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C'era una volta un Dio...

Aperto da iano, 12 Maggio 2024, 02:48:00 AM

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iano

Certi quesiti esistenziali sembrano molto più grandi di noi perchè  vi si possa dare risposta.
L'unica possibilità di riuscire a rispondervi quindi  è che noi, senza saperlo, siamo più grandi di loro.
Non si tratta di essere presuntuosi , se non nel senso di fare un esperimento mentale in cui ci immaginiamo di essere una specie di dio, creatore di mondi, che ha perso memoria delle sue costruzioni, che perciò ora sembrano  vivere di vita propria.
Si può provare a spiegare in diversi modi questa perdita di memoria, ma tutti probabilmente riconducibili  a un principio generale di natura, che ciò che non serve si perde in un economia di sussistenza.
Così, una volta creato il mondo in cui viviamo, non serviva per viverci ricordare la sua origine, e le domande esistenziali che ci facciamo da un pò senza trovare risposta potrebbero essere il sintomo di quanto questo mondo inizi a starci stretto.
Naturalmente noi non siamo veramente Dio, e il mondo che abbiamo creato non è la realtà, ma qualcosa che per essa può essere confusa, almeno finché riusciamo in modo sufficiente ad arginare le sue  contraddizioni ed incoerenze, cioè finché riusciamo a fare finta di non vederle, finché non diventano troppo pressanti, come un pulcino che vuole rompere il guscio di quello che fino a un certo punto è stato il suo mondo, vissuto come se fuori di quello non ve ne potessero essere altri, e perciò coincidente di fatto con la realtà.
Questo è appunto un esperimento mentale esposto in forma di favola, che inizia con ''Cera una volta un Dio...''



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#1
E ovviamente quello che cerchiamo di rompere è un uovo culturale che sta al posto della realtà come se vivesse di vita propria.
Se così stanno le cose, rotto l'uovo ci dovremmo ritrovare dentro a un altro uovo, in un destino matrioska.
Ma l'uovo è solo una forma, e il mondo nuovo potrebbe  avere quindi  una diversa forma, e magari così insolita da non sembrare tale, pronto ad essere confuso ancora una volta con la realtà, alla quale magari per esistere non necessità avere una forma, e per questo si presta sempre a prendere la forma che noi gli diamo, almeno finché  riusciamo a dargliela, perchè del mondo nuovo che si sta profilando è difficile anche solo immaginare la forma, forma di cui però, proprio come succede alla realtà, potrebbe non avere bisogno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#2
E' proprio questa supposta non necessità di avere una forma per esistere, ad autorizzarci a pensare che la realtà sia una , ma  traducibile in una molteplicità di forme, nessuna delle quali rappresentative in modo univoco della realtà, per il motivo che appunto la realtà una forma non c'è l'ha.
Non ce l'ha perchè la forma è un fatto puramente culturale, da cui la realtà non è dipendente, ed è invece solo un modo   possibile fra tanti per noi di sopravvivere alla realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La "forma" è l'aspetto più arcanamente antropico della metafisica causale aristotelica. Dio è la forma storica data al nostro bisogno di immortalità. La morte di questa millenaria, ancestrale, forma ha creato un abisso di senso difficile da colmare. Ammesso e non concesso che sia possibile e/o ne valga la pena. 

O, magari, tornare ad Anassimandro, facendoci carico da umani maturi del debito "entropico" assunto con l'evoluzione universale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 06:02:06 AMLa "forma" è l'aspetto più arcanamente antropico della metafisica causale aristotelica. Dio è la forma storica data al nostro bisogno di immortalità. La morte di questa millenaria, ancestrale, forma ha creato un abisso di senso difficile da colmare. Ammesso e non concesso che sia possibile e/o ne valga la pena.

O, magari, tornare ad Anassimandro, facendoci carico da umani maturi del debito "entropico" assunto con l'evoluzione universale.
Mi sarei potuto limitare a cliccare un ''mi piace'' al tuo post, se non sentissi anche il bisogno di esprimere sorpresa di aver trovato qualcuno che in qualche modo concorda con la mia favola, puntellandola con riferimenti puntuali  ???
dei quali a me è chiaro il primo, e un pò meno il secondo. :)
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#5
Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 06:02:06 AMLa "forma" è l'aspetto più arcanamente antropico della metafisica causale aristotelica. Dio è la forma storica data al nostro bisogno di immortalità. La morte di questa millenaria, ancestrale, forma ha creato un abisso di senso difficile da colmare. Ammesso e non concesso che sia possibile e/o ne valga la pena.


Rileggendo il tuo post, mi viene da chiedermi se, non riuscendo a trovare un senso alle cose, possiamo anche fare senza.
Il fatto che l'intelligenza artificiale, la quale ci sostituirà/integrerà sempre di più, non possieda il senso delle cose sembra confermarcelo.
Come dice col suo genio poetico  Vasco Rossi: ''Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l'ha.''
Il senso quindi sarebbe un di più che da forma alla realtà, anche se questa realtà una forma non ce l'ha, e una una volta datagli una forma la si può vivere come fosse la realtà.
La forma quindi non sarebbe la proiezione sulla nostra coscienza della realtà, ma un interfaccia fra noi e la realtà che vale un modo di viverla come tanti, nessuno dei quali in se necessario.
Se noi siamo gli artefici di quella forma, nella misura in cui la si confonde con la realtà, noi siamo Dio.
O, come afferma qualcuno in questo stesso forum, siamo destinati a ricongiungerci ad un uno dal quale non ci siamo mai allontanati, separati dall'uno dall'interposizione di una forma in se non necessaria.
In sostanza si può vivere anche senza saperlo, e se possiamo dire questo è perchè almeno in parte lo sappiamo.
La vera presunzione allora appare a me non paragonarsi a Dio, anche se solo in una esperimento mentale, ma credere di saperla, o di poterla sapere tutta quanta la questione del vivere, trovando una risposta ad ogni quesito esistenziale.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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iano

#6
La geometria come scienza delle forme è stata l'inizio di una avventura che diventa sempre più informe togliendo spazio all'immaginazione.
Non sembra essere una prospettiva appetibile a cui ci si possa facilmente rassegnare, a meno che non si riprenda coscienza dell'uso che ne facciamo, usandola appunto, e scrollandoci di dosso la sensazione  di lasciarci usare, o meglio scrollandoci di dosso una sensazione di essere usati che equivale ad una sensazione di evidenza di una realtà che accogliamo in modo passivo dentro di noi, passività di cui il metodo scientifico è la sublimazione.
Niente in contrario per carità. Io sono il primo dei suoi sostenitori, ma è solo il passo successivo alla scienza delle forme in una storia che và avanti, e che possiamo continuare a immaginare/costruire se smettiamo di confonderla con la realtà.
Si può vivere senza sapere di farlo, ma una volta acquisita questa coscienza sembra difficile potervi rinunciare.
Ciò che bisogna evitare è commettere l'errore che questa coscienza sia lo scopo , e non un semplice, per quanto meraviglioso, supporto alla vita, perchè
 la coscienza potrebbe avere lo stesso effetto di una droga  creando dipendenza, non essendo quindi un caso che le droghe stesse alterino lo stato di coscienza.
Si spiegherebbe così lo strano caso delle droghe che accompagnano da sempre la storia dell'uomo, e a cui non sembra siamo capaci di rinunciare, e che anzi, più proviamo a censurare più gli facciamo pubblicità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Iano, se dici che ci sono "contraddizioni e incoerenze" nella visione che abbiamo della realtà, tanto da sentirci spinti a sostituire di tanto in tanto tale visione con un nuovo paradigma, allora vuol dire che implicitamente accetti che la realtà una forma ce l'abbia (per quanto inconoscibile nella sua purezza o totalità), e che il sapere cerca di darne una rappresentazione il più possibile adeguata (la contraddizione sarebbe appunto il sintomo di un'incoerenza tra realtà e sapere).
Se invece la realtà è solo una parola astratta che sta ad indicare solo che là fuori c'è qualcosa, ma senza che si possa distinguere sapere ed essere, allora sì, possiamo dirci interni a successioni di visioni del mondo il cui motore non è l'ingenua adeguatezza della rappresentazione, che appunto non può basarsi su alcuna forma specifica della realtà, ma miscugli di cause che spetta a te, relativista confesso, approfondire e descrivere.  ;)

iano

#8
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 09:56:24 AMIano, se dici che ci sono "contraddizioni e incoerenze" nella visione che abbiamo della realtà, tanto da sentirci spinti a sostituire di tanto in tanto tale visione con un nuovo paradigma, allora vuol dire che implicitamente accetti che la realtà una forma ce l'abbia (per quanto inconoscibile nella sua purezza o totalità), e che il sapere cerca di darne una rappresentazione il più possibile adeguata (la contraddizione sarebbe appunto il sintomo di un'incoerenza tra realtà e sapere).
Se invece la realtà è solo una parola astratta che sta ad indicare solo che là fuori c'è qualcosa, ma senza che si possa distinguere sapere ed essere, allora sì, possiamo dirci interni a successioni di visioni del mondo il cui motore non è l'ingenua adeguatezza della rappresentazione, che appunto non può basarsi su alcuna forma specifica della realtà, ma miscugli di cause che spetta a te, relativista confesso, approfondire e descrivere.  ;)
Relativista confesso, è vero, ma allo stesso tempo innamorato delle apparenze, che vorrei perciò salvare  dalla fine del mondo in atto.
Quindi, non ripudiare le apparenze una volta presane coscienza, ma avendone preso coscienza farne appunto un uso consapevole.
Nessuno ci ha ingannati sulla realtà.
Ci siamo ingannati da soli, e se lo abbiamo fatto e siamo ancora qua, avremo avuto un buon motivo per farlo, per cui possiamo diversamente continuare a farlo, precisando che la creatività è la vera natura dell'inganno.
Siamo in grado di disegnare la realtà non perchè la natura ha un disegno, ma perchè possediamo dentro noi un disegno della realtà.
Non è tanto che la realtà sia una parola astratta, ma è il mondo in cui viviamo ad essersi mostrato alla fine come una astrazione della realtà, e neanche rappresentativa, in quanto non univoca, per cui la realtà, per dirla con Cacciari, è stata degradata a metafisica concreta, che in fondo è un modo per dare un ancora di salvezza ad una concretezza sempre più evanescente, ponendola dietro alle quinte, e mettendo in primo piano una finzione, il mondo in cui viviamo, che aspetta solo di essere emendata dal nostro pregiudizio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Citazione di: iano il 12 Maggio 2024, 10:16:14 AMRelativista confesso, è vero, ma allo stesso tempo innamorato delle apparenze, che vorrei perciò salvare  dalla fine del mondo in atto.
Quindi, non ripudiare le apparenze una volta presane coscienza, ma avendone preso coscienza farne appunto un uso consapevole.
Nessuno ci ha ingannati sulla realtà.
Ci siamo ingannati da soli, e se lo abbiamo fatto e siamo ancora qua, avremo avuto un buon motivo per farlo, per cui possiamo diversamente continuare a farlo, precisando che la creatività è la vera natura dell'inganno.
Siamo in grado di disegnare la realtà non perchè la natura ha un disegno, ma perchè possediamo dentro noi un disegno della realtà.
Non è tanto che la realtà sia una parola astratta, ma è il mondo in cui viviamo ad essersi mostrato alla fine come una astrazione della realtà, e neanche rappresentativa, in quanto non univoca, per cui la realtà, per dirla con Cacciari, è stata degradata a metafisica concreta, che in fondo è un modo per dare un ancora di salvezza ad una concretezza sempre più evanescente, ponendola dietro alle quinte, e mettendo in primo piano una finzione, il mondo in cui viviamo, che aspetta solo di essere emendata dal nostro pregiudizio.
L'obiezione era: come fai a parlare di apparenze se non credi esista un livello oggettivo della realtà (in quanto, tu dici: la realtà non ha una forma)?
Senza un livello oggettivo della realtà (conoscibile o inconoscibile che sia) non ci sono più le apparenze, ma soltanto verità.
E da questo punto di vista, da quello relativista, il nostro modo di vivere non può nemmeno essere descritto come più o meno lontano dalla realtà, perché la nostra realtà è appunto proprio quella visione in cui siamo immersi.

iano

#10
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 11:01:54 AML'obiezione era: come fai a parlare di apparenze se non credi esista un livello oggettivo della realtà (in quanto, tu dici: la realtà non ha una forma)?
Senza un livello oggettivo della realtà (conoscibile o inconoscibile che sia) non ci sono più le apparenze, ma soltanto verità.
E da questo punto di vista, da quello relativista, il nostro modo di vivere non può nemmeno essere descritto come più o meno lontano dalla realtà, perché la nostra realtà è appunto proprio quella visione in cui siamo immersi.

In effetti io credo fermamente a un livello oggettivo di realtà, per quanto possa oggettivarsi una fede.
Non credo cioè che le apparenze abbiano una generazione spontanea, e credo che non siano univoche, ma non perciò che siano gratuite.
La realtà non è conoscibile non avendo forma.
La conoscenza è forma, ed è un prodotto della nostra interazione con la realtà, che quindi quantomeno non riguarda la realtà in modo esclusivo.
La conoscenza cioè dice di noi non meno che della realtà e non è possibile separare ciò che dice di noi da ciò che dice della realtà, posto che noi ne siamo separati.
Quella della conoscenza obiettiva è cioè un illusione, non potendo prescindere da un biocentrismo, ed è un illusione per fortuna secondo me, perchè riflettendo sull'utilità di una conoscenza oggettiva non riesco a vederci nulla di buono, a meno che non si consideri cosa giusta e buona vivere in un eterna contemplazione della verità.
Con ciò non ripudio la scienza che l'oggettività sembra perseguire, e che vedo anzi come un passo notevole in un progressivo  uso di coscienza incrementale che l'evoluzione sembra aver deciso per noi.

A dirla in breve ciò che perseguo è la rivalutazione di un illusione contro cui una giovane scienza ancora inesperta aveva mosso guerra.
Errori di gioventù, appunto, di una scienza che deve ancora giungere a piena maturità, e vi giungerà quando non riuscendo a sconfiggere l'illusione se la farà amica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Credo anche che se un mondo ci appare è perchè noi abbiamo una capacità ineludibile di credere, possiamo cioè scegliere in cosa credere, ma non possiamo scegliere se credere.
Perciò di una fisica che tendenzialmente, quanto inutilmente, cerca di ripudiare ogni fede, mi interessa capire su quale fede inconscia si basi, detta anche a volte metafisica.
Mi interessa ciò pur conscio del fatto che una metafisica svelata smette di svolgere la sua funzione, perchè funziona solo finché resta immune da critiche, e ciò è possibile solo finché rimane nascosta da potersi considerare contigua alla verità, come ciò che non si può negare.
Ma una metafisica svelata lascia solo il posto ad una altra ancora da scoprire, ed è così che procede la nostra storia imperniata sulla nostra capacità di credere, non disattivabile, per quanto ci sforziamo a farlo, finché viviamo, per cui crederemo sempre di vivere in un mondo che della realtà però fa solo le veci.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Pensarbene

L'idea migliore di Dio è quella di una singolarità eterna.
Da essa promana il big bang come sua metafora mentre l'altro lato della medaglia ci sono i buchi neri.
Hawking diceva che, in fondo, l'universo assomiglia a un buco nero all'incontrario e non aveva tutti i torti.
Prima del big bang non esisteva un bel niente nei termini a noi noti.Il big bang stesso è noto solo a partire dal suo orizzonte primario apparente,per dirla alla Hawking e ricordando la sua idea sul cosmo che ho citato prima.
Dunque Dio è fuori da ogni possibile definizione,misura,rappresentazione se non quella di considerarlo simile a  una singolarità eterna ma anche questa sarebbe solo una metafora.
Noi stessi siamo metafore di singolarità e ogni cosa esistente lo è,dal quark all'universo,ma lo è in un modo molto diluito,parziale relativo e contingente.
Tutto è cominciato da una singolarità secondaria di cui noi vediamo solo l'orizzonte apparente primario grazie ai nostri telescopi più potenti.
Quella primaria è irraggiungibile,imprendibile, inavvicinabile.






Ipazia

Citazione di: iano il 12 Maggio 2024, 07:36:30 AMMi sarei potuto limitare a cliccare un ''mi piace'' al tuo post, se non sentissi anche il bisogno di esprimere sorpresa di aver trovato qualcuno che in qualche modo concorda con la mia favola, puntellandola con riferimenti puntuali  ???
dei quali a me è chiaro il primo, e un pò meno il secondo. :)

Ciò [apeiron] da cui proviene la generazione delle cose che sono, peraltro è ciò verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo necessità: le cose che sono, infatti, pagano l'una all'altra la pena e l'espiazione dell'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo.
(Anassimandro [in Simplicio], fr. 12 B
)

Questa ti dovrebbe piacere, perchè tradotta in moderno scientificese suonerebbe all'incirca così:

L'universo da cui provengono le cose che sono è pure la destinazione della loro necessaria rovina. Le cose che sono (ta panta, enti) pagano, interagendo tra loro, il furto di entropia, che rimborsano all'universo, estinguendosi secondo il tempo di vita loro concesso.

Per quel che mi riguarda in questo frammento c'è già tutto il senso sapienziale della nostra origine e fine.

Fine, che girata al maschile è pure il nostro destino. La nostra causa finale, niccianamente da amare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 18:28:05 PMCiò [apeiron] da cui proviene la generazione delle cose che sono, peraltro è ciò verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo necessità: le cose che sono, infatti, pagano l'una all'altra la pena e l'espiazione dell'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo.
(Anassimandro [in Simplicio], fr. 12 B
)
Questa ti dovrebbe piacere, perchè tradotta in moderno scientificese suonerebbe all'incirca così:
L'universo da cui provengono le cose che sono è pure la destinazione della loro necessaria rovina. Le cose che sono (ta panta, enti) pagano, interagendo tra loro, il furto di entropia, che rimborsano all'universo, estinguendosi secondo il tempo di vita loro concesso.
Per quel che mi riguarda in questo frammento c'è già tutto il senso sapienziale della nostra origine e fine.
Fine, che girata al maschile è pure il nostro destino. La nostra causa finale, niccianamente da amare.
Marc Cohen[30] e Carlo Rovelli[31] interpretano l'ápeiron come la prima "entità teorica" nella storia della scienza: una entità naturale non direttamente osservabile, ma la cui esistenza è postulata per organizzare rendere conto in maniera naturalistica della complessità fenomeni osservabili.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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