Quello che la tecnoscienza può fare rispetto a quello che possiamo comprendere

Aperto da maral, 04 Aprile 2016, 16:18:03 PM

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cvc

Chiedo scusa per la facezia, ma mi viene in mente il film comico "Una settimana da Dio" dove Jim Carrey si ritrova con la capacità di fare miracoli e pensa di poter fare tutto, ma poi si rende conto quanto sia difficile il "lavoro" di Dio. La stessa cosa sembra accadere alla tecno-scienza come qui lq si chiama. Si ritrova i super poteri ma poi.... come usarli? Si rischia il paradosso per cui si trovano metodi per prolungare sempre più la vita, ma poi si rischia di annientare l'intero pianeta. E appare anche ridicolo che nel processo di continua frammentazione e specializzazione che permette il progresso delle scienze, l'etica scientifica viene considerata una materia delle tante, una delle tante e nemmeno la più importante, anzi quella che più spesso infastidisce e frena il progresso. L'etica può avere senso solo se la si considera il problema dei problemi, e non un problema accessorio. Purtroppo dall'avere i super poteri alla tentazione di giocare a fare Dio il passo è breve. Sembrerebbe che nel fenomeno uomo il progresso scientifico rischi di essere una propaggine cresciuta a dismisura che rischia di ammorbare l'intero organismo, una sorta di tumore. Occorre riequilibrare questa sfasatura fra scienza e coscienza morale, e non si può certo sperare di farlo ponendo l'etica scientifica come una delle innumerevoli facce del poliedro scientifico. Se non c'è anteriormente un'etica che indichi dove deve e dove non deve applicarsi la scienza, non si può sperare che poi l'etica funzioni a posteriori. Ma il mondo scientifico pare non voglia accettare limitazione di sorta che possano intralciarne il progresso. Basta pensare alle cavie umane. In tempi di crisi 1000 franchi per 2 giorni da cavia possono fare comodo....
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 23:29:00 PM
Se si è deboli sul concetto di etica come si pensa d influire o essere ascoltati dalle scienze in generale e quelle biologiche in particolare?
Va bene partire anche da "benessere dell'umanità", ma deve essere definito e ancorato a dei principi universali.
Con la globalizzazione o un principio è universalistico o si lascia gestire come vuole ogni "fetta" di mondo.
L'etica nasce dall'osservazione del mondo ma deve rientrare nelle coscienze umane e poi rientrare nella pratica del mondo,diversamente rimane un'astrazione

Maral non sono d'accordo, l'etica ha perso quando è caduta nella scienza, perdendo il principio ,il paradigma.
L'etica si è relativizzata nelle pratiche quando è entrata parallelamente dentro le teorie  economiche di convenienza e di principio edonistico ,molteplici etiche significa specificità senza una relazione fondamentale che le riunisca, e quì contano anche le influenze date anche pretestuosamente dalle  teorie dell'evoluzione.

Bisognerebbe prima definire una teoria della di vita .
Credo che oltre alle motivazioni da te elencate e che condivido, alla base del declino etico ci sia la valutazione morale a posteriori. Si pretende che le scoperte scientifiche possano avere un valore morale retroattivo, il che è un'assurdità. Non può essere il sapere derivante dalla scienza a stabilire la bontà della mia condotta morale, perché siamo esseri incompleti, la nostra conoscenza è limitata e agiamo nell'incertezza. Se crediamo che il valore morale è nelle intenzioni, allora deve esserci una scelta morale che precede i fatti, e la bontà morale dell'individuo sta nel mantenersi coerente con la sua prescelta. Se invece crediamo che il valore morale sia nei fatti, essendo la natura di questi in gran parte casuale, allora dobbiamo arrenderci ad una morale casuale. Il che ovviamente può servire a ripulire la coscienza da qualsiasi illecito.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 23:29:00 PM
Se si è deboli sul concetto di etica come si pensa d influire o essere ascoltati dalle scienze in generale e quelle biologiche in particolare?
Va bene partire anche da "benessere dell'umanità", ma deve essere definito e ancorato a dei principi universali.
Con la globalizzazione o un principio è universalistico o si lascia gestire come vuole ogni "fetta" di mondo.
L'etica nasce dall'osservazione del mondo ma deve rientrare nelle coscienze umane e poi rientrare nella pratica del mondo,diversamente rimane un'astrazione

Maral non sono d'accordo, l'etica ha perso quando è caduta nella scienza, perdendo il principio ,il paradigma.
L'etica si è relativizzata nelle pratiche quando è entrata parallelamente dentro le teorie  economiche di convenienza e di principio edonistico ,molteplici etiche significa specificità senza una relazione fondamentale che le riunisca, e quì contano anche le influenze date anche pretestuosamente dalle  teorie dell'evoluzione.

Bisognerebbe prima definire una teoria della di vita .
Come si possono stabilire oggi dei principi universali Paul? Il problema per cui non si può più credere a un'etica dei principi sta tutta lì, non sono più possibili principi che, per essere universale, devono fondarsi su una trascendenza (logica, mitica, religiosa), non è più credibile come assoluta alcuna metafisica, se non, forse la metafisica del divenire, che però, in quanto tale non fonda alcuna morale stabile. La debolezza etica che attualmente constatiamo non è il frutto di una sorta di scelta che rivela sempre più la sua fallacia e da cui si potrebbe anche retrocedere e non è un errore da cui si possa tornare indietro per ritrovare i bei valori andati perduti. E' ormai un accadimento ineluttabile, sempre ammesso che i cosiddetti principi universali abbiano mai avuto effettivamente valore alcuno. Stavano lì come monumenti, più che altro utili a tranquillizzare gli ingenui.
Siamo sempre stati eticamente deboli, tanto da avere avuto bisogno di norme e leggi che un tempo, affinché venissero rispettate, si dovevano credere dettate da un Dio giudice supremo, poi l'uomo ha cominciato a credere nella propria razionalità, che è pur sempre il frutto di un pensiero calcolante, di un'economia e questa razionalità ha creato una scienza a cui si pensava di poter ascrivere l'etica, basandola su di essa, ma così non è stato e nemmeno si può pensare di poter tornare indietro, alle mitologie e filosofie dell'era agricola che potevano avere senso di verità solo in quei contesti che non ci sono più (o se ci sono sono episodi di nicchia che sussistono solo in funzione di una produzione di tecnologia industriale pervasiva).
Tu dici che bisognerebbe definire una teoria della vita: ma chi la definisce? Il biologo è assolutamente convinto che spetti solo a lui, è lui che studia la vita con la necessaria competenza, chi altri può riconoscerla senza ambiguità e confusione? Il teologo a questo si ribella, perché concepisce ancora la vita in termini di dono divino, dunque solo in virtù di una teologia che ne tratta il significato primo la si deve definire; il filosofo è forse l'unico che può intendere che una teoria della vita è impossibile e trarne le conseguenze etiche (magari tornando alle implicazioni derivanti dal socratico sapere di non sapere), ma per lo più si rassegna a un tecnicismo che aderisce al pragmatismo vincente.
Poi ovviamente una nuova metafisica è sempre possibile, la tecnica stessa ha una sua metafisica che può renderla assoluta. Il problema è se questa metafisica può lasciare ancora spazio all'umano o se in essa l'uomo si presenta così antiquato da essere già superato.

Faccio un esempio relativamente alle difficoltà che la ricerca biotecnologica potrebbe determinare nella preposizione morale per cui la vita dovrebbe essere considerata intoccabile e quindi in ogni caso non manipolabile. Dalle cellule toti o pluripotenti di quegli embrioni conservati oggi fino a scadenza, in frigorifero, il biologo potrebbe sviluppare cellule cerebrali utili a guarire il Parkinson e l'Alzheimer: è morale impedirglielo in nome della presunta vita naturale (che naturale non è per nulla) di quegli embrioni? In nome di cosa?
Ma non solo, ormai la biologia, in linea di principio, è in grado di far recedere una cellula somatica adulta al suo stato originario di totipotenza, può quindi farla diventare una cellula uovo e stimolarla a una partenogenosi, da questa cellula uovo potrebbe dunque per partenogenesi indotta nascere un individuo. Questo significa che da una cellula della pelle si potrebbe far nascere un individuo, senza nemmeno il bisogno di procedere con una tecnica di clonazione. E' tutto naturale, perché la partenogenosi è un processo naturale, sia pure non in atto nella specie umana che si riproduce per via sessuata. E la stessa sessualità in natura è qualcosa di assai più complesso della semplice ripartizione maschio-femmina, già a livello cromosomico (per non parlare a livello ormonale e psicologico). Possiamo, in nome del tipo di riproduzione a cui la nostra tradizione culturale ha assegnato un preciso significato di naturalità, imporre un limite a questo tipo di ricerche che sono comunque possibili dal punto di vista scientifico e pensare di far rispettare davvero tale limite in nome di un principio etico, quando nessun principio etico ha di fatto mai fermato nessuno, nemmeno quando lo si pensava dettato su tavole di pietra da Dio in persona o alla mente da una razionalità indefettibile? Una teoria della vita dovrebbe comprendere o escludere queste possibilità che le biotecnologie ci mostrano fattibili con tutte le possibilità di potenza che esse dischiudono nel bene (sanare i sofferenti e gli ammalati e soccorrere i bisognosi) e nel male (concepire l'esistente solo in ragione di ciò che di esso serve)?

 

memento

Volevo fare un po' di precisazioni in merito al mio ultimo post.
Innanzitutto quando parlo di una filosofia ancora radicata nel pensiero religioso (ma sarebbe più consono dire metafisico,cosi chiarisco ogni dubbio) intendo riferirmi a quell'antico retaggio di origine platonica/parmenidea di porre il Logos al di là della realtà sensibile e apparente,che si fonda appunto sulla fede in un ente trascendente,qualsiasi esso sia. In questo senso ogni tentativo di conciliare filosofie di questo stampo (ancora largamente presenti) e scienza risulta vanificato in partenza. Non sto assolutamente equiparando filosofia e religione: la critica è proprio questa.
Sgiombo,credo che se esistesse una "morale universale",o un "imperativo categorico" per dirla come Kant,non ci staremmo nemmeno ponendo il problema.
Il "benessere dell'umanità" è un concetto "arbitrario e antiquato" perché presuppone che il benessere della collettività coincida con quello del singolo individuo. E in cosa consiste? Nessuno di voi ha mai supposto il legame fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato? Che il benessere non sia propriamente un argomento a favore della morale,sebbene si presenti come suo scopo?
Sta alla filosofia porsi queste domande. E ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non può essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche,anzi deve comprenderle in un progetto di più ampia portata. Ma non è solo di filosofia che si tratta,so benissimo.

sgiombo

Citazione di: memento il 14 Aprile 2016, 15:33:06 PM
Volevo fare un po' di precisazioni in merito al mio ultimo post.
Innanzitutto quando parlo di una filosofia ancora radicata nel pensiero religioso (ma sarebbe più consono dire metafisico,cosi chiarisco ogni dubbio) intendo riferirmi a quell'antico retaggio di origine platonica/parmenidea di porre il Logos al di là della realtà sensibile e apparente,che si fonda appunto sulla fede in un ente trascendente,qualsiasi esso sia. In questo senso ogni tentativo di conciliare filosofie di questo stampo (ancora largamente presenti) e scienza risulta vanificato in partenza. Non sto assolutamente equiparando filosofia e religione: la critica è proprio questa.
Sgiombo,credo che se esistesse una "morale universale",o un "imperativo categorico" per dirla come Kant,non ci staremmo nemmeno ponendo il problema.
Il "benessere dell'umanità" è un concetto "arbitrario e antiquato" perché presuppone che il benessere della collettività coincida con quello del singolo individuo. E in cosa consiste? Nessuno di voi ha mai supposto il legame fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato? Che il benessere non sia propriamente un argomento a favore della morale,sebbene si presenti come suo scopo?
Sta alla filosofia porsi queste domande. E ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non può essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche,anzi deve comprenderle in un progetto di più ampia portata. Ma non è solo di filosofia che si tratta,so benissimo.

E' certamente utile per intenderci il chiarimento circa le filosofie di ispirazione platonica/parmenidea (più o meno remota e mediata); ora ti intendo meglio.


Tuttavia mi sembra che siano inconciliabili con la scienza filosofie che postulino l' esistenza di enti e/o eventi sopra- o preter- naturali immanenti, cioè interferenti con la realtà naturale - materiale e il suo divenire (per la chiusura causale del mondo fisico, a mio parere necessaria, indispensabile perché possa darsi conoscenza scientifica).
Filosofie che implichino enti e/o eventi sopra- o preter- naturali trascendenti, cioé non interferenti con il divenire della realtà naturale - materiale ritengo invece siano tranquillamente conciliabili e integrabili con le scienza (io stesso, nel mio piccolo, coltivo una filosofia, che ho più volte esposto nel vecchio forum, la quale implica la non riducibilità del pensiero alla materia ma un loro divenire per così dire "parallelo su diversi piani non interferenti", che non inficia la chiusura causale del mondo fisico e dunque é perfettamente conciliabile con la conoscenza scientifica; che non condiziona ma casomai integra).


Non vedo proprio come l' esistenza di una "morale universale", o un "imperativo categorico" per dirla come Kant, farebbe sì che non si ponga il problema: il problema della sua esistenza? Ma non é detto che tutto ciò che é reale debba anche essere immediatamente evidente nella sua realtà, e il fatto che vi sia chi dubita di qualcosa non dimostra che tale qualcosa non esista (per esempio per secoli c' é stato chi ha dubitato dell' esistenza di atomi e molecole, che però oggi é pressocchè universalmente accettata; il problema delle contravvenzioni a tale imperativo? Ma l' esistenza di una morale di fatto universale (in parte) non implica che sempre e comunque venga osservata, anzi!
Il concetto di violazione e di colpa, non meno che quello di osservanza e di onestà (o alla maniera degli stoici "virtù")  é quasi implicito in quello di morale; l' imperativo categorico é sempre stato inteso da Kant senza alcuna perpessità come passibile di essere disatteso.


Non credo che benessere collettivo universale e benessere individuale coincidano mai perfettamente: contrasti interumani ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, anche se di natura profondamente diversa nelle diverse epoche storiche.
La maggiore o minore adeguatezza allo sviluppo delle forze produttive umane dei diversi assetti sociali (per me innanzitutto e suprattutto dei  "rapporti di produzione" su cui si fondano) si "misura", per così dire alquanto metaforicamente, proprio dalla maggiore o minore estensione e intensità di queste contraddizioni fra benessere collettivo e individuale.


Non credo proprio che esista un nesso inevitabile fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato; casomai fra il nichilismo morale e l'imporsi di disuguaglianze e iniquità crescenti negli stili di vita e nei rispettivi agi (dunque il diffondersi di "stili di vita" agiatissimi e anche di "stili di vita miserrimi).


Che Stia alla filosofia porsi queste domande. E che ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non possa essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche, anzi debba comprenderle in un progetto di più ampia portata sono perfettamente d' accordo.

sgiombo

#50
Citazione di: maral il 14 Aprile 2016, 14:41:55 PM
Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 23:29:00 PMCome si possono stabilire oggi dei principi universali Paul? Il problema per cui non si può più credere a un'etica dei principi sta tutta lì, non sono più possibili principi che, per essere universale, devono fondarsi su una trascendenza (logica, mitica, religiosa), non è più credibile come assoluta alcuna metafisica, se non, forse la metafisica del divenire, che però, in quanto tale non fonda alcuna morale stabile. La debolezza etica che attualmente constatiamo non è il frutto di una sorta di scelta che rivela sempre più la sua fallacia e da cui si potrebbe anche retrocedere e non è un errore da cui si possa tornare indietro per ritrovare i bei valori andati perduti. E' ormai un accadimento ineluttabile, sempre ammesso che i cosiddetti principi universali abbiano mai avuto effettivamente valore alcuno. Stavano lì come monumenti, più che altro utili a tranquillizzare gli ingenui.
Siamo sempre stati eticamente deboli, tanto da avere avuto bisogno di norme e leggi che un tempo, affinché venissero rispettate, si dovevano credere dettate da un Dio giudice supremo, poi l'uomo ha cominciato a credere nella propria razionalità, che è pur sempre il frutto di un pensiero calcolante, di un'economia e questa razionalità ha creato una scienza a cui si pensava di poter ascrivere l'etica, basandola su di essa, ma così non è stato e nemmeno si può pensare di poter tornare indietro, alle mitologie e filosofie dell'era agricola che potevano avere senso di verità solo in quei contesti che non ci sono più (o se ci sono sono episodi di nicchia che sussistono solo in funzione di una produzione di tecnologia industriale pervasiva).
Tu dici che bisognerebbe definire una teoria della vita: ma chi la definisce? Il biologo è assolutamente convinto che spetti solo a lui, è lui che studia la vita con la necessaria competenza, chi altri può riconoscerla senza ambiguità e confusione? Il teologo a questo si ribella, perché concepisce ancora la vita in termini di dono divino, dunque solo in virtù di una teologia che ne tratta il significato primo la si deve definire; il filosofo è forse l'unico che può intendere che una teoria della vita è impossibile e trarne le conseguenze etiche (magari tornando alle implicazioni derivanti dal socratico sapere di non sapere), ma per lo più si rassegna a un tecnicismo che aderisce al pragmatismo vincente.
Poi ovviamente una nuova metafisica è sempre possibile, la tecnica stessa ha una sua metafisica che può renderla assoluta. Il problema è se questa metafisica può lasciare ancora spazio all'umano o se in essa l'uomo si presenta così antiquato da essere già superato.


QUESTA CITAZIONE E' DI MARAL E NON, COME NON RIESCO IN ALCUN MODO AD EVITARE CHE SIA ERRONEAMENTE INDICATA, DI PAUL11


Mi stupisce, Maral, questo tuo (attuale; che prima non mi avevi mai fatto questa impressione!) pessimismo disperato (così mi pare: una sorta di resa senza condizioni al nichilismo).

Se ammetti che i principi etici, per essere universali, devono fondarsi su una trascendenza (logica, mitica, religiosa), e ciò non è più credibile, se affermi "ammesso [ma, par di capire, non concesso da parte tua] che i cosiddetti principi universali abbiano mai avuto effettivamente valore alcuno. Stavano lì come monumenti, più che altro utili a tranquillizzare gli ingenui", allora mi sembra che in sostanza sei d' accordo che "Dio é morto (ucciso dalla scienza e dalla tecnica, con la loro "onnipotenza", o meglio presunzione di onnipotenza, e dunque tutto é lecito".

Manifestato il mio stupore (e anche un certo rammarico, se mi si concede una fugace caduta nel sentimentalismo), non posso che opporre nuovamente a questo tuo nichilismo (che in altro modo non saprei definire) la mia convinzione che la natura materiale, attraverso l' evoluzione biologica (senza bisogno di ricorrere ad alcun inesistente trascendenza logica, mitica o religiosa, nè ad alcuna realtà  metafisica; peraltro esistente secondo me), fa sì che un' etica umana di fatto universale sia reale (in parte; ed in parte storicamente determinata, essendo l' umanità per così dire "dialetticamente articolata" fra natura e cultura, fra biologia e storia); anche se non tale "di diritto", cioé non dimostrabile razionalmente.

Certo che Siamo sempre stati eticamente deboli, ma non credo che avessimo (come umanità) mai avuto bisogno assoluto, come una necessità ineludibile, di norme e leggi che, affinché venissero rispettate, si dovevano credere dettate da un Dio giudice supremo: da Socrate agli stoici, agli stessi epicurei, a varie declinazioni del cristianesimo e di altre religioni, per non parlare del panteismo di Spinoza e degli ateismi, gli esempi dottrinali, (teorici) e pratici di dedizione alla "virtù" del tutto disinteressata, quale "premio a se stessa" si sprecano a mio avviso.

Non sono inoltre d' accordo che la razionalità umana sia pur sempre e necessariamente, unicamente il frutto di un pensiero calcolante, di un'economia: la razionalità é per me una facoltà e una tendenza comportamentale umana e può (anche; oltre ad essere applicata alle più disparate aspirazioni e finalità, buone o cattive che siano) avere valore in se stessa, può essere anche fine a se stessa: la scienza é mezzo per fini più o meno nobili o più o meno abbietti, ma é anche amore di conoscenza in sé e per sé, per il gusto e la soddisfazione che da il sapere com é il mondo in cui viviamo, chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, così come si può comporre ed ascoltare musica per il piacere che ci dà in se stessa (anche se la poesia e la canzone -o la cantata- nacquero di fatto, come veri e propri "mezzi memotecnici", quando non si disponeva della scrittura per facilitare il ricordo di racconti e conoscenze ritenuti socialmente importanti).

E continuo a proporre, in alternativa a questo tuo per me inaspettato pessimismo nichilistico la mia convinzione che tutte le possibili (sarebbero peraltro probabilmente infinite) applicazioni tecniche delle conoscenze scientifiche in linea di principio non sono ineluttabilmente destinate ad essere realizzate; anche se a questo proposito i rapporti sociali di produzione dominanti ("capitalistici in avanzato stato di putrefazione") sono in ultima analisi determinanti in senso opposto e sulla possibilotà che siano superati per tempo prima che determinino l' "estinzione prematura e di sua propria mano" della nostra specie sono pessimista (ma di un pessimismo relativo, non assoluto, che non giustifica una resa).

Ivo Nardi

Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2016, 09:18:31 AMQUESTA CITAZIONE E' DI MARAL E NON, COME NON RIESCO IN ALCUN MODO AD EVITARE CHE SIA ERRONEAMENTE INDICATA, DI PAUL11
Se legge attentamente il suo post, vedrà che la citazione è corretta.
Si legge chiaramente (primo rigo) che la citazione è di Maral, al cui interno (secondo rigo) vi è una citazione di paul11.
Possiamo dare infinite interpretazioni a un riflesso confuso nell'acqua,
ma l'immagine che dà origine a quel riflesso è soltanto una.

paul11

Hi visto persone poco più che alfabetizzate ottenere dei diritti perchè credevano nell'etica  anche se non conoscevano la parola ,perchè la praticavano con dignità.
Vedo persone acculturate che perdono diritti plagiati nelle menti confuse e non credono più a niente.Il pensiero per loro è già un dolore.

Vedo nelle Cosituzioni delle repubbliche    dei principi formulati a cui tutto l'ordinamento deve riferirsi; vedo persone prive di coscienza e conoscenza dei principi farsi sfruttare e supino servilismo accettare che quei diritti siano calpestati, perchè non hanno capito il testamento di generazioni precedenti e di culture precedenti che hanno discusso di etica, di teoria dello Stato di rapporto fra vita e individui  e fra individuo e società. Chi perde il testamento perde la memoria storica e il rispetto per l'umanità, perchè non consegnerà quel testamento alle generazioni future 


Vedo le  scienze che oggi sono riuscite a farsi passare per realiste e razionaliste.
e si è dimenticato che il razionalismo era nella metafisica greca dentro gli oggetti concettuali, cioè assiomi ed enunciati che costruivano i primitivi della geometria e matematica. Il realismo era in Platone ,poichè non c'èra al divisone netta  fra natura ed asatrazione, ma un cordone ombelicale che legava la materia e l'iperuranio.  Il razionalismo sarà il contraltare dell'empirismo , il cui significato era conoscenza attraverso l'osservazione e l'esperienza.
Hanno saputo travisare così bene grazie a filosofi  da due soldi  e asserviti  alle scienze da ribaltare termini e significati, per cui oggi la scienza è ragione la metafisica irrazionalità, le scienze verità  e i concetti etici vestigia di antichi pensieri che non sono nel progresso. 
Così l'umanità è divenuta come San Tommaso che deve vedere per credere.  E nega in questo modo la sua natura.
La vita diventa un esercizio fisco e scientifico da laboratorio, essendo priva di sensi e significati .

Le  grandi aziende commerciali costruiscono mission, codici etici e policy, intanto che il filosofo e il biochimico chiacchierano d etica e di libertà.
 
E' visibile che nella pratica l'economia è contro lo Stato di diritto di cui la filosofia morale è portatrice storica, e la scienza che è dalla parte e strumento dell'economia avendo prebende in cambio di innovazione e scoperte esautora il filosofo.
Perchè senza etica è finito il tempo del saggio

cvc

Forse per inquadrare meglio la discussione dovremmo ricorrere a qualche esempio concreto. Prendiamo un caso estremo: la clonazione umana. Se si arrivasse al punto in cui venissero clonati uomini da essere usati come pezzi di ricambio per trapianti, ciò sarebbe alquanto disumano. Eppure la filosofia era viva e vegeta in tempi in cui il razionalissimo Aristotele definiva gli schiavi "utensili umani" o quando centinaia di uomini subivano ogni sorta di brutalità sulle arene dell'impero per puro divertimento. Perché dunque la prevaricazione dell'etica da parte delle scienze dovrebbe decretare la fine della filosofia? E perché se la filosofia è morta si continua a parlarne? D'accordo, si parla anche di Cesare e Napoleone che sono morti da un pezzo, ma dopo un po' a continuare a parlarne ci si stufa. Non ci stanchiamo invece di continuare a parlare di filosofia. Ma chi ha fatto l'autopsia?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Citazione di: cvc il 15 Aprile 2016, 13:50:51 PM
Forse per inquadrare meglio la discussione dovremmo ricorrere a qualche esempio concreto. Prendiamo un caso estremo: la clonazione umana. Se si arrivasse al punto in cui venissero clonati uomini da essere usati come pezzi di ricambio per trapianti, ciò sarebbe alquanto disumano. Eppure la filosofia era viva e vegeta in tempi in cui il razionalissimo Aristotele definiva gli schiavi "utensili umani" o quando centinaia di uomini subivano ogni sorta di brutalità sulle arene dell'impero per puro divertimento. Perché dunque la prevaricazione dell'etica da parte delle scienze dovrebbe decretare la fine della filosofia? E perché se la filosofia è morta si continua a parlarne? D'accordo, si parla anche di Cesare e Napoleone che sono morti da un pezzo, ma dopo un po' a continuare a parlarne ci si stufa. Non ci stanchiamo invece di continuare a parlare di filosofia. Ma chi ha fatto l'autopsia?


Secondo me la differenza sta nel fatto Che a differenza dei tempi passati a cui tu fai Riferimento,Oggi siamo 4 gattii a parlarne di queste cose Che reputano decisive,perche credo lo siano,e il cerchio si fa sempre piu ristretto,forse fino a scomparire del tutto.
L'influenza Che poteva suscitare (anche indirettamente) poteva essere enorme,cosa Che oggi a mio avviso  
E ' diventata impenetrabile.

cvc


[/quote]
Secondo me la differenza sta nel fatto Che a differenza dei tempi passati a cui tu fai Riferimento,Oggi siamo 4 gattii a parlarne di queste cose Che reputano decisive,perche credo lo siano,e il cerchio si fa sempre piu ristretto,forse fino a scomparire del tutto.
L'influenza Che poteva suscitare (anche indirettamente) poteva essere enorme,cosa Che oggi a mio avviso 
E ' diventata impenetrabile.
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Io credo che, al contrario,  a quei tempi, dati l'analfabetismo dilagante, ben pochi fossero in grado di trattare questioni che non fossero legate alla pura sopravvivenza. Non credo che in percentuale il rapporto fra cinici e coscienziosi sia cambiato, il fatto è che i procaccianti hanno ora mezzi alquanto più potenti. Il progresso in sé non è né un bene né un male, è l'uso che se ne fa ciò che conta. Oramai il mondo è programmato per il consumismo, la produzione e la crescita. Non viene percepito altro modo di far funzionare il mondo anche perché le strutture che lo reggono sono troppo radicate e dure da smantellare. Glielo dici tu ai proprietari dei pozzi  di petrolio che bisogna usare energia pulita? O alle industrie farmaceutiche di non produrre solo le medicine che le fanno guadagnare? Qui si parla di scavare la fossa all'etica, ma se collassa l'intero pianeta a ben poco serve coltivare il proprio orticello. Certamente i nostri discorsi qui non cambieranno come per magia lo stato delle cose, ma è pur sempre meglio che niente. A volte la coscienza richiede tempo per risvegliarsi, a forza di svuotare l'acqua col secchio ci si dovrà accorgere che la nave sta affondando. Speriamo non sia troppo tardi.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Secondo me la differenza sta nel fatto Che a differenza dei tempi passati a cui tu fai Riferimento,Oggi siamo 4 gattii a parlarne di queste cose Che reputano decisive,perche credo lo siano,e il cerchio si fa sempre piu ristretto,forse fino a scomparire del tutto.
L'influenza Che poteva suscitare (anche indirettamente) poteva essere enorme,cosa Che oggi a mio avviso  
E ' diventata impenetrabile.
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Io credo che, al contrario,  a quei tempi, dati l'analfabetismo dilagante, ben pochi fossero in grado di trattare questioni che non fossero legate alla pura sopravvivenza. Non credo che in percentuale il rapporto fra cinici e coscienziosi sia cambiato, il fatto è che i procaccianti hanno ora mezzi alquanto più potenti. Il progresso in sé non è né un bene né un male, è l'uso che se ne fa ciò che conta. Oramai il mondo è programmato per il consumismo, la produzione e la crescita. Non viene percepito altro modo di far funzionare il mondo anche perché le strutture che lo reggono sono troppo radicate e dure da smantellare. Glielo dici tu ai proprietari dei pozzi  di petrolio che bisogna usare energia pulita? O alle industrie farmaceutiche di non produrre solo le medicine che le fanno guadagnare? Qui si parla di scavare la fossa all'etica, ma se collassa l'intero pianeta a ben poco serve coltivare il proprio orticello. Certamente i nostri discorsi qui non cambieranno come per magia lo stato delle cose, ma è pur sempre meglio che niente. A volte la coscienza richiede tempo per risvegliarsi, a forza di svuotare l'acqua col secchio ci si dovrà accorgere che la nave sta affondando. Speriamo non sia troppo tardi.
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non lo so ma al tempo stesso non ne sarei così convinto,ne che vi fosse solo pura sopravvivenza (forse agli occhi di noi moderni può fare sicuramente questo effetto ma anche per ragioni di chi scrive la storia stessa che tende troppo spesso a vedere - e difendere -solo quello che rientra nello stesso dogma dominante)
e ne che fossero così ignoranti come immaginiamo..la loro magari era una sapienza che non veniva stabilita da quanti libri si leggono oppure dalla iper-specializzazione che di fatto ti rende un ignorante istruito, ma aveva a che fare con la vita stessa che e' il "libro" per eccellenza..
per il resto sono perfettamente d'accordo con te (riserva a parte che il "progresso" sia di per se neutro)

cvc

Citazione di: acquario69 il 15 Aprile 2016, 15:17:50 PM

non lo so ma al tempo stesso non ne sarei così convinto,ne che vi fosse solo pura sopravvivenza (forse agli occhi di noi moderni può fare sicuramente questo effetto ma anche per ragioni di chi scrive la storia stessa che tende troppo spesso a vedere - e difendere -solo quello che rientra nello stesso dogma dominante)
e ne che fossero così ignoranti come immaginiamo..la loro magari era una sapienza che non veniva stabilita da quanti libri si leggono oppure dalla iper-specializzazione che di fatto ti rende un ignorante istruito, ma aveva a che fare con la vita stessa che e' il "libro" per eccellenza..
per il resto sono perfettamente d'accordo con te
Non lo sapremo mai. La storia la raccontano i sopravvissuti. La storia di chi è morto di stenti a venti o trent'anni non la racconta nessuno.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Citazione di: cvc il 15 Aprile 2016, 15:25:55 PM
Citazione di: acquario69 il 15 Aprile 2016, 15:17:50 PM

non lo so ma al tempo stesso non ne sarei così convinto,ne che vi fosse solo pura sopravvivenza (forse agli occhi di noi moderni può fare sicuramente questo effetto ma anche per ragioni di chi scrive la storia stessa che tende troppo spesso a vedere - e difendere -solo quello che rientra nello stesso dogma dominante)
e ne che fossero così ignoranti come immaginiamo..la loro magari era una sapienza che non veniva stabilita da quanti libri si leggono oppure dalla iper-specializzazione che di fatto ti rende un ignorante istruito, ma aveva a che fare con la vita stessa che e' il "libro" per eccellenza..
per il resto sono perfettamente d'accordo con te
Non lo sapremo mai. La storia la raccontano i sopravvissuti. La storia di chi è morto di stenti a venti o trent'anni non la racconta nessuno.

ma anche i "vincitori"...e chi muore di stenti a venti trent'anni ci sono anche ora

memento

Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2016, 19:52:32 PME' certamente utile per intenderci il chiarimento circa le filosofie di ispirazione platonica/parmenidea (più o meno remota e mediata); ora ti intendo meglio.


Tuttavia mi sembra che siano inconciliabili con la scienza filosofie che postulino l' esistenza di enti e/o eventi sopra- o preter- naturali immanenti, cioè interferenti con la realtà naturale - materiale e il suo divenire (per la chiusura causale del mondo fisico, a mio parere necessaria, indispensabile perché possa darsi conoscenza scientifica).
Filosofie che implichino enti e/o eventi sopra- o preter- naturali trascendenti, cioé non interferenti con il divenire della realtà naturale - materiale ritengo invece siano tranquillamente conciliabili e integrabili con le scienza (io stesso, nel mio piccolo, coltivo una filosofia, che ho più volte esposto nel vecchio forum, la quale implica la non riducibilità del pensiero alla materia ma un loro divenire per così dire "parallelo su diversi piani non interferenti", che non inficia la chiusura causale del mondo fisico e dunque é perfettamente conciliabile con la conoscenza scientifica; che non condiziona ma casomai integra).


Non vedo proprio come l' esistenza di una "morale universale", o un "imperativo categorico" per dirla come Kant, farebbe sì che non si ponga il problema: il problema della sua esistenza? Ma non é detto che tutto ciò che é reale debba anche essere immediatamente evidente nella sua realtà, e il fatto che vi sia chi dubita di qualcosa non dimostra che tale qualcosa non esista (per esempio per secoli c' é stato chi ha dubitato dell' esistenza di atomi e molecole, che però oggi é pressocchè universalmente accettata; il problema delle contravvenzioni a tale imperativo? Ma l' esistenza di una morale di fatto universale (in parte) non implica che sempre e comunque venga osservata, anzi!
Il concetto di violazione e di colpa, non meno che quello di osservanza e di onestà (o alla maniera degli stoici "virtù")  é quasi implicito in quello di morale; l' imperativo categorico é sempre stato inteso da Kant senza alcuna perpessità come passibile di essere disatteso.


Non credo che benessere collettivo universale e benessere individuale coincidano mai perfettamente: contrasti interumani ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, anche se di natura profondamente diversa nelle diverse epoche storiche.
La maggiore o minore adeguatezza allo sviluppo delle forze produttive umane dei diversi assetti sociali (per me innanzitutto e suprattutto dei  "rapporti di produzione" su cui si fondano) si "misura", per così dire alquanto metaforicamente, proprio dalla maggiore o minore estensione e intensità di queste contraddizioni fra benessere collettivo e individuale.


Non credo proprio che esista un nesso inevitabile fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato; casomai fra il nichilismo morale e l'imporsi di disuguaglianze e iniquità crescenti negli stili di vita e nei rispettivi agi (dunque il diffondersi di "stili di vita" agiatissimi e anche di "stili di vita miserrimi).


Che Stia alla filosofia porsi queste domande. E che ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non possa essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche, anzi debba comprenderle in un progetto di più ampia portata sono perfettamente d' accordo.

La filosofia scevra da discorsi metafisici non deve postulare alcun ente o evento che contraddica la versione scientifica o che interferisca con la realtà naturale cosi conosciuta. È ovvio che metafisica e Scienza non possano interferire l'una con la materia dell'altra,ma questo per me è lontano dall'essere una vera conciliazione,quanto invece una "separazione consenziente".

Sul problema della morale:se tu intendi la coscienza morale come tendenza comportamentale radicata nel singolo,come mi pare di capire,allora non capisco come possa tu considerare una sua contravvenzione,altresì se appartiene alla coscienza collettiva questa morale "universale" non può non mostrarsi. In ogni caso l'universalità della morale è cosa più sostenuta che dimostrata (e questo l'hai detto anche tu,ma mi chiedo se possiamo riferirci a un concetto cosi arbitrario).

Per me benessere collettivo e benessere individuale non solo non coincidono ma divergono necessariamente,per propria natura,ostacolandosi quando possibile. Nel momento in cui si decide di fondere i due "sentimenti" in un unico grande ideale ,"benessere dell'umanità",questo rappresenta già di per sé una forzatura. Nessuna delle discipline scientifiche sarà mai in grado di garantire questo scenario cosi astratto e fuori dal mondo.

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