Qual è il vostro scopo? Di torri d'avorio e strade da percorrere.

Aperto da Trauma, 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM

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epicurus

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
Come ho detto anche agli altri, basta questo per essere un filosofo? Domanda linguistica, questa. Quindi per me può anche essere positiva, ma poi dobbiamo distinguere tra i gradi. Oltre al fatto, che allora dobbiamo dire che ogni essere umano è filosofo, matematico, logico, economista... Ripeto, si può anche intendere così il discorso, anche se lo trovo poco produttivo e informativo.

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
Ognuno è libero di pensare quello che vuole, ma questa azione è anche dominio della psicologia e della fisica... ma ciò è comunque irrilevante.

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".
E' proprio per il fatto che "importante" per me ha poco senso in questo contesto che ho affermato che non c'è gerarchia di importanza. Ovvio che ognuno può dire "per me la disciplina X è la più importante", ma finisce per essere un semplice giudizio soggettivo come "per me il gelato al gusto Y è il più buono".

paul11

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 15:38:10 PM
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
Come ho detto anche agli altri, basta questo per essere un filosofo? Domanda linguistica, questa. Quindi per me può anche essere positiva, ma poi dobbiamo distinguere tra i gradi. Oltre al fatto, che allora dobbiamo dire che ogni essere umano è filosofo, matematico, logico, economista... Ripeto, si può anche intendere così il discorso, anche se lo trovo poco produttivo e informativo.

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
Ognuno è libero di pensare quello che vuole, ma questa azione è anche dominio della psicologia e della fisica... ma ciò è comunque irrilevante.

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".
E' proprio per il fatto che "importante" per me ha poco senso in questo contesto che ho affermato che non c'è gerarchia di importanza. Ovvio che ognuno può dire "per me la disciplina X è la più importante", ma finisce per essere un semplice giudizio soggettivo come "per me il gelato al gusto Y è il più buono".
Vorresti sentirti affermare che la filosofia sia un obbligo? Non siamo nemmeno obbligati a vivere domani.
ma se per te importante ha poco senso cosa viviamo  a fare?
Tu cerchi il senso nel linguaggio e io lo cerco nella vita. Tu vedi i paradosso linguistici e io umani 
E' l'uomo che ha creato il linguaggio e non il linguaggio l'uomo.

ciao ;D

sgiombo

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:52:22 AM

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).
Non metto in dubbio il fatto che la filosofia sia occupi di questioni massimamente generali. (Anche se, devo ammettere, credo che si occupi di questioni ancora più generali la matematica.) Ma, come ho chiesto a Paul, da questo cosa dobbiamo concludere in riferimento a questa discussione?

CitazioneDissento circa la maggior generalità dei problemi matematici rispetto a quelli filosofici.

Esiste una filosofia della matematica (oltre ad altre filosofie), ma non credo esista una matematica della filosofia (oltre ad altre matematiche).
Cioé le conoscenze matematiche fanno parte della conoscenza in generale; e la filosofia si occupa (anche) di conoscenza in generale (e per esempio vi sono filosofie che della matematica affermano si tratti di giudizi analitici a priori).
Ma  non credo che la filosofia possa essere considerata una parte della matematica.

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Dimmi se ho capito bene: dato che la filosofia è più generale delle altre scienze, allora tutti gli uomini potenzialmente sono filosofi?
Da un certo punto di vista è una palese verità: tutti gli uomini possono essere dei filosofi; di fatto alcuni lo sono in pieno, altri in gradi intermedi, alcuni per nulla. Ma è così per ogni disciplina.
O c'è un altro modo di intendere la cosa: visto che tutti o quasi riflettono su questioni generali, allora tutti o quasi sono filosofi, in qualche grado. Però, anche qui, allora ciò vale per moltissime altre discipline. "Dato che tutti usiamo la logica, allora...", "Dato che tutti usiamo i numeri, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con questioni economiche, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il prossimo, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il mondo fisico, allora", ecc...
CitazioneSi possono scegliere i più svariati "mestieri" (compreso quello di "storico della filosofia e anche di epistemologo o di ontologo (o di "professore di metafisica", "di epistemologia" e di "etica").

Ma, quale che sia il mestiere che si sceglie, per "essere filosofo" intendo (rispondendo alla domanda che da il titolo alla discussione) il porsi e l' affrontare razionalmente, criticamente le questioni:

ontologica (o metafisica: com' é in generale la realtà? Per esempio: é monistica materialistica? Monistica spiritualistica? Dualistica? Pluralistica? E' immutabile o muta? Se muta é ordinata ovvero deterministica oppure disordinata? Se é ordinata la é in senso "forte" ovvero meccanicistico-deterministico oppure in senso "debole" ovvero probabilistico-statistico? Esiste o no il libero arbitrio? Esiste Dio? Siamo mortali o immortali?):

gnoseologica (si può conoscere com' é la realtà? Come? In che senso? Entro quali limiti? A quali condizioni?);

etica (che cosa é preferibile fare nella vita? Perché farlo? Come farlo?):

eventualmente estetica e politica (come articolazioni della questione etica, in sostanza).

Questo significa per me "essere filosofo" (quale che sia il mestiere o i mestieri che si esercitano), in questo senso credo di esserlo.

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMAnche se oggi  [...].
Secondo me è falso che il livello quantitativo e qualitativo sia inferiore del passato, ma non mi esprimo oltre su questioni statistiche di questo genere senza avere dei dati significativi.
CitazioneCredo che si tratti di una questione non affrontabile in termini statistici in quanto la qualità con cui si affrontano i problemi filosofici non é oggettivamente quantificabile.
E anche per questo non credo sia decidibile con certezza: si tratta di "mere impressioni" vaghe, indeterminate, opinabili: questo era quanto intendevo sostenere, non di più (e dunque comprendo che altri, come te, possano avere in proposito impressioni e convinzioni diverse e contrarie alle mie; ma non credo esistano argomenti oggettivi e cogenti per dirimere le disparità di valutazione).

Apeiron

epicurus cerco di riponderti in poche ma concise righe,

Intellettualismo significa (per esempio) pensare al PM o all'esistenza di Dio in modo "distaccato", quasi fosse un dovere. "Filosofeggiare" lo vedo più come una sorta di attività in cui ci metti la "passione", ci metti tutto te stesso. Poi ognuno chiaramente pensa a ciò che gli viene meglio pensare: un appassionato di filosofia della matematica penserà a quell'ambito, un ricercatore di Dio penserà a Dio. Ma è anche vero che un'attività "manuale" può essere fatta con questo tipo di ricerca "interiore". Pensa alla storia, se ti è familiare, del cuoco Ding nel Chaung-Tzu.

Sul discorso del non pensare... a mio giudizio se uno prende la vita con serietà filosofa. Forse "filosofare=prendere la vita seriamente"...

Su Wittgenstein: anche io maledico la filosofia a volte quando sono depresso. Però come me Wittgenstein alla fine tornava sempre a filosofare :)

P.S. Per un problema al PC non ho scritto nulla per tre giorni... pardon per il ritardo
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Il cuoco Ding è intento a smembrare un bue per il principe Wenhui: afferra la bestia con la mano, la spinge con la spalla e, tenendosi ben saldo sui piedi, la regge con le ginocchia. Si odono le ossa dell'animale scricchiolare da ogni parte e la lama penetrare nelle carni a ritmo di musica.


«Bravo!» esclamò il principe «come hai potuto raggiungere un'arte così perfetta?».

Il cuoco Ding posò il coltello e rispose: «Il vostro servo cerca quanto vi è di meglio, ossia il Dao, e si è lasciato alle spalle la mera tecnica. All'inizio, quando ho cominciato questo lavoro, non vedevo che buoi; nel giro di tre anni, non vedevo più il bue. Ora non vedo più l'animale con gli occhi, ma lo percepisco con lo spirito. Il mio coltello si affida alle linee della conformazione naturale: taglia lungo i grandi interstizi, si lascia guidare dalle cavità principali, non sfiora mani nervi o tendini, né mai scalfisce le ossa. Un cuoco normale consuma un coltello al mese, un buon cuoco consuma un coltello all'anno: il coltello del vostro servo è stato usato per diciannove anni, ha squartato migliaia di buoi, ma la sua lama è come nuova.

Detto questo, ogni volta che arrivo ad una articolazione complessa, prima osservo dove è la difficoltà e mi preparo con cura. Il mio sguardo si fissa, i miei gesti rallentano: si vede appena il movimento della lama e, d'un colpo solo, la giuntura è recisa. E io reso con il coltello in mano, mi guardo attorno soddisfatto, poi lo ripulisco e lo ripongo nella sua custodia.

«Magnifico!» esclamò il principe «dopo avere udito le parole del cuoco Ding, so come nutrire il principio vitale»

http://iltaodilao.blogspot.it/2010/11/la-metafora-del-cuoco-ding.html

Oppure se leggi lo "Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" vedi esempi simili.

Il motivo per cui secondo me "non filosofare" (qualunque cosa voglia dire "filosofare") è una filosofia sbagliata è perchè secondo me c'è sempre una scelta. Uno sceglie di non domandarsi niente, di non farsi problemi, di non prendere le cose seriamente ecc. Spero di aver chiarito cosa intendo :) a volte mi sembra di balbettare frasi incomprensibili (e magari insensate)  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 16:02:16 PMVorresti sentirti affermare che la filosofia sia un obbligo? Non siamo nemmeno obbligati a vivere domani.
ma se per te importante ha poco senso cosa viviamo  a fare?
Tu cerchi il senso nel linguaggio e io lo cerco nella vita. Tu vedi i paradosso linguistici e io umani
E' l'uomo che ha creato il linguaggio e non il linguaggio l'uomo.
Per me, ovviamente, le cose importanti della vita sono importanti.  ;D
E apprezzo ogni genere di paradosso, anche quelli umani.  ;)

Citazione di: sgiombo il 04 Luglio 2017, 21:56:56 PMMa, quale che sia il mestiere che si sceglie, per "essere filosofo" intendo (rispondendo alla domanda che da il titolo alla discussione) il porsi e l' affrontare razionalmente, criticamente le questioni:
ontologica [...]
gnoseologica [...]
etica [...]
estetica e politica [...]

Questo significa per me "essere filosofo" (quale che sia il mestiere o i mestieri che si esercitano), in questo senso credo di esserlo.
Concordo, cioè anch'io preferisco quest'interpretazione del concetto di "essere filosofo". Semplificando: significa ragionare su questioni che storicamente possiamo far appartenere al dominio delle questioni filosofiche.

Citazione di: Apeiron il 06 Luglio 2017, 20:03:10 PM
Intellettualismo significa (per esempio) pensare al PM o all'esistenza di Dio in modo "distaccato", quasi fosse un dovere. "Filosofeggiare" lo vedo più come una sorta di attività in cui ci metti la "passione", ci metti tutto te stesso. Poi ognuno chiaramente pensa a ciò che gli viene meglio pensare: un appassionato di filosofia della matematica penserà a quell'ambito, un ricercatore di Dio penserà a Dio. Ma è anche vero che un'attività "manuale" può essere fatta con questo tipo di ricerca "interiore".
Ma io sono superappassionato di filosofia (e altro, ovviamente).  :D
Sono appassionato, ma non in apprensione, diciamo così.

Citazione di: Apeiron il 06 Luglio 2017, 20:03:10 PMSul discorso del non pensare... a mio giudizio se uno prende la vita con serietà filosofa. Forse "filosofare=prendere la vita seriamente"...

Su Wittgenstein: anche io maledico la filosofia a volte quando sono depresso. Però come me Wittgenstein alla fine tornava sempre a filosofare :)

Il motivo per cui secondo me "non filosofare" (qualunque cosa voglia dire "filosofare") è una filosofia sbagliata è perchè secondo me c'è sempre una scelta. Uno sceglie di non domandarsi niente, di non farsi problemi, di non prendere le cose seriamente ecc. Spero di aver chiarito cosa intendo :) a volte mi sembra di balbettare frasi incomprensibili (e magari insensate)  ;D
E' questo il punto che forse non sono riuscito a spiegare bene e di cui parlavo anche a Paul. A me stride la tesi che uno che non filosofa è una persona che prende la vita con meno serietà o che vive una vita senza senso. Comunque non voglio insistere oltre su questa questione, visto che non ho buoni argomenti da sottoporre a riguardo.

p.s. E' vero che Wittgenstein alla fin fine non riusciva a staccarsi dalla filosofia, ma si potrebbe dire, seguendo la sua visione, che ciò era dovuto al fatto che lui era "malato", cioè ossessionato dalla filosofia (noi diremo più modestamente che era un appassionato di filosofia). Tuttavia lui era convinto che la filosofia fosse un'attività umana come le altre.

paul11

ciao epicurus,
 il problema non è la serietà del filosofo o l'idea del popolino che il filosofo sia un "cazzeggiatore" fra le nuvole.
La serietà non implica che una persona non possa essere anche autoironica  o felice, anzi, ma scegliere il momento  in cui si è seri e quelli in cui si sorride. L'ignorante spesso sbaglia i tempi, perchè il problema non è la serietà ma i livelli di conoscenza conseguiti che tornano nella vita pratica.

Lo studio del latino, mi aiutò nelle scienze matematiche, lo studio della filosofia aiuta l'argomentazione e il livello di relazioni fra la complessità e i particolari.L'ignorante si perde nel bicchiere d'acqua, perchè non sa sistematizzare un problema, la complessità spaventa nel momento in cui non si conoscono le propedeutiche che uniscono le varie discipline.
Lo scopo pratico della filosofia è aiutare a vivere, quello invece essenziale ciascuno lo può cercare se vuole, il mio si riassume nel senso della vita.

Apeiron

epicurus,
quello che volevo dire io è che: chi prende sul serio la vita filosofa (non il contrario...). Io mi faccio sempre questa domanda: "sto veramente prendendo la mia vita seriamente o il tempo passa e io cazzeggio?". La risposta ovviamente è: "non prendo abbastanza sul serio la vita...". Anzi ritengo che se veramente vivessi la mia vita seriamente probabilmente sarei un "serio felice" come dice anche paul11.

Secondo me la filosofia non è "quella cosa" che si studia al liceo o all'università, non è quella cosa che si studia dai libri dei filosofi. Ossia la filosofia non è un bagaglio di conoscenze, così come la scienza non lo è. Entrambe sono attività.

Nel caso della filosofia secondo me poi abbiamo due definizioni incompatibili che ci causano un fraintendimento. Per me e Wittgenstein, Adam Smith, Platone, Marx, Plotino (per fare degli esempi) erano tutti filosofi eppure le loro dottrine riguardano ambiti differenti. Proprio per questo secondo me non ha senso dire "in questo ambito della vita o in questo argomento di studio la filosofia non c'è". No, la filosofia è un metodo, un modo di prendere la vita.

P.S. Wittgenstein considerava la filosofia come "analisi del linguaggio". Ma questa d'altronde era la sua definizione e non la mia. Secondo me la filosofia è "analisi delle attività umane" (e quindi essa stessa è un'attività). D'altronde era anche una persona che cerava sempre di fare la "vita giusta". Se vogliamo era ossessionato proprio dall'etica anche se l'etica non compare molto nei suoi scritti.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

@Paul
Il popolino (diciamo per definizione? :D) pensa in modo superficiale della filosofia, ma anche delle varie forme di scienze e arti. Ma penso che qui siamo tutti concordi nel rifiutare questa concezione.

@Apeiron
Capisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.

Apeiron

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 10:30:21 AM@Paul Il popolino (diciamo per definizione? :D) pensa in modo superficiale della filosofia, ma anche delle varie forme di scienze e arti. Ma penso che qui siamo tutti concordi nel rifiutare questa concezione. @Apeiron Capisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.

Avverto anche io comunque la stessa ambiguità. Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme e finisco per essere investito da un'ansia tremenda (ma qui forse è più una questione psicologica).

In un certo senso è la "coincidentia oppositorum"  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 10:56:09 AM
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 10:30:21 AMCapisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.

Avverto anche io comunque la stessa ambiguità. Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme e finisco per essere investito da un'ansia tremenda (ma qui forse è più una questione psicologica).

In un certo senso è la "coincidentia oppositorum"  ;D
:D

Forse la questione può dischiudersi analizzando l'espressione "prendere seriamente". Come chiarificheresti tale concetto?

Si ti va di parlarne, potresti spiegare perché il tuo voler agire eticamente ti conduce ad uno stato di ansia?

Apeiron

Prendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.

Sulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta. La situazione diciamo che è molto complessa ed ha vari livelli. Uno è esistenziale ossia vedere tutte le cose come condizionate e quindi instabili e non riesco a applicare questa mia "visione delle cose" nella vita. Poi c'è la mia caratteristica di essere alquanto "ipercritico" che mi da problemi: per esempio al mio quinto anno di fisica ora non sono pià convinto di fare il dottorato di ricerca per come è la vita del ricercatore (NON per motivi economici), mi sembra una rinuncia alla libertà troppo grossa per i risultati che potrei dare io vista la mia limitatezza. Nelle relazioni sociali prendo tutto seriamente, ho difficoltà a mantere le amicizie ecc anche perchè vorrei fare tutto nel modo giusto, non far arrabbiare nessuno (specie chi mi è più caro) ecc. E a volte questa mia tendenza contrasta la mia tendenza filosofica, per esempio sono molto reticente a dire la mia "controversa" opinione sulle cose. E ovviamente l'ossessione crea isolamento, l'isolamento crea ansia, l'ansia crea un comportamento "impopolare", l'impopolarità crea isolamento, l'isolamento crea ossessioni ed ansia e il ciclo si ripete. Accorgersi di problemi che nessuno ritiene tali ed essere stra-convinto che invece siano importanti è un altro modo per isolarsi. Il perfezionismo (che non condanno in toto, credo che un po' serva per non cadere nel "qualunquismo") (patologico?) poi ti fa sentire in dubbio su tutto: non sai mai qual è la cosa "giusta", non sai mai se parlare o star zitto.  Finisci poi per dubitare perfino dei tuoi sensi (e se senza accorgemene non ho visto quella cosa?). Ritengo che una dose di "disturbo ossessivo-compulsivo" (DOC) in pratica sia un effetto indisiderato molto comune di chi "prende sul serio" le cose. Di certo ad uno che non gli importa nulla del benessere altrui non si fa problemi morali nelle sue azioni. Uno che ritiene che non ci siano cose "davvero importanti" alla fine "vive la giornata" ecc la filosofia e il DOC a mio giudizio sono molto correlati (il DOC se vogliamo è il gemello cattivo della filosofia).

P.S. Non sono "diagnosticato" ufficialmente però di certo è ovvio che sono "diverso", "nevrotico" ecc
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AM
Prendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.

Prima tu hai scritto: "Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme [...]. "

E allora tu stesso hai fornito le chiavi per risolvere il tuo enigma. Per te "prendere seriamente" significa avere uno spirito critico verso il mondo. Non dare nulla per scontato e accettare le cose perché poste al vaglio da te, non perché proposte da altri.
Questo atteggiamento è centrale per fare filosofia. Ma secondo me non dovrebbe essere visto male, anzi... per dire io non lo chiamerei "prendere seriamente le cose", ma "ragionare criticamente". Dal punto di vista psicologico l'utilizzo di alcune descrizione anziché altre "crea" mondi completamente diversi.

Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMSulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta.
Grazie per esserti aperto su una questione così delicata. Se vuoi puoi aprire un topic apposito e potremmo continuare lì questa nostra chiacchierata.

Apeiron

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 14:45:21 PM
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMPrendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.
Prima tu hai scritto: "Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme [...]. " E allora tu stesso hai fornito le chiavi per risolvere il tuo enigma. Per te "prendere seriamente" significa avere uno spirito critico verso il mondo. Non dare nulla per scontato e accettare le cose perché poste al vaglio da te, non perché proposte da altri. Questo atteggiamento è centrale per fare filosofia. Ma secondo me non dovrebbe essere visto male, anzi... per dire io non lo chiamerei "prendere seriamente le cose", ma "ragionare criticamente". Dal punto di vista psicologico l'utilizzo di alcune descrizione anziché altre "crea" mondi completamente diversi.
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMSulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta.
Grazie per esserti aperto su una questione così delicata. Se vuoi puoi aprire un topic apposito e potremmo continuare lì questa nostra chiacchierata.

@epicurus, grazie del tuo interesse! comunque sì "prendere seriamente la vita" secondo me è collegato a "ragionare criticamente". Ma questo vale in TUTTI gli ambiti, non solo diciamo la logica o comunque la filosofia accademica. Il problema è che questo tipo di cammino che ti "eleva" rispetto alla "piattezza" di chi "vive dormendo" (a volte citare Eraclito è davvero divertente) ma allo stesso tempo rischia di gonfiarti, di farti diventare un "giudice" di tutto e di tutti, un misantropo, un dispregiatore dell'altro, uno che a parole parla contro l'egoismo e nei fatti è egoista, oppure un megalomane o un narcisista, uno che pensa di possedere la verità... Ovviamente per contrastare questa tendenza bisogna faticare molto e si finisce spesso per raggiungere la "mortificazione" di sé. Entrambi gli estremi sono da evitare. Ma tutto questo è frustrante e faticoso se avverti che nessuno ha una simile "tensione" e questa sensazione di isolamento crea ancora più tensione. L'unica cosa che mi "fa andare avanti" nella mia ricerca è la convinzione che l'obbiettivo che mi pongo (ossia avere una comprensione migliore del "Bene" e del "Vero") è un obbiettivo di valore. Se non avessi questa convinzione non continuerei questo cammino.

-Inzio: Off Topic -
D'altro canto è tremendamente difficile mettere in pratica i propri principi se vanno contro le proprie abitudini, le proprie debolezze ecc e se l'applicazione di alcuni principi rischia di andare contro altri nell'immeditato. Quindi per questo motivo ritengo che disturbi d'ansia come il DOC o il disturbo da ansia generalizzata siano pressoché inevitabili per uno che vuole mettere in pratica i suoi principi in cui crede. Ma non solo: oltre a questi anche la depressione (accompagnati da pensieri molto negativi) ma anche stati di eccitazione e di euforia (a volte possono anche venire pensieri di auto-esaltazione, del tipo "ho avuto una comprensione delle cose", "sono speciale", "ho ottenuto l'illuminazione") sono da tenere in considerazione. Quello che in genere non si capisce (ahimé anche coloro che studiano i disturbi mentali) è che gli individui con questi disturbi nevrotici spesso non sono semplicemente "malati" ma semplicemente soffrono perchè effettivamente "qualcosa non va". La mancata comprensione di questo in genere causa ancora frustrazione, ostracismo ecc.  Ovviamente c'è anche il discorso inverso: chi ha una natura nevrotica spesso tende a mettere in discussione tutto e quindi a "fare il filosofo", spesso infangandosi ancor di più nella nevrosi ma allo stesso tempo formando una mentalità critica. Quindi tornando al mio caso sinceramente non so se "pratico la filosofia" perchè sono nevrotico o sono nevrotico perchè "pratico filosofia".    

Sulla tua proposta possiamo aprire davvero un argomento dedicato a questo nella sezione "Percorsi ed esperienze". Ti ringrazio della proposta, dammi qualche giorno per decidere.

-Fine: Off Topic -
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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