Ragione, pregiudizio e stereotipo.

Aperto da Eutidemo, 22 Ottobre 2016, 12:17:09 PM

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Eutidemo

I seguaci della "Nuova Scuola di Francoforte", ed in particolare Habermas e Apel, sostengono che chiunque partecipi ad un dibattito "razionale", deve implicitamente riconoscere alcune pretese universali di validità:
1) Giustezza (Richtigkeit): ogni dialogante deve rispettare le norme della situazione argomentativa (ad esempio, ascoltare le tesi altrui o ritirare le proprie, qualora si siano dimostrate false);
2) Verità (Wahreit): ogni dialogante deve formulare enunciati esistenziali appropriati;
3) Veridicità (Wahrhaftigkeit): ogni dialogante deve essere sincero e convinto dei propri asserti;
4) Comprensibilità (Verständlichkeit): ogni dialogante deve parlare in modo aderente al senso e alle regole grammaticali.
Come mai questo, in pratica (anche per me) è così difficile, e spesso, senza neanche accorgermene, ricorro infingardamente a qualcuno degli stratagemmi dialettici così bene descritti da Schopenauer?
Ritengo che ciò, in buona parte, dipenda da un conflitto tra "intelletto" e "conformazione cerebrale" umana.
Ed infatti, Amodio, distingue e definisce due diversi processi mentali che contribuiscono a sviare un processo di giudizio "razionale" alla stregua di cui sopra:
1) Il PREGIUDIZIO, che  lui definisce come la disposizione d'animo nei confronti di una persona, formatasi considerando esclusivamente l'appartenenza della persona in esame ad un determinato gruppo (un'etnia, un genere, un orientamento sessuale, un partito politico, una tifoseria ecc.); per cui, per quanto costui possa razionalmente esporre le sue tesi, noi siamo "istintivamente" e "inconsapevolmente" portati a respingerle.
Ma il "pregiudizio" non è una categoria solo filosofica, bensì emintemente "neurologica"; esso, infatti, è caratterizzato da una forte componente emotiva e trova le sue basi neurali in quelle aree più antiche del nostro cervello, condivise con i rettili e i mammiferi inferiori e facenti parte del sistema limbico e dei gangli della base, sedi delle reazioni emotive e istintive. 
Tale tipo di reazioni, sono direttamente "visibili" col "neuroimaging", per mezzo del quale, (anche tramite PET, fMRI, NIRSI e SPECT) si possono "vedere" in un monitor i cambiamenti nel flusso ematico locale, legato all'aumento di attività cellulare e quindi neuronale; in questo caso specifico l'AMIGDALA, una piccola ma complessa struttura sottocorticale coinvolta nel processamento degli stimoli paurosi e nei comportamenti di attacco-fuga, gioca un ruolo decisivo.
Usando un test chiamato IAT (Implicit Association Task), è stato per esempio dimostrato come i bianchi siano più lenti ad associare parole positive ed approvazione, davanti a volti afro-americani piuttosto che a volti caucasici.
Ma lo stesso discorso vale in qualsiasi altro ambito.
Io stesso ho sperimentato che, premettendo ad un discorso "neutro" la mia (vera o simulata) "etichetta politica", i miei argomenti venivano più facilmente accolti da chi si identificava in quella etichetta, rispetto a chi la avversava; e, questo, a prescindere dal "merito" del discorso, che, come ho detto, era privo di specifiche colorazioni politiche.
2) Lo STEREOTIPO, invece, è un insieme di attributi, come tratti personali (es. disonesto) o caratteristiche circostanziali (es. povero), assegnati ad un gruppo (es. immigrati) sulla base della cultura e/o della società
Ora, se il pregiudizio rappresenta la componente emotiva della categorizzazione, lo stereotipo ne rappresenta la componente cognitiva: quest'ultimo ha una natura semantica, più che neurologica, e, cioè non nasce da una reazione subconscia e difficilmente controllabile, bensì da un processo di apprendimento formatosi nel tempo. 
Ed infatti, questa differenza si riflette anche nel cervello: mentre il pregiudizio condivide il substrato neurale con la paura e le reazioni istintive agli stimoli pericolosi, lo stereotipo viene codificato nelle aree neurali di più recente evoluzione, ossia nella neocorteccia. Studi di risonanza magnetica funzionale mostrano che le strutture dei lobi temporali implicate nella formazione e nella memorizzazione di concetti sono le stesse implicate nella "stereotipizzazione": come impariamo che un tavolo ha quattro gambe e un piano,  cosi impariamo ad associare determinate caratteristiche ad una persona appartenente ad un certo gruppo.
Ed anche tale tipo di reazione, se ben ricordo (ma dovrei verificare), è visualizzabile in un monitor con il "neuroimaging".

Concludendo, questi stessi ragionamenti che sto facendo ora, sono sicuro che verranno recepiti più facilmente da chi ha un approccio, per così dire, "positivista" e "fisicista" alla natura umana, rispetto a chi, rispetto ad essa, ha un approccio, per così dire, di carattere più "idealista" ed "intellettualistico".
E, questo, senza che io abbia neanche tratto le conclusioni: e, cioè, se l'intelletto possa comunque prevalere sulle reazioni neuronali geneticamente ereditate dai rettili, oppure no.
Se volete che mi esprima sinceramente, NON LO SO; ma se proprio dovessi esprimere un'opinione, ritengo che l'intelletto possa SEMPRE prevalere...ma MAI oltre un certo punto.
Almeno parlando a livello "fenomenico", perchè a livello "noumenico" il discorso è diverso.
;)

Phil

Da analfabeta in materia, credo che proprio la consapevolezza di queste reazioni neuronali possa abilitare la possibilità di intervenire, magari non sul loro innesco spontaneo, ma quantomeno sulla loro efficacia (proprio come si puossono faticosamente imparare a controllare, seppur non eliminare, altre reazioni istintintive-biologiche). 
Se so che in ogni giudizio o relazione sono inevitabilmente in gioco anche componenti emotive e cognitive (pregiudizi e stereotipi), il cercare di individuarle, per evitare che pilotino dall'ombra il mio (re)agire, è una ricerca tanto utile per l'auto-comprensione quanto, secondo me, realmente percorribile con il dovuto allenamento. 
Se mi rendo conto, riflettendo sui miei vissuti, che tendo a screditare o sovra-analizzare (cercando falle e fallacie) i discorsi di chi si presenta con un orientamento differente dal mio, mentre mi fido acriticamente di chi sembra essere mio "compagno", l'antidoto può essere già l'educarmi a farci caso, e poi cercare di dare "a priori" un po' più credito a chi porta una "bandiera diversa" (il che non impedirà certamente di confutare le sue eventuali castronerie logiche...).

P.s. Credo che questo auto-controllo (chiaramente non inteso come "repressione", ma come "gestione/correzione consapevole"), per quanto impegnativo, sia forse più facile da praticare che rispettare i principi dialogici proposti da Habermas e Apel  ;D

P.p.s. Ho volutamente evitato di usare la parola "intelletto" (che hai messo in conflitto con "conformazione cerebrale") perchè, per quanto sia legititmo chiedersi quale "funzione mentale" possa essere adibita a questo auto-controllo, non sono sicuro sia quella giusta...

Eutidemo

Caro PHIL, anche io credo che proprio la consapevolezza di queste reazioni neuronali possa facilitarci  la possibilità di intervenire, magari non sul loro innesco spontaneo, ma quantomeno sul loro impatto negativo; proprio come si possono faticosamente imparare a controllare, seppur non eliminare, altre reazioni istintintive-biologiche.
Sebbene non tutte; ed infatti, evitare di sbadigliare quando vediamo che gli altri sbadigliano, è difficile (solo scrivendolo mi viene voglia di sbadigliare)...ma non socchiudere gli occhi quando per scherzo accennano a colpirci, è (quasi) impossibile. 
Però è vero quello che scrivi tu: la consapevolezza aiuta...ed anche l'allenamento!
Per questo ho ritenuto opportuno parlarne.
Tuttavia penso proprio che questo autocontrollo, consista proprio (più o meno) nel praticare e nel rispettare i principi dialogici proposti da Habermas e Apel.
Quanto al fatto che tu hai evitato di usare la parola "intelletto" (che io avevo messo in conflitto con la "conformazione cerebrale"); anche io mi chiedo se sia legittmo chiedersi quale "funzione mentale" possa essere adibita a questo auto-controllo.
Al riguardo, Platone dice che l'anima è come un cocchio alato guidato dall'auriga (la ragione) e condotto da due cavalli, uno bianco e generoso, e l'altro nero,ribelle alla guida (le pulsioni passionali); se il cavallo nero prende la mano all'auriga trascina il cocchio verso il basso facendogli perdere le ali.
Io non ho fatto altro che aggiornare "neurolgicamente" tale mito!
;)

green demetr

Caro Eutidemo mi devi però delle spiegazioni.

La prima è come mai associ i meccanismi della fuga-paura con quelli valoriali di razza,sesso,appartenenza politica.
Per quale motivo associ la paura alla razza sesso appartenenza politica????
Dici che l'intelletto sopperisce agli stereotipi, ma è lo stesso discorso che fai che è stereotipato.

La paura è invece un territorio vastamente ignorato e solo di recente indagato.(ovviamente male, visto che sono le nuroscienze e i loro preconcetti a dire QUALE sia il punto di vista).(decisamente meglio dalla scuola freudiana,quella che conduce a Lacan e allievi, ovviamente ai margini del discorso ideologico fondamentale).
Quindi sì recepisco male il tuo scritto, come volevasi dimostrare dirai tu, essendo io appartenente alla categoria degli idealisti.

A mio parere non serve rendere la questione dello stereotipo o del pregiudizio a maggior ragione, più forte, solo perchè si può installare un parallelo con le neuroscienza, anche se avessero mai un valore (e prima poi riconosceranno che non ce l'ha), si tratta di un rafforzamento di come le cose avvengono, maggior afflusso di sangue in alcune aree.....e allora????? stiamo solo spiegando come le cose avvengono non PERCHE', che sarebbe poi la questione intellettuale.

Quindi nessuno prevarica l'altro sono solo 2 campi del sapere (di cui uno è un abbaglio clamoroso, e che presto, molto presto, visto che gli esempi stanno aumentando, confluirà nel campo della psichiatria, e in futuro nelle scienze dell'intelligenza artificiale.).

D'altronde l'inventore del neuro-imaging italiano, intervistato da quelli di ASIA.IT ha già abbandonato il posto, rendendosi conto di aver svegliato l'ennesimo mostro della ragione umana, nella intervista citata si chiede infatti quali sia la scientificità di un associazione luminosa con la complessità del pensiero umano. E' più in generale il problema del riduzionismo in campo filosofico.

A meno che vogliamo dire che la paura sia una cosa sola, negando invece la varietà pressochè infinita con cui si presenta nelle vite di tutti noi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Caro Green, veramente non sono io che associo i meccanismi della fuga-paura con quelli valoriali di razza, sesso, appartenenza politica ecc., bensì Amodio; ed in effetti, tale associazione emerge "visivamente" dalle reazioni al "neuroimaging" del c.d. "cervello rettile", ed anche da molti altri tipi di rilevazione.
La "paura" va intesa -ovviamente- non come paura consapevole, bensì come reazione neurologica arcaica, al "diverso" (sia pure diverso quanto a razza sesso appartenenza politica); ed invero, che la paura , la diffidenza e l'odio abbiano le stessa radici, se ne erano accorti anche gli antichi.
Quanto al fatto che l'intelletto sopperisce agli stereotipi, anche in tal caso il discorso non è specificamente mio, ma anche e soprattutto degli studiosi che si sono occupati della materia; può benissimo darsi che si tratti di un discorso "erroneo", ma non capisco perchè lo definisci "stereotipato".
I discorsi "stereotipati" sono altri, e, in sostanza, coincidono più o meno con quelli che volgarmente vengono definiti "luoghi comuni".
Quanto alle nuroscienze, le loro conclusioni nascono dall'osservazione e dagli esperimenti; che, a me sembrano MOLTO convincenti.
Possono anche essere conclusioni errate, ma, secondo me, asserire che sono "preconcette" (cioè, a priori), contrasta con la realtà dei fatti; ed infatti, qualunque tipo di indagine scientifica, è per sua natura "sperimentale" (cioè, a posteriori).
Se mi consenti il facile "calembour", è un preconcetto ritenerle preconcette.
Non nego che, a volte, anche le ricerche scientifiche possano venire parzialmente compromesse dai preconcetti di chi le conduce; ed è per questo che (oltre ad usare il "cieco" ed il "doppio cieco"), le risultanze sperimentali vengono sempre verificate nelle sedi più diversificate...soprattutto dagli scienziati che sono scettici al riguardo.
Non so se hai recepito male il mio scritto, perchè hai dei preconcetti idealisti, ma è probabile.
Ed infatti anche io, di solito, avendo le tue stesse  tendenze "idealiste", provo un certo fastidio nel leggere e nel sentire discorsi di carattere eccessivamente "scientista"; però, da parte mia, tendo a scindere l'aspetto "fenomenico" (rispetto al quale non posso non rispettare le induzioni scientifiche) da quello "noumenico" e "filosofico-religioso", rispetto al quale seguo un percorso interiore, che non è certo possibile spiegare in questo contesto (ammesso che sia possibile).
Cerco, appunto, di combattere i miei preconcetti.
Siamo perfettamente d'accordo che un conto è COME le cose avvengono, ed un altro conto PERCHE'; ma, spesso, è proprio il "come", a farci capire il "perchè".
Quanto ai due campi del sapere, non capisco bene a cosa ti riferisci quando scrivi: "...di cui uno è un abbaglio clamoroso (?), e che presto, molto presto, visto che gli esempi stanno aumentando, confluirà nel campo della psichiatria, e in futuro nelle scienze dell'intelligenza artificiale (?)."
Se ti riferisci al "neuro-imaging" italiano, più che una branca del "sapere", a me sembra piuttosto un metodo per "vedere" cose che prima non si potevano vedere; sta poi a noi interpretarle.
Per fare un esempio, la scoperta del TELESCOPIO fece crollare definitivamente il concetto di perfezione degli oggetti celesti. 
Con il suo cannocchiale, Galileo osservo' non solo i "mari" della Luna, quei grandi avvallamenti che ad occhio nudo apparivano come regioni scure sulla sua superficie, ma anche molte regioni di dimensioni minori, contornate da righe scure, e che erano chiaramente dei "dislivelli"; per cui concluse quindi che esse sono ombre e che la superficie lunare ha montagne e crateri. 
Concluse dunque che la Luna, non e' perfettamente glabra e sferica, ne' perfetta, come invece PRECONCETTUALMENTE sostenevano gli aristotelici; i quali, non potendo negare che sulla luna ci fossero montagne e crateri, replicarono (senza prove) che allora l'intera superficie della luna doveva essare per forza rivestita da un altissima copertura ghiacciata, liscia, trasparente...e perfetta. 
;D  ;D  ;D

Ecco come funzionano i preconcetti...il riduzionismo in campo filosofico non c'entra niente.
Chi mai sostiene che la paura sia una cosa sola, negando invece la varietà pressochè infinita con cui si manifesta nelle vite di tutti noi? 
Ma la varietà con cui una "cosa" si manifesta, non implica che si tratti di "cose" diverse; ma, anzi implica, che, al di là delle diverse manifestazioni, si tratta pur sempre di una stessa unica matrice di fondo. 
Il neuro-imaging ci fa solo vedere le aree cerebrali che si attivano in concomitanza...tutto qui.
Le neuroscienze in generale, poi, si limitano ad osservare i fenomeni, che poi, ognuno può filosoficamente interpretare come vuole...MA MAI NEGANDO PRETESTUOSAMENTE I FENOMENI STESSI; cioè quello che il telescopio e il neuro-imaging ci fanno "vedere".
I fatti sono ARGOMENTI OSTINATI!
;)

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