Quesiti sull'Io puro di Husserl.

Aperto da Socrate78, 08 Dicembre 2020, 12:00:32 PM

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Socrate78

Secondo la filosofia fenomenologica di Husserl, è necessario sospendere il giudizio sull'esistenza di tutti gli enti che presumiamo esistenti: una volta sospeso questo giudizio l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza.
La coscienza, che è sempre coscienza di qualcosa, è quindi chiamata residuo fenomenologico. Sin qui i concetti mi sono chiari. Tuttavia le cose si complicano quando Husserl afferma che la coscienza si può ulteriormente scremare e ridurre, sino ad arrivare all'Io puro che supererebbe le coscienze empiriche dei soggetti e da cui deriverebbero le essenze di tutti gli enti. Ma allora con che cosa sarebbe identificabile questo Io puro?
Io, in quanto soggetto pensante, posso infatti fare esperienza solo della MIA coscienza, ma non posso superare questa percezione per accedere ad un'ipotetica coscienza pura, perché dovrei superare me stesso. Di conseguenza qual è il procedimento per superare la mia coscienza particolare e vedere gli enti in questa maniera pura?

and1972rea

Credo che Tu  , Edmund ed altri vi riferiate all'IO regista  ,allo sceneggiatore del mondo conoscibile e che quel mondo trascende insieme alla finta oggettività del suo copione, ma che non può trascendere dall'effettiva e insondabile oggettività degli attori e degli oggetti di scena, che consistono in padri, madri e figli irriconoscibili sul set e di pistole giocattolo che non possono uccidere nessuno.

bobmax

Secondo me, occorre indagare proprio questo "io, in quanto soggetto pensante".

Perché in effetti sembrerebbe che l'io sia ciò che pensa...

Ma non potrebbe essere invece proprio il contrario?
Ossia che è il pensiero che genera l'io?

Non sarebbe più logico e coerente considerare il pensiero e la stessa volontà manifestazioni che non sono espressione dell'io, ma che ne sono piuttosto l'origine?

Io sono il prodotto del pensiero...

D'altronde questo corpo necessita di decidere cosa fare, come muoversi, come sopravvivere.
Di modo che pensa.

Ma il pensiero deve avere una sua unità, una sua coerenza, una pur minima razionalità. Per poter essere utile. Deve cioè essere tenuto "fermo" almeno un po' in modo da essere efficace.

Così il pensiero genera l'io.
Lo genera perché ne ha bisogno il corpo.

Una verifica può essere fatta cercando di smettere di pensare, vi è ancora l'io?

Rimane ogni cosa, ma non l'io.

Smettere di pensare può essere conseguito disinteressandosi di ogni pensiero. Se vi si riesce, il pensiero perde di vitalità, si affievolisce e magari anche solo per un momento svanisce. Tutto il resto permane, ma non l'io...

Questa azione, il disinteressarsi, è anch'essa come d'altronde ogni nostra scelta a prescindere dall'io.

Nota:
Smettere di pensare può essere raggiunto anche con un'azione di forza. Ma lo sconsiglio vivamente. L'orrore che ne consegue non lo auguro a nessuno.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve bobmax. Citandoti : "Perché in effetti sembrerebbe che l'io sia ciò che pensa...

Ma non potrebbe essere invece proprio il contrario?
Ossia che è il pensiero che genera l'io?".

Certo che potrebbe essere RIDUTTIVAMENTE il contrario. Esattamente come potrebbe essere RIDUTTIVAMENTE che sia l'uovo a generare la gallina invece che la gallina a fare l'uovo.


Hai voglia quante considerazioni RIDUTTIVE di questo genere possiamo fare !


Andando oltre, vedo poi che capovolgi non riduttivamente, bensì geometricamente il rapporto tra l'io ed il corpo.


Infatti è una grande stupidaggine affermare che il corpo abbia bisogno di un io per esistere e fungere. Lasciando perdere l'intero mondo animale puramente istintuale, è proprio privandoci del nostro "io" che il nostro corpo realizza la funzione sovrana per la quale è stato costruito : la riproduzione.



Infatti per riprodursi occorre eiaculare, aspetto che si realizza fisiologicamente attraverso un orgasmo, orgasmo il quale consiste - psichicamente - nella temporanea perdita di controllo del sè. Tra l'altro ed infatti quella dell'orgasmo secondo me è l'UNICA CIRCOSTANZA POSSIBILE in cui si possa SMETTERE DI PENSARE.


Io in tutti gli altri momenti della mia esistenza non sono mai stato capace di non pensare. Sono meravigliato che tu invece lo dia per possibile ! Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Viator, sei sempre stato capace di non pensare.

Magari ti rammenti solo i momenti a cui ti senti più affezionato...
Ma il non pensare è senz'altro lo stato in cui più spesso ci troviamo.

Solo che, lì non vi è l'io.
Perché appunto non c'è pensiero.

Quando poi si torna a pensare ci si immagina di averlo sempre fatto. Di esserci sempre stati, come "io".
Ma non è così.

L'io e quindi il pensiero ci sono, quando ci sono, solo per merito della coscienza.
È la coscienza, con il suo essere nulla, a permettere il pensiero.
Che può esserci come non esserci.

Il suono, per esempio, c'è solo perché c'è il silenzio.
È il silenzio che permette l'esserci del suono.
Non viceversa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: bobmax il 08 Dicembre 2020, 21:05:58 PM
Il suono, per esempio, c'è solo perché c'è il silenzio.
È il silenzio che permette l'esserci del suono.
Non viceversa.

Tutte le sfumature della causalità: il suono c'è perchè c'è qualcosa che vibra e un mezzo che trasporta queste vibrazioni. Mettiamoci pure, per completezza biofisica, un recettore passivo capace di vibrare "simpaticamente" ricevendo quella vibrazione, ed un conduttore che trasferisce la vibrazione ad un convertitore neurologico che inoltra il tutto alla coscienza dell'organismo recettore.

L'assenza di vibrazioni non ha alcun merito rispetto al suono. Così come l'assenza dei numi è insignificante per l'esistenza del mondo.

Tutto ciò senza negare l'importanza del rapporto suono/silenzio in ambito sensoriale ed artistico 8)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Il silenzio, anche mentale, è lo sfondo indispensabile perché qualcosa vi appaia.

Al di là di tutte le cose, il Nulla è la condizione per l'esserci.

Finché non afferriamo questo... il nostro destino è la morte.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

and1972rea

L'Io regista, quindi  , conclusa la scena, ripone il megafono , chiama a sé gli attori attraverso i quali e grazie ai quali provò a vedere il  mondo che voleva costruire, e li ringrazia ;attende pazientemente che tornino cambiati dai loro camerini e organizza insieme ad essi una pura spaghettata fra  amici veri ,utilizzando il finto sangue di scena  ,che altro non era che ottima passata di pomodoro , perché nulla va sprecato. Ecco  , quindi, che fuori dal set non è l'IO del "cogito ergo sum" , ma quello allo stato puro che , sospesa momentaneamente la faticosa produzione del mondo ,dismette i propri abiti da regista per un poco di meritato riposo.

davintro

L'Io puro husserliano supera la particolarità delle esperienze individuali nel senso che, mentre queste ultime sono riferite a modi di valutare la soggettività la cui pretesa di verità può essere contestata o lasciata in sospeso (epochè) senza che la coscienza, intesa genericamente, scompaia, l'Io puro resta il residuo incancellabile necessario al darsi di tale coscienza, in quanto, recuperando in parte Cartesio, esso consiste nel soggetto cosciente inteso unicamente come "soggetto" degli atti di esperienza vissuta, che restano tali, indipendentemente dalla corrispondenza del loro contenuto immanente con la realtà oggettiva. L'Io empirico riguarda il nome che porto, il luogo dove sono nato, dove vivo, il tempo in cui sono collocato, il complesso delle opinioni circa me stesso e il mondo circostante, le cui pretesa di verità posso mettere in discussione, cioè le componenti accidentali del soggetto, di cui l'Io puro costituisce il livello essenziale. Essenziale, non esistenziale. Per questo il fatto che anche il livello di soggettività che l'Io puro indica non potrebbe mettersi in atto senza che esista in concreto un Io empirico che in un certo tempo e spazio lo produce, non contesta l'autonomia dell'Io puro nel suo senso corretto: questa autonomia non consiste in un'autonomia di una realtà che esisterebbe senza quella dell'Io empirico (genere di rapporto in cui invece rischia di cadere il Cogito cartesiano, sostanzializzato come "Res"), la sua autonomia è di tipo concettuale, consiste nell'indipendenza della verità dell'autocoscienza rispetto all'accidentale valore di verità che riferiamo alla nostra realtà empirica: perché si dia un Io puro è necessario che esista un Io empirico in generale che lo esistenzi, non è necessario che ciò che si afferma specificatamente circa tale Io empirico coinvolga la verità dell'Io puro. L'Io puro non è Io reale, è una dimensione concettuale, non nel senso di inutile astrazione, ma che assume un'importanza fondamentale metodologicamente, in quanto il suo riconoscimento è la premessa a partire da cui la fenomenologia muove ogni sua analisi sulla coscienza soggettiva, e, correlativamente, alle varie tipologie di Essere, di campi dal sapere, a cui le diverse specie di esperienze coscienti corrispondono, all'interno dei rapporti soggetto-oggetto, coscienza-mondo.

Ipazia

Ringrazio Davintro per la "chiara e distinta" lezione in favore dell'Io puro husserliano. Rispetto al quale  colgo l'ingiusta acredine verso la fenomenologia accusata di materialismo, che egli invece inventò e indagò per andare oltre. Ad esempio, nella purezza di un io essenziale, sorretto da qualcosa che mi appare vacillante, al pari del noumeno che il fenomeno dovrebbe contenere, e al pari della "natura umana" che resta ancora troppo avvolta in un eccesso di idealistica indeterminatezza. Tutta questa purezza, dopo Auschwitz, si è un po' appannata, ma la nostalgia è grande e la memoria fallace, per cui si assiste ad un grande recupero, complice pure la pochezza dell'io empirico contemporaneo.

Dopo la dottrina cristiana, Kant e Husserl, tanta acqua è passata sotto i ponti della psicologia e la purezza, complice pure l'empiria tecnoscientifica inquinante, si è persa del tutto in un mondo dove anche le terre più remote hanno perso la verginità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

#10
Citazione di: Socrate78 il 08 Dicembre 2020, 12:00:32 PM
Secondo la filosofia fenomenologica di Husserl, è necessario sospendere il giudizio sull'esistenza di tutti gli enti che presumiamo esistenti: una volta sospeso questo giudizio l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza.

Non voglio dare interpretazioni del pensiero di Husserl, ma per conto mio posso dire che l'idea di sospendere il giudizio è senz'altro una condizione essenziale per poter andare più a fondo nell'esplorazione del mondo psichico (e non solo). E meno si concettualizza e si schematizza, almeno in una prima fase, meglio è.

Citazione
...sino ad arrivare all'Io puro che supererebbe le coscienze empiriche dei soggetti e da cui deriverebbero le essenze di tutti gli enti. Ma allora con che cosa sarebbe identificabile questo Io puro?

La purezza non può essere raggiunta che per sottrazione di impurità, e  le idee sul mondo e su noi stessi che ci sono state infilate in testa in maniera più o meno coercitiva sono le impurità con cui abbiamo a che fare. A cominciare dal modo di vedere e considerare l'"io", che da centro di coscienza diventa il nucleo di ogni sorta di manie e disturbi mentali. Tutto comincia dall'idea di avere un'entità psichica definita da nutrire e difendere, un'entità mitica generalmente chiamata ego, che si nutre e trae la sua peculiare forma di esistenza da questo stesso mito: il racconto incessante di noi stessi che facciamo a noi stessi.

Anche se ci sono delle radici biologiche della cristallizzazione e della bulimia dell'ego, identificabili nei cosiddetti istinti di conservazione della vita individuale e della specie (che si possono ritrovare oltre che nell'autodifesa fisica e nella caccia, anche nelle pulsioni di supremazia di certi animali maschi che combattono per il diritto alla riproduzione, o nella difesa del territorio), credo che siano soprattutto le istanze sociali ad averle amplificate e "materializzate", ad aver e conferito loro una sorta di oggettività psichica autonoma.

Citazione
Di conseguenza qual è il procedimento per superare la mia coscienza particolare e vedere gli enti in questa maniera pura?

Posso parlare della mia esperienza: non mi sento "proprietario" di nessuna coscienza e di nessun pensiero, il centro di coscienza da cui nasce e persiste la mia esperienza è solo un punto di osservazione della coscienza. Non avverto questa coscienza come qualcosa che mi appartiene o appartiene al mio corpo, ma come puro principio soggettivo, un "fenomeno" (qui mancano proprio le parole) universale a cui questo "mio" centro partecipa, di cui è parte. Da questa posizione, che non è semplicemente un'idea ma un modo di vedere e sentire, anche il mio ego diventa un oggetto percepito dalla coscienza e mostra tutta la sua inconsistenza e la sua natura composita, contradditoria, conflittuale. E i bisogni di identità e di autostima di cui l'ego chiede costante soddisfazione si rivelano per quello che sono: formazioni parassitarie indotte prevalentemente da istanze sociali e culturali. Il bisogno di identità, in particolare, la domanda "chi sono io veramente?", destinata in partenza a restare senza una risposta attendibile, è talmente pressante che se non riceve una risposta qualsiasi (come si fa con certe domande imbarazzanti dei bambini) può portare a serie instabilità psichiche. E la mancanza di "autostima" può portare alle condizioni psichiche più misere e dolorose. Ma se si raggiunge quella posizione di "distacco da sé" (dove quel "sé" sta in effetti per il proprio ego) tutto appare sotto un'altra luce e molti problemi si ridimensionano drasticamente.

Ma non c'è un "procedimento". Ci possono essere tecniche che ne facilitano in qualche modo il raggiungimento (quelle che vengono chiamate tecniche di meditazione) o anche l'assunzione di sostanze psicoattive può agire da facilitazione. Ma è un po' come qualunque azione fisica, ad esempio sollevare un braccio: come si fa a sollevare un braccio? Sapresti dare a qualcuno le istruzioni per farlo? L'unica cosa che si può fare è cercare di farlo, indirizzare l'attenzione e la volontà verso un obiettivo predeterminato. Con l'accortezza, nel caso della "purificazione" (o demistificazione, direi) dell'io, di lasciare questa "determinazione" il più possibile indeterminata. Ossia cercare qualcosa, ma non qualcosa di definito, ma qualcosa di sconosciuto, di nuovo. Restare aperti all'ignoto che si nasconde anche nelle pieghe delle esperienze più comuni.

La chiave è sempre in quella "sospensione del giudizio" che consente di evadere dal conosciuto per avventurarsi, da soli, in territori inesplorati.

viator

Salve Socrate78 e donalduck. Citando : "l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza".

Piacevole ma irragionevole conclusione. Peccato che la percezione sia un meccanismo biologico-sensoriale ben solidamente esistente il quale non solo esiste, ma funge da tramite tra gli esistenti cause della percezione e gli esistenti effetti della percezione. Il tutto anche al di fuori della nostra craniopsicofilosofica capacità di concepire l'inesistente.

Infatti temo proprio proprio che, all'interno della citazione sopra richiamata, sia stata fatta confusione tra il percepire (attribuendogli un significato psichico del tutto inappropriato) ed il concepire. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Lou

#12
Citazione di: viator il 13 Dicembre 2020, 19:14:38 PMSalve Socrate78 e donalduck. Citando : "l'unico fondamento certo che rimane è il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza".
L'esistenza/l'inesistenza é un predicato che non aggiunge nulla al concetto della cosa, mettiamola così che è più semplice, alla kantiana.
Husserl si inserisce in questa prospettiva: un tavolo sognato, immaginato, percepito, ricordato, non sono che modalità differenti in cui mi appare la cosa, e pure queste modalità, come l'esistenza, non aggiungono nulla al concetto della cosa, il quale "eidos" non varia mai al variare dele differenze modali dell'apparire cui prima.
A me appare che nella citazione che fa viator, il quale integra alcune distinzioni, sia espressa questa dinamica, tuttavia il problema esplicitato è ancora diverso e trovo non sia di facile risoluzione, almeno per me, e stando alla prospettiva Husserliana.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Eutidemo

Ciao Socrate 78 :)
Per quel che può valere, ti do la mia "personale" interpretazione di quel particolare assunto di Husserl.
Ed invero è fuori di dubbio il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza; il che è anche sperimentalmente documentato dai miraggi e dalle allucinazioni.
Quanto al fatto che la coscienza si possa ulteriormente scremare e ridurre, sino ad arrivare all'"Io puro" che supererebbe le coscienze empiriche dei soggetti e da cui deriverebbero le essenze di tutti gli enti, sebbene con una terminologia un po' diversa, condivido pienamente l'assunto di Husserl.
***
Ma allora con che cosa sarebbe identificabile questo "Io puro"?
Secondo me, è  identificabile  con l'ESSERE che è il minimo comun denominatore di tutte le cose, coscienze individuali comprese; cioè, DIO, il quale appunto, secondo San Paolo, "est Omnia in omnibus!" (Cor.15).
***
Facciamo un esempio, il quale, ovviamente, ha fini meramente esplicativi; nessun esempio, infatti, può mai coincidere -e nemmeno spiegare completamente- la realtà ultima.
Nei nostri sogni, oltre al nostro "io personale", agiscono anche gli "io personali" e le "coscienze empiriche" degli altri soggetti del nostro sogno; con i quali interagiamo in modo analogo di quanto accade nella veglia.
Rammento che, più di una volta, ho sognato di discutere animatamente con alcuni di tali soggetti, per convincerli che, sia io che loro, eravamo tutti manifestazioni di un "unico io" sognante; e che, quindi, le nostre individualità oniriche erano sì "reali" (in quanto, comunque, in qualche modo si manifestavano nella nostra discussione), ma, nel contempo, erano anche "illusorie", poichè, in fondo, erano tutte manifestazioni di un "UNICO IO"...quello del Sognatore! Il quale, a volte, si impersonava in uno dei soggetti del sogno, mentre altre volte in un soggetto diverso.
A volte mi svegliavo subito, non appena presa coscienza di come stavano le cose; altre volte, invece, il sogno proseguiva, ed ogni personaggio insisteva a ribadire la sua "realtà individuale", differente da quella degli altri.
***
Nella veglia, secondo alcune "Weltanschauungen" come quella Vedanta, e, in un certo senso anche quella di Husserl e di molti altri, accade più o meno la stessa cosa.
Vale a dire:
- "io", in quanto "soggetto pensante individuale",  posso fare esperienza diretta solo della MIA "specifica" "coscienza individuale";
- però, così come i personaggi onirici, finchè dura il sogno, non possono capire di essere tutti manifestazioni di un unico soggetto, allo stesso modo il mio "io"  di veglia, così come quello di tutti gli altri, non possiamo superare questa percezione per accedere ad un'ipotetica coscienza dell'"IO" assoluto.
***
Quale possa essere il procedimento per superare la nostra coscienza particolare e vedere l'ESSERE in maniera pura, sinceramente, non te lo saprei proprio dire.
Da vivi, salvo casi eccezionali, forse non è proprio possibile, perchè, così come non ci si può svegliare finchè si continua a dormire, allo stesso modo "non si può vedere Dio (cioè l'ESSERE) e continuare a vivere"; ed infatti Gesù disse: "io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te...conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano UNO, così come noi siamo UNO." "Io prego perché tutti siano UNA SOLA COSA; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi." (Vangelo secondo Giovanni, 17).
E San Paolo, ancora più esplicitamente, disse che siamo tutti destinati a diventare con Dio "UN SOLO SPIRITO" (1Cor 6,13c-15a.17-20)
***
Un saluto. :)
***

viator

Salve Eutidemo. Citandoti : "Ed invero è fuori di dubbio il fatto che noi percepiamo le cose, indipendentemente dalla loro esistenza; il che è anche sperimentalmente documentato dai miraggi e dalle allucinazioni".

Mi dispiace parermi constatare che anche tu fai confusione tra il percepire ed il concepire.

Mentre i miraggi sono da noi PERCEPITI SENSORIALMENTE (l'occhio vede ciò che la realtà fisica genera sulla base delle leggi della fisica atmosferica e dell'ottica (riflessione-rifrazione))..........tale percezione esteriore viene poi interpretata dal nostro cervello il quale è portato a scambiare il reale fisico percepito dai sensi (la percezione di una lontana immagine tremolante e lucente) con l'irreale simbolico noto alla nostra psiche o memoria (il CONCETTO PSICHICO di acqua o di figure umane tremolanti).



Le allucinazioni invece appartengono invece solamente al regno del CONCEPITO PSICHICAMENTE poichè sono interamente prodotte all'interno del nostro sistema nervoso anche in mancanza di stimoli esterni.Con "mancanza distimoli esterni" non intendo "mancanza di origine o cause esterne (esogene)".......infatti alcool, droghe ed altro sono consuete cause allucinatorie.Intendo il fatto che le immagini e gli stimoli sensorialmente sperimentabili durante gli stati allucinatori vengono generati tutti al nostro interno (dalla nostra memoria cosciente od onirica, da nostre fisiologie o patologie). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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