Quello che la tecnoscienza può fare rispetto a quello che possiamo comprendere

Aperto da maral, 04 Aprile 2016, 16:18:03 PM

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paul11

Chiedo scusa se utilizzo il rasoio di Ockam sulle vostre interessanti argomentazioni.
1)    O l'etica diventa prassi in una legislazione e quindi diritto ,oppure è " legge della jungla"
2)    Né la scienza ha certezze sulla natura umana,così come non ne ha la filosofia. Ma la pratica impone che la scienza "faccia" senza chiedersi cosa e come verranno applicate le sue scoperte e innovazioni, così come la legge esiste a prescindere dalla nostra sapienza o ignoranza.
E' la dialettica fra libertà di fare e sicurezza sociale che  le stesse legislazioni pongono in maniera ambigua; esempi banali, dal diritto d'autore di una innovazione procedurale genetica, alla privacy di utenti/pazienti.
3)    Se le normative vigenti , e non mi riferisco solo allo Stato italiano, non si prendono carico delle proprie responsabilità di governo, sarà fra solo una generazione che il diritto di famiglia e delle successioni ereditarie porranno seri problemi  sul concetto e definizione di "embrione" inteso come definizione di un diritto.
Saranno i giudici che dovranno dirimere liti legali con giurisprudenze e soprattutto legislazioni anacronistiche.
 Voglio vedere, ad esempio,  "madri in affitto" che camperanno diritti , o "banche del seme" anonime in un mondo dove anche le società off shore possono essere svelate.
 

Per quanto mi riguarda il diritto nasce con il concepimento naturale, altre manipolazioni non sono ammesse su embrioni.

maral

Citazione di: paul11 il 11 Aprile 2016, 14:41:22 PM
Chiedo scusa se utilizzo il rasoio di Ockam sulle vostre interessanti argomentazioni.
1)O l'etica diventa prassi in una legislazione e quindi diritto ,oppure è " legge della jungla"
Indubbiamente, ma ogni legislazione deve a mio avviso basarsi su un sentire morale ed è l'enorme potenza della tecno scienza odierna che rende problematica la questione. La morale precedente che poneva il principio di responsabilità in relazione a ciò che si può prevedere e conoscere non è più sufficiente: nessuno scienziato, politico o tecnico può prevedere con certezza ad esempio cosa succederà con un ceppo batterico di sintesi (sia pure testato mille volte in condizioni controllate) una volta introdotto in un ecosistema. Anzi, la garanzia di controllo che offre la sperimentazione in laboratorio tende a mio avviso a far sottovalutare il caso imprevisto.
Citazione2)Né la scienza ha certezze sulla natura umana, così come non ne ha la filosofia. Ma la pratica impone che la scienza "faccia" senza chiedersi cosa e come verranno applicate le sue scoperte e innovazioni, così come la legge esiste a prescindere dalla nostra sapienza o ignoranza.
Ripeto, il biologo si arroga il diritto di definire la natura umana stabilendo una definizione sperimentalmente verificabile: la natura umana è ciò che è definita da un DNA cellulare umano operativamente autonomo, ossia non dipendente dal genoma materno per la sua attività biochimica. Per dare questa definizione il biologo separa la natura dalla condizione umana, cosa che è a mio avviso discutibile. Come trovo discutibile che la conoscenza scientifica sia da perseguire da parte dello scienziato indipendentemente dalle sue applicazioni. Questa "innocenza" della conoscenza pura la trovo in ogni caso, ma soprattutto oggi in cui la scienza è fondamentalmente tecnica, quindi prassi operativa, del tutto inopportuna, ingenuamente astratta e altamente rischiosa, anche se operativamente facilitante.
Ad esempio lo studio di microrganismi altamente virulenti per fini solo di conoscenza, non può esimersi dal valutare il loro possibile impiego letale ed esserne moralmente condizionato. Resta una questione di coscienza che il biologo non può lasciare fuori dalla porta del suo laboratorio, anche se pensa di agire in nome della più disinteressata conoscenza.

CitazioneE' la dialettica fra libertà di fare e sicurezza sociale che le stesse legislazioni pongono in maniera ambigua; esempi banali, dal diritto d'autore di una innovazione procedurale genetica, alla privacy di utenti/pazienti.
3)Se le normative vigenti , e non mi riferisco solo allo Stato italiano, non si prendono carico delle proprie responsabilità di governo, sarà fra solo una generazione che il diritto di famiglia e delle successioni ereditarie porranno seri problemi  sul concetto e definizione di "embrione" inteso come definizione di un diritto.
Saranno i giudici che dovranno dirimere liti legali con giurisprudenze e soprattutto legislazioni anacronistiche.
Voglio vedere, ad esempio,  "madri in affitto" che camperanno diritti , o "banche del seme" anonime in un mondo dove anche le società off shore possono essere svelate.


Per quanto mi riguarda il diritto nasce con il concepimento naturale, altre manipolazioni non sono ammesse su embrioni.
[/quote]
Certamente la possibilità di procreazione che le biotecnologie rendono oggi possibili determinano una problematica legislativa quanto mai complessa. Ma il problema è anche definire in cosa consista un "concepimento naturale", che in realtà è sempre il risultato di una prospettiva culturale. Di fatto ad esempio la pratica dell'inseminazione artificiale è già molto estesa /perché non si dovrebbe considerarla naturale come consideriamo naturale il cibo di cui ci nutriamo o un paesaggio campestre, cose che naturali non lo sono per nulla), dovremmo forse considerare esseri umani non naturali i tanti bambini nati senza una fecondazione sessuale?
Per l'uomo, come dice Sini, la natura è sempre stata il risultato delle trasformazioni che lui stesso ha culturalmente determinato.
Cos'è naturale e cosa artificiale nel mondo in cui viviamo?

sgiombo

MARAL ha scritto:
CitazioneCome trovo discutibile che la conoscenza scientifica sia da perseguire da parte dello scienziato indipendentemente dalle sue applicazioni. Questa "innocenza" della conoscenza pura la trovo in ogni caso, ma soprattutto oggi in cui la scienza è fondamentalmente tecnica, quindi prassi operativa, del tutto inopportuna, ingenuamente astratta e altamente rischiosa, anche se operativamente facilitante.
Ad esempio lo studio di microrganismi altamente virulenti per fini solo di conoscenza, non può esimersi dal valutare il loro possibile impiego letale ed esserne moralmente condizionato. Resta una questione di coscienza che il biologo non può lasciare fuori dalla porta del suo laboratorio, anche se pensa di agire in nome della più disinteressata conoscenza.

 Personalmente trovo non solo discutibile ma decisamente inaccettabile  che la conoscenza scientifica sia da perseguire da parte dello scienziato indipendentemente dalle sue applicazioni. 
Concordo infatti che Questa "innocenza" della conoscenza pura sia in ogni caso, ma soprattutto oggi in cui la scienza è fondamentalmente tecnica, quindi prassi operativa, del tutto inopportuna, ingenuamente astratta e altamente rischiosa, anche se operativamente facilitante.

Lo scienziato non può a mio parere ignorare i possibili usi delle sue scoperte, come chiunque altro non può ignorare i possibili usi delle sue realizzazioni, quali che siano: sarebbe un atteggiamento per me del tutto immorale, come quello di un collezionista di armi che lasciasse incustodite in una casa frequentata anche da bambini delle armi pericolose (e mi pare che le sofferte riflessioni autocritiche di alcuni dei più filosoficamente ed eticamente sensibili fra i ricercatori che contribuirono alla realizzazione delle prime armi atomiche -certamente non Fermi, né il famigerato Teller- vadano in questo senso).

Resta una questione di coscienza che il biologo non può lasciare fuori dalla porta del suo laboratorio, anche se pensa di agire in nome della più disinteressata conoscenza per il semplice fatto che in generale, ma in modo particolarmente evidente e preoccupante oggi la più disinteressata conoscenza, meramente teorica non esiste proprio, ma ogni scoperta in generale può avere molteplici applicazioni tecniche; e alcune in particolare possono averne di pericolosissime e dannosissime per l' umanità, e realizzarle per "puro amore di conoscenza" (o peggio, come di solito di fatto accade per avidità di denaro o di "gloria", notorietà, fama, riconoscimenti scientifici, ecc.) senza tener conto dei suoi possibili usi antiumani é esattamente come collezionare armi pericolose incustodite in una casa frequentata da bambini perché ci da soddisfazione; perché si può avere la "vocazione" di collezionare armi pericolose, come si può avere quella di estendere le conoscenze umane, di ottenere denaro o fama, onori o riconoscimenti scientifici; ma nessuno può eticamente seguire le proprie vocazioni fregandosene delle possibili conseguenze per gli altri, men che meno per l' umanità tutta presente e potenzialmente futura.

P. S.: Ringrazio DonaldDuk per i consigli: pare funzionino malgrado la mia inarrivabile imbranataggine telematica

paul11

forse non sappiamo che lo scienziato è spesso un ricercatore di base o di un procedimento da industrializzare ,dipendente da enti pubblici o imprese commerciali. Forse non sappiamo che un avvocato difende un criminale e un medico presta cura a un disgraziato.
La deontologia è una parte dell'etica, per cui la conseguenza di una innovazione o scoperta ricade su chi brevetta la scoperta e troppo spesso è industria privata commerciale o un ente pubblico; così come non è responsabilità dell'avvocato cosa farà dopo un processo il criminale o il disgraziato dopo le cure mediche. E' colpa di Enrico Fermi e dei fisici se l'energia atomica è stata utilizzata per costruire bombe atomiche e sganciarle su città? L'uomo qualunque scoperta e innovazione abbia compiuto ha sempre due possibilità, o utilizzarle per il benessere umano o per utilizzarle ai fini di potenza. E già questa è la dicotomia della natura umana nella pratica,cioè nel comportamento morale.
Come fanno ad  esistere venditori di armi, da chi ricevono le conoscenze e le tecnologie per costurire armi all'avanguardia se non dalla Nasa e dal Cern ,cioè i più alti livelli di applicazione e strumentazione fisica, comprando scienziati e acquisendo conoscenze. Come è possible che Paesi in via di sviluppo abbiano armi atomiche e batteriologiche ,chi gli ha  dato le conoscenze ?. Le applicazioni sono lasciate volutamente alle industrie commerciali perchè la salute è un enorme giro di affari e interessi commerciali.E se della malattia si fa commercio ,pretendiamo che sia "un topo di laboratorio" a decidere le sorti del mondo? Abbiamo sbagliato i ruoli degli attori sociali.
Lo scienziato pazzo non lo fermerà la deontologia e il topo di laboratorio non è responsabile del suo datore di lavoro.
Gli unici attori che possono determinare attraverso regole legislative e il controllo sono gli Stati o organizzazioni sovrannazionali con accordi internazionali.Ma non lo faranno, prima dovrà accadere qualche conseguenza nefasta.

Una coscienza sociale da parte del popolo su queste problematiche non esiste, anzi la ritengo ambigua e contraddittoria..
Animalisti e ambientalisti sono contrari ad esperimenti suglia animali e alle sementi brevettate da grandi imprese private commerciali, come la  Monsanto,  con semi geneticamente modificati. Ma sul trattamento e manipolazione di embrioni, geni umani c'è coscienza  sociale? C' è il contrario, sono le persone che richiedono alla scienza di dargli più benessere dandogli ciò che la natura gli ha tolto. Ecco perchè vincerà il biotech e nessuno normificherà. Il diritto sarà definito oltre l'ordine naturale.
quindi la natura umana è ambigua e non accetta la condizione dettata dallì'ordine naturale, per cui tutte le scienze tenderanno ad andare oltre il limite che nessuno conosce se non come modello da dati sul passato e lo stanno facendo passare  come diritto ad essere felici.Il problema è l'uomo ,prima ancora dello scienziato.

maral

#34
Paul, ho fatto ricerca di base in sintesi chimica per diversi anni, anche all'università, e ti possa assicurare che di fatto non esiste una ricerca di base pura, anche quando la finalità proclamata è solo quella di una pura conoscenza teorica dei meccanismi di reazione o la possibilità del tutto neutra di sostituire una funzione chimica con un altra per conoscerne la reattività. La ricerca di base ha di fatto il compito fondamentale di fornire gli elementi per un processo di industrializzazione e questo significa che, per quanto possa fare comodo a tutti, la responsabilità del ricercatore non può fermarsi alla porta del suo laboratorio, proprio perché ciò che elabora trova scopo fuori da quella porta, per cui deve operare con coscienza umana e non solo professionale. Altrimenti si ripropone la logica estrema del funzionario del campo di sterminio che si sentiva del tutto innocente semplicemente perché eseguiva in modo tecnicamente impeccabile il suo compito procedurale lì dove gli era richiesto di svolgerlo: trovare il modo migliore di smistare e smaltire un certo carico giornaliero secondo procedura, poco importa se fosse un carico umano o di legname, la problematica dal punto di vista tecnico era esattamente la medesima. Smaltito il carico, smaltita ogni responsabilità.
Questo significa che lavorare alla costruzione di una bomba atomica o allo studio di un ceppo batterico virale per scopi di conoscenza non è la stessa cosa che fabbricare caramelle o studiarne il dosaggio dei gusti. Anche se pure le caramelle possono servire per compiere azioni moralmente assai riprovevoli, l'impatto della bomba non è in alcun modo comparabile (e non solo in termini fisici diretti, questo per dire a Sgiombo che in realtà la bomba atomica è già stata usata, nel solo modo in cui poteva essere usata, è stata infatti l'arma principale con cui si è combattuta la cosiddetta guerra fredda, persa dal blocco comunista).
Il discorso di porre a riferimento del diritto un ordine naturale, è assai problematico, poiché non è mai esistito nella storia di qualsiasi civiltà umana (nemmeno cristiana) un ordine naturale che non fosse il prodotto culturale di ciò che l'uomo poteva fare della natura. Poiché la natura dell'uomo è trasformare la natura. L'ordine naturale non è un ordine di natura, ma corrisponde da un lato ai contesti a cui abbiamo fatto abitudine, in cui troviamo casa e dall'altro a ciò che sentiamo di sbagliato, di impedente. La tecnica, quando funziona, serve a superare l'impedimento della natura, per farci trovare una nuova natura in cui riconoscerci e abitare. Il problema è che con l'industrializzazione, la tecnologia, con la potenza che mette in campo, non ha il tempo per farci acquisire questa abitudine, per consentirci un riconoscimento e meno che mai nel caso delle biotecnologie che pur proclamandosi capaci di sanare gli storpi, ridare la vista ai ciechi, sfamare gli affamati, mantenerci indefinitamente in salute e giovinezza, ci sconcertano e ci angosciano.  il biologo in buona o cattiva fede, fa finta di non capirne il motivo di questo sconcerto e propone definizioni funzionali che in realtà non tolgono minimamente di mezzo il problema, perché il problema è ciò a cui il biotecnologo non può assolutamente rinunciare: la rapidità di realizzare producendo.
Sicuramente, se il cambiamento avvenisse secondo tempi atti a conseguire il riconoscimento del significato di quanto si fa (qualche millennio), si svilupperebbe una nuova naturalità anche per le cose che più ci sconcertano e si troverebbero anche soluzioni di diritto appropriate. Ma il tempo non c'è più, parlare di millenni è da folli oggi, e questo è il problema.

cvc

Da donalduck e maral è stata accennata la questione su cosa si intenda o si debba intendere per natura. Le origini del pensiero filosofico greco hanno come una delle sue premesse fondamentali quella di osservare le cose nella loro totalità. Ed è in questa visione totalizzante o, meglio, in questo tentativo di trovare un elemento comune in cose apparente diverse ed eterogenee che si dovrebbe collocare il concetto di natura, inteso come ordinamento del tutto. Questo tentativo di mettere ordine nel caos del divenire e del molteplice, che è l'approccio filosofico greco, diverge profondamente dalla prassi scientifico-sperimentale per cui si parte dal singolo evento, l'esperimento, per poi giungere a concetti via via più generali. Quindi non si tratta del fatto che una qualche nuova scoperta possa cambiare la precedente visione del mondo. Si tratta di visione top-down contro visione bottom-up. La differenza è nel metodo, non nelle scoperte.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

Non capisco per quale motivo lo scienziato biotecnologico debba avere problemi etici, mentre Il proprietario di  quella industria,nonchè suo datore di lavoro no, e nemmeno lo Stato che ha un suo ordinamento giuridico di competenza.

Cosa può fare di etico il ricercatore, opporsi come obiettore di coscienza? E quale sarà la conseguenza se non esiste una tutela legislativa che si avvalga del diritto di obiezione, perde il posto di lavoro e sarà rimpiazzato da un nuovo ricercatore con meno scrupoli etici.
E intanto il proprietario brevetta e fa denaro vendendo biotecnologie.

Il problema di noi tutti nel rapporto fra nostra coscienza e mondo pratico è purtroppo senso di frustrazione e impotenza.
Vorremmo scegliere la strada virtuosa e ne avremmo la volontà, ma non riusciamo ad attuarla a praticarla.

Un paradigma etico o morale, o è eterno e universale oppure non vale nulla .

Io penso che da un paio di secoli l'umanità occidentale abbia prima pensato e riflettuto sui paradigmi dei valori etici ,poi li ha definiti, dichiarati promulgati in  Convenzioni e Carte Costituzionali, mentre in realtà, nelle pratiche concetti come libertà, uguaglianza, giustizia, e parliamo di ordinamenti repubblicani liberali e democratici siano stati in molta parte disattesi, Sono rimasti lì come principi ,ma non come pratiche, Le dottrine antiche hanno contribuito a portare questi valori nella storia. 
In realtà alcuni diritti sono più importanti di altri diritti ,alla faccia dei principi 

Alterare  da parte nostra il genoma umano è contro natura. Manipolare embrioni è manipolare vita e rendere"cosa" la vita stessa cioè un oggetto fra tanti oggetti e quindi  costruirci un mercato . 
Già mi è difficile dire che lo Stato può farlo,.Sicuramente il privato  a mio parere mai e poi mai.
Ma sono sicuro che dalla pecora Dolly ,ad oggi, siano state eseguite anche clonazioni umane e che magari esista o esiterà il mercato nero  di part idi ricambio umano.
Proprio per questo sono perentorio .Sono completamente in disaccordo con qualsiasi manipolazione di ciò che riguarda "VITA"
sia per le conseguenze che non conosciamo e potrebbero essere disastrose, sia per la mortificazione del concetto stesso  di vita .

sgiombo

CitazionePaul11 ha scritto:
E' colpa di Enrico Fermi e dei fisici se l'energia atomica è stata utilizzata per costruire bombe atomiche e sganciarle su città? L'uomo qualunque scoperta e innovazione abbia compiuto ha sempre due possibilità, o utilizzarle per il benessere umano o per utilizzarle ai fini di potenza. E già questa è la dicotomia della natura umana nella pratica,cioè nel comportamento morale.
Come fanno ad  esistere venditori di armi, da chi ricevono le conoscenze e le tecnologie per costurire armi all'avanguardia se non dalla Nasa e dal Cern ,cioè i più alti livelli di applicazione e strumentazione fisica, comprando scienziati e acquisendo conoscenze. Come è possible che Paesi in via di sviluppo abbiano armi atomiche e batteriologiche ,chi gli ha  dato le conoscenze ?. Le applicazioni sono lasciate volutamente alle industrie commerciali perchè la salute è un enorme giro di affari e interessi commerciali.E se della malattia si fa commercio ,pretendiamo che sia "un topo di laboratorio" a decidere le sorti del mondo? Abbiamo sbagliato i ruoli degli attori sociali. 
Lo scienziato pazzo non lo fermerà la deontologia e il topo di laboratorio non è responsabile del suo datore di lavoro.
Gli unici attori che possono determinare attraverso regole legislative e il controllo sono gli Stati o organizzazioni sovrannazionali con accordi internazionali.Ma non lo faranno, prima dovrà accadere qualche conseguenza nefasta.

Una coscienza sociale da parte del popolo su queste problematiche non esiste, anzi la ritengo ambigua e contraddittoria..
Animalisti e ambientalisti sono contrari ad esperimenti suglia animali e alle sementi brevettate da grandi imprese private commerciali, come la  Monsanto,  con semi geneticamente modificati. Ma sul trattamento e manipolazione di embrioni, geni umani c'è coscienza  sociale? C' è il contrario, sono le persone che richiedono alla scienza di dargli più benessere dandogli ciò che la natura gli ha tolto. Ecco perchè vincerà il biotech e nessuno normificherà. Il diritto sarà definito oltre l'ordine naturale.
quindi la natura umana è ambigua e non accetta la condizione dettata dall'ordine naturale, per cui tutte le scienze tenderanno ad andare oltre il limite che nessuno conosce se non come modello da dati sul passato e lo stanno facendo passare  come diritto ad essere felici.Il problema è l'uomo ,prima ancora dello scienziato.

Fermi non ha solo studiato teoricamente l' energia atomica, ma ha anche attivamente partecipato alla realizzazione (pratica, tecnica) della bomba atomica: non è colpa sua se ha studiato la fisica atomica, ma è colpa (o merito, se si ritiene che l' anticipare i nazisti compensi tutte le altre conseguenze che ne sono derivate) anche sua se sono state costruite le bombe di Hiroshima e Nagasaki; e contrariamente ad altri partecipanti all' impresa, come Einstein e lo stesso "principale dirigente non militare" del progetto Oppenheimer, non si è minimamente rammaricato dopo Hiroshima e Nagasaki, non ha sentito alcun rimorso.
 
Ma la questione posta da Maral è un' altra e probabilmente (non sono del tutto certo in proposito) allora non si poneva nemmeno, per lo meno soggettivamente (nel senso che non era ancora chiara davanti alla coscienza di ogni ricercatore che non cercasse di chiudere deliberatamente gli occhi sulla portata e le conseguenze del suo lavoro, che non si ponesse nietzchianamente "al di là del bene e del male", assumendo un atteggiamento letteralmente amorale).
La questione, oggi certamente di un' attualità e di un 'evidenza immensa, è quella che i risultati della stessa ricerca teorica "pura", almeno in alcuni campi, stanti gli assetti sociali dominanti, certamente, inevitabilmente avranno conseguenze tecniche pratiche gravissimamente offensive verso moltitudini umane, o addirittura verso l' umanità tutta, presente e potenzialmente futura, e fregarsene in nome dell' ideale della conoscenza pura (ammesso e non concesso) o di qualsiasi altra aspirazione o "vocazione personale" più o meno "nobile" ed "elevata" secondo me è qualcosa di moralmente ripugnante, eticamente malvagio.
In questo senso non sono assolutamente d' accordo con l'equiparazione della ricerca scientifica con la difesa legale o la cura della vita e della salute di malfattori e delinquenti; in questi casi infatti è sempre teoricamente possibile e auspicabile che costoro si ravvedano e facciano buon uso dei servigi ottenuti da avvocati o medici.
Ma stanti gli attuali assetti sociali non è invece affatto possibile (e auspicarlo sarebbe puramente e semplicemente dimostrazione di totale ignoranza e incomprensione della realtà o più spesso e più verosimilmente di malafede) che determinate scoperte toriche "pure" non abbiano un impiego disumano (letteralmente).
E dire che "se non lo farò io, allora lo farà qualcun altro" sarebbe come dire da parte di una o uno che si prostituisse che la domanda di sesso a pagamento esiste ed è sempre esistita e dunque "se non mi venderò io si venderà qualcun altro": la differenza fra il vendersi e il non vendersi da parte di ciascuno è per l' appunto ciò che distingue un prostituto da un non-prostituto.
Così il dedicarsi o il non dedicarsi alla ricerca in certi settori fa la differenza fra chi si assume la responsabilità morale di esporre certamente l' umanità a gravi offese, che addirittura potrebbero essere irreparabili, universali e definitive, e chi lo evita.
Secondo me questa è la scelta che oggi (e non cent' anni fa: per lo meno per quanto riguarda la probabile irreparabilità, universalità e apocalitticità delle conseguenze) si presenta inevitabilmente di fronte alla coscienza di chi fa ricerca scientifica, anche "puramente teorica (anche ammesso che di fatto possa darsi) per lo meno in determinati campi.
 
Concordo che lo "scienziato pazzo" non lo fermerà la deontologia (ma casomai -secondo me- una rivoluzione sociale, ahimé alquanto improbabile); ma contrariamente al topo di laboratorio è moralmente responsabile del suo lavoro e delle prevedibilissime e di fatto previste inevitabili conseguenze del suo lavoro.
 
Sono molto pessimista sulle sorti dell' umanità.
Ma penso che cercare di darsi da fare per evitarne la "fine prematura e di sua propria mano" o fregarsene o addirittura contribuirvi attivamente (per i più disparati motivi) sia ciò che fa la differenza fra etica e amoralità o addirittura immoraltà.

sgiombo

CitazioneCitazione da: paul11 - Tue Apr 12 2016 15:06:30 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)
Citazione di: paul11 il 12 Aprile 2016, 15:06:30 PM
Non capisco per quale motivo lo scienziato biotecnologico debba avere problemi etici, mentre Il proprietario di  quella industria,nonchè suo datore di lavoro no, e nemmeno lo Stato che ha un suo ordinamento giuridico di competenza.

Cosa può fare di etico il ricercatore, opporsi come obiettore di coscienza? E quale sarà la conseguenza se non esiste una tutela legislativa che si avvalga del diritto di obiezione, perde il posto di lavoro e sarà rimpiazzato da un nuovo ricercatore con meno scrupoli etici.

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Alterare  da parte nostra il genoma umano è contro natura. Manipolare embrioni è manipolare vita e rendere"cosa" la vita stessa cioè un oggetto fra tanti oggetti e quindi  costruirci un mercato .
Proprio per questo sono perentorio .Sono completamente in disaccordo con qualsiasi manipolazione di ciò che riguarda "VITA"
sia per le conseguenze che non conosciamo e potrebbero essere disastrose, sia per la mortificazione del concetto stesso  di vita .

Ma credo che nessuno, attribuendola (anche) allo scienziato biotecnologico (che spesso vorrebbe negarla) neghi la (evidentissima e da nessuno negata) responsabilità etica, del proprietario di  quella industria, nonchè suo datore di lavoro, e nemmeno dello Stato che ha un suo ordinamento giuridico di competenza. 
 
Certo il ricercatore che facesse obiezione di coscienza non é tutelato dalla legge, come quando ero giovane io non era tutelato dalla legge l' obiettore di coscienza al servizio militare: vi son frangenti della storia umana nei quali talora certe scelte richiedono forti dosi di eroismo (ne aveva più bisogno il non-violento obiettore al servizio militare di quando ero giovane, che finiva in carcere a Gaeta, che il ricercatore che oggi obiettasse alla clonazione umana, che potrebbe comunque cercarsi un altro lavoro, anche se certamente meno consono alla sua "vocazione").

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Segnalo (senza alcuna presuntuosa pretesa di presunta "superiorità morale", come pura e semplice manifestazione di diversità) un forte dissenso da parte mia:

per me vi sono differenze profondissime, vari e propri "salti di qualità" fra:

a) vita in generale (compresa la vita senza sensibilità cosciente di vegetali, batteri, ecc.; e anche di colture di tessuti in vitro o di organi espiantati, anche di origine umana);

b) vita animale (sensibile, cosciente);

c) vita umana (autocosciente).

maral

Paul non ho certo detto che il proprietario di un'industria che opera in campo biotecnologico (privato o pubblico che sia) debba considerarsi libero da responsabilità etiche, le ha eccome, enormi. Ho solo detto che lo scienziato non può presumersi libero da tale responsabilità adducendo come pretesto il fatto che lui sperimenta solo in vista di una pura conoscenza. La conoscenza pura nella scienza attuale non esiste (sempre ammesso che sia mai esistita), oggi la scienza è finalizzata comunque alla produzione di ciò che studia perché solo nel come produrre trova inveramento. E oggi la tecnoscienza è in grado di produrre su una scala incommensurabilmente maggiore di un tempo, con il rischio di esiti comunque inaspettati per quanto rigorosi siano i protocolli di verifica in contesti controllati quanto mai prima in passato. Nessuno scienziato può dichiarare la sua innocenza morale e la sua indifferenza etica.
Cosa poi debba fare potrà solo essere la sua coscienza a deciderlo, non sta a noi creare nuovi decaloghi morali, ma sta a tutti cercare di sensibilizzare il proprio sentire responsabile, nei limiti che a ciascuno competono, senza dichiararsene esenti in nome di un'asettica visione  della conoscenza "oggettiva". Che poi questo voler essere etici abbia un prezzo è evidente, ma per sentirsi liberi occorre avere il coraggio di pagare questo prezzo alla propria coscienza, anche fermandosi, senza addurre l'autogiustificazione di comodo (e in questo Sgiombo ha perfettamente ragione) che tanto ci saranno altri a farlo. Nessuna etica ha senso se non permette all'individuo di poter scegliere nei limiti che si riconosce, davanti alla propria coscienza, di fare o di non fare, l'etica ha per presupposto fondamentale la libertà che equivale alla responsabilità.
CVC ha ragione a dire che la scienza, a differenza della filosofia classica, utilizza un metodo induttivo (sia pure non in senso così puro come vorrebbe far credere: il dato da cui parte non è il dato di natura per come si presenta, è un dato già pre.interpretato alla luce di un metodo che prefissa il come considerarlo, quali aspetti di esso prendere in esame e quali no), ma non è questo il punto, non è un problema di grammatica gnoseologica: il punto è ciò che la tecno scienza con il suo metodo mostra di saper fare che va a intaccare il senso esistenziale più profondo di ciò che siamo, va a intaccare la dimensione più profonda del significato di noi stessi, presentandoci un mondo e un modo di essere al mondo in cui consciamente o inconsciamente, pur apparendo desiderabilissimo, stentiamo sempre più a riconoscerci, sia nella materia che nello spirito di questo mondo.
Tu dici che alterare il genoma umano è contro natura e con questo istituisci una linea di separazione tra l'essere umano e tutti gli altri esseri viventi (il cui genoma è stato tranquillamente alterato continuamente in passato, tant'è che non esiste più nulla di "naturale", ma di converso questo mondo alterato ha alterato noi stessi. anche se non ce ne siamo accorti per i tempi impiegati). Questa assunzione poteva (e può) trovare ragione alla luce di una visione che concepiva l'uomo come creatura privilegiata di un Dio che lo aveva creato a sua immagine e somiglianza, ma oggi la scienza ha completamente oltrepassato questa visione e non con la sua impostazione teorica (che ben pochi possono cogliere), ma proprio con il suo poter fare che tutti colgono. Il principio a cui ti appelli può solo essere imposto in nome di una fede che il mondo prodotto dalla rivoluzione industriale, che lo si voglia o meno, ha di fatto reso obsoleto con i suoi stessi prodotti. Non è più possibile imporre un tale principio simile, è troppo debole, troppo arbitrario, senza avere più la forza di sostenere la propria arbitrarietà.
Quando il biologo prevede un futuro in cui l'individuo, in cambio della sua salute continuamente monitorata, dovrà rinunciare alla proprietà del suo corpo, inteso come un insieme di dati a disposizione della ricerca, raccolti da multinazionali dell'informatica e suscettibili di proprietà brevettuale da parte di chi li acquisisce, li studia e li manipola (famoso il caso di Craig Venter, il discusso scienziato che, dopo aver voluto brevettare i segmenti del genoma umano da lui decifrati, è ora riuscito a produrre da un batterio un genoma minimale come base per costruire quello che si vuole, una perfetta macchina biologica modulabile a progetto), si presenta lo scenario di un mondo veramente diverso da quello in cui siamo abituati a esistere e a concepirci. Un mondo in cui ogni esistente è solo materia prima a disposizione della tecnologia progettante, uomo compreso (e ovviamente sempre per il suo bene, per il bene di tutti) e non c'è legislazione o principio trascendente che potrà impedire questa trasformazione, perché si può fare e qualcuno lo farà e l'essenziale sarà alla fine solo poterlo fare per primi.   



paul11

Rispondo in sintesi perchè mi sembra di aver già argomentato almeno parti della discussione.
1) sono d'accordo con CVC: la conoscenza della manifestazione fenomenica nel mondo rientra in noi come coscienza che costituisce una unità di senso del tutto ,Ogni cosa è relazionata ad una unità di senso che la nostra coscienza costruisce.
2) mi tocca fare l'avvocato delle scienze e la loro apologia.Non può esistere un "blocco" della conoscenza è contraddittoriamente immorale ,così come non si possono fare processi alle intenzioni. Ma è praticamente impossibile tentare di fermare conoscenza e tecnologia. Sgiombo capisco il tuo intervento e sono pienamente d'accordo con il tuo allarme sulle conseguenze e strumentalizzazioni economiche, ma se ogni individuo umano fosse più virtuoso e meno individualista ed egoista  forse non avremmo nemmeno la  situazione socio economica attuale.Dobbiamo purtroppo essere realisti..Mi trovo d'accordo anche con la tua classificazione sugli organismi viventi.
3) continuate ad insistere ad una deontologia aprioristica che poco serve ai fini pratici ,non ha appunto un rapporto di forza superiore il singolo scienziato, al massimo può insieme i suoi colleghi creare, costituire un manifesto pubblico etico per sollecitare le coscienze nell'opinione pubblica..Ma io sono del parere che bisogna andare oltre.L'etica è pratica e deve entrare come diritto negli ordinamenti  giuridici.
4) sono contrario anche alla modificazione genetica di altri organismi viventi ,perchè possono alterare l'ecologia e gli equilibri  ,tutto ciò che è organico diventa a sua volta alimento di altri organismi e alla fine arriviamo a noi
5) capisco che il portato scientifico ha superato la soglia che ci potrebbe consegnare all'autodistruzione e alterazioni del pianeta, ma indietro non si torna.Ci tocca tentare soluzioni del governo delle conoscenze dentro un'etica-
6) la priorità è filosoifa morale che diventa diritto sul fare scientifico. Lo scienziato èl ibero di sperimentare fin dove la legge ha costruito dei limiti Quindi sostengo una libertà di conoscenza scientifica, ma dentro un ordinamento legislativo che tenga in considerazione i suggerimenti della filosofia morale.

 Non sono nemmeno io molto ottimista, ma dobbiamo resistere, Sono parecchio d'accordo sul tuo ultimo scritto Maral. e complimenti per avere inserito questa discussione.Nel nostro piccolo speriamo di riuscire a far  riflettere e sollecitare coscienze su un argomento decisamente difficile e importante.

memento

Citazione di: cvc il 12 Aprile 2016, 11:40:07 AM
Da donalduck e maral è stata accennata la questione su cosa si intenda o si debba intendere per natura. Le origini del pensiero filosofico greco hanno come una delle sue premesse fondamentali quella di osservare le cose nella loro totalità. Ed è in questa visione totalizzante o, meglio, in questo tentativo di trovare un elemento comune in cose apparente diverse ed eterogenee che si dovrebbe collocare il concetto di natura, inteso come ordinamento del tutto. Questo tentativo di mettere ordine nel caos del divenire e del molteplice, che è l'approccio filosofico greco, diverge profondamente dalla prassi scientifico-sperimentale per cui si parte dal singolo evento, l'esperimento, per poi giungere a concetti via via più generali. Quindi non si tratta del fatto che una qualche nuova scoperta possa cambiare la precedente visione del mondo. Si tratta di visione top-down contro visione bottom-up. La differenza è nel metodo, non nelle scoperte.

Condivido ,ho già espresso l'origine di questo "dislivello" nel mio primo post. La filosofia è ancora essenzialmente radicata nel pensiero religioso (basti pensare alla dialettica hegeliana),mentre la scienza,come ho avuto motivo di approfondire nell'altro thread,utilizza un metodo di matrice atea,esclude cioè qualsiasi teoria che non possa essere valutata empiricamente. Il contrasto perciò è molto forte. Collocare il Logos al di là del dato apparente,divinizzare la natura,è un pensiero che non può e non deve appartenere al fare scientifico. Ma quando smetteremo di guardarci indietro? Dio è morto e nessuno che tragga le conseguenze.
Non si può parlare di etica come se esistesse un'unica morale..si continua a reiterare nell'errore.
Il sapere scientifico ci mostra che gli usi che si possono fare delle forze naturali sono molteplici e svariati. Perciò dovrebbe essere chiaro che anche gli scopi per cui la scienza può e viene utilizzata sono tanti e disparati. Il "benessere dell'umanità" è un concetto arbitrario,filosoficamente antiquato. Ancora una volta la scienza dovrebbe riferirsi ad un dato totalmente trascendente per definire sé stessa? Dovrebbe andare alla ricerca di questo irraggiungibile Santo Graal?

sgiombo

Citazione di: memento il 13 Aprile 2016, 18:57:24 PM
Citazione di: cvc il 12 Aprile 2016, 11:40:07 AM
La filosofia è ancora essenzialmente radicata nel pensiero religioso (basti pensare alla dialettica hegeliana),mentre la scienza,come ho avuto motivo di approfondire nell'altro thread,utilizza un metodo di matrice atea,esclude cioè qualsiasi teoria che non possa essere valutata empiricamente. Il contrasto perciò è molto forte. Collocare il Logos al di là del dato apparente,divinizzare la natura,è un pensiero che non può e non deve appartenere al fare scientifico. Ma quando smetteremo di guardarci indietro? Dio è morto e nessuno che tragga le conseguenze.
Non si può parlare di etica come se esistesse un'unica morale..si continua a reiterare nell'errore.
Il sapere scientifico ci mostra che gli usi che si possono fare delle forze naturali sono molteplici e svariati. Perciò dovrebbe essere chiaro che anche gli scopi per cui la scienza può e viene utilizzata sono tanti e disparati. Il "benessere dell'umanità" è un concetto arbitrario,filosoficamente antiquato. Ancora una volta la scienza dovrebbe riferirsi ad un dato totalmente trascendente per definire sé stessa? Dovrebbe andare alla ricerca di questo irraggiungibile Santo Graal?

Forse in parte usiamo (io e te) le stesse parole per intendere concetti (almeno in qualche misura) diversi.

Comunque non sono d' accordo che la filosofia sia (ancora) radicata nel pensiero religioso in quanto ritengo che la filosofia possa esprimersi in un amplissimo ventaglio di modi alternativi che spazia dal teismo all' ateismo (e quindi alla negazione assoluta della religione), passando per infinite "sfumature intermedie" come politeismo, deismo, "polideismo a la Epicuro" (se così si può dire), panteismo.

Possono darsi e si danno (parecchie) filosofie ateistiche e completamente "svincolate dalla religione". Esse sono altra cosa sia dalla religione sia dalla scienza: il proporre considerazioni letteralmente "metafisiche", che cioé vanno al di là della natura empiricamente data (la quale é oggetto di conoscenza scientifica), per essere "cosa diversa dalla scienza" non necessariamente é "la stessa cosa della religione".
Insomma per me tra scienza e religione tertium datur (et philosophia est).

Sono ateo, ma mi pare che dio non sia morto affatto (fra l' altro si direbbe almeno apparentemente che continui a uccidere uomini attraverso terroristi fanatici).

Ritengo che esistano di fatto in ogni uomo, in conseguenza (naturalissima e scientificamente provata) dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale tendenze comportamentali e alla valutazione dei comportamenti propri e altrui in parte universali e costanti (costituenti un' "unica morale universale", anche se non é affatto possibile dimostrale: non sono universalmente valide "di diritto", per così dire), in parte culturalmente condizionate e dunque variabili col variare dei contesti sociali nel tempo e nello spazio.

Simile dialettica fra universalità e costanza da una parte e variabilità storica e geografica dall' altra presenta il concetto (per me sempre attuale: il passare del tempo non rende necessariamente superati i concetti) di  "benessere dell'umanità".

Ma d' altra parte questo é un forum di filosofia: noi lo frequentiamo per fare della filosofia e non della scienza; e parte integrante della filosofia é (fra l' altro) la critica scientifica della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare: ricerca del suo senso, dei suoi limiti, delle sue condizioni, del suo grado di certezza, ecc.

maral

Citazione di: memento il 13 Aprile 2016, 18:57:24 PM
Condivido ,ho già espresso l'origine di questo "dislivello" nel mio primo post. La filosofia è ancora essenzialmente radicata nel pensiero religioso (basti pensare alla dialettica hegeliana),mentre la scienza,come ho avuto motivo di approfondire nell'altro thread,utilizza un metodo di matrice atea,esclude cioè qualsiasi teoria che non possa essere valutata empiricamente. Il contrasto perciò è molto forte. Collocare il Logos al di là del dato apparente,divinizzare la natura,è un pensiero che non può e non deve appartenere al fare scientifico. Ma quando smetteremo di guardarci indietro? Dio è morto e nessuno che tragga le conseguenze.
Non si può parlare di etica come se esistesse un'unica morale..si continua a reiterare nell'errore.
Il sapere scientifico ci mostra che gli usi che si possono fare delle forze naturali sono molteplici e svariati. Perciò dovrebbe essere chiaro che anche gli scopi per cui la scienza può e viene utilizzata sono tanti e disparati. Il "benessere dell'umanità" è un concetto arbitrario,filosoficamente antiquato. Ancora una volta la scienza dovrebbe riferirsi ad un dato totalmente trascendente per definire sé stessa? Dovrebbe andare alla ricerca di questo irraggiungibile Santo Graal?
Condivido  qui l'obiezione di Sgiombo: la filosofia non è per nulla ancora radicata nel pensiero religioso o metafisico. Hegel è stato l'ultimo grande filosofo epistemico che ha tentato con la dialettica di risolvere il problema della verità, ma dopo di lui... sono passati due secoli e non vi è dubbio che Nietzsche ha decretato il tramonto definitivo della filosofia classica. Peraltro oggi si può essere metafisici pur essendo ontologicamente atei, come Severino, o fare scienza egregiamente pur credendo in Dio (e mi verrebbero da citare i grandissimi scienziati che avevano preso gli ordini religiosi, basti ricordare Mendel per la biologia, se non altro a testimonianza della continuità profonda che sussiste tra il pensiero cristiano e quello scientifico).
Mi chiedo se il "benessere dell'umanità" è un concetto antiquato con cosa lo sostituiamo? con il malessere? O con la pretesa di una  indifferenza cognitiva amorale permessa da uno sguardo con pretese di collocarsi su quale sovrumana altura di assoluta oggettività pragmatica?
Le morali non possono che essere molteplici e contrastanti finché fanno riferimento a dei principi e per questo restano deboli e ininfluenti, l'unica possibilità è quella di una morale operativa in grado di farsi carico pieno della responsabilità a priori dell'agire, di qualsiasi agire, per quanto inconoscibili possano esserne gli esiti: si tratta della responsabilità che deriva dal sapere di non sapere di ogni essere davvero cosciente. L'alternativa è solo il nichilismo, nel senso peggiore (amorale) del termine.

paul11

Se si è deboli sul concetto di etica come si pensa d influire o essere ascoltati dalle scienze in generale e quelle biologiche in particolare?
Va bene partire anche da "benessere dell'umanità", ma deve essere definito e ancorato a dei principi universali.
Con la globalizzazione o un principio è universalistico o si lascia gestire come vuole ogni "fetta" di mondo.
L'etica nasce dall'osservazione del mondo ma deve rientrare nelle coscienze umane e poi rientrare nella pratica del mondo,diversamente rimane un'astrazione

Maral non sono d'accordo, l'etica ha perso quando è caduta nella scienza, perdendo il principio ,il paradigma.
L'etica si è relativizzata nelle pratiche quando è entrata parallelamente dentro le teorie  economiche di convenienza e di principio edonistico ,molteplici etiche significa specificità senza una relazione fondamentale che le riunisca, e quì contano anche le influenze date anche pretestuosamente dalle  teorie dell'evoluzione.

Bisognerebbe prima definire una teoria della di vita .

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