Qual è il vostro scopo? Di torri d'avorio e strade da percorrere.

Aperto da Trauma, 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM

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sgiombo

Aggiungerei, per chiarire meglio come concepisco la filosofia, che:

Per me essere filosofi é anche cercare sempre "il pelo teorico o di principio", onde criticare "spietatamente" ogni credenza, onde comprendere la fondatezza, i limiti del credere ciò che credo, come appare evidente anche dal mio recente scambio di opinioni circa il solipsismo con l' ottimo Apeiron nella discussione su paradosso del mentitore.

maral

Citazione di: davintro il 29 Giugno 2017, 19:31:05 PM
L'idea di occuparmi, nei stretti limiti delle mie qualità, di filosofia, la vedo come un aiuto fondamentale a rigorizzare e legittimare le pretese di razionalità dei nostri discorsi e personali di visioni del mondo. Al di là ciò che molti possono pensare, il limitarsi ad avere delle opinioni soggettive sulle cose non è ancora filosofia, il momento filosofico subentra nel momento in cui la presunzione di oggettività di tali opinioni non è arbitrario, ma razionalmente fondato su argomenti che corroborano tale pretesa in modo radicale. La radicalità è data dal fatto che il compito della filosofia è l'individuazioni di quei princìpi e verità universali, valide al di là dei limiti e delle contingenze spazio-temporali, dunque fondamenti di tutte le altre verità. Utilizzare dei modelli, dei paradigmi ideali di leggi, relazioni fra concetti non vuol dire fuggire dalla realtà particolare empirica (a torto definita "concreta"), ma è indispensabile per interpretarla in modo il più possibile razionale e rigoroso. La filosofia è discorso, astratto, certo, nel senso che mira a individuare l'essenza, l'idea dei fatti reali, non i fatti in sé, ma questo è solo il primo dei due "momenti", il secondo momento consiste ne tornare al reale, ma nel senso di ricondurre l'esperienza dei fatti reali, politici, sociali, economici, all'interno dei concetti e delle categorie generali che lo sguardo trascendentale e "astratto" del filosofo ha permesso di elaborare, e le relazioni necessarie che collegano tra loro i concetti corrispondono alle reali relazioni che nella realtà legano i fatti empirici riconducibili ai concetti di quei fatti. Cogliere l'essenza delle cose e delle relazioni fra le cose, vuol dire individuare il senso generale delle cose, che nella loro totalità costituiscono quella visione d'insieme, impossibile da guadagnare fintanto che ci si limita alla ricezione ingenua e immediata dei singoli particolari. In sintesi, la filosofia è astrazione, ma non autoreferenziale, ma finalizzata alla formazione del senso critico rivolto all'esperienza del concreto. Almeno, ciò è questo è il modo con cui io nel quotidiano cerco, con alterne fortune, di intenderla e "applicarla"
Ma è proprio il processo di astrazione in quanto tale che, volendo stabilire la verità incontrovertibilmente valida, ha in sé il proprio errore, un errore che si ripete a ogni passaggio astrattivo per correggerlo. E' per questo che la ricerca metafisica dell'episteme o della sostanza è fallita, ma è fallita nel senso che non potrà mai avere fine, che non potrà mai concludersi. La filosofia è sempre critica e la critica filosofica, se correttamente impostata, è sempre fondata, ma in termini rigorosi non può porre le basi certe di alcunché, poiché qualsiasi base sarà inevitabilmente e giustamente rimessa in discussione dalla critica filosofica stessa.

sgiombo

Citazione di: maral il 01 Luglio 2017, 22:56:37 PM
Ma è proprio il processo di astrazione in quanto tale che, volendo stabilire la verità incontrovertibilmente valida, ha in sé il proprio errore, un errore che si ripete a ogni passaggio astrattivo per correggerlo. E' per questo che la ricerca metafisica dell'episteme o della sostanza è fallita, ma è fallita nel senso che non potrà mai avere fine, che non potrà mai concludersi. La filosofia è sempre critica e la critica filosofica, se correttamente impostata, è sempre fondata, ma in termini rigorosi non può porre le basi certe di alcunché, poiché qualsiasi base sarà inevitabilmente e giustamente rimessa in discussione dalla critica filosofica stessa.
CitazioneNon riesco a dare a queste parole un senso diverso da questo:

Bisogna sempre esercitare una critica (razionale per parte mia) di ogni credenza e convinzione (il cartesiano dubbio metodico); infatti spesso si scopre che credenze la verità delle quali ci sembrava certissima si rivelano false.

maral

Il punto Sgiombo è che la critica (che bisogna certamente fare sempre) non può porre il fondamento razionale della critica stessa. Il pensiero occidentale si è mosso su questa strada, ha creduto di poter porre un fondamento logico alla logica, da cui il naufragio inevitabile. Questo non significa abbandonare la critica o le proprie posizioni, ma viverle con spirito critico nel contesto che di volta in volta le dà per valide. Per questo la critica filosofica è critica a se stessi, senza per questo sentirsi indeboliti.  E' un procedere continuo che ha la propria verità sempre in costruzione nel procedere stesso.

sgiombo

Citazione di: maral il 02 Luglio 2017, 11:24:36 AM
Il punto Sgiombo è che la critica (che bisogna certamente fare sempre) non può porre il fondamento razionale della critica stessa. Il pensiero occidentale si è mosso su questa strada, ha creduto di poter porre un fondamento logico alla logica, da cui il naufragio inevitabile. Questo non significa abbandonare la critica o le proprie posizioni, ma viverle con spirito critico nel contesto che di volta in volta le dà per valide. Per questo la critica filosofica è critica a se stessi, senza per questo sentirsi indeboliti.  E' un procedere continuo che ha la propria verità sempre in costruzione nel procedere stesso.
CitazioneSalvo la mia non accettazione del concetto indiscriminato di un unico "pensiero occidentale" (come già in precedenza accennato) sono d' accordo che un razionalismo critico conseguente, "portato fino in fondo", fino alle estreme conseguenze, deve essere anche autocritico.

Ho sempre pensato che essere consapevoli dei limiti della razionalità significa essere più conseguentemete razionali (e razionalisti) che ignorarli, cadendo in pie illusioni in proposito (come fa anche quella forma di irrazionalismo che ritengo sia lo scientismo acritico).

davintro

Non ricade sull'astrazione la responsabilità di illudere l'uomo di poter giungere un sapere perfetto e totalizzante. La responsabilità sta nella superbia dell'uomo, che disconosce la sua finitezza, presume di divinizzare se stesso e di poter eliminare la limitatezza dovuta al suo situarsi nello spazio-tempo dalla sua visione del mondo. Comunque io distinguerei l'incontrovertibilità di alcune verità dalla presunzione di totalità del sapere. Ammettere l'impossibilità umana di poter conoscere perfettamente e una volta per tutte tutti gli aspetti del mondo non implica necessariamente l'impossibilità di raggiungere delle certezze almeno parziali, che non pretendono di risolvere in se stesse tutte le questioni dell'universo. Pensando il sistema delle conoscenze come un edificio in costruzione, il carattere dinamico della conoscenza assume un senso positivo e costruttivo, se i nuovi mattoni, i nuovi dati e scoperte si aggiungono ad altri mattoni già presenti, e soprattutto se l'intero edificio poggia su fondamenta solide, che sappiano reggere la casa. Senza le fondamenta la casa crolla. Fuor di metafora, le fondamenta sono i principi primi del pensiero, quel nucleo di verità ontologiche e logiche, che sono i presupposti senza i quali nessun pensiero e conoscenza della realtà. Ovviamente, questo nucleo è dal punto di vista quantitativo limitato,  "piccolo", non esaurisce la totalità della possibile conoscenza, ma senza di esso nessun altra conoscenza è possibile, anche se poi il suo utilizzo può essere implicito e non pienamente consapevole da parte del soggetto conoscente (come accade naturalmente, nell'atteggiamento naturale-ingenuo dell'uomo, che in Husserl precede la conversione fenomenologica). La casa non si riduce certo alle fondamenta, ma sono le fondamenta a rendere possibile l'aggiunta di nuovi mattoni. Ovviamente è possibile anche che il costruttore ritenga sufficientemente solide le fondamenta quando invece non lo sono, ma questa è solo un'accidentalità, se fosse un condizione necessaria, non avrebbe senso continuare a costruire nulla. Che senso avrebbe continuare a ricercare e costruire una visione unitaria del sapere se ci rassegniamo a-priori che i punti di partenza sono davvero fondanti, e ogni volta occorre ripartire da zero, facendo e disfacendo la trama senza arrivare a costruire nulla di solido e positivo? Allora sì che la scienza e la filosofia diverrebbero solo un divertente gioco di società, in cui ci si diverte a teorizzare e a sollevare ipotesi, sapendo che però a un certo punto che i risultati a cui giungiamo dovranno essere abbandonati per far posto ad altri, che però subiranno la stessa sorta e così via, senza arrivare a nulla. Non c'è cioè alcun conflitto fra l'individuazione di un nucleo di verità incontrovertibili (le fondamenta) e il dinamismo storico della ricerca (il continuo aggiungere di mattoni su mattoni), anzi uno avvalora l'altro.

maral

Citazione di: davintro il 02 Luglio 2017, 18:59:52 PM
Non ricade sull'astrazione la responsabilità di illudere l'uomo di poter giungere un sapere perfetto e totalizzante. La responsabilità sta nella superbia dell'uomo, che disconosce la sua finitezza, presume di divinizzare se stesso e di poter eliminare la limitatezza dovuta al suo situarsi nello spazio-tempo dalla sua visione del mondo.
Na la superbia dell'uomo è proprio l'astrazione a generarla. Ossia il prendere le cose estraendole dalla loro concreta presenza in forme che le sostituiscono. Beninteso, questo processo è del tutto umano e non può essere rinnegato. Quello che va rinnegato è l'astrazione di ciò che si è preso in astratto che porta a concepirlo come totalità sovrastante reale e fondante, perfettamente definibile: il totale astratto che tutto governa e ci fissa per sempre nelle sue definizioni radicali.
Le certezze parziali sono comunque astrazioni valide in un determinato contesto, ma non valide in assoluto, per essere valide in assoluto dovrebbero essere certezze totali.. E' allora che sorge la pretesa che lo siano, che sorge la pretese che sia questa la verità radicale, l'incontrovertibile che sarà sempre a ragione controvertito.
Certo, noi procediamo sulla strada della conoscenza, mutando le nostre prospettive, le prospettive delle nostre stesse radici il cui significato è in quanto ora accade, è sempre in questa nostra attuale parzialità che vediamo il mondo e noi stessi, non dal di fuori. Le fondamenta accadono proprio ora, nella parzialità in cui troviamo ragione, non in un assoluto in cui non ci troviamo mai. Ma questo assoluto in cui non siamo ci richiede continuamente, per questo procediamo, per questo ogni certezza farà sempre naufragio (la casa che faticosamente edifichiamo crollerà sempre prima o poi) e questa sarà l'unica certezza, ma a ogni naufragio si potrà procedere dai suoi resti che sono come impronte che segnano il cammino, le tracce che ci orientano senza per questo prefissare nulla e su questi resti costruiremo una nuova casa che ancora prima o poi crollerà lasciando altri resti, allestiremo una nuova imbarcazione che prima o poi farà ancora naufragio, ma sempre in vista di nuovi orizzonti.
E' questo che esprime l'irriducibile dualismo che c'è tra la conoscenza e il vivere, il continuo decentramento del soggetto di conoscenza, ossia dell'osservatore come forma di vita. Vivendo siamo sempre nella verità, ma vivendo come esseri coscienti vogliamo conoscerla e per conoscerla possiamo solo incontrare le sue maschere, ma senza incontrare queste maschere non possiamo vivere, quindi non possiamo essere nella verità.


Apeiron

Come sempre finisco per "infervorarmi" e spararle grosse (anche involontaramente)  ;D  in particolare vorrei correggere il tiro su un paio di osservazioni.

il "perfino" usato nella frase "concezione che era presente nel mondo ellenistico e perfino tra i primi filosofi cristiani tipo Boezio" non vuole dare discredito alla filosofia/tradizione cristiana. In realtà quel "perfino" significa: anche se a noi oggi dopo i tempi bui dell'inquisizione vediamo come nemiche religione e filosofia dobbiamo renderci conto che non è sempre stato così (e oggi sembra che stiamo tornado a quei tempi o almeno è questa l'impressione che mi sono fatto parlando con due teologi).  Perarltro ci sono ottimi filosofi cristiani anche nel medioevo (Niccolò Cusano, Occam, per certi versi anche Tommaso ecc).

L'altro punto su cui vorrei puntualizzare è il seguente: se per filosofia intendiamo "amore per la saggezza" allora vediamo che un uomo saggio che non conosce quasi nulla è in un senso importante un miglior "filosofo" di un professore di filosofia. La concezione moderna della filosofia come un "sapere" come la scienza o la storia ecc si dimentica che la filosofia è sempre stata un'attività nella quale si è sempre riconosciuto il limite delle nostre facoltà intellettuali. Dunque non è di certo all'Onniscenza che gli antichi maestri volevano portarci. In verità mi sembra che volevano portarci ad una sorta di "purificazione e perfezione della mente". Quindi sotto questo aspetto un uomo saggio "ignorante" può avere una mente "migliore" di un altro più acculturato. Gli antichi lo sapevano bene: il punto della filosofia è quello di lavorare su se stessi, sull'unica cosa che possiamo davvero influenzare con una certa possibilità di successo, la nostra stessa mente. Purtroppo è una concezione che si è persa.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMSo benissimo che la mia opinione è molto particolare e non è condivisa da tutti. Riguardo al malessere esistenziale ritengo che sia abbastanza indubbio che è un motore abbastanza comune della ricerca filosofica, specie quando questa è accompagnata da una forte spinta etico o perfino "religiosa" (anche se questo termine è pericoloso...).
Sì, sono ben consapevole che sia una cosa comune. E' proprio per questo che ho voluto specificare il mio approccio, per dire che esiste anche questo.  :D  Inoltre credo sia più proficui l'approprio chiamiamolo "intellettuale", ma non vorrei aprire qui questa megaparentesi.

Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMRiguardo poi a quanto dici che "tutti usano un po' di logica quindi sono tutti logici" cerco di farti considerare la cosa da un altro punto di vista. Qui in occidente, in genere, vuoi per l'ossessione medievale per il controllo delle coscienze vuoi per il fatto che la scienza ha dato una direzione molto "esterna/ingegneristica" al pensiero, ci siamo dimenticati che la filosofia è centrale nella vita di un uomo. La comprensione delle cose, la comprensione di come funziona il nostro ragionare ecc si può anche considerare non come mero intellettualismo ma come una spinta genuina alla ricerca della verità, dell'"eudamonia", del bene ecc.
Innanzitutto c'è da dire che mai la filosofia è stata centrale nella vita dell'uomo. Nel senso che l'uomo comune non si è mai interessato ad alcun campo del sapere. Anzi, dire che abbiamo raggiunto il picco di filosofi (professionisti o amatoriali) proprio nell'epoca contemporanea.  

Continuo a ritenere estremamente forviante l'argomentazione "nessuno piò evitare di ragionare (e quindi filosofeggiare), quindi siamo tutti filosofi". Però la cosa che mi confonde di più è questa: da una parte mi pare tu sostenga il fatto che c'è sempre meno gente che filosofeggia, dall'altra con l'argomentazione suddetta sembra che tu stia sostenendo che in realtà tutti sono filosofi. Mi puoi spiegare meglio?

Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMInfine Wittgenstein lo apprezzo sia come filosofo/logico sia dal punto di vista esistenziale: "la filosofia è un lavoro su se stessi". Perchè? perchè una mente chiara è più pronta a migliorarsi, una mente chiara riesce meglio a svuotarsi di pregiudizi e distorsioni della realtà, una mente chiara è più pronta a riconoscere i propri difetti e per tutto ciò è anche più pronta ad accogliere l'altro senza pregiudizi ecc... http://www.canonepali.net/an-1-45-46-udakarahaka-sutta-uno-specchio-dacqua/ . Purtroppo per noi occidentali così convinti che sia un ramo del "sapere" come il resto abbiamo perso l'antica idea che "la filosofia è un lavoro su se stessi". "Conosci te stesso" (Oracolo di Delfi) - mi è inutile una conoscenza logica che non mi faccia conoscere me stesso.
Mi contraddico.  ;D  Avevo detto che non volevo aprire una megaparentesi, però qui devo riprendere il discorso: a maggior ragione, mi sembra che quello che impropriamente ho chiamato "approccio intellettuale" sia più proficuo proprio perché permette di avere una mente chiara, senza pensieri tristi che ottenebrano il giudizio, o comunque senza avere preferenze sulla meta finale. Però ammetto che la cosa più importante, forse l'unica cosa importante, è il risultato filosofico (tesi e argomentazione) che si ottiene, più che il fattore psicologico contingente a monte.

Comunque vorrei che tu approfondissi di più il punto del "conosci te stesso" per farmelo comprendere meglio. In particolare, come funziona nello specifico? Cioè, poniamo che devi parlare del PM, dell'esistenza di Dio o del riduzionismo, come utilizzi il "conosci te stesso" in queste questioni? Inoltre, come si differenzia questo principio dallo scopo che ha la psicologia?

Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMCon questo però sono profondamente convinto che ognuno debba seguire la sua via e proprio per questo cerco di non giudicare nessuno. Giudico semmai l'azione: secondo me chi non filosofa si perde la possibilità di "conoscere se stesso" e oltre ai vari motivi etici, si perde anche tutto il divertimento (o meglio la "passione") :) Non ho nessun problema con loro ma non condivido il modo in cui chi non si pone domande e problemi vive.
P.S. Non prenderlo come una polemica [...].
Non vedo la cosa come una polemica, come dicevo nell'altro topic, è il medium scritto che a volte ci frega.  ;)

Proviamo un momento a fare un esperimento e mettiamoci dei panni di un fisico professionista che adori la fisica. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di vedere il mondo con i suoi occhi e con i suoi sentimenti. Tutto l'universo si sorregge grazie alle leggi della fisica. Le leggi della fisica sono ovunque e potrebbero spiegarci ogni cosa... Cosa c'è di più importante del conoscere le leggi fisiche? Alla fine è la chiave per conoscere come funziona la nostra intera realtà! Perché perdere questa preziosissima opportunità, chi mai vorrebbe vivere nelle tenebre, vivere in un mondo alieno senza consapevolezza di ciò che accade?

Consideriamo ora lo psicologo. L'universo non è niente rispetto all'esperienza soggettiva dell'essere umano: un labirinto infinitamente complesso e affascianante. Cosa ci potrebbe mai essere di più importante del conoscere pensieri, credenze, paure, ossessioni, speranze, ecc... dell'uomo? Chi mai non vorrebbe diventare psicologo è perdersi questo universo dentro l'universo?

Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.

p.s. Strano che citi Wittgenstein qui, l'uomo che riteneva che il filosofeggiare portasse solo sofferenza alla persona e che per sfuggire a ciò ha fatto i lavori più improbabili per il suo status (considerando che lui era un ricco di una importante famiglia e che non necessitava di lavorare per vivere): giardiniere e insegnate di scuole elementari e medie. Si offrì anche volontario per partecipare alla Seconda Guerra Mondiale. Per Wittgenstein non c'era nulla di più sereno e dignitoso del vivere una vita semplice senza le complicazioni e le sofferenze che derivavano dalla filosofia. Questo è compatibile con il suo vedere l'attività di filosofo in modo assolutamente demetafisicizzato, come una semplice attività di chiarificazione linguistica, di mostrare come il linguaggio ordinario fosse perfettamente apposto così com'era. I filosofi erano per lui le persone che fraintendevano ed abusavano del linguaggio, le persone ordinarie invece erano perfette così com'erano.

paul11

Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.


ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è  uno degli essenziali  ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?

sgiombo

Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM


Proviamo un momento a fare un esperimento e mettiamoci dei panni di un fisico professionista che adori la fisica. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di vedere il mondo con i suoi occhi e con i suoi sentimenti. Tutto l'universo si sorregge grazie alle leggi della fisica. Le leggi della fisica sono ovunque e potrebbero spiegarci ogni cosa... Cosa c'è di più importante del conoscere le leggi fisiche? Alla fine è la chiave per conoscere come funziona la nostra intera realtà! Perché perdere questa preziosissima opportunità, chi mai vorrebbe vivere nelle tenebre, vivere in un mondo alieno senza consapevolezza di ciò che accade?

Consideriamo ora lo psicologo. L'universo non è niente rispetto all'esperienza soggettiva dell'essere umano: un labirinto infinitamente complesso e affascianante. Cosa ci potrebbe mai essere di più importante del conoscere pensieri, credenze, paure, ossessioni, speranze, ecc... dell'uomo? Chi mai non vorrebbe diventare psicologo è perdersi questo universo dentro l'universo?

Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
CitazionePer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).

Per questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Anche se oggi (in questo credo di interpretare anche il pensiero do Apeiron; ma mi dica se sbaglio) di fatto la "misura media" in cui questa "potenzialità filosofica" generalmente umana si attua sia particolarmente bassa (non solo a livello di massa ma anche anche a livello di "elités intellettuali" e per lo meno rispetto agli ultimi due - trecento anni; e a prescindere dalla qualità con cui si attua -oggi generalmente più razionalistica, un tempo cadendo in maniera quasi generalizzata nella religione o nella superstizione- forse é bassa a livello di massa anche rispetto a i secoli precedenti l' illuminismo e lo sviluppo industriale).

epicurus

Citazione di: paul11 il 03 Luglio 2017, 17:56:30 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è  uno degli essenziali  ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?
Ciao Paul,
questo è un campo borderline. Nel senso che esistono anche scienziati che si occupano delle fondamenta della propria disciplina senza essere dei veri filosofi, e i filosofi professionisti che si vogliono occupare delle fondamenta scientifiche solitamente hanno almeno una laurea anche in tale disciplina scientifica. Inoltre, anche la matematica ha una veste interdisciplinare, ma da questo cosa ne dovremmo dedurre?

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).
Non metto in dubbio il fatto che la filosofia sia occupi di questioni massimamente generali. (Anche se, devo ammettere, credo che si occupi di questioni ancora più generali la matematica.) Ma, come ho chiesto a Paul, da questo cosa dobbiamo concludere in riferimento a questa discussione?

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Dimmi se ho capito bene: dato che la filosofia è più generale delle altre scienze, allora tutti gli uomini potenzialmente sono filosofi?
Da un certo punto di vista è una palese verità: tutti gli uomini possono essere dei filosofi; di fatto alcuni lo sono in pieno, altri in gradi intermedi, alcuni per nulla. Ma è così per ogni disciplina.
O c'è un altro modo di intendere la cosa: visto che tutti o quasi riflettono su questioni generali, allora tutti o quasi sono filosofi, in qualche grado. Però, anche qui, allora ciò vale per moltissime altre discipline. "Dato che tutti usiamo la logica, allora...", "Dato che tutti usiamo i numeri, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con questioni economiche, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il prossimo, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il mondo fisico, allora", ecc...

Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMAnche se oggi  [...].
Secondo me è falso che il livello quantitativo e qualitativo sia inferiore del passato, ma non mi esprimo oltre su questioni statistiche di questo genere senza avere dei dati significativi.

paul11

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:52:22 AM
Citazione di: paul11 il 03 Luglio 2017, 17:56:30 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è  uno degli essenziali  ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?
Ciao Paul,
questo è un campo borderline. Nel senso che esistono anche scienziati che si occupano delle fondamenta della propria disciplina senza essere dei veri filosofi, e i filosofi professionisti che si vogliono occupare delle fondamenta scientifiche solitamente hanno almeno una laurea anche in tale disciplina scientifica. Inoltre, anche la matematica ha una veste interdisciplinare, ma da questo cosa ne dovremmo dedurre?
ciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.

epicurus

Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 14:07:01 PMciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.

paul11

Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 14:07:01 PMciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".

ciao

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