazioni fenomeniche costituenti) gli svariati enti e/o eventi fenomenici da lui percepiti; e non tali enti e/o eventi fenomenici stessi (intersoggettivi nel caso di quelli "esteriori" o materiali).

Ovviamente tutto ciò é perfettamente compatibile con la passività delle sensazioni "esteriori" o materiali e con l' attività di (sensazioni "interiori" o mentali costituenti) valutazioni, pensieri, conoscenze circa di esse e di decisioni pratiche. E con il fatto che l'intelligenza e il sentimento (e la forza di volontà) ci portano spesso ad agire contro le nostre spontanee inclinazioni avvertite ("interiormente", mentalmente) come immediate pulsioni ad agire, come nei casi di autocontrollo.

Uso sempre le virgolette per i termini "interiore ed "esteriore" riferendoli ad "oggetti" (enti e/o eventi) che sono comunque sempre irriducibilmente interni all' esperienza fenomenica cosciente (anche nel caso di quelli intersoggettivi), e dunque in ultima analisi propriamente soggettivi.
E mi sembra che il punto difficile da comprendere ed accettare sia proprio il "mio punto di partenza filosofico", cioé l' "esse est percipi", il rendersi conto che gli "oggetti" (cosiddetti) di esperienza (in generale; ed in particolare quelli "esterni" o materiali) non sono che insiemi e successioni di mere sensazioni in quanto tali, e dunque non (più e/o non ancora) reali allorché non accadono presentemente in atto (in quanto tali): il solito maestoso cedro del Libano, o il monte Bianco o quant' altro di materiale, allorché non li vediamo non esistono per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esiteranno enti ed eventi in sé (non costituiti da sensazioni) ad essi biunivocamente corrispondenti; e lo stesso dicasi delle sensazioni fenomeniche coscienti "interiori" o mentali: allorché non accadono noi in quanto insiemi e/o successioni di esse, noi intesi in quanto "i nostri pensieri" non esistiamo per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esitereremo in quanto (intesi come) 
enti ed eventi in sé (cioé non in quanto ci percepiamo "interiormente)".

cvc

#136
CitazioneInviato da sgiombo:

Su tantissime fondamentali questioni sono in totale accordo con il (per me "sommo") David Hume.


Come lui (e te; e tutte le persone comunemente ritenute sene di mente) nemmeno io credo che la realtà non si esaurisca nelle sensazioni fenomeniche della (costituenti la; "questa mia propria" immediatamente avvertita) esperienza cosciente (Hume non usava il temine "fenomeno", almeno in questo senso, almeno se mi ricordo bene dalle ripetute ma non recenti letture delle sue opere); ma come lui sottopongo a critica razionale serrata (il più possibile conseguente) le mie convinzioni e giungo alla conclusione che questa credenza é infondata, non dimostrabile né tantomeno mostrabile, empiricamente constatabile.
Ma  esistono anche cose non empiricamente dimostrabili, anzi esistono cose di cui non posiamo avere esperienza. Ad esempio parliamo spesso della nostra vita intesa nel suo complesso, ma non abbiamo mai esperienza della vita nel suo complesso.  Ma non credo si possa dubitare che esista una vita nel suo complesso (la mia, la tua) pur non avendone esperienza.
CitazioneIn questo senso secondo me "la sensazione  é fondante" ogni possibile conoscenza critica, é una sorta di fondamentale, indubitabile "monade di verità" ("esse est percipi").
(In questo presuntuosamente cercando di andare probabilmente almeno in parte oltre -ma non contro- Hume) Credo inoltre -ma rendendomi ben conto dell' infondatezza razionale di questa credenza- che essa (la sensazione) sia in un certo senso "qualcosa di strutturato" il cui reale accadere implica la coscienza, i sensi, la realtà fisica, l'intelligenza; credo cioé che esista oltre all' esperienza fenomenica cosciente fatta di mere percezioni (esteriori" o materiali o res extensa ed "interiori o mentali o res cogitans, intese non come cose in sé a la Cartesio" ma come meri eventi percettivi a la Hume; e in parte a la Berkeley) una realtà oggettiva in sé (non costituita di sensazioni) comprendente i soggetti (me stesso e altri) e gli oggetti di essa. E che la parte materiale di ciascuna delle molteplici esperienze fenomeniche coscienti sia biunivocamente corrispondente alla medesima realtà in sè o (a la Kant) noumeno; e conseguentemente per proprietà transitiva, che ciascuna di esse sia "poliunivocamente corrispondente" alle altre, indipendentemente dai loro rispettivi soggetti (cioé, in questo senso, intersoggettiva).
Certo il problema del dualismo è trovare il modo di far coincidere spazio-temporalmente materia e pensiero. Certo dividere res cogitans e res extensa semplifica le cose, ma poi rimane il problema di due realtà distinte che si trovano nello stesso "qui e ora". Diversamente il monismo finisce col ridurre il pensiero alla materia o, eventualmente, viceversa. Il miglior compromesso mi sembra quello di Eraclito, il fuoco come specchio della ragione, che permane nel tempo mutando continuamente forma e assimilando a se ciò che incontra (il fuoco assimila il combustibile, la ragione assimila conoscenza)
CitazioneCredo che le convinzioni di ogni soggetto possano cambiare (le sensazioni interiori o mentali di considerazioni, valutazioni, giudizi, credenze; più o meno vere) circa (le sue sensazioni fenomeniche costituenti) gli svariati enti e/o eventi fenomenici da lui percepiti; e non tali enti e/o eventi fenomenici stessi (intersoggettivi nel caso di quelli "esteriori" o materiali).

Ovviamente tutto ciò é perfettamente compatibile con la passività delle sensazioni "esteriori" o materiali e con l' attività di (sensazioni "interiori" o mentali costituenti) valutazioni, pensieri, conoscenze circa di esse e di decisioni pratiche. E con il fatto che l'intelligenza e il sentimento (e la forza di volontà) ci portano spesso ad agire contro le nostre spontanee inclinazioni avvertite ("interiormente", mentalmente) come immediate pulsioni ad agire, come nei casi di autocontrollo.
Su questo mi pare siamo d'accordo
CitazioneUso sempre le virgolette per i termini "interiore ed "esteriore" riferendoli ad "oggetti" (enti e/o eventi) che sono comunque sempre irriducibilmente interni all' esperienza fenomenica cosciente (anche nel caso di quelli intersoggettivi), e dunque in ultima analisi propriamente soggettivi.
E mi sembra che il punto difficile da comprendere ed accettare sia proprio il "mio punto di partenza filosofico", cioé l' "esse est percipi", il rendersi conto che gli "oggetti" (cosiddetti) di esperienza (in generale; ed in particolare quelli "esterni" o materiali) non sono che insiemi e successioni di mere sensazioni in quanto tali, e dunque non (più e/o non ancora) reali allorché non accadono presentemente in atto (in quanto tali): il solito maestoso cedro del Libano, o il monte Bianco o quant' altro di materiale, allorché non li vediamo non esistono per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esiteranno enti ed eventi in sé (non costituiti da sensazioni) ad essi biunivocamente corrispondenti; e lo stesso dicasi delle sensazioni fenomeniche coscienti "interiori" o mentali: allorché non accadono noi in quanto insiemi e/o successioni di esse, noi intesi in quanto "i nostri pensieri" non esistiamo per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esitereremo in quanto (intesi come) enti ed eventi in sé (cioé non in quanto ci percepiamo "interiormente)".
Si ma se esamini le percezioni è difficile trovare due percezioni identiche. La scienza mostra invece che alcuni fenomeni sotto le stesse condizioni si comportano sempre allo stesso modo. Quindi non credo potrebbe esserci scienza sulla base delle sole percezioni. Occorrono la logica e la matematica che si fondano sull'astrazione. E spiegare l'astrazione partendo dalla percezione non saprei proprio
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sgiombo

#137
Risposta @ CVC:

Citazione da: cvc - Sat Nov 26 2016 23:32:23 GMT+0100 (ora solare Europa occidentale)


Ma  esistono anche cose non empiricamente dimostrabili, anzi esistono cose di cui non posiamo avere esperienza. Ad esempio parliamo spesso della nostra vita intesa nel suo complesso, ma non abbiamo mai esperienza della vita nel suo complesso.  Ma non credo si possa dubitare che esista una vita nel suo complesso (la mia, la tua) pur non avendone esperienza.

   Risposta Sgiombo:

   L' esistenza della nostra vita complessivamente intesa, del nostro passato e del nostro probabile (e limitato) futuro é credibile per fede ma non dimostrabile in quanto sarebbe a tal fine necessario dimostrare la veridicità della memoria, cosa impossibile (ogni ricordo, per recente che sia, é passibile di dubbio).

   Peraltro al nostro passato si crede (indimostrabilmente) avendone avuto esperienza, secondo quanto ci dice la memoria; e al futuro per immaginazione-induzione.




Citazione CVC:

Certo il problema del dualismo è trovare il modo di far coincidere spazio-temporalmente materia e pensiero. Certo dividere res cogitans e res extensa semplifica le cose, ma poi rimane il problema di due realtà distinte che si trovano nello stesso "qui e ora". Diversamente il monismo finisce col ridurre il pensiero alla materia o, eventualmente, viceversa. Il miglior compromesso mi sembra quello di Eraclito, il fuoco come specchio della ragione, che permane nel tempo mutando continuamente forma e assimilando a se ciò che incontra (il fuoco assimila il combustibile, la ragione assimila conoscenza)

 Risposta Sgiombo:

   Non credo si possa parlare di coincidenza spazio-temporale di materia e pensiero.
   Infatti la prima ("res extensa") occupa uno spazio, ma il secondo ("res cogitans") ha estensione unicamente temporale; dunque essi si trovano (accadono) nello stesso "ora" ma non nello stesso "qui".
   Però entrambi sono, per così dire, "ubicati" nella, cioé fanno parte della, esperienza fenomenica cosciente ("esse est percipi").

   Penso sia possibile, in alternativa all' impossibile riduzione monistica del pensiero alla materia e viceversa, considerarli entrambi enti ed eventi fenomenici, diverse manifestazioni sensibili di un' unica realtà in sé o noumeno (dualismo dei fenomeni, monismo del noumeno).
   Un po' come Spinoza li considerava diversi "attributi" della medesima, unica "Sostanza" (applicherei però il rasoio di Ockam a tutti gli altri infiniti attributi considerati da Spinoza oltre i due effettivamente constatati empiricamete; e inoltre non ne accoglierei il carattere "divino" attrubuito alla Sostanza naturale).

   Conosco ben poco Eraclito, ma il suo fuoco come arché che periodicamente si "scompone e differenzia" negli enti ed eventi particolari che poi in esso "riconfluiscono" (spero di non aver detto una sciocchezza) mi sembra sia applicabile unicamente alla materia e non anche al pensiero (quella con pensiero e conoscenza mi sembra solo un' analogia o una metafora).





   Citazione Sgiombo:

   Uso sempre le virgolette per i termini "interiore ed "esteriore" riferendoli ad "oggetti" (enti e/o eventi) che sono comunque sempre irriducibilmente interni all' esperienza fenomenica cosciente (anche nel caso di quelli intersoggettivi), e dunque in ultima analisi propriamente soggettivi.
   E mi sembra che il punto difficile da comprendere ed accettare sia proprio il "mio punto di partenza filosofico", cioé l' "esse est percipi", il rendersi conto che gli "oggetti" (cosiddetti) di esperienza (in generale; ed in particolare quelli "esterni" o materiali) non sono che insiemi e successioni di mere sensazioni in quanto tali, e dunque non (più e/o non ancora) reali allorché non accadono presentemente in atto (in quanto tali): il solito maestoso cedro del Libano, o il monte Bianco o quant' altro di materiale, allorché non li vediamo non esistono per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esiteranno enti ed eventi in sé (non costituiti da sensazioni) ad essi biunivocamente corrispondenti; e lo stesso dicasi delle sensazioni fenomeniche coscienti "interiori" o mentali: allorché non accadono noi in quanto insiemi e/o successioni di esse, noi intesi in quanto "i nostri pensieri" non esistiamo per niente (sarebbe platealmente autocontraddittorio pretenderlo!): casomai esitereremo in quanto (intesi come) enti ed eventi in sé (cioé non in quanto ci percepiamo "interiormente)".

RIsposta CVC:

Si ma se esamini le percezioni è difficile trovare due percezioni identiche. La scienza mostra invece che alcuni fenomeni sotto le stesse condizioni si comportano sempre allo stesso modo. Quindi non credo potrebbe esserci scienza sulla base delle sole percezioni. Occorrono la logica e la matematica che si fondano sull'astrazione. E spiegare l'astrazione partendo dalla percezione non saprei proprio

 Risposta Sgiombo:

   Nei limti di un' ineliminable approssimazione delle misure due o più enti o eventi materiali uguali possono spesso essere rilevati in natura (nella "res extensa").

   La scienza rileva che che alcuni fenomeni sotto le stesse condizioni si sono finora comportati allo stesso modo tutte le volte che sono stati osservati; e non che si comportano sempre, universalmente e constantemente allo stesso modo (anche in futuro; anche altrove); essa non può dimostrare ma deve assumere come un postuato (teoricamente passibile di dubbio) l' uniformità del divenire naturale secondo leggi universali e costanti.

   Concordo che non potrebbe esserci scienza sulla base delle sole percezioni ma occorrono anche la logica e la matematica che si fondano sull'astrazione.
   Peraltro non trovo problematico spiegare l' astrazione come la facoltà di distinguere nelle concrete esperienze sensibili ciò che é comune a più enti o eventi nel loro ambito da ciò che li differenzia e di generalizzare illimitatamente (anche ad eventuali esperienze future) ciò che é comune a quelle esperite in passato.

cvc

@Sgiombo

Hume, come Epicuro, parte dalla percezione considerandola come un dato di fatto, un fenomeno passivo - dal punto di vista dell'io - cui non ci si può opporre. Diversamente gli stoici credevano nella dottrina dell'assenso, secondo la quale l'uomo ha la facoltà di dire si o no alle impressioni che si affacciano sulla soglia della coscienza . Questa divergenza è uno dei capisaldi delle celebri contese fra le due scuole. Sono due punti di vista alternativi e probabilmente non ha senso indagare se uno sia più giusto o più vero dell'altro. Posso solo dire che alla mia forma mentis è più congeniale lo stoicismo, perché più coerente con le mie convinzioni più profonde.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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